30 luglio 2013

Quod erat demonstrandum


Le battaglie per il diritto, per la trasparenza e per la legalità qualche volta fanno fatica ad essere comprese. E avremmo avuto qualche problema anche a far capire il valore della nostra azione dimostrativa durante il consiglio comunale del 29 luglio, proprio perché l’atto stesso determina – per forza di cose – la rottura di un equilibrio e un po’ di “confusione” (tra l’altro causata, come vedremo, proprio dalla volgare arroganza del sindaco). A dare pieno riconoscimento al valore della nostra battaglia ci ha pensato Daniele Flavi - presunto giornalista, da anni retribuito collaboratore dell’amministrazione comunale per garantire quell’informazione di parte che tanto piace ad una certa politica – con la sua fantasiosa ricostruzione di quanto successo durante il consiglio comunale di questa mattina. Già l’attacco dell’articolo – “Lei non sa chi sono io” - è una pura menzogna, una miserabile falsità: Luca Frusone, giovane deputato della Repubblica non ha mai pronunciato quelle parole e Daniele Flavi lo sa benissimo. A dimostrarlo ci sono proprio le riprese video che Galli non vuole autorizzare ma che noi abbiamo fatto comunque e che pubblicheremo sul web. Dalle immagini si capisce perfettamente che a dare in escandescenza è proprio Galli – già indispettito dal fatto che Maurizio Spezzano osava chiedere il rispetto del Regolamento – che aggredisce verbalmente Luca Frusone, reo di voler riprendere il consiglio comunale (non si è mascherato da finto cameramen, come afferma falsamente il Flavi: si è semplicemente messo a riprendere la seduta). Tralasciamo, perché irrilevanti, le sue congetture sul lavoro di Tullio Berlenghi (che non è l'“aiutante” di nessuno…), ma vorremmo rassicurarlo su un solo aspetto: Tullio continua ad essere – orgogliosamente e caparbiamente – un ambientalista. Facciamo anche notare che il presidente del consiglio comunale è Alfredo Galli perché, ancora una volta, sta abusando del suo potere e presiede l’assemblea in violazione delle modifiche statutarie che lui stesso volle quando il sindaco era Giordani e che Galli – che comandava anche quando era vicesindaco – non considerava adatto al ruolo (né di presidente né di sindaco, infatti il sindaco lo faceva comunque lui). Però non si preoccupa nemmeno di modificare statuto e regolamento, tanto per lui le norme non valgono. E’ lui ad applicarle ed è lui ad interpretarle. E quando non ci sono, se le inventa. Come la famosa legge sulla stampa, che secondo lui andrebbe applicata ai nostri bollettini informativi, dimostrando il totale analfabetismo giuridico e democratico suo e di alcuni suoi “aiutanti” molto zelanti. Inoltre non è affatto vero che Frusone sia stato “allontanato” per motivi di ordine pubblico. Frusone se n’è andato per una sua decisione, visto che è un parlamentare della Repubblica e l’aula della Camera era convocata per la conversione di un decreto-legge.

Peccato che il premio Pulitzer labicano ometta l’unica vera notizia della giornata, ossia che la maggioranza è stata costretta a ritirare il punto all’ordine del giorno per il quale era stato convocato il consiglio, ossia l’approvazione della delibera relativa alla società servizi comuni, all’interno della quale si prevedeva il marchingegno ideato dai nostri creativi amministratori per assumere un paio di persone in un ente locale, aggirando la normativa in materia di pubbliche assunzioni. Il trucchetto sembra semplice: si chiede alla società servizi comuni di procurare determinate figure da inserire all’interno del personale. La società ha un po’ più di “mano libera” e “sceglierà” – guarda caso, magari con qualche procedura paraconcorsuale – proprio le persone indicate dall’amministrazione, che, nel frattempo, ha “liberato” i posti con alcuni aggiustamenti interni. Tutto perfetto. E lo conferma Giorgio Scaccia – sempre il più lesto a capire le situazioni – quando, preoccupato per la richiesta di rinvio dell’opposizione, dichiara candidamente che “ci sono due persone che stanno lavorando gratis”, riconoscendo, indirettamente, che quei posti sono già prenotati, con buona pace delle aspettative di centinaia di giovani che hanno bisogno di lavorare e che magari credono nell’imparzialità e nella correttezza della pubblica amministrazione. Certo, non c’è da stupirsi se Galli non vuole le riprese. Frasi come quelle di Scaccia sono delle ammissioni belle e buone delle quali, senza la registrazione, non rimarrà alcuna traccia. Così come diventano facili le cronache menzognere dei cronisti di regime – “uno show veramente indegno che la nostra democrazia non merita” -. Di indegno a Labico non c’è lo “show” di chi si batte per la trasparenza e la democrazia (quella vera). Di indegno a Labico ci sono certi amministratori e certi loro tirapiedi. Se poi davvero ce li meritiamo è tutto da vedere.

Tullio Berlenghi, Maurizio Spezzano, Stefano Gandola, Ilario Ilari, Matteo Di Cocco, Alessandra Quaresima, Maria Carmina Rossi, Johanna Pesola, Leonardo Saracini, Stefano Simonelli e tutti coloro che credono nei valori della democrazia e della legalità e che vorranno sottoscrivere questo articolo.

26 luglio 2013

Non nominate l'innominabile



Ho apprezzato molto l’intervento di Corsaro in difesa di un principio molto importante: quello che attribuisce ai parlamentari una piena libertà di espressione del proprio pensiero, a maggior ragione se questo pensiero viene manifestato nel luogo centrale della democrazia: il Parlamento. Corsaro ha sentito il dovere di fare questo intervento per contestare l’atteggiamento preventivamente censorio che la presidenza della Camera (e anche quella del Senato) stanno ponendo metodicamente in essere ai danni degli esponenti del movimento cinque stelle (per gli altri gruppi politici, a quanto pare, vige la libertà di espressione). Ecco il testo dell’intervento:

MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, il mio è un richiamo al Regolamento, precisamente sull'articolo 60, comma 3. Nel mentre, mi devo congratulare con il collega del MoVimento 5 Stelle, perché è riuscito ad ottenere, dalla parta di sinistra dell'emiciclo, esattamente la reazione che si era predeterminato di conseguire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Vorrei segnalare, onorevole Presidente, che l'unico punto del Regolamento della Camera dei deputati in cui è citato il Presidente della Repubblica dice testualmente che il Presidente della Camera, nell'esercizio evidentemente del governo dell'Aula, può proporre la censura con interdizione di partecipare ai lavori parlamentari per un periodo da due a quindici giorni di seduta, se un deputato fa appello alla violenza, provoca tumulti o trascorre a minacce o a vie di fatto verso qualsiasi collega o membro del Governo o usa espressioni ingiuriose nei confronti delle istituzioni o del Capo dello Stato.
  Ora, bisogna che ci intendiamo, anche per sapere se veramente all'interno del Parlamento c’è una censura preventiva rispetto ad alcuni atti o ad alcune figure, che pure nella quotidianità della politica hanno un peso e un rilievo sostanziale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È assolutamente fuori di dubbio, onorevole Presidente, che non solo nei compiti istituzionali del Presidente della Camera, ma nell'interesse di tutti i parlamentari per la tutela della credibilità delle istituzioni, si debba stigmatizzare, colpevolizzare e sanzionare chiunque manchi di rispetto con atti e con pronunciamenti ingiuriosi nei confronti del Capo dello Stato, e siamo i primi a difendere e tutelare la sacralità delle istituzioni. Ma citare in un'argomentazione politica le posizioni assunte o più ancora le dichiarazioni virgolettate del Capo dello Stato, che, giustamente e legittimamente, nella quotidianità politica, non fa mancare la sua voce, il suo peso e la sua determinante sensibilità, credo che non possa essere espunto dalla corretta quotidiana valutazione e confronto politico tra le parti (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e MoVimento 5 Stelle)!
  Quindi, bisogna che ci chiariamo, signora Presidente, una volta per tutte, se c’è qualcuno che ha diritto a non essere citato, ma che quotidianamente fa parte della politica con le sue legittime argomentazioni, e ci deve essere spiegato perché, e, se è così, la prego di indire puntualmente la convocazione di una Commissione per la modifica del Regolamento, in cui si scriva che il Presidente della Repubblica non può essere nominato, perché questo non fa parte dell'attuale Regolamento (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e MoVimento 5 Stelle).

Intervento ineccepibile, ma la Boldrini non ci sta e replica così:

  PRESIDENTE. La ringrazio. Credo che la Presidenza abbia agito correttamente, lei vada a vedere il verbale e poi faremo le dovute conclusioni.

“Vada a vedere il verbale” afferma dunque la Boldrini, facciamolo. Colletti a un certo punto inizia a muovere una ferma critica al comportamento del Presidente della Repubblica, usando l’arma dell’ironia, cosa avvenuta decine di volte in passato, senza che nessuno abbia avuto nulla da eccepire su presunte offese al capo dello Stato. Vediamo un passaggio dell’intervento.


ANDREA COLLETTI. Ho presentato un emendamento – giustamente dichiarato inammissibile dalla Presidenza, ma lo sapevo già – in cui finanziavo la Presidenza della Repubblica con 70 mila euro. Lo finanziavo al fine di contrattualizzare un docente di diritto costituzionale che potesse vagliare la costituzionalità dei decreti-legge. Eh sì, perché ci sono dei requisiti per poter firmare un decreto-legge, è la Costituzione che lo dice, e allora colui che firma ed emana questi decreti-legge deve ricordarsi che la penna con la quale firma la deve intingere nell'inchiostro della Costituzione. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ed invero, ed invece, l'attuale Presidente della Repubblica, che in realtà funge anche da Presidente del Consiglio dei ministri e forse anche da capo indiscusso del PD e del PdL, dovrebbe rileggersi questo libello, è proprio qui, glielo possiamo anche regalare (mostra copia della Costituzione) e capire che non siamo una monarchia costituzionale con a capo re Giorgio I, ma siamo in una Repubblica parlamentare…

Certo la critica è evidente, ma non sembra trascendere nell’insulto. La Boldrini però si inalbera subito  (applaudita dai gruppi di maggioranza, sempre più in sintonia)…

 PRESIDENTE. No, però lei non può parlare così del Presidente della Repubblica, lei lo sa questo. Ne abbiamo già discusso in altre occasioni.
(Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Popolo della Libertà, Scelta Civica per l'Italia).

Colletti cerca di difendere il suo diritto ad esprimere la propria opinione.

ANDREA COLLETTI. Perché no ? È scritto nella Costituzione: Repubblica parlamentare.

Niente da fare, la Boldrini fa un’affermazione che non ammette replica, anche se è una pura falsità.

PRESIDENTE. Sì, però lei sa che non può chiamare in ballo il Presidente della Repubblica e anche questo fa parte del Regolamento.

Insomma, secondo la Boldrini il Regolamento affermerebbe che il Presidente della Repubblica non possa essere “tirato in ballo”. Non è scritto da nessuna parte sul regolamento e qualcuno dovrebbe informarla. Colletti prova a continuare, affermando che non lo nominerà più…

ANDREA COLLETTI. Allora non lo chiamerò.

PRESIDENTE. D'accordo, la ringrazio di questa cortesia.

ANGELO CERA. Non è cortesia !

(L’appello alla correttezza istituzionale è di Angelo Cera, il gentiluomo che qualche settimana prima aveva apostrofato con “Coglione“, “mezzo coglione”, “paraculo“, “ti do un pugno che ti ammazzo“. un altro deputato del Movimento cinque stelle.)


ANDREA COLLETTI. Allora non lo chiamerò, dirò l'innominabile.
(Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia)

ANDREA COLLETTI. E noi rimarremo qui giorno e notte per .....
(Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia)

Probabilmente condizionata dalle proteste dei deputati PD la Boldrini censura nuovamente Colletti, reo, a questo punto, solo di un riferimento al presidente della Repubblica.

PRESIDENTE. Lo abbiamo già richiamato. Ho già richiamato il collega Colletti a non tirare in ballo il Presidente della Repubblica, l'ho esortato a non farlo. Prego continui.

Colletti però prosegue…

ANDREA COLLETTI. Grazie Presidente. Ed allora, invece di fare ogni tanto un monito con il ditino alzato, l'innominato, dovrebbe ogni tanto anche guardarsi allo specchio e ricordo....(Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civila per l'Italia)

Nuovo richiamo della Boldrini che minaccia di levargli la parola…

PRESIDENTE. Se lei continua io sono costretta a toglierle la parola

Colletti si scusa e prosegue, pur esprimendo le proprie perplessità…

ANDREA COLLETTI. Mi perdoni, non ho nominato nessuno (Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia), mi scusi non ho nominato nessuno, ho solo citato un libro che dovrebbe conoscere, un personaggio delle favole, quasi. Ad ogni modo non lo nominerò più, non si preoccupi, non so neanche chi sto nominando in realtà, quindi non posso nominare chi non ho nominato......

Ancora la Boldrini lo invita ad usare un modo “appropriato”:

PRESIDENTE. Continui in un modo appropriato

Colletti dunque prosegue il proprio intervento

ANDREA COLLETTI. Ebbene, già nel marzo 2012, ho letto un richiamo al precedente Governo all'uso della fiducia solo per giustificabile necessità per tutelare le prerogative del Parlamento ed ha assicurato una stretta sorveglianza dei presupposti per l'emanazione di ulteriori decreti-legge.
(Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)
Ora forse dovremmo far rileggere queste dichiarazioni a tutta l'Aula ma anche a tutte le Istituzioni. E qui mi richiamo a un'altra citazione: «siamo ormai al Governo che espropria il Parlamento, compresa la sua maggioranza, così non si può andare avanti, in pratica siamo al sostanziale commissariamento del Governo e del Parlamento» lo dice l'illustre esponente democratico Gianclaudio Bressa, non noi. E quindi questo commissariamento va bene quando c’è un vostro Governo e va male quando c’è un Governo degli altri ? Questa si chiama ipocrisia istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Allora, noi siamo qui, da quarantott'ore, forse di più, saremo qui anche dopo per tutelare anche i parlamentari della maggioranza affinché si rendano conto che possono anche non essere solo dei meri passacarte, altrimenti che ci stanno a fare qui ?

La Boldrini proprio non vuole sentire critiche alla maggioranza e interrompe nuovamente Colletti, stavolta senza nemmeno appellarsi a qualche norma regolamentare. Diciamo che trova semplicemente di cattivo gusto criticare i parlamentari di maggioranza. Non sta bene. Non è elegante.

PRESIDENTE. Però perché bisogna sempre passare per questo tipo di considerazioni ? I parlamentari sono qui per svolgere le loro funzioni, ognuno in un modo che ritiene opportuno, d'accordo ? Ognuno nel proprio modo, non c’è bisogno sempre di sottendere...

Colletti stavolta proprio non ci sta…

ANDREA COLLETTI. Mi perdoni Presidente, ma non si può criticare in questa Aula, a quanto pare?

PRESIDENTE. Si , ma...

ANDREA COLLETTI. E allora mi faccia criticare...

PRESIDENTE. Si, però sono ore e ore di critiche in questo senso. La prego.

A quanto pare è un problema quantitativo, cinque, dieci minuti di critica, va bene, ma qualche ora proprio no…

ANDREA COLLETTI. E ce le meritiamo tutte le critiche !

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, lasciamo concludere. Prego, vada avanti e si astenga per quanto possibile da questo tipo di considerazioni.

Alla fine, bontà sua, concede a Colletti la possibilità di concludere, esortandolo, però, “ad astenersi da quel tipo di considerazioni”… quale tipo, di grazia?

Lascio, senza ulteriori commenti, il resto dell’intervento di Colletti, molto disturbato dai deputati della maggioranza, nei confronti dei quali la Boldrini è molto più tollerante e si limita solo ad un “la prego” verso il più intemperante dei contestatori… Non credo serva aggiungere altro.

ANDREA COLLETTI. Dalle critiche non mi posso astenere e neanche dalle considerazioni, visto che siamo qui per questo, per fare le nostre considerazioni e valutazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ebbene, porre la questione di fiducia è la dimostrazione della divisione di questa maggioranza. Forse i colleghi del Partito Democratico dovrebbero pensare meno al congresso e di più al bene del Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Proteste del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Colleghi, colleghi, per favore lasciatelo concludere. Colleghi, per favore, comportatevi in un modo adeguato a quest'Aula (Il deputato Fiano si avvicina ai banchi del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Onorevole Fiano, la prego, la prego, ritorni...

EMANUELE FIANO. Se me lo dice lei, si.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fiano. Colleghi, per favore, abbiate la compiacenza (Commenti)... Non è un bello spettacolo, posso assicurarvi. Basta ! Basta ! D'accordo, basta !

ANGELO CERA. Presidente, lei è inadeguata !

PRESIDENTE. La richiamo all'ordine, onorevole Cera ! Cera, la richiamo all'ordine ! Si contenga ! Siamo alle dichiarazioni di voto, adesso, è in corso una dichiarazione di voto, può continuare per favore ? Continui !

ANDREA COLLETTI. Grazie, Presidente (Commenti).

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, lasciamo continuare l'intervento.

ANDREA COLLETTI. Dopo questo indecente teatrino, spero di avere il tempo che mi è stato sottratto da alcune «lievi» proteste (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Allora, possiamo lasciare continuare ? Prego, vada avanti.

ANDREA COLLETTI. Ebbene, ho una proposta da fare al Governo. Che il Governo magari, anche con dei decreti-legge, pensi forse a fare un decreto-legge sul congresso del PD o di Forza Italia 2.0 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico) e faccia meno decreti-legge per il Paese, visto che ogni volta che fa un decreto-legge fa solo danni.
Ed ora, anche collegato al nostro comportamento qui sul decreto del fare al nostro ostruzionismo (o «costruzionismo»), vorrei dire che, se davvero credete che potete modificare la Costituzione a vostro uso, abuso e consumo, allora forse non avete capito che noi saremo qui, giorno e notte, a difendere la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Applausi polemici dei deputati del gruppo Partito Democratico) !
E la forza di essere qui ogni giorno a lottare per la nostra Carta costituzionale e per la nostra Repubblica (Commenti) ci è data dal fatto che lottiamo per una causa giusta, perché ci mettiamo passione nelle cose che facciamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Non ci fermeremo e non indietreggeremo mai per il bene del Paese, della collettività e della Repubblica italiana (Commenti) !

E per ultimo vorrei dire: caro Matteo, vinciamo noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !


20 luglio 2013

Cento parole in memoria di Peppino Impastato


Qualche settimana fa Andrea Satta mi ha chiesto di scrivere 100 parole sulla mafia per ricordare Peppino Impastato. L'idea - mi ha spiegato Andrea - è quella di fare dei pizzini di solidarietà da usare come cartoline. Pizzini con 100 parole, 100, come i passi. Io ci ho provato. Ho scritto il mio pizzino (di 100 parole) e un messaggio di accompagnamento (sempre di 100 parole). Adesso ho visto che le cartoline ci sono, compresa la mia. Il testo (anzi i due testi) li trovate qui sotto:

Premessa:

Non vivo direttamente il problema della mafia. Però sono convinto di poterne cogliere l'essenza. Del resto, la mafia non è semplicemente la lupara. La mafia inizia dai piccoli gesti, dai comportamenti. E di quei gesti e di quei comportamenti si nutre. E' in quel modello socio-culturale che trova il terreno fertile. Per permettere a quel modello di affermarsi non serve essere uomini di mafia. Basta adeguarsi a determinate dinamiche. Pensando che siano solo, appunto, piccole cose. Le cento parole mi sono venute così. Pensando alla mafia minore che permea la nostra cultura, ma che non ci mette molto a diventare mafia.
Pizzino:
Piccole cose. Ampliare la mansarda? Non serve il permesso, basta una telefonata. A buon rendere. Quella pratica? E quella visita alla ASL? Conosco la persona giusta. Un’oliatina e via. Non è corretto? Non pensarci. Devi eliminare la copertura in eternit? Trovo uno che te ne disfi in mezza giornata. Tuo figlio ha bisogno di lavorare. Ma niente, cosa vuoi che sia. Ti dico io cosa devi fare. Una piccola cosa. Metti una croce lì. Tu hai un’esigenza, la si risolve. Ti si chiede solo un po’ di gratitudine. Una piccola cosa. La dignità, dici? Anche quella è una piccola cosa.

19 luglio 2013

Come volevasi dimostrare


Tanto per fugare gli ultimi dubbi di qualche scettico, il nostro ineguagliabile sindaco, Alfredo Galli, ha dimostrato - con lo stile istituzionale e l’eleganza dell’agire che tutti gli riconoscono – le due patologie che lo affliggono e che – forse per il cinico incedere degli anni – sembrano essere vieppiù peggiorate negli ultimi tempi: la cronica intolleranza alle regole della convivenza democratica e l’acuta idiosincrasia alla vera opposizione politica. E’ stato sufficiente diffondere (in poche decine di copie) un volantino col quale abbiamo espresso il nostro rincrescimento per una sua presunta (adesso un po’ meno presunta) affermazione sulla presunta (questa sì, decisamente tale) illegalità delle pubblicazioni di “Legalità e Trasparenza”. Ricorda un po’ Sergej Nazarovič Bubka, lo straordinario atleta russo del salto con l’asta, nelle sue memorabili performance sportive, quando era capace di battere il suo primato mondiale anche due volte nella stessa gara. E tutti gli spettatori rimanevano lì, estasiati ed ammirati, a vedere quel portentoso fenomeno stracciare record in continuazione. In quel caso il record da battere era l’altezza dell’asticella. Si misurava col sistema metrico decimale ed era facile (anche per i non addetti ai lavori) coglierne la grandezza. Nel caso di Galli il record che riesce puntualmente a superare non è agevole da misurare: è quello del ridicolo. Ogni volta pensi che abbia raggiunto il massimo e che fare di più sarà veramente difficile. Come quando ci aveva intimato di fare poca cacca. Ci era sembrato davvero si fosse raggiunto l’apice. Eravamo persino usciti sul Vernacoliere, che ci aveva solennemente, quanto meritatamene, spernacchiato. Invece no. Anche il pezzo di cinema di pochi giorni fa con la sua requisitoria contro le pubblicazioni clandestine – a cui hanno potuto assistere solo pochi avventori (e quella la consideriamo la vera scorrettezza di Galli: certe performance dovrebbero essere patrimonio dell’umanità e andrebbero registrate e trasmesse in mondovisione) – non appariva facile da eguagliare. Invece, appena un paio di giorni dopo, ecco l’imponderabile. Affida agli uffici l’onere di scrivere nientepopòdimeno che un’ordinanza urgente – sono questioni gravi, certo – per intimare – badate bene – “ai titolari di tutti gli esercizi di Labico a non accettare ed esporre qualsiasi giornalino periodico o no stampato in modo non conforme alla attuale legge vigente” . A dare forza alla severità dell’atto, oltre alla minaccia di confisca del materiale e di applicazione delle sanzioni di legge (e qui il delirio di onnipotenza è assoluto) ecco pronti i riferimenti normativi del caso: la ben nota legge sulla stampa del 1948, in base alla quale aveva già sporto denuncia (vanamente, neanche a dirlo) un paio di anni fa. E ancora oggi il ricordo di quella denuncia scatena irrefrenabili moti di riso in chi – tra funzionari di pubblica sicurezza e organi giudiziari – aveva avuto la ventura di leggerne il farneticante contenuto.
A parte un po’ di sana ironia questo episodio non può e non deve essere declassato a folklore locale. Alfredo Galli – e qui bisognerebbe confrontarsi con la propria coscienza quando si ha una matita in mano – non è la macchietta del paese (anche se sta facendo di tutto per meritarsi il ruolo), ma è la massima autorità cittadina, amministra – omettiamo il “come” per carità di patria – il nostro territorio, le nostre risorse, le nostre strutture pubbliche e la legge gli attribuisce importanti “poteri”, sempre al fine di esercitare al meglio la sua funzione. Una gestione impropria di questi poteri rappresenta un danno per la collettività e un pericolo per i diritti dei cittadini. E l’ordinanza del 18 luglio 2013 (sempre che possa essere considerata tale, vista l’anomala forma dell’atto, ma riteniamo superfluo cavillare sui dettagli) rappresenta una violazione gravissima di un diritto costituzionale, quello sancito dall’articolo 21 sulla libertà di espressione. E a renderlo ancora più grave intervengono due elementi ulteriori: l’abuso di un suo potere per una finalità che nulla ha a che vedere con il proprio ruolo e la subdola forma di intimidazione posta in essere nei confronti dei terzi (ossia gli esercenti le attività commerciali) che non vanno confusi con gli autori del presunto illecito (ossia noi), mettendoli nell’odiosa condizione di diventare complici di un palese arbitrio, perché costretti a rispettare un’ingiusta disposizione della ben poco autorevole autorità locale. Non avendo il coraggio di affrontare i suoi interlocutori in alcuna sede, l’ardimentoso primo cittadino cerca di cavarsela con mezzucci arroganti quanto vigliacchi come un’ordinanza contra legem. Di fronte a questa aggressione alla democrazia non possiamo certo tacere e faremo tutto il possibile per difendere e riaffermare diritti conquistati poche decine di anni fa e costati un sacrificio enorme di un’intera generazione e che ha chiuso definitivamente le porte al fascismo. Qualcuno informi Galli: siamo un paese libero, nonostante lui.


Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano

14 luglio 2013

Una cosa è certa


Una cosa è certa

Una cosa è certa. L’opposizione che preoccupa Alfredo Galli si chiama Legalità e Trasparenza. Tra denunce, cause civili, intimidazioni di vario tipo Galli ha dimostrato – con le sue scomposte reazioni – di soffrire molto la nostra azione politica. Non stupisce quindi sapere che, nei giorni scorsi, alla vista della nostra pubblicazione “Agorà” in un locale pubblico del paese, sia andato su tutte le furie. La sola idea che qualcuno possa muovere delle critiche nei suoi confronti, abbia la supponenza di vergarlo nero su bianco e finanche l’ardire di diffonderlo nel “suo” paese, gli fa perdere il lume della ragione. Sembra – a sentire le chiacchiere del paese – che, alla vista dell’odioso oltraggio (ossia Agorà), abbia iniziato a lanciare contumelie, asserendo che quella pubblicazione sarebbe illegale con una velata accusa di connivenza (se non di complicità) nei confronti del gestore del locale per non aver prontamente provveduto ad eliminare l’illecita pubblicazione. Strano che il primo cittadino – a cui la legge attribuisce importanti responsabilità in merito alla pubblica sicurezza – di fronte ad un evidente (almeno a suo dire) illecito non abbia avviato una procedura per il ripristino della legalità. Avrebbe potuto – e dovuto – chiamare gli organi preposti e far sequestrare il corpo del reato, nonché avviare un’azione giudiziaria nei confronti dei responsabili. Niente di tutto questo. In compenso, subito dopo la sua uscita si è notata la sparizione delle numerose copie di Agorà. Che buffa coincidenza.
Ora è difficile ricostruire con esattezza l’episodio, che però parte da un dato di fatto inconfutabile: la convinzione del sindaco che la nostra pubblicazione sia illecita. Comprensibile persuasione da parte di chi interpreta in modo così distorto il concetto di democrazia da pensare che aver vinto le elezioni con poco più di un quarto dei voti dei cittadini labicani significhi essere il sovrano del paese, nei confronti del quale non sono ammesse le critiche. Non è un caso che abbia promosso azioni civili e penali nei confronti dei suoi detrattori, non è un caso che abbia abusato del suo potere per proibire con miserabili giustificazioni le riprese dei consigli comunali, non è un caso che – lui sì, violando apertamente la legge che pretende di insegnare agli altri – non abbia calendarizzato le mozioni dell’opposizione e abbia atteso oltre un anno per rispondere alle interrogazioni (ma non in consiglio comunale, sottraendosi, come sempre, al confronto). E allora noi, instancabili, lo interroghiamo nuovamente – per il momento in forma libera, riservandoci di porre le medesime domande nelle sedi proprie – per chiedergli: davvero ha nuovamente affermato che Agorà sarebbe illegale? E, in tal caso, perché non ne ha fatto disporre il sequestro? Perché non ha il coraggio di affrontare in nostra presenza – in consiglio comunale o in un dibattito pubblico - la presunta illegittimità della nostra pubblicazione? Teme di fare l’ennesima brutta figura, che è la ragione per la quale fa di tutto per rendere difficile ai cittadini la partecipazione ai consigli comunali?
Per quanto riguarda la sparizione delle copie di Agorà le risparmiamo la domanda e proviamo ad immaginare che siano sparite nel nulla. Del resto, con lei ad amministrare questo paese sono già spariti nel nulla 4 milioni di euro, cosa vuole che siano alcune decine di fogli in formato A4?


Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura