19 gennaio 2008

La bretella? Parliamone

Con questo primo numero del 2008 di “Cambiare e Vivere Labico News” vogliamo introdurre l’iniziativa di approfondimento che abbiamo promosso sulla bretella Cisterna-Valmontone e che qualche malumore ha creato, in particolare tra le fila della maggioranza. Non entro nel merito della questione, anche perché le vicende sono state egregiamente riassunte da Maurizio nel suo articolo.

Vorrei semplicemente descrivere come vi sia tra noi e chi ci amministra una profonda differenza di impostazione, culturale prima ancora che politica, sul rapporto tra amministratori e cittadini. Per noi è più che naturale l’idea del dialogo e del confronto su temi anche delicati e complessi. Anche quando neppure al nostro interno c’è un’identità di vedute. Non abbiamo paura di mettere sul piatto opinioni e posizioni diverse, valutarne i pregi e i difetti, permettere ai cittadini - con i quali cerchiamo sempre di avere un canale aperto di comunicazione – sia di essere informati nel modo più ampio possibile, sia di esprimere a loro volta eventuali contributi, osservazioni e anche, perché no, critiche e perplessità. Pensiamo al contrario che questa opportunità sia una ricchezza e un valore a cui non vogliamo rinunciare. E questa opportunità l’abbiamo estesa, come è giusto che sia, all’amministrazione comunale che – nella persona del Sindaco – è stata invitata a prendere parte al confronto e al dibattito, esprimendo le proprie opinioni.

Il pensiero dei nostri amministratori è differente. Per loro la formula ideale era quella di trovare un accordo tra maggioranza e opposizione e poi presentarlo ai cittadini con un’iniziativa pubblica. Una bella passerella in cui era prevista solo la posizione assunta e nessuna possibilità di voci fuori dal coro. Per i cittadini non vi sarebbe stata altra possibilità che “prendere atto” dell’intesa raggiunta, con grande compiacimento di tutti. Invece noi, che abbiamo fatto della democrazia la base della nostra azione politica, sentiamo l’ìnsopprimibile esigenza di parlarne con chiunque avrà voglia di parlare o, semplicemente, di ascoltare.

Uno degli errori tipici quando si parla di un’opera pubblica di interesse regionale o nazionale, come quella che potrebbe riguardare il nostro territorio nei prossimi anni, è quello di limitarsi agli aspetti locali, senza tenere conto in modo adeguato del ben più ampio contesto che ha dato vita all’idea di realizzare l’opera in questione. C’è spesso una certa miopia che impedisce una visione complessiva della questione, portando a valutazioni talvolta scorrette delle ricadute dell’intervento. Bisogna pertanto distinguere i due livelli dell’intervento, quello più ampio, che attiene alla politica delle infrastrutture e della mobilità che viene stabilito a livello nazionale e comunitario, e quello che riguarda l’impatto sul territorio (sociale, ambientale, economico) e che invece deve essere valutato a livelli territoriali più ridotti. Ma i due aspetti sono inscindibilmente connessi e occuparsi di un aspetto senza tener conto dell’altro costituisce un errore metodologico che giudico piuttosto grave. Errore che nasce anche da una pessima legge dello Stato – la famigerata legge obiettivo – che, con l’intento di ridurre “lacci e lacciuoli” della burocrazia, intendeva accelerare la realizzazione delle opere pubbliche, infischiandosene delle conseguenze sui territori e sulle popolazioni. Più volte ho espresso le mie forti perplessità sulla realizzazione di una bretella di collegamento tra l’asse del corridoio tirrenico e il nodo viario della Roma-Napoli. Le mie considerazioni partono da lontano e quindi dagli aspetti della macroprogrammazione delle infrastrutture, che spesso non tiene adeguatamente conto di tutte le componenti. In particolare non si è tenuto conto – per la bretella Cisterna- Valmontone – delle linee di indirizzo in materia di programmazione infrastrutturale che - a livello comunitario, attraverso il libro bianco sulla mobilità e sui trasporti, e a livello internazionale, attraverso il protocollo di Kyoto e i molti provvedimenti attuativi, tra cui una legge dello Stato - indicano in modo molto chiaro la strada da seguire. Questa strada è il riequilibrio modale tra gomma e ferro (e l’Italia è tra i primi paesi del mondo a far viaggiare le merci su gomma) e la drastica riduzione delle distanze da far percorrere alle merci (attraverso una revisione dei nostri modelli di vita e di consumo, ormai insostenibili alla luce della crescente scarsità delle fonti non rinnovabili). Realizzare quindi un’opera che va in tutta evidenza nella direzione opposta significa consumare inutilmente risorse e territorio, che potrebbero trovare un’utilizzazione di gran lunga più valida.

Le considerazioni da fare sul secondo livello, ossia sul piano territoriale locale, pur tenendo conto di parametri differenti, portano comunque ad una valutazione fortemente negativa dell’opera. Perché le conseguenze per il territorio e la collettività sono tutt’altro che positive, al di là di quello che affermano i sostenitori dell’opera e mente chi sostiene che si avrà una riduzione del carico veicolare sulle nostre strade, soprattutto se è la stessa persona che afferma di voler realizzare uno degli interporti più grandi d’Italia nel nostro piccolissimo territorio. Chiunque abbia visto una qualunque analisi del rapporto causa-effetto della realizzazione di interventi infrastrutturali di questo tipo – definiti “attrattori di traffico” – sa bene che l’effetto è quello di un moltiplicatore della domanda di mobilità e che l’aumento degli spostamenti lungo un qualunque asse viario determina, come conseguenza indiretta, un proporzionale aumento degli spostamenti lungo la viabilità di connessione. E la presunta “ricchezza” che porterà l’opera sarà la ricchezza tipica del modello di sviluppo labicano, ricchezza per pochi (in questo caso il sistema trasportistico su gomma nel suo insieme e quei pochi che lucreranno sulla realizzazione delle strutture di servizio individuate sul territorio) e conseguenze negative per molti che, tanto per cambiare sarà la collettività labicana. Poi perché stupirsi se si fa di tutto per impedire che di queste cose si parli pubblicamente?

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura