28 aprile 2011

Interrogazione sul sistema fognario di via Leonardo da Vinci


Labico, 28 aprile 2011


Al Sindaco di Labico, con richiesta di risposta al primo Consiglio Comunale utile e contestuale iscrizione del punto all’odg


I sottoscritti consiglieri interrogano il sindaco, per sapere, premesso che:

nel mese di Aprile 2007 è stato completato il rifacimento del manto stradale di Via Leonardo Da Vinci, con conseguente manutenzione della rete fognaria;
da subito gli abitanti della strada hanno lamentato che in corrispondenza dei tombini delle acque chiare, si respirava un’aria assolutamente maleodorante;
la presenza di questo fastidioso odore è stata segnalata più volte, nel corso di questi anni, al Comune di Labico, producendo anche sopralluoghi da parte del Comando dei Vigili Urbani e di alcuni responsabili dell’ Ufficio Tecnico comunale, anche in virtù del fatto che sul tratto interessato è ubicata la scuola d’infanzia;
ad oggi, però, la situazione appare invariata ed il cattivo odore persistente;
la perplessità è che l’impianto fognario non funzioni adeguatamente e che, di conseguenza, le acque chiare risultino in qualche modo contaminate (vedi foto allegate);
a rendere più evidente il livello di approssimazione dei lavori svolti, evidentemente in gran fretta a causa dell’approssimarsi delle elezioni amministrative, ci sono gli elementi di predisposizione dell’impianto di illuminazione, oramai semidistrutti dalle automobili;
 
se sia a conoscenza della situazione di Via Leonardo Da Vinci e se intenda procedere al più presto ad una verifica e risoluzione del problema che, con l’arrivo della stagione estiva, potrebbe peggiorare.



26 aprile 2011

Labico - Viabilità insostenibile. Non era meglio pensarci prima?

Il capogruppo di minoranza, Tullio Berlenghi, replica alle dichiarazioni del sindaco, Andrea Giordani. 

Fa piacere che il sindaco di Labico si sia accorto che l’imminente apertura del parco giochi di Valmontone aggraverà la già difficile situazione della viabilità e del traffico del comprensorio. Purtroppo, però, né il sindaco, né chi sta permettendo una così imponente trasformazione del territorio, sembrano rendersi conto dell’inevitabile aumento della domanda di mobilità che le scelte (urbanistiche, commerciali e produttive) comportano.
Là dove si è capaci di fare programmazione prima si progettano gli adeguamenti infrastrutturali e poi si propongono i cambiamenti. In questo caso non solo non si è pensato di intervenire prima sulle infrastrutture, ma si sono individuati interventi – come la bretella Cisterna-Valmontone - che non risolveranno il problema e potrebbero persino causare ulteriori disagi al territorio ed alle popolazioni. Non bisogna dimenticare che il Programma delle infrastrutture strategiche, allegato al Documento di Economia e Finanza, all’esame in questi giorni in Parlamento, ha ribadito che la bretella Cisterna-Valmontone, il cui costo ammonta ad oltre 700 milioni di euro, non dispone ancora dei finanziamenti necessari (mancano all’appello 427 milioni di euro), e non è facile immaginare quando vedrà la luce.
Il territorio ha bisogno invece di interventi certi e in tempi brevi, a cominciare dall’adeguamento e dal potenziamento della linea ferroviaria Roma-Cassino (che interessa, per l’appunto, i comuni di Labico, Valmontone e Colleferro) dove migliaia di pendolari devono fare i conti quotidianamente con carenze e disservizi, imputabili principalmente alla continua erosione di risorse da destinare al trasporto pubblico locale.
Anziché lanciare un allarme viabilità quando ormai la situazione appare irreversibile e sostenere acriticamente un progetto viario incerto e dannoso, sarebbe stato meglio se il primo cittadino di Labico avesse cercato di garantire, con ogni mezzo a sua disposizione, la tutela di un territorio e di un comune che, dopo essere stato sommerso dal cemento, ora rischia il vero collasso ambientale.

20 aprile 2011

Lettera aperta al Sindaco Andrea Giordani


Lettera aperta al Sindaco Andrea Giordani

Caro Andrea,

ti scrivo questa lettera perché credo che le associazioni locali abbiano bisogno di un po’ più di attenzione e di rispetto da parte dell’amministrazione che tu guidi. Vorrei ricordarti che il Comune di Labico ha da tempo regolamentato un meccanismo di sostegno economico alle associazioni. Questo regolamento – migliorabile, come ogni cosa – è in vigore da molto tempo e ogni anno le associazioni presentano i propri progetti per accedere ai finanziamenti comunali per svolgere la propria attività. Teniamo conto che si tratta di associazioni impegnate sui temi sociali, culturali, di tutela del territorio e le loro iniziative regalano un importante valore aggiunto alla nostra piccola comunità. L’aiuto economico del comune è sicuramente molto importante, ma la vera ricchezza è data dal tempo, dalle competenze, dall’entusiasmo che molte persone dedicano alla realizzazione di bellissime iniziative.

Anche per il 2011 le associazioni hanno presentato i propri progetti (entro ottobre del 2010). L’amministrazione, attraverso la commissione consiliare competente, avrebbe dovuto esaminarli e ripartire le risorse, sulla base di precisi criteri. Ogni associazione ha bisogno di conoscere in tempi ragionevoli le risorse su cui può contare, anche per organizzare le proprie iniziative e per capire se la disponibilità finanziaria è tale da poter mettere in cantiere tutte le proposte fatte. Purtroppo siamo alla fine di aprile e nessuna comunicazione è stata ancora data alle associazioni, la commissione competente, nonostante una precisa richiesta da parte dell’opposizione, non è stata convocata e nulla, ufficialmente, si sa dei propositi dell’amministrazione.

Provo a spiegare come stanno le cose. Dalle dichiarazioni di qualche esponente della maggioranza, a cominciare dall’assessore competente, sembra che l’amministrazione abbia deciso che “non si possono dare soldi alle associazioni”. Perché? “Perché lo dice la legge”. Punto. Ad un più attento esame delle apodittiche affermazioni dei nostri assessori, si intuisce che l’amministrazione si vuole avvalere di una norma contenuta nel decreto-legge n. 78 del 2010, che prevede che le amministrazioni pubbliche non possano effettuare spese per sponsorizzazioni. Ricordo che la norma è entrata in vigore il 31 maggio del 2010, ossia circa un anno fa, e che, se davvero chi amministra ne ha dato un’interpretazione così restrittiva, c’era tutto il tempo di comunicare in via ufficiale alle associazioni e, perché no?, al consiglio comunale l’orientamento del sindaco e della giunta. Invece nulla. E’ stato per mesi tutto un “si dice”, un “sembra che”, un “vediamo come”. Di chiaro e trasparente nulla, come troppo spesso capita con questa amministrazione. La sensazione è che, ancora una volta, ci si faccia scudo di una norma dello Stato – che, peraltro, non dice quello che si vuol far credere – per usare in modo discrezionale le risorse pubbliche, magari elargendo con maggiore generosità nei confronti delle associazioni che si considerano “vicine” all’amministrazione. Lo abbiamo già visto con la famigerata delibera di regolamentazione degli spazi pubblici, una vera e propria trappola – sconfessata peraltro proprio dal consiglio comunale – e sguainata all’occorrenza come alibi per negare spazio e visibilità alle associazioni sgradite al “Palazzo”.

Non è un bel modo né di fare politica, né di amministrare. Ti invito pertanto ad affrontare in consiglio comunale la vicenda, invitando i rappresentanti di tutte le associazioni e dando vita ad un confronto aperto e costruttivo, per restituire – ancorché con qualche mese di ritardo – alle associazioni che danno valore e animano la vita sociale e culturale del nostro piccolo paese, il giusto e dignitoso riconoscimento per la passione e l’impegno che offrono a tutti noi.

Colgo l’occasione per augurarti una buona Pasqua.

Tullio Berlenghi

7 aprile 2011

Il processo breve, in breve.

Ancora una volta commetterò l’ingenuità di applicare i meccanismi della logica a qualcosa che di logica ne ha una sola, l’impunità assoluta di una determinata persona fisica. Tutto il resto sono vestiti che si cuciono addosso al principio (quello dell’impunità) per renderlo digeribile, sia sotto l’aspetto normativo che su quello della comunicazione. Questo secondo aspetto è il più facile da gestire, considerata la potenza di fuoco di cui dispone l’interessato e una certa accondiscendenza da parte sia di moltissimi “addetti ai lavori”, sia di una porzione rilevante dell’opinione pubblica.  L’aspetto normativo in effetti riguarda prevalentemente il rispetto del dettato costituzionale, che non sempre significa che una legge abbia una sua “logica”. Il fatto che venga esaminata e discussa da un paio di migliaia di persone tra parlamentari, consulenti, esperti, funzionari a vario livello, dovrebbe essere un elemento di garanzia sulla “tenuta” della norma. Discutibile o meno, ma in qualche misura “ragionevole”. Non è così per il cosiddetto processo breve, il quale, avendo come unico obiettivo il salvataggio di una persona da un processo, costituisce un semplice espediente per ottenere il risultato. Si sarebbe potuta fare anche vietando di processare gli ultrasettantenni o quelli più bassi di un metro e settanta. Si è pensato invece al processo breve. Che non è esattamente, come si potrebbe ingenuamente pensare, la riduzione dei tempi dei procedimenti penali (magari accorciando alcuni termini e potenziando gli uffici dei tribunali), ma semplicemente l’introduzione di una “mannaia” sul processo. Che a quel punto, se non è giunto ad un punto “utile”, muore lì. E sarà interesse di tutti gli imputati (e sarà più agevole per quelli più facoltosi) dilatare il più possibile tutti i tempi per giungere alla mannaia, prima della sentenza. I tempi dei processi si allungheranno inevitabilmente e sarà sempre più difficile rispettare il principio della certezza della pena. Immaginiamo cosa succederebbe se applicassimo la stessa logica ad un altro ambito di interesse pubblico (il rispetto della legge da parte di tutti, può sembrare strano, ma è un interesse della collettività) come, ad esempio, gli appalti. In questo caso si potrebbe stabilire che se la ditta che si è aggiudicata l’appalto non ha terminato i lavori entro un determinato tempo, i lavori si intendono comunque ultimati, anche se magari sono state fatte solo le fondamenta.
In questa bizzarra battaglia per porre un cittadino al di sopra della legge – legibus solutus, come gli antichi sovrani – si sta assistendo alla sagra del paradosso. In pratica il Governo della tolleranza zero per la criminalità è disposto a fare un enorme regalo ai criminali di ogni sorta, pur di raggiungere l’obiettivo. Un altro paradosso è nella denominazione che viene data alla legge (processo breve) che sembra una definizione orwelliana - come il ministero della pace, che si occupava della guerra – mentre è evidente che i processi si allungheranno, per poi non giungere a nessun risultato. E’ stata definita un’amnistia mascherata. Con la differenza che l’amnistia ha almeno il vantaggio di alleggerire il lavoro della magistratura, questo lo appesantirà. E qui viene un altro paradosso. Il Governo che più di ogni altro si ispira alla logica aziendale, alla produttività, alla visione manageriale, si inventa un simile guazzabuglio. Non stroncherà solo il processo Berlusconi, che è quello che si vuole, ma finiranno al macero le carte di tantissimi altri procedimenti, con buona pace di chi vorrebbe vivere in un paese in cui il rispetto della legalità è un valore. Mentre per questa destra becera diventa un valore solo se a delinquere sono i più disperati, quelli che, forse, hanno poche possibilità di scelta. Chi ruba tanto rimane impunito e spesso è anche premiato, come per tutti i provvedimenti a favore di evasori, abusivi e altre categorie di furbi.
Sempre a proposito di paradossi c’è la questione della responsabilità civile dei magistrati. Questione spinosa su cui non vorrei addentrarmi, perché la sua delicatezza impone la massima cautela. Però, se davvero dovesse valere il principio del “chi sbaglia paga”, che di per sé ha una sua logica, perché non introdurlo, in primo luogo, per manager e amministratori pubblici? Il mio sindaco, ad esempio, ha gestito in modo superficiale una vicenda relativa ad un pagamento di un lavoro commissionato ad una ditta. La ditta, con la quale era stato stipulato un preciso accordo, dopo aver fatto il lavoro ha chiesto di essere pagata. Per la precisa responsabilità del sindaco (e del vicesindaco) si è arrivati ad un contenzioso legale, che è costato molto di più dell’importo dei lavori. Quel “di più” chi l’ha pagato? Il sindaco e il vicesindaco? No, i cittadini. Eppure il guaio l’avevano combinato gli amministratori. Ma gli amministratori sono dei politici e la politica (che fa le leggi) sta bene attenta a non creare problemi alla propria categoria. Solo chi quelle leggi le deve applicare e far rispettare viene messo in condizioni non solo di lavorare male, ma anche di rischiare di pagare per i propri errori. D’altronde, se si dovesse introdurre la responsabilità civile retroattiva per i danni fatti da alcuni politici, a cominciare dall’attuale presidente del Consiglio, non avrebbe prezzo. Per tutto il resto c’è il rag. Spinelli.

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura