28 dicembre 2007

Cronache dal consiglio

Il Sindaco apre i lavori scusandosi con l’opposizione per il ritardo con cui sono stati messi a disposizione dei consiglieri della minoranza alcuni documenti relativi ai primi due punti all’o.d.g. (presa d’atto della cessione delle opere realizzate in convenzione nelle lottizzazioni “Selvotta” e “3P”) e al punto relativo alla bretella Cisterna-Valmontone. Circostanza che aveva portato tre consiglieri a scrivere una lettera al sindaco con la richiesta di rinvio dei tre punti suddetti alla prossima seduta consiliare. Il problema è stato superato con lo slittamento dell’inizio del consiglio in modo da consentire ai rappresentanti della minoranza di esaminare la documentazione che non era stato possibile visionare.

15 novembre 2007

Ma che ce frega!

La prima “vera” pubblicazione politica della coalizione che amministra il Paese (non fanno testo gli opuscoli pseudo-informativi del comune, che dietro un’apparenza istituzionale svolgono artatamente funzione di propaganda) merita indubbiamente una replica. Intanto va detto che, come opposizione siamo ben lieti di questa uscita, perché il dibattito politico è essenziale per la democrazia e va premiato il coraggio di confrontarsi con i propri oppositori. Coraggio che, fino ad ora, era mancato e chissà che un domani non si riesca addirittura ad avere il famoso confronto pubblico, al quale i nostri avversari si sono sempre sottratti.
Un primo esame della pubblicazione - anno 1, volume 1 (volume?) – rileva un uso un po’ approssimativo della lingua italiana. Ad esempio si accusa l’opposizione di dire “falsità” sull’operato dell’amministrazione. Ora il termine falsità normalmente si utilizza per descrizione dei fatti che non corrispondono al vero. Ora, i fatti per loro natura sono caratterizzati dall’oggettività, per cui anziché apodittiche dichiarazioni del tipo “non fanno altro che raccontare falsità” bisognerebbe citare i fatti e spiegare quali siano le eventuali affermazioni che li riportano in modo infedele, altrimenti si abbaia alla luna. Altra questione riguarda le opinioni, che possono essere completamente divergenti, ma tutte legittime, e il compito della politica è esattamente quello di confrontarle e di dare la possibilità ai cittadini di prenderne conoscenza e di elaborare una propria autonoma convinzione. Il fatto di affermare un’opinione non coincidente con quella di De Martino non è un delitto di lesa maestà, ma l’esercizio di un diritto.
Anche la questione delle vignette (di cui mi assumo la paternità) è sintomatica di un preoccupante concetto di democrazia. Intanto è costume diffuso quello di accusare la satira di essere di cattivo gusto. La satira non deve piacere per forza e spesso non piace a chi ne è il soggetto (l’autoironia è una dote molto rara), ma metterne in discussione la legittimità è stato spesso in passato un primo passo verso la censura. Per quanto riguarda gli aggettivi usati in proposito andrebbero spiegati meglio. Parlare di cinismo sembrerebbe quasi voler riconoscere implicitamente che le vignette sono meno distanti dalla realtà di quanto non si vorrebbe far credere. E poi sarebbe interessante sapere chi sono tutti questi innocenti messi alla berlina.
Altre riflessioni. Nessuno ha mai “ordinato” a chicchessia di intervenire. Casomai è stato fatto un invito a dare la propria opinione in merito a questioni di grande interesse per il paese. Ora se è legittimo non esprimersi è altrettanto legittimo chiedere di farlo. Inoltre affermare di esprimere le proprie valutazioni esclusivamente nei preconsigli (che sono riunioni private e prive di ogni valenza giuridica e politica) vuol dire dimostrare ben poca considerazione dei cittadini, i quali – se vogliono conoscere le posizioni ufficiali dei consiglieri comunali – hanno come principale strumento proprio il dibattito consiliare ed è quello l’ambito nel quale è più opportuno spiegare le ragioni delle proprie scelte. Circoscrivere i propri interventi a riunioni interne non è di grande aiuto per la trasparenza. Sulla critica per aver cercato di valutare nel modo più ampio possibile gli interventi di trasformazione del territorio, la posizione di De Martino mi sembra sintomatica. Da un lato c’è il gruppo consiliare Cambiare e Vivere Labico che chiede la massima trasparenza, la massima correttezza nel momento in cui si destina una porzione del territorio ad una funzione edificatoria. Da un lato c’è un opposizione che chiede il rispetto delle regole urbanistiche e della tutela ambientale. Da un lato ci sono consiglieri comunali che si preoccupano che gli interessi economici dei privati non vengano anteposti alla salute pubblica e alla qualità della vita dei cittadini. Dall’altra parte c’è Angelo De Martino che dice “Ma che ce frega!” (testuali parole). Chapeau. La sua posizione non merita ulteriori commenti.
Sulla vicenda del verbale non avrei voluto tornare, ma è evidente che a De Martino è sfuggito il nocciolo della questione. Non si è trattato di aver riportato in modo impreciso un elemento marginale del verbale, ma la modifica della proclamazione del risultato di una votazione. Perché la frase pronunciata era elemento essenziale (anche se non sufficiente) per determinare l’efficacia giuridica dell’atto. E, come ho avuto modo di spiegare in consiglio comunale e di ribadire nel mio resoconto, tutti erano consapevoli del risultato. Sia i consiglieri di maggioranza (non ricorda De Martino il silenzio e gli sguardi interrogativi che si sono scambiati subito dopo?), sia quelli di minoranza (ca va san dir), sia il pubblico presente, sia chi per i giornali locali ha correttamente riportato l’esito della votazione. Dice bene De Martino: i disturbi della memoria di norma avvengono progressivamente e la subitaneità di quello che ha colpito l’intera maggioranza è davvero singolare.
Rassicurante la frase in cui si afferma di non voler mettere a repentaglio la salute dei cittadini. Peccato che ometta di citare i dati (da noi portati a conoscenza del consiglio comunale e che abbiamo chiesto di mettere agli atti) dai quali si evince che i bambini che andranno ad abitare nella lottizzazione “La rondine” vedranno triplicare il rischio di ammalarsi di leucemia (ah, dimenticavo: “Che ce frega!”).
Infine un suggerimento per il prosieguo della sua attività informativa: i resoconti conviene farli in tempi brevi, perché a distanza di un mese la cronaca di un consiglio comunale, come si dice a Labico, è bella che spuzzita.

12 novembre 2007

Il nuovo corso della giunta

Molti sono convinti che fare opposizione non serva praticamente a nulla. Che sia tempo perso. Che, una volta riaffermato il potere, gli amministratori proseguano per la propria strada incuranti di tutto e di tutti e soprattutto incuranti delle sollecitazioni dei consiglieri di minoranza. Certo in situazioni “normali” sarebbe impensabile che una maggioranza non cercasse un confronto che possa essere di stimolo e di dialogo con chi è portatore di culture e di istanze differenti, ma non a Labico, dove, nella politica locale, si è sempre fatto ricorso a metodi molto “spicci” nel confronto politico: si fa come diciamo noi punto. Se vi sta bene è così e se non vi sta bene è così comunque, tanto abbiamo i numeri per decidere.
Sotto questo aspetto non è cambiato moltissimo e una certa malcelata protervia emerge dai modi e dai toni di alcuni esponenti della maggioranza. Però ci sono evidenti segnali che la sicumera che hanno ostentato fino ad ora si va via via ridimensionando e proviamo ad analizzarli.
Una delle domande che mi ero sempre posto negli anni precedenti era per quale ragione l’amministrazione comunale non sentisse il bisogno di “comunicare” in merito al proprio operato. Come mai non sentissero l’esigenza di spiegare le proprie scelte e di illustrare la bontà (o l’ineluttabilità) delle proprie decisioni. Si aveva l’impressione di avere a che fare con un muro di gomma. Informazioni sugli atti e sui contenuti pochissime, il minimo indispensabile. Spiegazioni ancora meno. Dimostrando così di avere ben poco rispetto anche dei propri elettori, ai quali bisogna rivolgersi solo poche settimane prima delle votazioni per poi lasciarli nell’oblio fino alla prossima tornata elettorale.
Invece adesso si vedono i primi timidi (e anche un po’ goffi) segnali di voler cambiare approccio. La nostra amministrazione sente il bisogno di magnificare la propria azione politica. Infatti ha deciso di dotarsi di un vero e proprio ufficio stampa. Ha intensificato l’invio di comunicati. Ha persino – ed è la prima volta nella storia labicana – di dare vita ad una pubblicazione politica del gruppo consiliare di maggioranza. Certo l’autocelebrazione in alcuni casi rasenta davvero il ridicolo e il paragone tra la Svizzera e Santa Maria-Le Vignole grida vendetta ed offende l’intelligenza di chi in quel quartiere ci vive e subisce i disagi e i problemi della sciatteria di amministratori che non sono stati capaci di dare le infrastrutture minime (quelle previste dalla normativa) necessarie al quartiere. Ciò che appare francamente imbarazzante è che ci si vanti di avere fatto una parte (e pure modesta) di quanto fosse obbligatorio fare ai sensi delle vigenti norme urbanistiche. Per usare una metafora che possa essere di agile comprensione anche per qualche nosro amministratore è come aver concordato con un ristoratore un pasto completo per una ricorrenza, il quale ci porta il primo dopo un tempo interminabile per poi venire al tavolo a chiedere i complimenti per l’ottimo servizio reso. E il secondo? E il dolce? E tutto il resto? La metafora calza anche per l’assonanza tra le portate (primo e secondo) e le opere (primarie e secondarie). Certo il dolce non c’è, ma in compenso non si è lesinato sull’amaro, che gli abitanti di Santa Maria masticano ormai da tempo immemore.
Altra surreale comunicazione è quella relativa alla progressiva trasformazione del brutto anatroccolo in meraviglioso cigno del nostro simpatico paesello. E uno si chiede quali meravigliose opere siano state realizzate. Il rifacimento delle facciate del centro storico? O la messa in sicurezza della via Casilina? O la “vera” messa in posa dei marciapiedi a più riprese vantate di cui però non si è mai vista traccia? Niente di tutto questo. Qualcosa di ancora più importante e che …. (citare la cagata detta nel cs) : i nuovi uffici di sindaco e assessori. Tutti nuovi di pacca e molto gradevoli e accoglienti. Certo in tutto questo non si è trovato uno straccio di buco per l’opposizione, alla quale è precluso il diritto di esistere (politicamente) e che non ha uno spazio dove svolgere il proprio lavoro.

13 ottobre 2007

Cronache dal consiglio

Prima ancora dell’appello chiediamo di ricordare Sandro Pignalberi, l’operaio della Simmel Difesa, morto martedì scorso in seguito alla violenta esplosione avvenuta nella fabbrica in cui lavorava. Il Sindaco si unisce alla nostra proposta e propone un minuto di silenzio.

Si comincia, come di consueto, con l’approvazione dei verbali della seduta precedente. Questione di routine, si era già detto. Certo, purché i verbali diano una fedele rappresentazione di quanto avvenuto in consiglio. Invece il verbale relativo al punto di modifica dello statuto, nella parte conclusiva, è del tutto difforme dai fatti. I fatti sono che il sindaco aveva dichiarato “non approvato” un atto e il verbale asserisce l’esatto contrario. Proviamo a far presente, prima ancora di dare inizio al dibattito vero e proprio, la gravità della situazione e suggeriamo di rettificare all’istante il macroscopico “errore” ed evitare ulteriori discussioni. Niente da fare. La tesi è che nessuno si ricorda dell’affermazione del sindaco. Da notare: nessuno è graniticamente sicuro (a partire dal sindaco che chiede di mettere a verbale di non ricordare di aver pronunciato quelle parole) che la frase non sia stata pronunciata. Un interessante caso di amnesia collettiva. Un preoccupante episodio di black out di gruppo. Eppure si trattava di qualcosa di un certo “peso”, visto che si era a lungo dibattuto sul concetto (fino ad allora ignoto ai nostri amministratori) di maggioranza qualificata. Io ho fatto presente che una siffatto cambiamento del contenuto di un atto configura una fattispecie prevista dal codice penale che prende il nome di “falso in atto pubblico”, reato che viene punito con la reclusione da uno a sei anni. Faccio presente che ci sono articoli di giornali locali che attestano il risultato della votazione. Da incorniciare la replica del vicesindaco “Si sa che i giornalisti scrivono solo puttanate.

Loro scrivono solo quello che gli si dice di scrivere”.

Evviva la sincerità. La categoria ringrazia per la stima accordata. Nel frattempo tiro fuori “Cinque” e “La Notizia”.

Uno dei consiglieri di maggioranza, alla vista de “La Notizia” cambia espressione. Delle Cese invece tira fuori il nostro foglio informativo come “prova” della scarsa credibilità dei giornalisti. Sulla differenza tra un giornale (teoricamente indipendente) e un organo di informazione dichiaratamente di parte ci soffermeremo in altri momenti. Il sindaco ad un certo punto ha un barlume di buonsenso. In fondo – facciamo notare – avete i numeri per cambiare le regole come e quando vi pare (anche se correttezza vorrebbe che le modifiche statutarie si facessero di comune accordo), che bisogno avete di irrigidirvi su questo punto. Il sindaco prova quindi ad agire autonomamente. Manifesta l’intenzione di uscirne il più elegantemente possibile, trovando un modo per invalidare l’atto. Immediata sospensione dei lavori.

Quando torna in aula il sindaco ha cambiato idea. Anzi è parso persino pentito di averne avuta una. Non si fanno prigionieri. Se volete proporre una modifica, fate la proposta e noi ve la bocciamo. Ok, facciamo la proposta.

Prontamente bocciata. L’atto falso è approvato. Si astiene uno della maggioranza. Lo stesso che aveva mutato espressione.

Punto numero due. Nomina della commissione per la modifica dello Statuto. Su questo punto la proposta della maggioranza è di due consiglieri della maggioranza e uno dell’opposizione, con il sindaco membro di diritto.

Noi proponiamo di aggiungere due persone esterne, una indicata dalla maggioranza, una dall’opposizione.

L’idea è quella di attingere a competenze e capacità anche al di fuori del consiglio comunale.

La proposta non piace. Proviamo a chiedere comunque un allargamento della commissione, magari ridimensionando le proporzioni tra maggioranza ed opposizione.

L’allargamento passa, le proporzioni rimangono.

Nasce una commissione composta da quattro esponenti della maggioranza (Giordani, Alfredo Galli, Prestipino, Di Stefano) e due dell’opposizione (Berlenghi e Paris). Coi numeri meglio stare tranquilli.

Quindici favorevoli, Spezzano contrario.

Proviamo a chiedere di anticipare l’esame delle interrogazioni, affidandoci alla disponibilità del Sindaco. Niente da fare. Paris ricorda che sono inadempienti. Giordani replica “E’ colpa vostra”. La tesi dominante è che non abbiano nessuna intenzione di rispondere e si usa come alibi il fatto che i consiglieri di minoranza osino esercitare il proprio diritto/dovere di eletti nell’aula consiliare.

Si passa quindi al punto più importante dell’ordine del giorno: la variante alla lottizzazione “La rondine” in zona Vignole-Santa Maria. Su questo punto evito di duplicare l’ottimo resoconto di Spezzano, che evidenzia ancora una volta che l’amministrazione comunale quando deve scegliere tra profitto di pochi e salute di tutti non ha esitazioni e sceglie il profitto. Segnalo solo qualche perla del dibattito. Ad esempio sindaco e assessore competente lamentano di “non aver avuto notizia di un decreto legge” (il virgolettato è d’obbligo) che prevedeva l’innalzamento dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici.

Faccio sommessamente notare agli astanti che l’atto a cui si fa riferimento (che è un DPCM e non un decreto legge) viene pubblicato (come tutti gli atti di normativa statale) sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e preoccupa l’idea che il sindaco e l’assessore stiano lì ad aspettare che qualcuno li avvisi quando cambiano le norme. Segnalo anche che la legge quadro in materia di elettrosmog è anteriore a tutti gli atti della lottizzazione ed era sufficiente leggerla per sapere che ci sarebbero stati provvedimenti attuativi.

Ricordo anche un’amministrazione che si preoccupa della salute dei cittadini non sta a vedere il centimetro in più o in meno della norma, ma si informa sulle possibili conseguenze patogene dell’esposizione alle onde elettromagnetiche e, se del caso, si applica ciò che la normativa comunitaria ci impone: il principio di cautela. Leggo qualche dato su casi di tumori e leucemie infantili legate all’elettrosmog. Giovannoli giudica immorale la scelta di anteporre interessi economici alla salute delle persone.

Parole al vento. Si vota prima un pannicello caldo: mettiamo i parcheggi sotto i cavi dell’alta tensione. Gli altri standard vedremo (col binocolo probabilmente). Ci sembra una presa in giro e votiamo contro (persino qualcuno della maggioranza si astiene). La delibera invece passa con i voti di tutta la maggioranza, tranne i Galli (Luciano e Alfredo) che attendono dietro la porta. La stessa porta che vede innumerevoli passaggi del sindaco proprio durante il dibattito sulla lottizzazione (misteri delle umane vesciche).

Il quarto punto riguarda l’uscita del comune di Labico da una società che, per ammissione del vicesindaco che illustra la delibera, non ha fatto nulla di utile per la città di Labico. Tutti d’accordo sul fatto che è opportuno uscire dalla società. Noi rileviamo semplicemente che bisognerebbe fare attenzione nel decidere la partecipazione del comune a progetti senza una approfondita analisi dei costi e dei benefici. Peccato che il vicesindaco non ricordi neppure quanti soldi fossero. Fatti due conti il comune ha buttato al vento quasi seimila euro. Niente di grave, per carità. Però un po’ di attenzione in più non guasta. Sul voto, per una volta, siamo tutti d’accordo.

Il quinto punto riguarda la nomina dei rappresentanti del comune in seno all’assemblea dei Castelli della Sapienza. Uno della maggioranza ed uno dell’opposizione. La maggioranza indica Angelo De Martino Noi scegliamo Nello Tulli. Ci sarebbero altri due punti e poi le interrogazioni. Non c’è tempo. Tutti a casa. Le interrogazioni possono aspettare.

5 ottobre 2007

Cronache dal consiglio

Al primo punto all’ordine del giorno c’è l’approvazione dei verbali della seduta precedente. Una questione di routine e che non dovrebbe portare via che pochi minuti.
Noi però abbiamo il problema che i verbali sono l’unico atto pubblico che dia conto di quanto avviene in consiglio comunale. Già perché, come gruppo Cambiare e Vivere Labico, abbiamo chiesto di effettuare le registrazioni audio delle sedute in modo da consentire a più persone possibile di seguirne l’andamento. E abbiamo anche chiesto di fissare i consigli il sabato o nei giorni o negli orari in cui non sia necessario prendere un giorno di ferie per assistervi. Niente da fare. Il sindaco non ci ha neppure risposto. Solo un secco “le registrazioni audio non si fanno”. Solo un “i consigli si convocano di venerdì mattina”.
E allora non rimangono che i verbali. E se questi verbali sono caratterizzati da un eccesso di sintesi, si potrebbe dare una lettura incompleta e parziale del dibattito politico. Lo facciamo presente. Anche Spezzano evidenzia l’importanza della questione sollevata. Il segretario all’inizio si è sentito chiamato in causa come critica al suo operato. Chiariamo che la questione è soprattutto politica e che c’è l’esigenza di una maggiore rispondenza dei verbali al dibattito consiliare. Il vicesindaco reagisce subito in modo scomposto. Cerca di tagliar corto dicendo che non è quella la sede per porre simili questioni, ma che avremmo dovuto “prima” fare delle osservazioni per chiedere la modifica dei verbali e che quindi la questione è chiusa e bisogna passare direttamente al voto. Il sindaco, per nulla preoccupato del fatto che a condurre i lavori del consiglio sia qualcun altro (e succederà spesso nel prosieguo della seduta), si accinge ad indire la votazione.
A questo punto intervengo nuovamente, spiegando al vicesindaco e agli altri membri della maggioranza che è proprio il regolamento a prevedere la possibilità di leggere e di modificare i verbali delle sedute precedenti e giudico decisamente fuori luogo l’arroganza con cui si vuole tagliare corto. Faccio inoltre presente che, proprio per evitare un atteggiamento dilatorio, non intendiamo avvalerci della possibilità prevista dal regolamento, ma invito ad una maggiore attenzione per il futuro. Si passa dunque al voto e i verbali vengono approvati con l’astensione della minoranza.
Il secondo punto all’ordine del giorno prevede una modifica diretta dello Statuto del Comune. Una modifica attraverso la quale si vuole istituire la figura del Presidente del Consiglio. Ometto la relazione introduttiva del Sindaco che nel mio intervento definisco un po’ troppo sintetica (qualcosa del tipo “abbiamo deciso così”). Tutti i consiglieri della minoranza intervengono su questo punto in modo compatto. In particolare io apro il mio intervento giudicando la proposta “irricevibile”, non tanto per il merito (sul quale esprimiamo un sostanziale accordo), ma per il metodo. Perché riteniamo inconcepibile che la maggioranza proponga (anzi imponga, o perlomeno cerchi di farlo) una modifica di una norma (definita da Spezzano la “Magna Charta” e da Paris la “Costituzione” del Comune, per enfatizzarne l’importanza a livello locale) che detta il quadro delle regole a cui bisogna ispirarsi nei rapporti tra giunta e consiglio da una parte e tra maggioranza e opposizione dall’altra. Le regole – sottolineo – intanto vanno rispettate per intero e dall’inizio, e così faccio riferimento alla mancata istituzione delle Commissioni Consiliari (giudicate evidentemente un pericoloso cedimento alla democrazia) e annuncio la possibilità che, in assenza di impegni precisi, il gruppo di Cambiare e Vivere Labico si rivolga direttamente alla prefettura per chiedere il rispetto delle regole. Inoltre ricordo che le regole di civile convivenza, proprio perché riguardano tutti, dovrebbero essere approvate coinvolgendo anche la minoranza e non stabilite unilateralmente e con arroganza, come in un passato non troppo lontano è stato fatto anche con la legge elettorale. Sia Giovannoli che Tulli intervengono per chiedere che vi siano davvero dialogo e collaborazione da parte della maggioranza. Il dibattito su questo punto è molto lungo e accalorato. Gli interventi però li fa solo la minoranza. Provo ad invitare i consiglieri di maggioranza ad esprimere il proprio parere in proposito, ma vengo accolto da una selva di proteste, tra cui un memorabile “non ci puoi imporre di intervenire”, travisando completamente le mie parole.
Dall’invito o finanche dall’esortazione all’imposizione il passo è lungo, ma a volte si riesce a fare confusione lo stesso. A questo punto Paris chiede alla presidenza se sia prevista una maggioranza qualificata per modificare lo Statuto. Nessuna maggioranza qualificata. A me il dubbio è venuto. Nel frattempo il Sindaco – che palesa gran fretta di approvare la modifica – indice la votazione.
Le mie perplessità aumentano. Spezzano lascia l’aula. I miei dubbi si trasformano. Il sindaco declama soddisfatto “Undici favorevoli, quattro contrari: è approvato”.
No, intervengo io, chiedo la rettifica della proclamazione: “Non è approvato”. Mi guardano perplessi e interrogativi. L’espressione del sindaco è quella memorabile del piccolo Arnold di una fortunata serie televisiva: “Che diavolo stai dicendo?”. Cito il decreto legislativo n. 267 del 2000, Testo Unico degli Enti Locali, e la norma che prevede una maggioranza qualificata dei due terzi per le modifiche statutarie. Maggioranza di cui la maggioranza (mi si perdoni il calembour) non dispone al momento. Il Sindaco cerca di liquidare la questione senza affrontarla. Gesto da grande statista. Vabbé poi si vedrà. Mi impunto. Chiedo l’intervento del segretario come garante della legalità. L’imbarazzo è palpabile.
Alla fine Giordani cede e recita a mezza bocca: “Non è approvato”. Solo fino alla prossima volta, ma per il momento l’arroganza ha subito una battuta di arresto e sono soddisfazioni importanti.
Terzo punto. Realizzazione attività programmata e verifica equilibri di bilancio. La relazione è fatta dall’assessore competente, Giorgio Scaccia. Una relazione molto incentrata sulle norme che impongono l’obbligo del documento contabile, ma senza dire una sola cifra sulle scelte dell’amministrazione. Scaccia si giustifica dicendo che le cifre sono tutte nel documento.
Così i cittadini che assistono al consiglio sappiano che se si aspettano chiarimenti sulle scelte contabili del comune, possono tranquillamente fare a meno di assistere alle sedute: non serve. Per fortuna ci pensa Paris, nell’intervento di apertura, a mettere in evidenza le zone d’ombra del quadro contabile. Spiegando ad esempio che l’avanzo di cassa si è dimezzato rispetto all’anno precedente e che alcune voci in attivo nascondono qualcosa che definire ottimismo è sicuramente riduttivo. Anche io e Spezzano sottolineiamo le incongruenze delle scelte dell’amministrazione e chiediamo delucidazioni sulle maggiori spese previste in un aggregato troppo ampio per poter individuare le singole voci. La preoccupazione è che ci sia stata una crescita delle spese e degli interventi dovuta alle imminenti consultazioni elettorali.
Non è dato saperlo. In compenso c’è un’interrogazione con queste domande. Attendiamo fiduciosi la risposta.
Da parte mia esprimo un giudizio negativo sulle politiche per la sicurezza stradale, quando è basata semplicemente sull’installazione di un autovelox. Che diventa in pratica un modo per fare cassa. Chiedo quindi scelte diverse e maggiormente orientate ad interventi per ridurre i pericoli “prima” e non per sanzionarli “dopo”. Il sindaco annuisce. E’ già qualcosa. Comunque si passa al voto. Undici favorevoli e cinque astenuti.
Quarto punto. Decentramento delle funzioni catastali.
Qui la faccio davvero breve. La legge Bassanini, come modificata dalla finanziaria 2007, impone ai comuni di scegliere le modalità tecnico-operative per il trasferimento delle funzioni agli stessi comuni, indicando alcune possibili strade. Il Comune di Labico opta per un futuribile polo catastale affidato a Colleferro. La norma prevede la possibilità di un “ripensamento” entro il 200- 9. Noi, nel quadro di incertezza che si va delineando, esprimiamo qualche perplessità nel decidere di fare un salto al buio e preferiremmo mantenere lo status quo e attendere gli sviluppi futuri. Comunque la decisione è già presa e si tratta solo di ratificarla. E quindi si ratifica.
Quinto punto. Approvazione comparto attuativo schema di convenzione piano particolareggiato in località Colle alto. È proprio su questo punto che durante lo scorso consiglio comunale la maggioranza si è incagliata. Il Sindaco in quella circostanza aveva preso l’impegno di individuare una viabilità alternativa per ridurre il disagio degli abitanti della zona. L’impegno non è stato mantenuto e la convenzione è stata portata in consiglio tal quale. La motivazione è semplice: quello che conta è il profitto di chi ha investito nel progetto. Tutto il resto – corretta pianificazione del territorio, tutela della salute dei cittadini, ecc. – non conta. Su questo punto il primo ad intervenire è Spezzano. Giudica negativamente le scelte dell’amministrazione e chiede di rivedere un’impostazione che non tiene conto della presenza di una variante al piano regolatore e delle osservazioni presentate dai cittadini al nuovo strumento urbanistico. Il mio intervento si concentra sulla cattiva qualità della programmazione urbanistica dei nostri amministratori. E attribuisco all’attuale amministrazione – attesa la chiara continuità con le amministrazioni precedenti – la responsabilità di scelte che hanno causato la devastazione del territorio ed una crescita disordinata ed incoerente dell’edificato. Con tre aree produttive in meno di 12 chilometri quadrati e con una gravissima carenza di opere infrastrutturali. Qualcuno si spazientisce sulla “continuità”. Tra questi l’assessore Scaccia che rivendica la sua autonomia politica. Faccio presente che, da come ha votato nella passata consiliatura, non ci sono dubbi sulla sua immutata contiguità con l’amministrazione e, aggiungo adesso, bisogna ricordare che è stato anche il presidente della commissione che ha predisposto la variante al piano regolatore. La discussione dura molto.
Interviene persino il responsabile dell’area tecnica, Taccheri, per spiegare che la delibera va approvata perché i diritti edificatori non possono essere cancellati. Tutti a dire “la legge” ce lo impone (affermazione apodittica con premessa indefinita, una perla di nonsense). La legge non impone un bel nulla. Ricordo a Taccheri e al consiglio comunale tutto che lo Statuto Albertino prevedeva l’assolutezza del diritto di proprietà (ma da allora un po’ di tempo è passato). Con l’avvento della Repubblica e della Costituzione, questo diritto è stato profondamente ridimensionato. Bisogna tenere conto in primis degli interessi della collettività. E lo “ius aedificandi” non è più una certezza assoluta, non a caso “la legge” (in questo caso sarebbe il D.P.R. 380/2001) si affida ad un permesso di costruire, che in passato era addirittura una concessione… ma qui ci si perde in rivoli giuridici. La maggioranza comunque si arrocca. Intanto passa la delibera – e il profitto è salvo -, poi, casomai si pensa alla salute dei cittadini. Galli sembra che ci tenga più di ogni altro (alla delibera, non alla salute). Per la minoranza urge senso di responsabilità: ci sono cittadini che da queste scelte verranno danneggiati, però forse si può agire per la “riduzione del danno”. Chiediamo una breve sospensione.
Ce l’accordano. Parliamo brevemente tra noi e con i cittadini interessati. Cerchiamo almeno un impegno formale dell’amministrazione su alcuni punti. Formuliamo rapidamente una risoluzione che prevede l’individuazione di una viabilità che non crei disagio per gli abitanti e la riqualificazione urbanistica della zona. C’è uno spiraglio di dialogo e accettano la nostra proposta.
In cambio ci asteniamo. In dichiarazione di voto devo esprimere tutta la mia contrarietà alla scelta di creare una zona produttiva in prossimità delle abitazioni, però confermo l’astensione del gruppo. Si vota. Undici favorevoli e cinque astenuti. Galli se ne va soddisfatto.
Sesto e, per questa seduta, ultimo punto. Rinnovo convenzione Tarsu. In parte il rinnovo della convenzione dipende dall’interrogazione a prima firma Paris presentata a luglio scorso. Paris coglie l’occasione per fare presente che il prezzo dell’inerzia amministrativa ancora una volta è stato pagato dai cittadini. Da parte mia faccio presente che sarebbe necessario avviare una politica per la raccolta differenziata dei rifiuti e per la riduzione della produzione. C’è bisogno di un’azione di sensibilizzazione e di informazione, mentre registro il preoccupante dato di una percentuale di raccolta differenziata bassissimo.
Faccio presente che tutto ciò incide sul costo complessivo del servizio. Interviene il consigliere delegato all’ambiente, Luciano Galli, che illustra i suoi propositi per migliorare la situazione. Staremo a vedere. L’unica certezza, al momento, è che l’ambiente, come la salute, non è esattamente tra le priorità di questa amministrazione.

22 settembre 2007

La sinistra, il lavoro e il diritto alla salute

Ecco la versione integrale (pubblicata su Cambiare e Vivere Labico News del 22 settembre 2007) della mia risposta ad una lettera pubblicata dal quotidiano Cinque nella quale si affrontavano diverse questioni riguardanti l’operato dell’opposizione labicana.


“Ho letto con molta attenzione la lettera-articolo di critica all’operato dell’opposizione nel consiglio comunale di Labico e credo meriti una risposta.
Il riferimento alla categoria della “sinistra” mi è sembrato piuttosto temerario visto che tra le righe si intuisce che l’iniziale appartenenza ideologica alla sinistra dell’autore si è via via affievolita per transitare in tutta evidenza verso altri lidi. Niente di male: personaggi autorevoli come Bondi e Ferrara hanno fatto la medesima scelta con grande convinzione. Ma la temerarietà sta soprattutto nella sostanziale confusione con cui si fa riferimento alla sinistra, che, non solo non può essere “interpretata” a seconda delle convenienze, ma che - mentre il mio detrattore era alla ricerca di nuovi punti di riferimento politicoideologici - ha avviato un difficile percorso di analisi e di ricerca dei propri valori e dei propri principi. Possiamo dire che è maturata. Possiamo dire che è cresciuta. Così come è maturata e cresciuta l’intera società e lo stesso si può dire per la coscienza civica di molti (anche se forse non di tutti). Sono cresciute le conoscenze e le competenze ed è aumentata la consapevolezza degli effetti sulla salute e sull’ambiente di molte attività antropiche. Il riferimento ai costumi, alle usanze e alle consuetudini di 50 o 100 anni fa potrebbe risultare fuorviante. In un passato non troppo lontano si usava il carbone per il riscaldamento domestico e nessuno se ne preoccupava. Peccato però che fossero molto diffuse patologie respiratorie e l’insorgenza di gravi e mortali malattie, delle quali è stato poi accertato il nesso di causalità con l’inalazione delle polveri di carbone. I dirigenti Enimont ostentavano sicurezza e tranquillità a proposito delle emissioni inquinanti del petrolchimico di Marghera. Sono morte 157 persone per l’esposizione ai vapori di cloruro di vinile monomero. In Puglia la Fibronit ha dovuto chiudere, dopo che la sua attività di lavorazione dell’amianto aveva causato 380 morti, tra lavoratori ed abitanti della zona, per mesotelioma pleurico. Il progresso non si misura solo dalla capacità di inventare e costruire nuovi prodotti e nuovi materiali, ma anche da come si riesce a trovare un punto di equilibrio tra le esigenze produttive e quelle – a mio avviso decisamente più importanti, ma io ho il difetto di essere di sinistra – della salute dei cittadini. Anche a Labico le cose sono cambiate negli anni. Fino a qualche decina di anni fa, in prossimità delle abitazioni venivano allevati suini e bovini. Poi un giorno si è pensato che, alla luce di una mutata sensibilità sociale, alcune attività (peraltro non particolarmente nocive, ma semplicemente “fastidiose”) erano incompatibili con il rinnovato modo di vedere la qualità della vita. Alcune norme di tutela ambientale e sanitaria sono sicuramente più recenti della bottega del fabbro ferraio e anche dell’Enichem o della Fibronit, ma ciò non toglie che non siano state frutto di attente valutazioni e scelte, con il chiaro obiettivo di tutelare i cittadini. E dovrà quindi essere l’Enichem ad adeguarsi non viceversa. Vorrei sottolineare che, quando si parla con una corretta impostazione “di sinistra”, il valore da difendere non è il “lavoro”, in se, ma il lavoratore in quanto individuo ed è anche a sua tutela che sono state varate norme come il testo unico per la sicurezza dei lavoratori (d.lgs. 626/94) del quale abbiamo chiesto il rispetto con la nostra interrogazione.
In ogni caso, per tornare all’interrogazione posta dal gruppo consiliare Cambiare e Vivere Labico, la questione è molto semplice e qualunque amministratore che abbia a cuore il benessere collettivo la dovrebbe affrontare facendo una valutazione complessiva. Da un lato ci sono le esigenze – legittime – di chi svolge un’attività produttiva e dall’altro ci sono i diritti dei cittadini alla salute e al benessere. La questione nella lettera è malposta: non ci sono diritti dei lavoratori contro diritti dei cittadini. C’è un interesse economico produttivo che potrebbe agevolmente trovare una più ragionevole collocazione e c’è un diritto, quello sì, inalienabile e garantito dall’articolo 32 del nostro dettato costituzionale, alla salute. Tra gli abitanti della zona si è registrata una preoccupante presenza di patologie attribuibili all’attività in questione. E’ evidente che non c’è uno studio epidemiologico, ma quello che una volta si chiamava buonsenso e che la normativa comunitaria definisce “principio di cautela” suggerisce di prendere provvedimenti per ridurre i fattori di rischio.
L’opposizione ha semplicemente posto la questione al sindaco. Prima in consiglio comunale, poi, in assenza di segnali di attenzione, ha chiesto formalmente al Sindaco di prendere una posizione (ed è lui ad avere la responsabilità delle scelte che l’amministrazione adotta) ed ha contestualmente chiesto agli organismi di controllo di esprimere le proprie valutazioni in merito. Qualora l’inerzia del sindaco dovesse proseguire saranno loro ad occuparsene. Sempre nell’interesse dei cittadini.
Riguardo ad altre parti della lettera non proprio attinenti alla questione replico molto brevemente. 1. Non si capisce perché si debba attribuire al sottoscritto la responsabilità per violazioni di cui è a conoscenza l’autore della lettera: è suo dovere di cittadino denunciare eventuali abusi o illegalità. Se ha bisogno del nostro sostegno noi siamo pronti a fare la nostra parte. 2. Sui posti “riservati” mi sembra chiaro che io li avrei eliminati senza mezzi termini, ma anche qui è inutile farmi il processo alle intenzioni. Chi può decidere se mantenere o no il privilegio è il sindaco: è il suo operato che si deve eventualmente giudicare.
Infine vorrei ringraziare l’autore della lettera per aver dato uno spunto ad un dibattito pubblico che, purtroppo, in consiglio comunale non si è ancora riusciti ad avviare.
Ho ragione di pensare che i “motivi affettivi” alla base del suo intervento non siano scomparsi e li ritengo più che comprensibili, ma credo sia innegabile che possono minare l’autonomia del giudizio. Da parte mia – e di tutta l’opposizione consiliare - rivendico di agire nell’interesse della collettività e dubito che si possano trovare argomenti per affermare il contrario.”

Scuola. Quando l’opposizione indirizza l’azione di governo

Non si può negare che l’amministrazione comunale alla fine abbia cercato di risolvere la pesantissima situazione che si era profilata nel dibattito consiliare del 3 agosto scorso. In quella circostanza la totale confusione che pervadeva la maggioranza era decisamente preoccupante.
Non avevano idea non solo di come risolvere i problemi legati alla scuola, ma neppure di quali fossero. Con tutta probabilità non avevano alcuna intenzione di risolverli e tantomeno di affrontarli. Pensavano di cavarsela con l’approvazione di un documento di buoni propositi e nulla di più. Siamo stati noi dell’opposizione ad incalzare i membri della giunta e a chiedere conto – nell’interesse dei bambini e delle famiglie – della loro inerzia e della loro approssimazione. Abbiamo letteralmente estorto un impegno da parte del sindaco a garantire il diritto alla scuola per tutti – e sottolineo tutti – i bambini di Labico.
Cosa che fino a pochi giorni dall’inizio delle lezioni era tutt’altro che scontata. La preoccupazione di rimediare una ben misera figura ha indotto i nostri amministratori - normalmente non particolarmente attenti alle questioni legate alla cultura e all’istruzione (bisogna sempre ricordare che l’assessorato è stato declassato per sistemare i difficili equilibri interni) – ad attivarsi per una rapida soluzione dei molti problemi da risolvere prima dell’inizio dell’anno scolastico. Ci sono parzialmente riusciti. Hanno distribuito in qualche modo le classi nei vari plessi scolastici così da trovare una sistemazione per tutti, anche se hanno dovuto creare classi decisamente troppo numerose e che renderanno piuttosto difficile per gli insegnanti lo svolgimento del proprio compito. Hanno riorganizzato il personale per far fronte alla nuova situazione.
Inoltre è stata accolta la richiesta del tempo pieno (ma su questo punto altri si erano da tempo attivati). Ed è stata attivata una nuova classe della scuola d’infanzia per i bambini che erano rimasti esclusi, anche se partirà con due settimane di ritardo.
Certo, hanno pubblicizzato sulla stampa un’inaugurazione che poi hanno avuto il pudore di non ripetere (visto che l’avevano illegittimamente fatta in campagna elettorale). Certo la situazione nelle scuole e nelle classi è ancora ben lontana dall’essere quella ideale.
Ma qualcosa è stato fatto ed è ipotizzabile che senza l’azione di stimolo e di sprone di Cambiare e Vivere Labico, non avrebbero dedicato alle questioni la medesima attenzione ed il medesimo impegno. Allora proviamo a porre subito un’altra di questione. Visto che da soli, evidentemente, non ci pensano. Come mai la mensa non è ancora funzionante? E come mai sembra che non lo sarà fino alla fine del mese? Un’amministrazione comunale degna di questo nome sa bene che a un certo punto dell’anno ha inizio l’attività scolastica (è sufficiente leggere i giornali per essere informati sulla data) e sa anche che questo comporta che il comune debba rendere disponibili alcuni servizi affinché questa attività venga svolta al meglio. E questi servizi, quando le cose funzionano, hanno inizio lo stesso giorno di inizio delle attività scolastiche.
Basta organizzarsi e basta saperlo fare. Invece a Labico non funziona proprio così. Inizia la scuola. I bambini cominciano a frequentare. Poi qualcuno, più sveglio degli altri, si accorge di un particolare imprevisto ed inaspettato. E corre a dirlo a qualcuno dell’amministrazione comunale. Questi poi informa il consigliere delegato (l’assessore, lo ripeteremo fino alla nausea, non è previsto). Il quale, a sua volta, ne parla col vicesindaco. Non è dato sapere se qualcuno informerà il sindaco. Però il problema è lì, sul tavolo, e nessuno lo aveva previsto. Gli amministratori si guardano l’un l’altro sconcertati pensando “questa proprio non ci voleva: i bambini mangiano”. Certe avversità metterebbero in ginocchio chiunque. Ma non i nostri impagabili amministratori.
Sembra che a seguito di un’accurata indagine abbiano scoperto di avere stipulato in passato un appalto per l’erogazione di un servizio di mensa. Ulteriori ricerche hanno permesso di individuare il numero di telefono per contattare la ditta interessata. Nel giro di qualche giorno faranno una telefonata. E, se tutto va bene, a ottobre i nostri bambini potranno anche mangiare. Evviva.

19 settembre 2007

L'ambientalismo scomodo

L’ambiente è diventato scomodo. L’ambientalismo ha smesso i panni della moda un po’ stravagante, ma in fondo innocua ed è diventato un ostacolo per i sostenitori di un modello economico non solo superato, ma decisamente pericoloso. E così, da qualche anno, è partita l’offensiva “antiambientalista” con il chiaro obiettivo di screditare le tesi dell’ambientalismo, sia che abbiano basi etiche, sia che siano supportate da dati scientifici.
Intanto bisognerebbe fare un primo passaggio e mettere in evidenza la distinzione tra un ambientalismo etico, che prescinde dalle considerazioni di carattere socio-economico, e che ritiene giusta una tutela dell’ecosistema in quanto tale. Per il suo intrinseco valore, non certo misurabile con le unità di conto a cui siamo abituati, ma non per questo di minor pregio. Molti valori col passare degli anni hanno conquistato un posto negli ordinamenti giuridici perché ritenuti meritevoli di salvaguardia. Si è cominciati con la vita umana e, man mano che la sensibilità sociale è cresciuta, il bisogno di tutela si è esteso sempre di più, fino a ricomprendere il pudore o i beni culturali. Su questo aspetto c’è poco da discutere - infatti c’è chi pensa che i beni culturali non siano meritevoli di tutela, soprattutto se non sono “economicamente rilevanti” – e si tratta semplicemente di stabilire quale sia il livello di sensibilità di un popolo e predisporre leggi che siano in linea con quella sensibilità.
Un po’ più delicata è la questione sugli aspetti economici e scientifici delle questioni ambientali. Le dottrine economiche arrivano sempre in colpevole ritardo rispetto alle istanze sociali e questo ha permesso per lungo tempo al settore produttivo di non tenere conto dei “costi esterni” legati alla propria attività. I costi esterni sono le conseguenze negative che un’attività comporta per la collettività. In passato essi sono sempre stati sopportati dai cittadini o semplicemente vivendo il disagio (o il rischio per la salute), oppure attraverso l’intervento economico dello Stato per ridimensionare i danni. In seguito sono state introdotte norme più severe che impongono alle aziende di farsi carico di almeno una parte di quei costi. Questo per quanto riguarda un’impostazione strettamente economicista. Un’impostazione che – comprensibilmente, sotto questa tipologia di approccio – non giustifica stanziamenti elevati per intervenire su qualcosa che viene considerato semplicemente un fattore di rischio e sulle cui possibili conseguenze non vi è una visione unanime da parte del mondo scientifico. L’approccio è ovviamente molto cinico ed è lo stesso che ebbe l’Enimont quando si cominciavano a prendere in considerazione i possibili rischi legati alla produzione industriale: per loro non c’era una valutazione del rischio che giustificasse costosi interventi di messa in sicurezza, che incidevano sul profitto dell’azienda. Le drammatiche conseguenze di questo atteggiamento irresponsabile in termini di malattie e di vite umane sono ben note e dovrebbero far riflettere su quanto possa essere miope l’atteggiamento del mondo economico sulle questioni legate alla salute e all’ambiente.
Altre considerazioni vanno fatte sotto l’aspetto scientifico. Sotto questo profilo intanto desta stupore questa spaccatura del mondo accademico su cause e possibili conseguenze dei cambiamenti climatici. Nessuno pensa che la climatologia sia una scienza esatta, ma viene il sospetto che l’interpretazione dei dati venga stirata da una parte o dall’altra a seconda di quale strategia energetica si voglia avvantaggiare. Così è evidente che chi è legato economicamente all’uso del carbone nutre simpatia per i negazionisti e chi ha interessi nella produzione nucleare apprezza la tesi di chi sostanzialmente conferma le preoccupazioni delle più autorevoli comunità scientifiche sui cambiamenti climatici, ma che considerail nucleare una sicura forma di produzione alternativa. I “catastrofisti” sarebbero supportati dalle grandi lobby dell’eolico, del fotovoltaico e delle associazioni ambientaliste. Analisi suggestiva, ma che non tiene conto di un dato: come mai potentati economici come quelli legati all’estrazione dei combustibili fossili (in grado di dar vita a conflitti armati per il controllo politico-economico delle zone strategiche del globo) riuscirebbero a portare dalla loro parte un modesto numero di studiosi, mentre le non proprio facoltose associazioni ambientaliste riescano ad avere nel proprio libro paga i più autorevoli esponenti del mondo scientifico e siano finanche riusciti a portare dalla loro addirittura l’Office of Net Assessment del Pentagono, che non è esattamente l’ufficio studi di Greenpeace? Varrebbe la pena rifletterci e non continuare a ballare allegramente e inconsapevolmente, proprio come i passeggeri del Titanic la notte del 15 aprile del 1912.

7 agosto 2007

Il fardello della democrazia

L’attività vera e propria del consiglio comunale è finalmente iniziata. A ben due mesi dalle consultazioni elettorali e con il solo consiglio di insediamento – caratterizzato in tutta evidenza dalla formale assunzione del mandato elettorale da parte dei consiglieri tutti e dalla presentazione della giunta al consiglio comunale ed ai cittadini – ad interrompere una preoccupante assenza di attività istituzionale, in data 3 agosto 2007 il sindaco ha finalmente convocato il primo consiglio comunale in piena regola. Un consiglio comunale che, di conseguenza, proponeva un ordine del giorno particolarmente nutrito, sia in termini quantitativi (ben 11 punti previsti) sia in termini qualitativi: cosette di poco conto come il rendiconto di bilancio, l’assestamento di bilancio e problemi irrilevanti, come l’istruzione, l’urbanistica e via dicendo. In effetti i nostri amministratori erano ben convinti di poter chiudere l’esame di tutti i provvedimenti entro mezzogiorno e poter correre a pranzo o ad altri impegni. La tecnica, ampiamente consolidata, consiste in questo: si legge il punto all’ordine del giorno, il sindaco o l’assessore competente descrive approssimativamente la questione, si tollera un breve intervento dell’opposizione, non viene minimamente presa in considerazione la possibilità che un esponente della maggioranza intervenga, si passa al voto (nessun dubbio sull’approvazione) e si passa al punto successivo. Nel giro di un paio d’ore tutti a casa contenti e soddisfatti.
Vuole il caso però che come consiglieri eletti nella lista “Cambiare e Vivere Labico” intendiamo svolgere il nostro ruolo nel massimo rispetto delle istituzioni e dei nostri elettori. L’abbiamo dichiarato subito dopo il risultato delle elezioni, l’abbiamo ribadito al consiglio di insediamento e il 3 agosto abbiamo iniziato a mantenere fede agli impegni assunti. Non ci siamo quindi accontentati delle superficiali spiegazioni in merito fornite dall’assessore Scaccia sulle questioni relative ai documenti di bilancio – che rappresentano il modo in cui l’amministrazione investono le risorse pubbliche – e abbiamo chiesto chiarimenti e delucidazioni. Questo ha creato un po’ di malcontento nella maggioranza, i cui esponenti sostenevano che non era quella la sede per chiedere chiarimenti. Abbiamo fatto notare che la mancata costituzione delle commissioni consiliari – a cui è affidato il compito di istruire i provvedimenti – è esattamente la ragione per cui ci siamo ritrovati nella condizione di dover chiedere lumi su numerose questioni. Il sindaco ha assunto l’impegno di far costituire le commissioni consiliari. Ne prendiamo atto e aspettiamo fiduciosi.
La variante al bilancio è stata l’occasione per porre alcune questioni su come vengono gestite le risorse e per segnalare, ad esempio, la scarsa efficienza di un’amministrazione che spende 35mila euro all’anno per un servizio come la biblioteca, di cui non sono stati in grado di dirci se funziona e quanti siano i fruitori. Ho ipotizzato (con una larga approssimazione per eccesso) che vengano dati in prestito 30 libri al mese (ma non ne viene dato neppure uno, visto che non è stata ancora fatta la catalogazione) e che, di conseguenza, ogni prestito costerebbe all’amministrazione 100 euro. Con queste cifre al comune conviene prendere le ordinazioni per telefono, andare a comprare i libri e portarli in taxi ai richiedenti: si risparmierebbe sicuramente.
Un’altra critica è stata fatta su una delibera che prevede un impegno di spesa (peraltro non quantificato) con cui si affida ad un legale il recupero di somme per interventi di opere da realizzare con somma urgenza. L’ordinanza che prevede le opere è del 23 maggio 2007. Quattro giorni prima delle elezioni. E la somma urgenza è riferita a richieste del 2005. E tra le opere improcrastinabili ci sono anche panchine e alberi. Di fronte alle chiare perplessità espresse il vicesindaco (sindaco ai tempi dell’ordinanza) non ha saputo fare altro di meglio che dichiarare di non aver letto l’atto. Non è pur nulla rassicurante sapere di avere un amministratore che non legge quello che firma e che viene pagato con i soldi di tutti. Speriamo che il sindaco attuale sia più attento agli atti che gli vengono sottoposti.
Altra questione di grande interesse è quella della scuola. Con un’unica – e a dir poco tardiva – delibera l’amministrazione comunale che ha declassato scuola e cultura al punto da non ritenerli meritevoli di un vero e proprio assessorato ha pensato bene di scaricare i propri sensi di colpa con una generica delibera in cui in buona sostanza si auspica l’autonomia scolastica, il tempo pieno e una nuova sezione per la scuola d’infanzia. Abbiamo cercato di spiegare che l’impulso dell’amministrazione è importante, ma che alcune questioni non attengono direttamente alla sfera di competenza del comune e sono pertanto necessari: 1) un’interlocuzione con i soggetti responsabili 2) che questa avvenga in tempi “utili”, altrimenti si rimane nell’ambito dei buoni propositi, poco adatti a risolvere le esigenze delle famiglie. In particolare per quanto concerne la nuova sezione della scuola d’infanzia sia il sindaco sia il consigliere comunale con delega hanno ammesso che c’erano delle difficoltà a dare a tutti i bambini la possibilità di frequentare la scuola. Quando abbiamo fatto presente che l’attuale vicesindaco in campagna elettorale aveva solennemente dichiarato che “nessun bambino sarebbe rimasto fuori” è intervenuto il vicesindaco per ribadire con forza il concetto. Al che il sindaco, tra il contraddire il suo vice e contraddire sé stesso, ha optato per la seconda soluzione e ha confermato le parole del vicesindaco: “nessun bambino rimarrà fuori dalla scuola”. Spero che siano consapevoli dell’importanza di questa assunzione di responsabilità.
L’ultimo punto affrontato – quando ormai parte della maggioranza stava dando ampi segni di nervosismo – riguardava l’approvazione di uno schema di convenzione relativo al piano particolareggiato della vecchia zona produttiva. Una questione complessa, di cui era decisamente necessario conoscere i contenuti, tenendo conto dell’impatto che le scelte urbanistiche – soprattutto se attengono alla localizzazione di insediamenti produttivi – comportano per i cittadini. Eppure con la straordinaria superficialità che contraddistingue la maggioranza è stato posto all’ordine del giorno questo punto senza prevedere l’esame della commissione consiliare competente (in quanto mai costituita), con pochissimo tempo per esaminare la documentazione e senza la partecipazione in consiglio né del tecnico comunale né dell’assessore competente (“motivi personali” l’imbarazzata versione ufficiale). Dopo un primo tentativo di forzare i tempi per l’approvazione dell’atto il sindaco ha deciso che forse era più opportuno rinviare il consiglio comunale. Con la consapevolezza che ci si può sottrarre al confronto in campagna elettorale, ma in consiglio comunale le regole della democrazia non possono essere né ignorate né dimenticate e noi, di Cambiare e Vivere Labico, le conosciamo e ce le ricordiamo bene.

26 luglio 2007

Lo "stile" della continuità

Più di una volta, durante il periodo in cui si stava lavorando alla predisposizione di una lista da contrapporre a quella dell’attuale maggioranza, ho sentito dire che essere eletti in consiglio comunale aveva un senso solo stando nella compagine dei vincitori, dichiarando in modo più o meno esplicito l’inutilità del ruolo dell’opposizione. Certo, soprattutto con questo sistema elettorale, è difficile concorrere alle scelte amministrative, perché il potere contrattuale è sicuramente molto modesto, ma io non lo considero certo un limite, tutt’altro. Mi sembra anzi di poter dire che la legge elettorale per i comuni, sotto questo aspetto, dia le necessarie garanzie di “governabilità” di cui hanno bisogno tutti gli organi elettivi, a qualunque livello territoriale e fino ad arrivare al Parlamento. Un meccanismo che esponga la maggioranza ad una trattativa continua con l’opposizione per ogni atto amministrativo mi sembrerebbe molto criticabile e potrebbe dare vita ai famigerati e tanto vituperati “inciuci” che quasi sempre hanno portato più danni che benefici. La netta distinzione dei ruoli mi sembra che possa dare il giusto equilibrio agli assetti amministrativi. Non mi interessa quindi concorrere alla formazione delle scelte, ma mi interessa soprattutto svolgere quel compito per il quale siamo stati eletti. Il compito è senza dubbio quello di formulare comunque proposte, di suggerire modifiche e integrazioni, ma è soprattutto il ruolo di controllo sull’attività degli amministratori. Un controllo che troppo spesso in passato non è stato svolto con adeguato senso di responsabilità e altrettanto spesso è accaduto che i consiglieri dell’opposizione siano stati ben lieti di poter sedere al tavolo delle decisioni insieme alla maggioranza. Cosa significa però “controllare” l’operato della maggioranza? In che modo questo potrà incidere sull’interesse della collettività? Intanto è importante lavorare ad alcuni degli obiettivi che ci eravamo dati in campagna elettorale. Non potendo noi garantire quella “buona amministrazione” che rappresentava indubbiamente uno dei nostri propositi, ma che, con questi amministratori, mi sembra di difficile realizzabilità, ci impegneremo soprattutto in due settori chiave del rapporto tra la politica e i cittadini: l’informazione e la trasparenza. Una trasparenza che i nostri amministratori temono in modo imbarazzante e un’informazione che non sanno o non vogliono dare, visto che si limitano al “minimo sindacale” previsto dalla normativa in materia.
Ovviamente non disponendo degli strumenti e del personale abbiamo bisogno di organizzarci al meglio, ma il nostro proposito è quello di dare la possibilità a tutti i cittadini di sapere “cosa” viene deciso nel palazzo, “come” viene deciso, qualche volta ci chiederemo “perché” viene deciso (non la motivazione ufficiale, ma cercheremo di capire se ce ne sono altre, non necessariamente limpide), ci chiederemo anche “quanto” costeranno le scelte alla collettività e se il costo sarà congruo. Insomma ci faremo un sacco di domande e – qualche volta – avanzeremo anche delle ipotesi sulle risposte.
Nel frattempo assistiamo ad un’amministrazione che viaggia nel “segno della continuità” e non mi sentirei di definirlo un complimento. Il (formalmente) sindaco non dispone ancora di una stanza e sul sito web del Comune il sindaco risulta essere ancora Alfredo Galli in una stridente confusione tra forma e sostanza. Il grande fermento di opere pubbliche preelettorali ha lasciato il posto alla abituale inerzia amministrativa. L’estate labicana si concentrerà, come sempre, esclusivamente sui festeggiamenti di San Rocco. Mentre sono partite le liste di proscrizione, rese celebri dal dittatore romano Lucio Cornelio Silla. Grazie infatti ad un escamotage regolamentare l’assessore ai servizi sociali ha pensato bene di commissariare il centro anziani, una realtà autonoma e indipendente e che grazie all’impegno alla dedizione del suo presidente stava svolgendo al meglio la sua funzione di punto di riferimento per una importante fascia sociale della popolazione. Pietro Cassar è una persona onesta e motivata, è stato democraticamente eletto presidente solo pochi mesi fa e gode della stima e della fiducia della stragrande maggioranza dei soci del centro. E’, in tutta evidenza, un personaggio scomodo proprio per la sua autonomia di giudizio e c’è chi avrà pensato che sia meglio liquidarlo e sostituirlo con qualcuno più facilmente controllabile.
Che poi la rimozione sia avvenuta con procedure al limite della correttezza è un fatto che attiene allo “stile” dell’attuale amministrazione. Anche lo stile, a quanto pare, è “nel segno della continuità”. Una continuità però che non vale per l’opposizione, che - su questa, come su molte altre questioni - avrà diverse cose da dire. E lo farà con tutti gli strumenti che consente la democrazia.

30 giugno 2007

Caro Drugo

Il movieclub di Palestrina mi ha chiesto la recensione de "Il grande Lebowsky", memorabile film dei fratelli Coen. Ne è uscito questo:

Caro Drugo,

uno come te non esisteva e quindi hanno fatto bene i fratelli Coen ad inventarti. Certo non è facile etichettarti o collocarti in qualche schema, come siamo abituati a fare tutti noi, anche quelli che si dichiarano allergici al “sistema”, un sistema da cui però è difficile staccarsi. Bisogna essere molto coraggiosi o semplicemente pazzi. Come te, in pratica. Uno che quando lo vedi nel film suscita simpatia ed approvazione, ma non sono certo che la stessa simpatia e la stessa approvazione godrebbero della medesima immediatezza nel mondo reale. Provo a spiegarmi meglio. Quando ti ho conosciuto, mettiamola così, ho subito provato un sentimento positivo nei tuoi confronti. Ho deciso all'istante che il tuo personaggio mi piaceva, senza troppi filtri e barriere ad influenzare il mio giudizio. Mi chiedo però cosa avrei pensato se ti avessi conosciuto “sul serio”. Mi chiedo cioè che sensazione avrei provato se avessi incontrato casualmente un “Drugo” in carne ed ossa, ad esempio al supermercato. Cosa mai avrei potuto pensare di un individuo che vaga per gli scaffali del supermercato in ciabatte, bermuda e con una sottospecie di accappatoio? Probabilmente a quel punto si sarebbero attivati quei “filtri” attraverso i quali controlliamo le nostre relazioni con il mondo esterno e la trasandatezza del tuo aspetto avrebbe creato un muro difficilmente valicabile. E io, probabilmente, non ti avrei mai conosciuto.
Eppure uno come te, Drugo, sarebbe bello conoscerlo o, addirittura, essere suo amico. Al di là della condivisione delle tue scelte e del tuo pensiero. Intanto sei un personaggio positivo. E’ evidente che non ti trovi a tuo agio in un modello culturale che non ti appartiene e ti rifiuti di starci dentro, come facciamo spesso noi, critici saccenti, convinti che le cose si possano cambiare da “dentro”. Non vorrei scomodare Leo Ferré iscrivendoti alla categoria degli anarchici, ma certo trovi la forza di stare ai margini del tuo mondo senza per questo esserne emarginato. Anzi ne fai parte a pieno titolo. E soprattutto il filo conduttore della tua esistenza è legato a qualcosa che è tipicamente americano: il bowling. Spero non sia troppo disdicevole, ma a me il bowling piace. Non so neppure se sia uno sport o cosa, suppongo però che non sia una specialità olimpica. In ogni caso, qualunque cosa sia il bowling è bello, è affascinante, è coinvolgente. Pur nella sua evidente “banalità”. Già perché il gioco del bowling è uguale a sé stesso da sempre e le piste e i prodigiosi macchinari che spazzano via quel che resta dei dieci birilli dopo il lancio, per poi sostituirli con dieci birilli in perfetto ordine e che ti restituiscono la palla come per magia, non sono cambiati poi tanto con l’avvento delle sofisticate tecnologie che tanto hanno rivoluzionato le nostre esistenze. E la tecnica del giocatore di bowling non deve essere necessariamente sofisticata. E le regole, sempre quelle, sono semplicissime. “Questo non è il Vietnam, è il bowling: ci sono delle regole”. Già, delle regole. Questa frase è stupenda. La pronuncia Walter, in arte John Goodman, quel tuo amico fascistoide durante una lite per l’assegnazione dei punti alla coppia avversaria. E ha tutta l’aria di voler riassumere in poche parole il concentrato del pensiero di una certa dottrina americana. Quella di Bush padre, la cui ingombrante presenza aleggia sullo sfondo del film. Un Bush che ha cominciato a vedere incrinati i rapporti con quel Saddam Hussein col quale gli USA avevano intrapreso una solida e proficua collaborazione, soprattutto in virtù della contrapposizione con l’Iran, ma che iniziava ad essere poco “gestibile”. E così, a seguito dell’invasione del Kuwait, è iniziata la prima guerra del golfo. Una guerra discutibile (ma parlare di guerra discutibile significa commettere, al contrario, l’errore di chi parla di guerra giusta, vista la follia in sé della guerra). In quell’occasione però il comportamento di Saddam Hussein fu così eclatante che non fu difficile per Bush senior convincere la comunità internazionale della necessità di intervenire prontamente per ristabilire il diritto leso di uno stato sovrano (sulla sovranità degli stati poi bisognerebbe studiare un po’ di storia di ognuno per capire quanto siano sorti legittimamente, a cominciare proprio dagli Stati Uniti, nati da uno dei più sanguinosi soprusi che la storia mondiale ricordi).
Insomma il succo del pensiero del tuo amico è questo: le regole servono all’interno di un consesso civile, come il glorioso popolo americano, e delle sue tradizioni, come il bowling, altrove – come in Vietnam o in Iraq – le regole perdono la ragione di essere perché a decidere come si gioca è chi ha ragione, chi porta il diritto, chi porta la democrazia e che, guarda caso, è anche il più forte. Di te, Drugo, apprezzo e forse dovrei imparare, la capacità di dialogo, nel senso che pur non sopportando la boriosa cultura machista del tuo buffo amico, continui non solo a parlare con lui – magari dando luogo a conversazioni surreali, che in una certa misura ricordano l’immagine del centro-sinistra nostrano, in cui ognuno espone le proprie ragioni senza preoccuparsi di sentire quelle degli altri e di capire se gli altri hanno ascoltato le proprie – ma anche a volergli bene. Abbracciandolo, nel caso, come quando, dopo aver sproloquiato senza senso nell’orazione funebre per l’amico morto, ha lanciato le sue ceneri in aria facendole finire addosso a te, che eri sottovento.
Mi chiedo come fai a mantenere quel particolare equilibrio di una persona che sa come va il mondo e non si scompone di fronte a situazioni difficili ma che, al contempo, mantiene una sua disarmante ingenuità, come quando, in quel deposito giudiziario disseminato di auto rubate, avresti desiderato accurate indagini per ritrovare l’autore del furto della tua vecchia e scassata quattroruote, provocando la scomposta e divertita reazione del poliziotto di servizio.
Caro Drugo,
in realtà mi piacerebbe sapere cosa stia facendo tu adesso, a quindici anni di distanza. Lo sfondo del resto non è cambiato molto. C’è sempre Bush – il figlio stavolta – a condurre una guerra santa e c’è sempre Saddam Hussein nelle vesti del cattivo. A dire il vero Hussein non c’è più. E’ stato “democraticamente” giustiziato in nome della libertà e della pace. Pace e libertà che stentano però ad arrivare in un paese martoriato proprio da quella democrazia che avrebbe dovuto restituire dignità ai cittadini iracheni. Lo so che forse sto pretendendo un po’ troppo da te che hai trascorso gran parte del tuo tempo a giocare a bowling e che l’unico “contatto” con Saddam l’hai avuto in uno dei tuoi deliri onirico-psichedelici, durante il quale ti porgeva, con un sorriso ambiguo, le scarpe da gioco. Però, a parte questo, il tempo dovrebbe essere passato anche per te e mi chiedo se sei riuscito a mantenere il tuo orgoglioso distacco dalle dinamiche che regolano le nostre comunità. Molti della tua generazione – fieri e irriducibili ribelli rispetto ai modelli sociali imperanti – si sono ritrovati con un lavoro, una famiglia, un hobby a cui dedicare la domenica, come milioni di altri americani e milioni di altri occidentali. E tu, Drugo? hai continuato in quel tuo splendido e ammirevole “fancazzismo” di morettiiana memoria? (Faccio cose, vedo gente). “Cosa conteneva la valigia, signor Lebowski? – documenti di lavoro – e che lavoro fa? – sono disoccupato”. E cosa direbbe il tuo amico reduce del Vietnam di questo nuovo Vietnam che solo l’ostinazione e l’arroganza di alcuni presunti statisti ha potuto ripetere? Chissà se il bowling sarebbe frequentato da un amico in più. Un altro reduce. Dell’Iraq questa volta. E i vostri dialoghi? Sarebbero ancora più surreali, se possibile?
Oppure anche tu alla fine sei stato contaminato dalla convenzionalità e hai dato retta ai consigli dell’altro Lebowski, il grande Lebowski, quello che appartiene alla categoria di chi “produce”, di chi fa andare l’economia, di chi fa crescere il PIL, e che, per questo, in qualche caso, ha la presunzione di poter imporre le proprie regole di vita all’universo mondo. “La vostra rivoluzione è finita, signor Lebowski, condoglianze: gli sbandati hanno perso. Faccia come i suoi genitori, accetti il mio consiglio: si trovi un lavoro”.
Tutte le mattine al lavoro e poi subito a casa ad abbracciare il piccolo Lebowski (ne stava arrivando uno se mal non ricordo), che ormai dovrebbe andare al liceo. E forse qualche sera di nuovo al bowling. Che però avrebbe un significato un po’ diverso, forse un po’ più marginale, ma sicuramente ancora importante. Ed è proprio lì che ti verrei a cercare. Per fare una partita a bowling, anche se mi stracceresti. A proposito. Com’è finito il torneo? Io immagino abbia vinto Jesus Quintana, alias John Turturro. Uno che probabilmente giudicherei insopportabile nel mondo reale, ma che ho trovato strepitoso nel suo improbabile look fucsia e nel suo improvvisato balletto - per celebrare l’esecuzione di un perfetto strike - al ritmo di una strepitosa versione di “Hotel California” dei Gipsy Kings.
Sarebbe anche un’occasione per fare due chiacchiere, quasi a consuntivo. Senza pretese. Senza la presunzione di avere la risposta a tutto. Alternando considerazioni e lanci. In ogni caso cercando di dare un senso, vuoi alle parole, vuoi alla palla. Probabilmente senza riuscirci, almeno per me, sia nell’uno che nell’altro caso. Però mi piacerebbe almeno poter condividere quella sensazione di inadeguatezza che a volte ci accompagna quando ci rendiamo conto della distonia tra il nostro modo di essere e quello che regola il funzionamento di quell’enorme palla da bowling che è il mondo. E questo disagio all’inizio è protesta e contestazione. Poi è difficoltà ad adeguarsi alle regole e ricerca di alternative possibili. Infine è pazzia o rassegnazione. Ed è questa la mia grande curiosità. Se in te – a quindici anni di distanza – sia prevalsa la prima o la seconda. Oppure se convivano faticosamente in te. E, se è così, in quale misura. In fondo lo so che tu hai i mezzi per gestire situazioni complesse, visto che giochi a bowling e, “per mantenere la mente flessibile”, osservi “un regime di droghe piuttosto rigido”.
Ma in fondo credo che non vorrei avere la risposta alle mie oziose domande, anzi penso che probabilmente non te le farei affatto, tutte queste domande. Tutte tranne una. Perché una cosa davvero la vorrei sapere: sei mai riuscito a totalizzare 300 punti in una partita?
Ci vediamo amico.

23 giugno 2007

Nel segno della continuità

Sabato 16 giugno 2007 è iniziato il nuovo corso dell’amministrazione comunale. Come ha tenuto a precisare il sindaco, la neoeletta amministrazione nasce nel segno della continuità. Nel bene e nel male, si potrebbe aggiungere. Soprattutto nel male, si potrebbe evidenziare. Già perché gli elettori hanno deciso di affidare l’incarico di risolvere i numerosi problemi che assediano Labico alla stessa compagine che quei problemi ha non solo creato, ma ha contribuito ad aggravare. Nulla esclude che riescano a combinare qualcosa di buono, ma le premesse non sono certo delle più confortanti. E la prima seduta del consiglio comunale ha indirettamente dimostrato le preoccupazioni di chi scrive. La pur numerosa presenza di cittadini, evidentemente interessati a vivere in modo partecipato la vita politica del paese, non è stata sufficiente a dare vita ad un vero momento di confronto democratico. Il sindaco si è limitato a leggere un intervento decisamente di circostanza, accompagnato dalla reiterata elencazione di tutte quelle opere che da tempo immemore (e quindi mai realizzate) compaiono sui programmi elettorali della maggioranza di governo.
Anche la capogruppo della maggioranza si è limitata a poche parole di circostanza e gli unici che hanno cercato di dare vita ad un dibattito sono stati gli esponenti della minoranza, ai quali però il sindaco non ha ritenuto di dover replicare. Cercheremo di attribuire, per questa volta, le cause all’emotività del “primo giorno di scuola”, ma auspichiamo, per il futuro, che le argomentazioni e i rilievi dell’opposizione vengano presi nella debita considerazione, nel pieno rispetto dei ruoli di ognuno. Non resta che attribuire al “silenzio” susseguente alle nostre proposte il significato di “assenso” alle medesime e quindi non possiamo che aspettarci che, a partire dal prossimo consiglio comunale (che si terrà ancora di sabato, in ossequio alla nostra richiesta) verrà predisposta la registrazione audio della seduta e la sua diffusione con mezzi idonei al fine di consentire ai cittadini che non possono essere presenti in consiglio di essere informati sul dibattito politico-istituzionale e sulle scelte che riguardano la vita del paese. Inoltre ci aspettiamo che vengano costituite le commissioni consiliari, così come previsto dall’articolo 30 dello Statuto comunale. Nel frattempo sono uscite le “graduatorie” per i bambini ammessi (ma non era un diritto?) a frequentare la scuola di infanzia. Sono rimasti esclusi circa 40 bambini. 40 famiglie di Labico dal primo settembre avranno un problema in più. Superfluo ricordare che la responsabilità di tutto questo va attribuita a chi ha pianificato una crescita urbanistica e demografica senza tener conto che la locuzione “crescita demografica” non ha un significato positivamente astratto ma contiene in sé una complessa varietà di elementi di cui un’amministrazione responsabile deve tenere conto. Per dare un’idea si parla, tra l’altro, di persone, automobili, esigenze, problemi, servizi, rifiuti e, non ultimo, bambini. Bambini, con i loro bisogni, con i loro diritti. Come quello all’istruzione (articolo 34 della Costituzione). Bene, ad alcuni bambini questo diritto per il prossimo anno scolastico sarà negato. Alla faccia dei proclami elettorali dell’ex sindaco (“nessun bambino rimarrà fuori dalla scuola”) e delle granitiche certezze dell’attuale sindaco, tuttora convinto, a quanto sembra, che a Labico ci sia finanche un asilo nido comunale. Merita di essere citato uno slogan della maggioranza durante la campagna elettorale: “Solo chi conosce i problemi del paese può pensare di risolverli”.
Ecco, appunto.

21 giugno 2007

Giunta Giordani: più deleghe per tutti

Il primo passo ufficiale della Giunta Giordani nasce applicando rigorosamente il celeberrimo manuale Cencelli, in materia di spartizione di incarichi e poteri in una coalizione il cui principale collante non è certo la condivisione di un progetto politico, ma l’aspirazione a gestire un po’ della cosa pubblica e non necessariamente per fini degni di lode. Nasce così – a memoria d’uomo – la prima maggioranza in cui vi è una perfetta rispondenza tra ruolo di rappresentanza istituzionale (gli eletti) e ruolo di “governo” (giunta e consiglieri delegati). E’ come se – mutatis mutandis – un governo nominasse ministri e sottosegretari tutti i parlamentari eletti, in modo da poter dare ad ognuno quel contentino che in politica, si sa, rinvigorisce e rinsalda alleanze e coalizioni.
Certo il contentino della delega ad un consigliere comunale è davvero poca cosa e l’inflazione di attribuzione di competenze a cui ha dato vita Giordani comporta un inevitabile svilimento del ruolo di consigliere delegato. Ma cerchiamo di analizzare il quadro complessivo emerso dalla distribuzione di incarichi e cerchiamo di caprine – qualora ce ne fosse una – la ratio.
Comprensibilmente le materie giudicate di maggiore importanza, secondo la sensibilità politica dell’attuale maggioranza, sono state affidate agli assessorati. L’urbanistica è stata affidata a Remo Di Stefano, ma, per bilanciarne il potere, la competenza sui lavori pubblici (parte integrante dell’urbanistica nei piccoli paesi) viene affidata all’ex sindaco Alfredo Galli, al quale viene inoltre affidata con grande creatività la competenza sul progetto “Eiffel”. Attribuzione davvero singolare. E’ come dire che Di Pietro è ministro dei lavori pubblici e, che so, dell’adeguamento della Salerno-Reggio Calabria. Un nonsenso amministrativo. Altra materia di competenza dell’ex sindaco è quella sull’attuazione dei patti territoriali. Guarda caso. Da sindaco ha autorizzato un “patto territoriale” esattamente a casa sua, ovviamente in deroga agli strumenti urbanistici. E adesso, da vicesindaco e assessore (ai patti territoriali per l’appunto), si occuperà di curarne la concreta realizzazione. Non dubitiamo che assolverà all’incarico col massimo impegno. Al funambolo della politica locale, al secolo Giorgio Scaccia, l’incarico di tenere la contabilità comunale e di occuparsi degli affari sociali. Una delega che potremmo definire “pizza e fichi” per l’omogeneità delle competenze, ma anche in questo caso le doti acrobatiche del responsabile fanno pensare ad un’ottima scelta. Sull’assessorato di Prestipino nulla da eccepire: nulla di più logico di unire le competenze su attività produttive e Colle Spina nello stesso assessorato, tenuto conto del fatto che la zona industriale si farà esattamente a Colle Spina, come da variante al PRG adottata dalla maggioranza di cui Prestipino fa parte, con buona pace di chi in quel quartiere ci abita.
Sulle deleghe è apprezzabile lo sforzo di fantasia per trovarne un congruo numero. Scuola e cultura sono ovviamente ai primi posti nei pensieri dei nostri amministratori e in qualche caso servono per indorare la pillola della mancata assegnazione di un assessorato “vero”, ma i maldipancia passano in fretta e ci si adegua senza troppa fatica alle direttive superiori. Per quanto riguarda le “briciole” merita una riflessione lo spezzettamento tra ben tre consiglieri di competenze riguardanti la tutela del territorio: sicurezza del territorio (e non è dato sapere sotto quale profilo), tutela dell’ambiente e protezione civile. Non solo quindi la più ampia categoria della tutela del territorio è considerata di rango inferiore, ma le sue competenze vengono spalmate in modo tale da perderne ogni logica gestionale e di coordinamento. Davvero un ottimo inizio.

Tullio Berlenghi

1 giugno 2007

Qualcosa è cambiato

Il responso delle urne è chiaro e va rispettato. Sono doverose quindi le congratulazioni a chi ha ottenuto il consenso dei cittadini e altrettanto doverosi sono gli auguri di buon lavoro al neoeletto sindaco, Andrea Giordani. Ciò non toglie che abbiamo registrato alcune sgradevoli cadute di stile negli ultimi giorni di campagna elettorale che non possono essere sottaciute o dimenticate, adducendo attenuanti del tipo “sono cose che si dicono in campagna elettorale” o altre amenità.
La campagna elettorale che abbiamo fatto noi è stata molto dura e severa ma si è sempre limitata a considerazioni di carattere squisitamente politico o a critiche nel merito dell’operato degli amministratori.
Non si sono mai fatti riferimenti di carattere personale e men che meno si è approfittato di un ruolo istituzionale per dare informazioni – peraltro palesemente false in gran parte dei casi – che attengono alla sfera privata delle persone.
Cito, tra le altre cose, l’intervento di colui il quale ricopriva, in quel momento, il ruolo di sindaco del comune, ossia un ruolo istituzionale di garante delle istituzioni e dei cittadini e che invece ha pensato bene di sfruttare proprio quel ruolo per aggredire verbalmente semplici cittadini, ai quali peraltro era precluso, in quella circostanza, ogni diritto di replica.
Ed è buffo che, probabilmente per l’incapacità o la mancanza di argomentazioni, non abbia dedicato il suo intervento a rispondere alle critiche ricevute o magari a fare il punto su dieci anni di amministrazione, ma abbia lanciato invettive senza né capo né coda. Per quel che mi riguarda non ha detto qualcosa di offensivo, visto che costruire una casa non è di per sé un illecito, soprattutto se avviene a seguito di un regolare permesso di costruire, ma ha semplicemente detto una sciocchezza sesquipedale perché semplicemente in vita mia non ho mai costruito una casa. Altra performance oratoria ci è stata offerta da Remo Di Stefano, assessore uscente (e immagino entrante), che, in totale deficit di contenuti e di buonsenso ha pensato bene di accreditarmi come “portaborse”. Anche in questo caso nulla di particolarmente grave, a parte l’evidente tentativo di portare discredito nei miei confronti. Io penso che qualunque lavoro sia dignitoso e meriti rispetto, anche quello meno gratificante, e, al limite, quello che conta è il fatto di svolgerlo, un qualche lavoro e di guadagnarsi con il proprio impegno la retribuzione corrispettiva. Resta il fatto che anche in questo caso il fine oratore ha detto quella che si può tecnicamente definire una “cazzata”. E di fronte ad un mio tentativo di chiarimento, l’interessato ha candidamente replicato di averlo sentito dire (sic!). Di questo teniamone conto: abbiamo un amministratore che è pronto a fare sua e a riferire in una pubblica piazza, qualunque balordaggine gli venga raccontata, senza alcuna verifica e senza alcuna assunzione di responsabilità. Tant’è.
Resta il fatto che adesso in consiglio comunale ci sarà un’opposizione vera, che vigilerà con impegno e rigore sull’operato dei nostri amministratori, non come nella scorsa consiliatura quando ben tre consiglieri su quattro della minoranza hanno votato spesso e volentieri le proposte della giunta e, soprattutto, la pessima variante al piano regolatore che tanti danni rischia di portare al paese. Su questo almeno si è fatta chiarezza e la rinnovata opposizione cercherà di rispettare il mandato dei 1316 cittadini che hanno dato loro fiducia. Nonostante tutto, qualcosa è cambiato.

31 marzo 2007

Alberto e Mohammed - Avanti Pop a Colleferro




Mi chiamo Alberto e ho otto anni. Mi piace giocare a pallone sulla sabbia, mi piace il computer, passo un sacco di tempo davanti ai videogiochi - mi piacciono i giochi con i soldati, gli elicotteri e i carri armati -  e vado pazzo per il gelato al cioccolato, anche se mia mamma non me lo compra sempre. Mia mamma e mio papà mi vogliono bene e io sono contento. Da qualche tempo però sembra che me ne vogliano di più. Mi coprono di mille attenzioni, si preoccupano per ogni cosa e mi chiedono sempre se sto bene. In effetti non sto tanto bene. Quest’estate al mare ho chiesto di poter tornare a casa. “Perché?” mi hanno chiesto. Perché sto male. Ecco perché. Un dolore fortissimo. Un dolore che non so spiegare. Sì perché i grandi ti chiedono sempre di spiegare il dolore, perché ti vogliono aiutare, perché vogliono capire. Ma io non so spiegare il dolore. Sono troppo piccolo per capirlo il dolore, figurarsi per spiegarlo. Il dolore è una cosa che ti mangia dentro. Io non piango. Non mi lamento. Non protesto. Voglio solo tornare a casa mia. Non mi interessa più giocare al pallone sulla sabbia e non voglio neppure il gelato al cioccolato. Voglio andare a casa mia.



Mi chiamo Mohammed e ho otto anni. Mi piace giocare a pallone con i miei amici. Mi piace anche il gelato al cioccolato. Il computer non ce l’ho e forse per questo io e miei amici passiamo molto tempo in giro fuori casa. La mamma dice che è pericoloso e che sarebbe meglio non farlo, ma lei non ha tempo di controllarci e noi in giro ci andiamo lo stesso. In fondo si sa che i genitori si preoccupano sempre più del necessario.
Non è che mi ricordi molto. Stavamo giocando, come sempre, nei dintorni del nostro villaggio. Correvamo. Il gioco più bello e più semplice del mondo. Correre. E io correvo, velocissimo. Mi chiamavano lampo. Era difficilissimo prendermi. E io non smettevo di correre. Velocissimo come sempre, come un lampo. Poi il boato. Poi il buio. Non ricordo più nulla. Solo il buio e il fumo. Un fumo che mi faceva tossire e mi faceva bruciare gli occhi. Basta. Non ricordo nient’altro. Non ricordo neanche il dolore. Il dolore è cominciato dopo. All’ospedale. Un dolore tremendo. Un dolore che leggevo negli occhi bagnati di pianto di mia mamma. Un dolore che io non riuscivo a capire. Non si può capire il dolore.



“Alberto, spegni il televisore: è ora di dormire adesso”. E’ la TV a farmi compagnia nelle giornate trascorse tra casa mia e l’ospedale. A scuola ci vado poco, perché devo fare la terapia. In ospedale ho conosciuto molte persone gentili, dottori e dottoresse, e anche altri bambini. Vengono anche delle maestre per farci fare i compiti della scuola. Papà e mamma non mi spiegano tutto. Cercano solo di starmi vicino. Ogni tanto li sento parlare tra loro o con i dottori, ma dicono un sacco di parole che non capisco. Ho capito che quando abbassano la voce devono dire qualcosa di importante. Ed è così che ho capito come si chiama il mio dolore. Ha un nome buffo il mio dolore. Si chiama linfoma nonsocosa. Papà e mamma sono preoccupati e forse si sentono anche un po’ in colpa. Come se dipendesse da loro. Ma io lo so che non è colpa loro e che mi vogliono bene.
Adesso però sto un po’ meglio. Mi sento solo molto stanco. Passo molto tempo a casa e guardo tanto la televisione. Guardo quello che capita. Cambio canale col telecomando e sento quello che dicono i grandi. I grandi sanno sempre tutto. E io li ascolto con ammirazione. Ho scoperto, per esempio, che nella città dove abito io si fabbricano tante cose: insetticidi, pesticidi, esplosivi, carrozze ferroviarie, missili. Ci sono anche dei posti, come degli enormi forni, dove bruciano rifiuti per produrre energia. E ho scoperto che spesso i grandi devono usare sostanze pericolose e che spesso devono buttarle via, queste sostanze. Da qualche parte. E se poi - senza preoccuparsi troppo - le buttano lì vicino, guadagnano di più, anche se è più pericoloso. Ma non è che sia proprio pericoloso. Sembra che si creino delle robe, delle cose che si chiamano “esternalità”. Ho scoperto di essere anche io un’esternalità. Non ho capito proprio bene cosa significhi. Ma è un po’ qualcosa che non c’entra niente e non dovrebbe succedere però succede lo stesso. Certo sarebbe meglio se non succedesse. Ma se succede è un’esternalità. Niente di preoccupante a quanto pare. Un po’ come dire “cose che capitano”. O come dire “effetti collaterali”. Ho imparato anche questo guardando i grandi in TV. Ce n’era uno che si illuminava come un bambino, come me insomma. Non che io mi illumini più tanto facilmente in realtà. Ma questo si illuminava quando parlava di una bomba speciale che si erano inventati e che poteva colpire il nemico.
Nemico. Che parola strana, nemico. Pensavo si usasse solo nei giochi. Quelli che faccio io al computer. Il nemico è quello che devi colpire. E se lo colpisci sei bravo e vinci. Ma è un gioco. Non pensavo che anche i grandi avessero un nemico.
Invece quello che si illuminava un nemico evidentemente ce l’aveva. E qualcuno, in televisione, però gli diceva che quel nemico poteva anche essere un bambino, uno come me insomma. Ma quello non se ne preoccupava. Diceva che sono “effetti collaterali”. Cose che sarebbe meglio se non succedessero. Ma se succedono sono “effetti collaterali”. Cose che capitano, insomma.



Poi, un giorno, ho scoperto che nella città dove abito io costruiscono proprio quelle bombe lì. C’è una fabbrica dove ci sono dei signori che vengono pagati per fare quelle bombe. Qualcuno dei grandi dice che nella città dove abito io ci sono molte fabbriche che producono cose pericolose. Non solo per il “nemico”. Anche per quelli che lavorano nelle fabbriche e per quelli che abitano vicino alle fabbriche, proprio come me. Ma gli altri grandi, quelli più importanti, quelli più “grandi”, dicono che non è vero niente e che, casomai, sono “esternalità”. E che non si può mica fermare l’economia.
Io sono piccolo. Non so nemmeno cosa sia l’economia e perché non si possa fermare. Però alcune cose, piano piano, le sto capendo. Sto capendo, ad esempio, che dei grandi bisogna fidarsi fino ad un certo punto. E che quando dicono che una cosa non dovrebbe succedere intendono dire che molto probabilmente succederà. E così ho capito che quel bambino di cui parlavano alla televisione, quello che non era il nemico, ma che stava da quelle parti lì, l’effetto collaterale per capirci, quel bambino c’è davvero. Già un bambino, proprio come me. Probabilmente ha la mia stessa età. Magari non si chiama Alberto come me, perché vive in un paese lontano e avrà un nome un po’ strano. Ma quel bambino c’è sicuramente e forse anche lui sta cercando di capire come funziona il mondo dei grandi, proprio come me. Sono strani i grandi. Chissà se ci riusciremo a capirli, i grandi. Io so solo che ci sono dei giochi che non mi piacciono più.

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura