6 novembre 2014

L'urlo di dolore

La nuova ondata di maltempo che si è abbattuta sull’Italia sembra quasi la risposta di un paese martoriato alla definitiva approvazione dello sblocca Italia, un mix di norme accomunate da un unico denominatore: la prevalenza degli interessi, degli affari e della speculazione sulla tutela del territorio, la difesa dell’ambiente, la sicurezza dei cittadini. Il paradosso è che uno degli argomenti a favore del decreto si basava proprio sul ricatto dell’esigenza di intervenire sulla messa in sicurezza del territorio. Peccato che di risorse per la prevenzione (ma anche per le emergenze) ce ne siano ben poche e non siano neppure stati stanziati i fondi promessi per Genova. Peccato soprattutto che il vero problema di chi governa è una mentalità chiusa e incapace di comprendere che l’unico intervento possibile non è quello di risolvere il problema dell’impermeabilizzazione e cementificazione con altro cemento per imbrigliare e incanalare canali, torrenti e fiumi. Servirebbe un approccio diverso, rispettoso della territorio, della natura e delle sue dinamiche. Certo altro cemento significa stanziamenti, appalti, speculazioni, interessi. Non è un caso che – indifferenti all'altra emergenza, quella delle tangenti e delle malversazioni, che ha colpito tutto il territorio nazionale, dal MOSE di Venezia alla ricostruzione dell’Aquila, passando dall’EXPO di Milano – nello sblocca Italia si allentino ulteriormente le maglie e i controlli sulle opere. Così, ancora una volta, con la scusa dell’emergenza sarà più facile violare le norme, affidare i lavori agli amici, fare la cresta sulla sicurezza e sulla qualità degli interventi. Salvo poi, alla prossima tragedia, essere tutti di nuovo in prima fila a battersi il petto. Ovviamente già pronti alla prossima spartizione.

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura