30 agosto 2010

Storia infinita di una querela fantasma


Era il 24 marzo quando il vicesindaco Alfredo Galli vergava un comunicato di fuoco contro il sottoscritto dichiarando di avere presentato una denuncia nei miei confronti per una presunta diffamazione a mezzo stampa. La notizia mi rallegrò non poco. Il vicesindaco si era sentito offeso da un mio articolo in cui spiegavo il modo disinvolto col quale - grazie ad una benevola interpretazione della legge da parte dei suoi zelanti uffici - un certo signore, il cui unico rapporto con la terra consiste da anni nel ricoprirne di cemento ogni centimetro quadrato libero, otteneva un permesso di costruire due immobili (uno era insufficiente) per uso agricolo. Il fatto che il signore in questione fosse anche il sindaco del paese ovviamente è un dettaglio del tutto irrilevante. Nell’articolo che ha fatto tanto infuriare il vicesindaco avevo ricostruito per filo e per segno l’intera la vicenda evidenziandone tutte le anomalie e gli elementi di contrasto con la legge. La decisione di portare la questione in tribunale mi era sembrata perfetta. Un giudice avrebbe stabilito se le mie affermazioni erano davvero lesive della reputazione del vicesindaco oppure se ci fosse ben poco da ledere. Appena letta la notizia chiamo, tutto speranzoso, la stazione locale dei carabinieri. L’annunciata denuncia (dovrebbe essere una querela, ma non stiamo a sottilizzare) non c’è. Ci rimango male. Ne parlo in un articolo. Il comunicato successivo di Galli è più sfumato. Si parla di una denuncia in fase di gestazione. Mi rincuoro. Arriverà, ci vuole pazienza. Passano i giorni, le settimane, i mesi. La denuncia non arriva. Scadono i tre mesi stabiliti dalla legge per la sua presentazione. Peccato. Ne parliamo anche in un TG LOV con Maurizio Spezzano, anche lui amareggiato dall’illusione frustrata di essere portato in tribunale dalla maggioranza. Poi, gironzolando su internet, esce un’altra volta l’annuncio della denuncia. Questa volta il 25 agosto. Che devo fare? Sperare che questa volta sia vero o rassegnarmi al fatto che i nostri politici non si limitano a non mantenere le promesse della campagna elettorale, ma neppure quelle di denunciare i propri avversari politici. Non si fa così: in fondo io mica ho votato per lui, avrei diritto ad un trattamento diverso rispetto ai suoi elettori.

Riflessioni a margine…


Scenario dell’attuale maggioranza. Da una parte c’è il sindaco di fatto, ossia quello che prende le decisioni, affronta (e qualche volta persino risolve) i problemi e, insomma, gestisce il potere. Nel bene e nel male. Più nel male che nel bene a nostro avviso, ma svolge effettivamente un ruolo. Sia politico, sia istituzionale, sia amministrativo. Dall’altra parte c’è il sindaco di diritto. Quello scelto per la non ricandidabilità di Galli e che dava più garanzie, proprio per la sua apparente malleabilità. Uno da mettere lì in bella mostra, mentre le decisioni continuavano ad essere prese da altri, e da sostituire al termine del mandato. Qualcuno sostiene che ci fosse un vero e proprio accordo, ma poco importa. Poi c’è qualcun altro che avrebbe qualche segreta ambizione, ma forse non ha né le capacità, né il peso politico e tantomeno il coraggio per proporsi. E rimane lì, in attesa di tempi migliori pur con la consapevolezza che difficilmente arriveranno.
C’è chi sostiene che Giordani intenda correre per il secondo mandato, scombussolando i programmi di Galli, il quale però potrebbe preferire questa soluzione – in cui comunque continuerebbe a dettare legge – piuttosto che rischiare una frattura. Ovviamente nessuno si sbottona pubblicamente, ma è certo poco edificante che la coalizione che amministra il paese non abbia ufficialmente un leader. Un ruolo che nessuno dei consiglieri di maggioranza riconosce a Giordani, ma che – per pudore – non viene neppure attribuito a chi lo ricopre davvero, ossia Alfredo Galli. Si vivacchia così, in questa impalpabile ambiguità, senza un vero progetto politico, ma continuando a basare le proprie prospettive sulla mera sommatoria algebrica dei consensi dei singoli. Per quanto alcuni godano di un largo consenso non è detto che questo sia sufficiente. La mancanza di un progetto politico, la predilezione per le politiche speculative e finalizzate al soddisfacimento degli interessi di pochi, l’assenza di chiarezza, informazione e competenza potrebbero portare una parte dell’elettorato a fare una scelta diversa. Soprattutto se dalla parte opposta non troveranno queste dinamiche bottegaie, ma un progetto concreto e una proposta politica limpida e cristallina, e – soprattutto – un enorme lavoro svolto sia sul piano dell’elaborazione, sia sul piano della contrapposizione e che non si è limitato al contrasto delle scelte più devastanti, ma che ha anche dato un enorme contributo sul piano propositivo, candidandosi a pieno titolo come forza di governo, competente e responsabile.

Per non smarrire il senso della comunità


Nei giorni scorsi è stata diffusa una lettera, firmata da alcune mamme, con cui si lamentava il fatto che il centro anziani, che ha ospitato le due settimane di centro estivo organizzato dalla parrocchia, avesse negato la disponibilità delle cucine per preparare un primo piatto caldo per i ragazzi. L’amministrazione comunale non ha cercato una soluzione razionale e ha “risolto” il problema ordinando i primi piatti all’esterno, ovviamente a carico del bilancio comunale (paga sempre pantalone). Questo semplice episodio merita una duplice riflessione. La prima è che abbiamo a che fare con un’amministrazione molto attenta e solerte quando sono in ballo interessi speculativi, ma svogliata e distratta quando si tratta di occuparsi degli interessi della collettività. In questi casi, quando proprio non si può far finta di niente (la tecnica preferita), si cerca la soluzione meno impegnativa. Nella fattispecie si è voluto “accontentare” le mamme e gli organizzatori del campo estivo fornendo direttamente i pasti, ma senza urtare le suscettibilità del centro anziani, da sempre serbatoio di voti da curare con attenzione. La seconda riflessione riguarda il rapporto che tutti noi abbiamo con la cosa pubblica. Ed è un rapporto distorto, che non tiene conto del fatto che la “cosa pubblica” è uno degli elementi fondanti di quella che dovrebbe essere la nostra comunità. Una comunità sociale, che può esistere solo se ognuno di noi contribuisce a tenerla viva. Altrimenti diventa un’arida sommatoria di individualità, del tutto priva di quel senso di unione e di appartenenza che invece costituisce la vera ricchezza di un paese. Un senso di appartenenza magistralmente interpretato dai ragazzi del centro giovanile, i quali hanno dedicato due settimane del proprio tempo per aiutare il parroco a realizzare il centro estivo. Certo l’esempio che viene dai nostri amministratori non aiuta a consolidare questo aspetto sociale. Un’amministrazione che confonde il mandato elettorale con l’acquisizione e libera disponibilità delle proprietà e degli spazi pubblici non invoglia certo i cittadini a contribuire alla costruzione di un modello sociale basato sull’altruismo e sulla solidarietà. Però è necessario fermarsi e riflettere. Da un lato dobbiamo riprendere consapevolezza del fatto che i pochi spazi e le poche strutture pubbliche che abbiamo non appartengono a chi ne è affidata la gestione. Che si tratti dei campi sportivi, della piazza, del centro anziani o del centro giovanile. Quegli spazi sono comunque di tutti noi e chi li gestisce non è beneficiario di un privilegio, ma è il custode di un bene pubblico. Un ruolo importante, che va rispettato e che comporta grande senso di responsabilità, ma che sarebbe sbagliato trasformare in esercizio arbitrario del potere.
Conosco molte persone che frequentano il centro anziani, a cominciare dal presidente, che da diversi anni sta dedicando il proprio tempo e le proprie energie a tenere viva una realtà che svolge in ogni caso una funzione fondamentale per il paese, e sono convinto che la sensibilità dei singoli non è certo quella che è emersa dallo spiacevole episodio di qualche settimana fa. In fondo – a ben guardare – si era trattato della visita di alcuni bambini ai propri nonni. E proprio non riesco ad immaginare un nonno o una nonna che negano un piatto di pasta al proprio nipotino. Men che mai a Labico.

La realtà dei fatti, ché a volte resta nascosta


Ci sono almeno due strade per fare informazione (e disinformazione). Una è quella della chiarezza, della trasparenza, dell’assunzione di responsabilità. Ed è quella che abbiamo intrapreso noi sin dall’inizio della consiliatura. Affidiamo il nostro pensiero ad affermazioni pubbliche (nelle iniziative, nei consigli comunali, coi comunicati stampa, sul nostro giornale, nei siti e nei blog). L’altra strada è quella del passaparola. Delle mezze frasi. Delle allusioni. Delle chiacchiere. Ora, non è chiaro quale strada perseguano i nostri amministratori, che dicono poco e niente in consiglio comunale, non hanno un proprio giornale (non fa testo “notizie dal comune”, l’organo istituzionale con cui fanno propaganda, ma la cui frequenza triennale lo rende poco credibile) e tendono il più possibile a rimanere nell’ombra. Sappiamo però che la seconda strada è comunque molto battuta, visto che arrivano anche alle nostre orecchie “notizie”, fatte girare ad arte da qualche nostro zelante detrattore, difficili da smentire, proprio perché prive di fonte, di ufficialità, di concretezza, ma che producono – in tutta probabilità – l’effetto denigratorio voluto.
Faccio un esempio tangibile. Proprio mentre molti di noi erano in vacanza, è stata avviata un’operazione di controllo che ha portato alla chiusura dei due “porchettari”. Non conosco con esattezza i termini della questione. Non so sulla base di quali violazioni di legge siano state disposte le misure, né da dove sia partita l’iniziativa. Quando l’ho saputo, ho semplicemente preso atto, auspicando personalmente una positiva conclusione della vicenda, sperando che le irregolarità riscontrate non fossero troppo gravi. Al mio ritorno dalle vacanze però qualcuno mi ha posto una semplice domanda: “E’ vero che avete fatto chiudere i porchettari?”. Trasalgo. “Cosa avremmo fatto?”. “Sì, sì, i porchettari”. “Li hanno fatti chiudere e si dice che sia stata l’opposizione”. “Chi lo dice?”. “Gira la voce”.
Ecco questa si chiama cattiva informazione. La più perniciosa. Perché non è contestabile se non con il diretto interlocutore. Ma, intanto, la stessa voce sta girando di bocca in bocca e non si sa chi ne sia la fonte. E’ come un virus. Difficile da fermare, difficile da controllare. Proviamo allora ad affrontare questa nuova pandemia, spiegando – ancora una volta – che bisogna diffidare di chi non ha il coraggio di fare affermazioni in prima persona, assumendosi la responsabilità di quello che dice. Se c’è qualcuno che è convinto che noi “abbiamo fatto chiudere i porchettari”, abbia il coraggio di dirlo pubblicamente, magari in mia presenza. Personalmente non amo diffusa cultura che attribuisce alla “delazione” un disvalore maggiore del mancato rispetto delle leggi (è la stessa cultura delle organizzazioni criminali), ma vorrei che fosse chiaro che il nostro compito non è quello di andare in giro a fare controlli. Questo è un lavoro dei vigili urbani e delle forze dell’ordine e ogni cittadino che ritiene vi sia una violazione di legge ha il diritto/dovere di segnalare il caso alle autorità, che, a loro volta, hanno il dovere di sanzionare l’illecito. Questo in uno stato di diritto. Noi, come opposizione, cerchiamo di occuparci delle questioni che riguardano l’interesse della collettività.
Colgo l’occasione per tornare all’unico caso in cui una nostra segnalazione diede vita a forti polemiche. Mi riferisco ad un’attività, definita “insalubre” dalla nostra normativa, che si svolgeva nel nostro centro storico. Avevamo chiesto al sindaco di farsi carico della situazione e di trovare una soluzione con gli interessati per far spostare l’attività in un luogo più adatto, dando eventualmente il tempo necessario. Niente da fare. Quando è intervenuta l’ASL non ha potuto fare altro che riscontrare l’assenza delle condizioni di sicurezza sanitaria e ha intimato la chiusura dell’attività. Un’altra amministrazione si sarebbe fatta carico del problema “prima” e non avrebbe lasciato trascorrere tanti anni in una situazione di ambiguità e incertezza, per poi scaricare sull’opposizione la “colpa” della chiusura. Per completezza di informazione credo sia utile dire chi aveva – ben prima di noi – vietato lo svolgimento dell’attività all’aperto: l’allora sindaco Alfredo Galli, con propria ordinanza, nel lontano 2003. Un modo davvero poco elegante per scaricare le proprie responsabilità, mantenere il consenso e lasciare che siano gli altri a passare i guai.

E se, qualche volta, si ammettessero gli errori?


Il confronto tra maggioranza e opposizione è spesso serrato, talvolta volano parole grosse, altre volte gli animi si infervorano, il confronto diventa scontro, contrapposizione quasi fisica, al punto da perdere di vista l’oggetto del contendere. Tra noi (opposizione) e loro (maggioranza) si sono avuti spesso momenti tesi e aspri. Nei quali ognuno è rimasto fermo nella propria tesi. Però, talvolta, non si aveva a che fare con semplici opinioni, le quali, per definizione, possono serenamente differire. Qualche volta gli scontri tra noi e loro vertevano su questioni ben precise, “fatti” per così dire, su cui non c’era né ci poteva essere una lettura diversa. O era in un modo o in un altro. Qualcuno dei due sbagliava, anche se non voleva ammetterlo. Per rispetto della verità storica credo sia giusto fare un piccolo (ancorché incompleto) elenco di alcune delle questioni su cui ci siamo accapigliati, cercando di capire chi aveva le idee chiare e chi stava prendendo una cantonata.

1. Forma degli atti. Per cercare di nascondere il congelamento delle dimissioni di Di Stefano avevano cominciato a fare gli atti di giunta senza dire quale fosse la composizione dell’organo. Abbiamo detto che la procedura era illegittima. Loro hanno negato fortemente. Recuperato Di Stefano hanno di nuovo predisposto correttamente gli atti. Un figurone.
2. Questione centro d’infanzia privato. Ci accorgiamo di un’irregolarità nell’erogazione gratuita dei pasti da parte del comune e chiediamo spiegazioni. Replica stizzita e arrogante, con tanto di manifesto con cui si gridava “VERGOGNA” al nostro indirizzo. Intanto proprio per quella vicenda il vicesindaco è sotto processo penale per abuso d’ufficio. Chi si dovrebbe vergognare?
3. Assunzioni facili. All’inizio sono partiti con la minaccia di querela per diffamazione. Poi qualcuno – non tutti – ha ammesso pubblicamente in consiglio comunale che, in effetti, la questione era stata gestita in modo poco corretto. Certo i due raccomandati dalla maggioranza restano saldamente al proprio posto. Però della querela neanche l’ombra.
 4. Appalti. Quella degli appalti è una nostra grande vittoria. Abbiamo espresso dubbi e perplessità sulle modalità con cui gestiscono l’affidamento dei lavori pubblici e delle forniture e del fatto che mancasse l’elenco dei fornitori e delle ditte di fiducia. Addirittura sia Galli che Giordani hanno provato ad inoltrarsi in un terreno a loro completamente ignoto, il diritto amministrativo, cercando di dare lezioni in proposito. Ovviamente solo attraverso i comunicati stampa, ché un confronto pubblico in materia dubito che abbiano voglia di sostenerlo. La cosa divertente è che adesso – finalmente – gli appalti vengono fatti con delle gare “vere”, con procedure aperte, e con ribassi degni di questo nome. In più, da pochi mesi, abbiamo anche l’istituzione dell’elenco delle imprese di fiducia. Come mai?
 5. Sagra delle nocciole. L’anno scorso venne organizzata,  con i soldi pubblici, una bella festicciola privata con tanto di cena di gala a numero chiuso riservata al sindaco, al vicesindaco ed ai loro amici. Vennero completamente ignorati quasi tutti i produttori di nocciole di Labico, grandi e piccoli. Criticammo duramente la gestione privatistica della sagra e il mancato coinvolgimento dei produttori labicani e la risposta fu ancora una volta all’insegna del “comandiamo noi e facciamo come ci pare”. Quest’anno l’invito, seppur tardivo, è esteso a tutti i produttori. Ci vuole sempre un po’, ma alla fine ci arrivano anche loro.

26 agosto 2010

Interrogazione su un canile a Colle Girone


Al Sindaco di Labico, con richiesta di risposta al primo Consiglio Comunale utile e contestuale iscrizione del punto all’odg

I sottoscritti consiglieri interrogano il sindaco, per sapere, premesso che:

-          in località Colle Girone è stata segnalata la presenza di un canile;
-       diversi cittadini si sono lamentati per il disagio causato dall’incessante abbaiare e guaire dei cani a tutte le ore del giorno e della notte;
-        un’ulteriore preoccupazione deriva dal dubbio sulle conseguenze della presenza del canile sotto l’aspetto igienico-sanitario;

se il sindaco e la giunta siano a conoscenza di quanto esposto;
quale tipologia di struttura sia ospitata e se sia munita di tutte le autorizzazioni previste dalla normativa vigente;
se non ritengano in ogni caso inappropriata la presenza del canile e se non sia comunque il caso di provvedere ad una più idonea sistemazione;
se siano state fatte tutte le verifiche di compatibilità ambientale e sanitaria della struttura di cui in premessa;
se non intendano fornire al consiglio comunale tutta la documentazione in proposito in possesso dell’amministrazione.

 BERLENGHI

 SPEZZANO

25 agosto 2010

I (presunti) limiti dell'antiberlusconismo


 Da troppo tempo va avanti un dibattito logoro e stantio sulla presunta inopportunità dell’antiberlusconismo. I sostenitori della tesi affermano che gli attacchi personali al premier indeboliscono l’opposizione e compattano e rafforzano la maggioranza. Una delle motivazioni è che “si rischia di ripetere sempre le stesse cose”, quasi che denunciare il macroscopico conflitto di interessi e la sottoposizione di un organo costituzionale come il Parlamento alle esigenze personali del premier sia soggetto ad una scadenza come le mozzarelle. E come se la continuazione di uno stato di illegalità fosse quasi sanante dell’illegalità stessa. Cosa che – peraltro – in Italia succede frequentemente. Una volta che l’illegalità va avanti nel tempo viene tollerata dalla comunità. Non a caso la giustificazione più diffusa a situazioni di illecito è “ma l’ho sempre fatto”.
Dal versante opposto, invece, non ci si stanca mai di ripetere in forma ossessiva le critiche – talvolta nemmeno fondate – utilizzando le dinamiche del bombardamento pubblicitario attraverso slogan e frasi fatte. Ed è in questo modo che gli italiani si sono convinti di essere stati governati per decenni dai “comunisti”, che la magistratura è eversiva e che le tv e i giornali siano praticamente tutti al soldo della sinistra disfattista. Un tormentone che è stato ripetuto fino alla nausea è stato quello della mancanza di legittimità dei (pochi) governi di centrosinistra degli ultimi anni. La motivazione era che non avevano ottenuto la maggioranza dei voti. Non era sufficiente aver vinto le elezioni. Ci voleva – ad avviso dei baluardi della democrazia – anche un sostegno popolare matematicamente inoppugnabile. Ipotesi su cui si potrebbe anche essere disposti a ragionare (col rischio, però, di dover ripetere le elezioni svariate volte prima di ottenere un risultato “pieno”) a patto che valga sempre. Nessuno ha messo in dubbio la legittimità dell’ultimo governo Berlusconi che non è mai stato maggioranza nel paese (contare i voti per credere) e men che mai lo è adesso che ha perso pezzi importanti (quasi che i dissidenti non siano comunque espressione di un disagio di una parte dell’elettorato di centrodestra). Anche in questo caso però si applica il doppiopesismo. Gianfranco Fini si deve dimettere dall’incarico istituzionale, pur non essendo mai uscito dalla maggioranza, mentre nella scorsa legislatura abbiamo avuto gentucola come Sergio De Gregorio, eletto nel centrosinistra (Italia dei valori, per la precisione) che è diventato presidente di commissione grazie ai voti del centrodestra. In quel caso gli strali antiribaltone non si sono abbattuti sul voltagabbana di turno, che, anzi, è stato ricoperto di lodi e di apprezzamenti per il cambio di casacca.
E’ ricicciato persino Veltroni - l’alleato n. 1 di Berlusconi, il quale nel 2008, non pago di avergli spianato la strada alle politiche, ha pensato bene di dargli in omaggio anche la città di Roma -per indicarci la strada da seguire. No all’antiberlusconismo, ma battere Berlusconi con una proposta politica. Sarebbe quasi un’idea ragionevole se la proposta politica che viene avanzata non fosse una fotocopia sbiadita di quella del cavaliere, che ci si ostina ad inseguire sul suo terreno perdendo voti e credibilità.
Credo sia sbagliato il presupposto su cui si basa la critica all’antiberlusconismo. La mia – e quella di milioni di italiani – non è un’antipatia personale, non è un livore viscerale, quasi si trattasse di un vecchio rancore privato mai superato. Personalmente non ho proprio nulla contro mister B.: lo ritengo semplicemente inadeguato a guidare il Paese e pericoloso per la democrazia e le istituzioni. Non credo serva molto altro. Nel doloroso passaggio dal fascismo alla democrazia non si era “antimussoliniani”, ma più semplicemente “antifascisti” ed anche in quel caso si diede vita ad una larghissima maggioranza che servì a restituire al paese un ordinamento democratico, egualitario e rispettoso dei diritti fondamentali dei cittadini. Poi, affermati i principi irrinunciabili, si è potuto ripartire con le dinamiche caratteristiche di una democrazia, non del tutto impeccabili, ma sempre senza intaccare i valori fondanti della nostra Repubblica. Ecco, adesso quei valori sono in pericolo e, come allora, c’è bisogno di riaffermarli e tutelarli. Solo dopo si potrà tornare ad una “sana” dialettica politica per decidere come governare il Paese.

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura