31 maggio 2011

La lezione di Berlino: così vive una città verde.

da Terra del 31 maggio 2011

Eventi. Nella città tedesca si è svolto il quinto meeting europeo degli eletti Verdi negli enti locali. Per rilanciare con forza la condivisione di un progetto politico che non conosce confini.

Si capisce subito chi è abituato ad andare in bicicletta. Bici su un lato, mani sul manubrio, piede opposto sul pedale, lieve spinta col piede a terra per agevolare il mantenimento dell’equilibrio e rapido movimento della gamba per superare il sellino e permettere al piede di raggiungere l’altro pedale. Michael Cramer, classe 1949, ex parlamentare Verde europeo, ripete con grande disinvoltura un movimento che avrà fatto migliaia di volte. Fa un paio di pedalate e si volta indietro per accertarsi che il gruppo lo stia seguendo. Insieme a lui percorriamo un breve tratto di uno straordinario itinerario ciclabile lungo il simbolo per eccellenza della guerra fredda: il “muro”. Siamo a Berlino e non servono ulteriori specificazioni. La piacevole pedalata occupa la pausa dei lavori del quinto meeting europeo degli eletti verdi negli enti locali. I partecipanti arrivano da tutte le nazioni europee e, naturalmente, la rappresentanza più nutrita è quella tedesca. Si gioca in casa e qui i Verdi sono fortissimi. Solo poco giorni fa, a Brema, i Grunen hanno sorpassato il partito della Merkel, diventando la seconda forza politica. In effetti i Verdi godono di buona salute un po’ in tutta Europa (quasi tutta, ok) ed è forse l’unica forza politica a potersi mettere in rete contando sulla sostanziale condivisione di un progetto politico che supera senza difficoltà i confini nazionali. E questo rende molto proficuo lo scambio di esperienze tra amministratori locali che i Verdi stanno facendo da cinque anni a questa parte.
Tra i relatori anche diversi italiani. Monica Frassoni, che fa gli onori di casa e partecipa a tutto il meeting (compresa la pedalata lungo il muro), Gianluca Fioretti, sindaco di Monsano, amministratore “a cinque stelle” e presidente dell’associazione dei comuni virtuosi, Enrico Fontana, vicepresidente di Libera ed esperto di ecomafie. Fioretti ha portato il contributo della rete dei comuni virtuosi ad un workshop sulle politiche ambientali nelle piccole città, sottolineando l’importanza di fare tesoro delle “buone pratiche”, adottate con successo dagli altri comuni. Fontana è intervenuto nell’ultima sessione plenaria dell’incontro, dedicata al problema degli appalti pubblici ed al rischio della corruzione, citando le sconvolgenti cifre del giro d’affari che la criminalità organizzata è riuscita a creare nel settore delle illegalità ambientali, a cominciare dalla gestione dei rifiuti.
I lavori del meeting sono stati molto intensi e partecipati e hanno fotografato un partito Verde molto concreto, vitale e deciso ad impegnarsi per dare ai propri eletti una valida “formazione”, soprattutto quando vengono catapultati – magari per la prima volta – nelle assemblee degli enti locali. Una formazione che i Verdi italiani, con qualche rara eccezione, non sono mai riusciti a costruire. Troppe e troppo complesse sono le cause degli insuccessi verdi in Italia degli ultimi anni e la mancanza di una scuola verde per amministratori locali non sembra certo il male più grave. Probabilmente non è neppure un male, ma solo uno dei sintomi – purtroppo sottovalutato - che c’era qualcosa che non andava.
L’auspicio è che adesso si volti pagina e che, nel nascente nuovo soggetto politico, Ecologisti e civici, ci sia spazio e voglia di costruire una classe dirigente che sia anche competente e preparata. Le premesse ci sono. Speriamo che si riesca a tornare ai prossimi incontri con il mondo ecologista europeo – il prossimo già a settembre con la Green Summer University - forti di una recuperata credibilità.

Tullio Berlenghi

18 maggio 2011

Amministrative 2011. Si volta pagina?


Uno dei principali problemi dell’analisi di un voto è quello di capire le ragioni del risultato elettorale. Ragioni che, gli interpreti degli schieramenti in campo, tendono ad attribuire a fattori completamente diversi a seconda del risultato. Anche perché non è facile capire quanto abbia pesato, nella scelta degli elettori, la qualità dell’amministrazione uscente. Spesso sono state bocciate ottime amministrazioni, così come talvolta mediocri compagini di governo sono state premiate dai propri cittadini. In certi casi è stato determinante un modello pulito e corretto, in altri è stato il voto clientelare a condizionare il risultato finale. E anche sulle scelte programmatiche nulla può essere dato per scontato: quanti “cementificatori” hanno avuto la benedizione dei propri elettori? In altre occasioni sono state le scelte di tutela del territorio e dell’ambiente a fare breccia nell’elettorato.  Per non parlare del condizionamento della politica nazionale. Mai come in questa circostanza la politica nazionale si è lanciata nell’arena delle amministrative. Personalmente nutro sempre qualche riserva sull’utilizzo dei “nomi forti” come specchietto per l’elettorato. Questo equivale, a mio avviso, a considerare gli elettori alla stregua delle allodole ed è un tantino offensivo. Non si può negare che non sempre gli elettori riescono a dimostrare una effettiva capacità di critica e di analisi e la superficialità con cui a volte votano li rendono facile preda degli imbonitori di mestiere. Questa volta, a quanto pare, i trucchetti del presidente del consiglio, ancorché ampiamente collaudati, non hanno sortito l’effetto sperato. E, come dicevo prima, non è facile capire perché. Una cosa è abbastanza certa: il suo proverbiale fascino questa volta ha fallito miseramente. Del resto solo un ingenuo – non me ne vogliano i 27mila milanesi – può pensare che abbia un senso dare la propria preferenza a qualcuno che in consiglio comunale non ci entrerà mai. Questo metodo, delle candidature “famose”, è purtroppo diffuso sia a destra che a sinistra. Serve ad aumentare i consensi. Pare. Perché pensiamo che gli elettori siano come i bambini (e Berlusconi questo l’ha detto senza mezzi termini), che si lasciano abbindolare dalla confezione colorata del prodotto. E una classe politica mediocre, anziché impegnarsi per avere un corpo elettorale maturo e responsabile, si lancia in questa sciatta rincorsa del consenso.
Un’altra mossa che non sembra aver prodotto il risultato sperato è quella di accattivarsi le simpatie di chi viola la legge. La promessa di fermare le demolizioni a Napoli è una delle più squallide trovate di un uomo  del tutto privo di ogni senso delle istituzioni, dello Stato, della legalità. A parte l’assoluta insensatezza di una sanatoria specifica per un determinato territorio. Perché gli abusi di Napoli sì e quelli di Bari o di Palermo no? E cosa ne pensano le persone che hanno scelto di rispettare la legge, che sono presumibilmente di più di quelle che non la rispettano? Quante sono le persone oneste a Napoli e in Italia? Perché dovrebbe ripagare – in termini di consenso – una politica che solletica gli istinti peggiori di ognuno di noi? Probabilmente ha funzionato fino ad ora. Ma siamo davvero certi che in un paese in cui ognuno è libero di violare le regole staremmo meglio? Gli abusi edilizi non sono solo quelli che ci permettono di avere una casa più grande a basso costo. Sono anche quelli che consentono al nostro vicino di costruire una palazzina che ci toglie la vista del sole. Sono anche quelli che costringono gli enti locali ad aumentare le spese per andare a portare i servizi a tutti quelli che non hanno rispettato gli strumenti urbanistici. E gli onesti pagano. Due volte. La prima perché hanno fatto le cose in regola (e pagato il dovuto). La seconda perché la disonestà degli altri finisce a carico dell’intera collettività. Non mi faccio troppe illusioni, perché troppe volte - negli ultimi 17 anni - ho sperato in una presa di coscienza da parte delle persone, però ho la speranza che questo voto possa rappresentare un primo passo di quella che Gianni Mattioli, nell’appassionato intervento con cui, in un’infreddolita piazza labicana, invitava a sostenere i referendum su acqua e nucleare, definiva una inevitabile “rivolta degli onesti” con cui dobbiamo riuscire a liberarci di una cultura di governo che troppi danni ha fatto all’Italia e agli italiani.

17 maggio 2011

Un’alternativa concreta è possibile


Cosa serve a Labico? A Labico serve un progetto politico che sia davvero alternativo. Purtroppo Labico sconta un malgoverno durato decine di anni. Un malgoverno che ha deturpato e svenduto il territorio. Un malgoverno che ha quasi del tutto cancellato ogni forma di identità sociale e culturale della città per cercare di trasformarla in una anonima borgata di periferia. Alcuni danni, purtroppo, saranno difficilmente riparabili. Altri potrebbero essere sanati o ridotti. Altri, quelli ancora in essere, potrebbero essere addirittura sventati. L’importante è capire quale sia l’obiettivo di chi si candida a governare il Paese. Da una parte c’è che sicuramente chi vuole proseguire l’azione di devastazione, perché funzionale ad interessi ed affari. Probabilmente c’è anche chi vuole prendere le distanze da quel modello di sviluppo e di consumo del territorio, ma senza voler marcare una eccessiva discontinuità. Vuoi per convinzione, vuoi per il timore che un progetto politico davvero alternativo possa non raccogliere consensi. C’è, in ogni caso, bisogno di qualcuno che affermi – senza se e senza ma – l’esigenza di un’inversione completa di rotta.
E questo sotto due profili. Il primo è quello della qualità dell’amministrazione. Quattro anni di confronto e di scontro politico hanno dimostrato non tanto una maggiore preparazione e competenza dell’opposizione – nessuno escluso – quanto una penosa pochezza della compagine amministrativa. Una pochezza messa in drammatica evidenza da molti dei nostri TG, i quali hanno mostrato impietosamente la modesta caratura di chi ci ha amministrato in questi anni. Con qualcuno che è riuscito a sopperire con il mestiere e la furbizia e qualcun altro che, invece, non è riuscito neppure ad inventarsi una parvenza di credibilità.
Il secondo profilo attiene al progetto politico vero e proprio. E’ difficile scegliere – se non si ha la pazienza di approfondire la conoscenza del quadro politico locale – tra programmi che spesso si assomigliano e si inseguono sui vari temi. Meno difficile è farlo quando c’è qualcuno che avanza una vera proposta alternativa, priva di infingimenti o compromessi. E io penso che la proposta per salvare Labico debba andare esattamente in questa direzione. Viviamo in un Paese che ha visto la propria popolazione quadruplicare nel giro di pochi anni. Un aumento non solo folle dal punto di vista numerico, ma disastroso dal punto di vista della programmazione. Una programmazione completamente assente e che ha causato continue emergenze per tutti i servizi, già appena sufficienti quando gli abitanti erano meno di 2000. Dalle scuole alle strade, dalle fogne al verde pubblico, dai parcheggi ai servizi per i cittadini. Tutto è diventato insufficiente o inadeguato. E se su alcune questioni forse si riuscirà a porre rimedio (come l’adeguamento di alcune infrastrutture pubbliche) su altre invece i danni sono irreversibili. Le strade (di piano, sic) troppo strette perché bisognava far lucrare i costruttori non potranno più essere adeguate, salvo penalizzare incomprensibilmente qualche cittadino. E lo stesso vale per tutto il resto. E mentre stiamo facendo i conti con i danni del “vecchio” piano regolatore, c’è un suo aggiornamento – se possibile ancora più devastante – che prevede un ulteriore raddoppio della popolazione labicana, la cui domanda di mobilità continuerà a riversarsi sulla via Casilina. Lo stesso asse stradale che dovrà soddisfare le esigenze di spostamento dei due nuovi centri commerciali previsti dal piano, dell’inevitabile traffico correlato alla presenza dell’outlet e del parco giochi, a cui si dovrà aggiungere quello di immissione dalla ormai celeberrima bretella Cisterna-Valmontone. Tutta roba voluta o caldeggiata dai nostri amministratori (e non solo da loro, purtroppo). Per fortuna siamo riusciti a sventare almeno la zona industriale a ridosso di Colle Spina. Per impedire questo ci vuole un progetto politico che si opponga chiaramente a questa trasformazione, che punti ad azzerare la variante al piano regolatore del 2007, a contrastare la realizzazione della bretella e che sostenga una riqualificazione basata sul blocco immediato del consumo del suolo, che serve quasi esclusivamente a realizzare profitto per pochi, causando danni e disagi all’intera collettività. Questa è una concreta proposta di governo alternativa a chi sta amministrando Labico in questo momento. Altre strade potrebbero assomigliare troppo a quelle, strette e piene di buche, dell’attuale maggioranza e, oltre a non essere di agevole percorribilità, sarebbero anche poco credibili.

12 maggio 2011

Interrogazione sulla sala multimediale


Al Sindaco di Labico, con richiesta di risposta al primo Consiglio Comunale utile e contestuale iscrizione del punto all’odg


I sottoscritti consiglieri interrogano il sindaco, per sapere, premesso che:

-          la giunta municipale, con delibera di giunta n. 11 del 17 febbraio 2011, ha concesso alla ditta Labi.Form l’utilizzo della sala multimediale di proprietà del comune e situata all’interno di Palazzo Giuliani;
-          la delibera nasce dalla proposta inviata dalla Labi.Form all’amministrazione comunale il 9 dicembre 2010 e che è stata vagliata ed accolta a tempo di record;
-          a quanto risulta, in cambio della concessione della sala, delle attrezzature, della fornitura gratuita dell’energia elettrica e del riscaldamento e delle normali spese di gestione, la ditta Labi.form si è dichiarata disponibile allo svolgimento di corsi di primo livello per i dipendenti e gli amministratori;
-          dalla scarna documentazione relativa alla delibera messa a disposizione si è potuto constatare che l’affidamento della sala è stato concesso con una certa superficialità e, apparentemente, con un modesto vantaggio per l’amministrazione e la cittadinanza;
-          l’opposizione è venuta a conoscenza dell’iniziativa in modo del tutto casuale il giorno stesso dell’inaugurazione, alla quale, peraltro, i consiglieri dell’opposizione non erano stati invitati;

come giustifichi il sindaco la modalità di concessione di spazi pubblici, spesso preclusi alle associazioni locali per iniziative a carattere sociale e culturale, in modo così poco trasparente e per un’attività di carattere economico;
per quale ragione non si sia deciso di utilizzare una procedura di affidamento ad evidenza pubblica, come avvenuto per in altre circostanze per la concessione di spazi di proprietà comunale.

11 maggio 2011

La promessa di Pallagorio


Nella vita capitano cose che non ti aspetti. Può capitare, ad esempio, che un pullman pieno di variegata umanità si ritrovi ad arrancare per le salite della fascia presilana crotonose ed essere accolto in modo straordinariamente festoso da una piccola città della quale, i più, ignoravano persino l’esistenza. E’ iniziata così, con l’accoglienza che di norma si riserva alle persone care, la storia di un incontro tra due comunità: Pallagorio (in casa) e Labico (in trasferta). Poteva anche finire così. Bastava limitarsi all’apparenza, alla forma, all’etichetta. I saluti di rito. Anche la banda e i fuochi d’artificio. E persino l’incontro “istituzionale”. Le belle parole di circostanza. E tutto finiva lì. Arrivederci ai suonatori (i labicani, nella fattispecie). Le cose sono andate diversamente. Non c’è stato posto per le formalità. L’accoglienza è stata autentica, genuina. Così come la naturalezza con cui gli ospiti hanno vissuto i giorni trascorsi a Pallagorio. Giorni intensi, dedicati alla festa patronale in onore della Madonna del Carmine. Una festa vissuta insieme, chi con passione, chi con curiosità, tutti con entusiasmo. A sottolineare il valore – umano, prima di ogni altra cosa – di questo incontro le belle parole di don Pietro sul tempo “perso” per conoscerci e stare insieme. Mi permetto di aggiungere che normalmente quello che si perde ci impoverisce. In questo caso abbiamo “perso” il nostro tempo per portare un po’ di ricchezza dentro di noi (e non sto parlando dei trigliceridi, che pure abbondavano in quei giorni). Abbiamo conosciuto splendide persone, che non ci hanno semplicemente ospitato, ma che hanno condiviso con noi spazi, tempo, vita. Abbiamo conosciuto posti meravigliosi che meriterebbero di essere tutelati e valorizzati. Abbiamo promesso di tornare a Pallagorio. Magari per festeggiare l’insediamento di un’amministrazione “volenterosa” che intenda “perdere tempo” per il bene di Pallagorio. Una promessa (la “besa” in arbėreshė) che va mantenuta, perché, a Pallagorio, le promesse non muoiono mai.

3 maggio 2011

Labico comune denuclearizzato.



Labico comune denuclearizzato. Il consiglio comunale approva all’unanimità la mozione dell’opposizione.


In assenza e nella totale indifferenza dell’intera giunta comunale (dei sette assenti, cinque costituivano la giunta labicana) il consiglio comunale di Labico ha approvato un’importante mozione con la quale – sulla base di precisi quanto inoppugnabili parametri scientifici e di valutazione dei costi – è stata manifestata l’assoluta indisponibilità di Labico ad ospitare impianti per la produzione di energia nucleare o siti per il trattamento, lo stoccaggio e lo smaltimento di scorie e rifiuti radioattivi. La mozione, oltre a dichiarare Labico “comune denuclearizzato” ha anche impegnato l’amministrazione a promuovere il referendum con cui si chiede all’Italia di uscire dal nucleare e ad avviare politiche energetiche incentrate sulle rinnovabili e sul risparmio ed efficientamento energetico.
La nostra è una bella vittoria – ha dichiarato Tullio Berlenghi, capogruppo dell’opposizione ed estensore della mozione – per i labicani e per tutti i cittadini che ritengono sia necessario prestare la massima attenzione alla qualità dell’ambiente, alla salute e, in particolar modo, al diritto al futuro delle nuove generazioni. Dispiace solo constatare, ancora una volta, l’enorme distanza che separa i cittadini labicani dai propri amministratori, a cominciare dal vicesindaco Alfredo Galli che ha lasciato l’aula consiliare ostentando così il proprio disprezzo verso un tema così importante e così attuale.

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura