“La colpa non è di Dio, ma di chi
costruisce case di sabbia”. Con queste parole il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, ha messo a tacere
l’irresponsabile e comodo appello al fatalismo di buona parte del ceto
politico. Diamo la colpa al destino crudele e pensiamo subito a come gestire la
ricostruzione, che significa soldi, appalti, commesse. Non c’è mai tempo per
riflettere. All’inizio è il momento del cordoglio. Nei giorni successivi
bisogna rimboccarsi le maniche. Poi bisogna tornare alla normalità. E quando
sei tornato alla normalità mica ti puoi mettere a pensare alla prevenzione…
fino alla prossima volta. Del resto, come ha sottolineato cinicamente Bruno
Vespa, i terremoti sono un ottimo volano dell’economia. Negli ultimi 48 anni abbiamo
speso qualcosa come 121 miliardi di euro in ricostruzione, spesso sprecati in appalti
sospetti e interventi di pessima qualità (Bertolaso docet), mentre per un serio
intervento di prevenzione e messa in sicurezza il costo complessivo sarebbe di
gran lunga più basso (circa 40 miliardi). A quanto pare i governi centrali
sembrano incorrere ogni volta nel medesimo errore e l’atteggiamento di Renzi
all’indomani della tragedia del 24 agosto ricorda la sicumera con cui
Berlusconi nel 2009 prometteva agli aquilani "Non vi lasceremo soli, la ricostruzione
sarà rapida". Talmente rapida che ancora adesso, dopo sette anni, il
centro storico del capoluogo abruzzese è un immenso cantiere. Ma gli
amministratori locali quanto si preoccupano di questo aspetto? Sì, perché il
loro ruolo è determinante per garantire che gli edifici, in particolare quelli
pubblici, siano sicuri. E il crollo della scuola di Amatrice, ristrutturata nel
2012, preoccupa non poco da questo punto di vista. Non è la prima volta che una
scuola crolla e ogni volta viene da pensare: E le nostre scuole? Saranno abbastanza
sicure?
Ricordo perfettamente che dopo il
terremoto dell’Aquila avevamo presentato un’interrogazione – a prima firma
Spezzano - per chiedere garanzie sulla sicurezza strutturale degli edifici
scolastici e che, visto che il sindaco non rispondeva, eravamo stati costretti
a trasformarla in una mozione con la quale chiedevamo cose molto semplici come
la ricognizione dello stato di salute degli edifici pubblici con particolare
attenzione per le strutture scolastiche. Inutile dire che la mozione venne
respinta dalla maggioranza e che sindaco e vicesindaco liquidarono la questione
citando la relazione di uno studio tecnico e sostenendo di fatto che Labico non
è un comune a rischio sismico. Nella mia replica dovetti spiegare che: 1) la
relazione dello studio tecnico era tutt’altro che rassicurante perché vi si
affermava che la scuola media non era in grado di resistere ad un’eventuale evento
sismico; 2) il nostro comune, nella classificazione sismica, è inserito nella
zona 2, ossia appena un gradino più in basso di quella dell’Aquila, ma non
certo esente da rischi (basti pensare che i comuni colpiti dal sisma dell’Emilia
Romagna sono di classe 3 e 4).
Sempre nello stesso periodo
presentammo diversi atti per esprimere perplessità su alcune anomalie nelle
procedure di affidamento degli appalti pubblici e anche in questo caso le
nostre istanze vennero bocciate. Ricordo che ancora adesso è in corso un
processo penale per le irregolarità riscontrate nell’appalto alla scuola media,
un processo nel quale gli unici ad essersi costituiti parte civile siamo stati
io e Maurizio Spezzano, nell’indifferenza di buona parte della politica
labicana. Eppure siamo tutti consapevoli
che dalla procedura di affidamento dei lavori per le opere pubbliche dipendono
due cose importanti: la prima è un costo congruo dell’intervento, che permette
di risparmiare soldi pubblici; la seconda è un intervento qualitativamente
adeguato, che permette di dare maggiore sicurezza a chi – come i bambini e i ragazzi – usufruirà della struttura. Io
non posso che rinnovare l’invito a chi amministra – e soprattutto a chi
amministrerà in futuro – ad assumersi la responsabilità di garantire quanto
prima la sicurezza sismica degli edifici scolastici. Sarebbe un atto dovuto nei
confronti delle future generazioni.
La scuola media di Labico (immagine street view di google) |