14 luglio 2013

Una cosa è certa


Una cosa è certa

Una cosa è certa. L’opposizione che preoccupa Alfredo Galli si chiama Legalità e Trasparenza. Tra denunce, cause civili, intimidazioni di vario tipo Galli ha dimostrato – con le sue scomposte reazioni – di soffrire molto la nostra azione politica. Non stupisce quindi sapere che, nei giorni scorsi, alla vista della nostra pubblicazione “Agorà” in un locale pubblico del paese, sia andato su tutte le furie. La sola idea che qualcuno possa muovere delle critiche nei suoi confronti, abbia la supponenza di vergarlo nero su bianco e finanche l’ardire di diffonderlo nel “suo” paese, gli fa perdere il lume della ragione. Sembra – a sentire le chiacchiere del paese – che, alla vista dell’odioso oltraggio (ossia Agorà), abbia iniziato a lanciare contumelie, asserendo che quella pubblicazione sarebbe illegale con una velata accusa di connivenza (se non di complicità) nei confronti del gestore del locale per non aver prontamente provveduto ad eliminare l’illecita pubblicazione. Strano che il primo cittadino – a cui la legge attribuisce importanti responsabilità in merito alla pubblica sicurezza – di fronte ad un evidente (almeno a suo dire) illecito non abbia avviato una procedura per il ripristino della legalità. Avrebbe potuto – e dovuto – chiamare gli organi preposti e far sequestrare il corpo del reato, nonché avviare un’azione giudiziaria nei confronti dei responsabili. Niente di tutto questo. In compenso, subito dopo la sua uscita si è notata la sparizione delle numerose copie di Agorà. Che buffa coincidenza.
Ora è difficile ricostruire con esattezza l’episodio, che però parte da un dato di fatto inconfutabile: la convinzione del sindaco che la nostra pubblicazione sia illecita. Comprensibile persuasione da parte di chi interpreta in modo così distorto il concetto di democrazia da pensare che aver vinto le elezioni con poco più di un quarto dei voti dei cittadini labicani significhi essere il sovrano del paese, nei confronti del quale non sono ammesse le critiche. Non è un caso che abbia promosso azioni civili e penali nei confronti dei suoi detrattori, non è un caso che abbia abusato del suo potere per proibire con miserabili giustificazioni le riprese dei consigli comunali, non è un caso che – lui sì, violando apertamente la legge che pretende di insegnare agli altri – non abbia calendarizzato le mozioni dell’opposizione e abbia atteso oltre un anno per rispondere alle interrogazioni (ma non in consiglio comunale, sottraendosi, come sempre, al confronto). E allora noi, instancabili, lo interroghiamo nuovamente – per il momento in forma libera, riservandoci di porre le medesime domande nelle sedi proprie – per chiedergli: davvero ha nuovamente affermato che Agorà sarebbe illegale? E, in tal caso, perché non ne ha fatto disporre il sequestro? Perché non ha il coraggio di affrontare in nostra presenza – in consiglio comunale o in un dibattito pubblico - la presunta illegittimità della nostra pubblicazione? Teme di fare l’ennesima brutta figura, che è la ragione per la quale fa di tutto per rendere difficile ai cittadini la partecipazione ai consigli comunali?
Per quanto riguarda la sparizione delle copie di Agorà le risparmiamo la domanda e proviamo ad immaginare che siano sparite nel nulla. Del resto, con lei ad amministrare questo paese sono già spariti nel nulla 4 milioni di euro, cosa vuole che siano alcune decine di fogli in formato A4?


Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano

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