30 settembre 2009

Benvenuto al Sindaco di Betlemme

CONSIGLIO COMUNALE DEL 30 SETTEMBRE 2009
Benvenuto a Victor Batarseh, Sindaco di Betlemme



E’ con grande piacere che intervengo, a nome del gruppo Cambiare e Vivere Labico, per esprimere un caloroso e sincero benvenuto a Victor Batarseh, sindaco di Betlemme.
Intanto ci vogliamo congratulare con il nostro gradito ospite, del quale abbiamo appreso che si è impegnato molto, come amministratore, per combattere la corruzione, per dare trasparenza al proprio governo, per migliorare la vita dei cittadini. Abbiamo letto che, tra le tante innovazioni introdotte da quando si è insediato, ha vietato l’uso delle auto comunali per motivi privati; ha chiuso gli esercizi commerciali privi di autorizzazione; ha fissato nuove regole d’appalto dei lavori pubblici mirate ad eliminare gli sprechi, ha licenziato i dipendenti comunali che erano sulla lista paga e non svolgevano alcun lavoro. Uno dei suoi impegni è stato quindi quello di ripristinare correttezza e legalità nella città da lui amministrata. Impegno difficile ovunque e, a maggior ragione, in un posto dove ci sono problemi ancora più gravi. Il suo è sicuramente un esempio da seguire.
Victor Batarseh viene da Betlemme, un nome che tutti noi abbiamo imparato fin da bambini e che assume inevitabilmente un significato evocativo. Betlemme, infatti, è indicata nelle sacre scritture come il luogo di nascita di Gesù Cristo e rappresenta il luogo simbolo della cristianità. Betlemme diventa inevitabilmente sinonimo di fratellanza, solidarietà, pace.
Purtroppo però la pace a Betlemme non c’è. La pace, quella pace che in molti dichiarano di voler costruire, non c’è né a Betlemme, né a Gerusalemme, né in Palestina, né in Israele. Così come è assente in decine di luoghi del pianeta martoriati dalla guerra.
Non è questa la sede, né il momento per analizzare le cause di uno stato permanente di tensione e di paura. I molti errori commessi, da una parte e dall’altra, che hanno portato talvolta a commetterne di più gravi.
La storia dei popoli e delle loro nazioni è costellata da immense ingiustizie. Il diritto internazionale è spesso costretto a prendere atto delle situazioni di fatto, talvolta palesemente inique, ma difficilmente reversibili. E non avrebbe certo senso, adesso, ripercorrere l’ultimo secolo della storia di quelle terre, con la spartizione dell’impero ottomano al termine della prima guerra mondiale, a seguito della dichiarazione di Balfour. Da allora molti avvenimenti si sono succeduti e la nascita dello Stato di Israele, sancita dalla risoluzione 181 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ha rappresentato, nei fatti, l’elemento chiave di un percorso difficile e tormentato. Da allora la convivenza dei popoli è stata irta di ostacoli e segnata dal sovrapporsi di torti e ingiustizie, in una spirale distruttiva di cui hanno pagato il prezzo soprattutto le popolazioni civili, in particolare i bambini. Sono decine le risoluzioni dell’ONU che condannano l’insediamento di colonie nei territori occupati, causando ulteriori tensioni e conflitti. Ancora la risoluzione ONU 1860 del 12 gennaio 2009 ha condannato gravi violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi. Noi pensiamo che non sia con la violazione dei diritti umani che si possano risolvere i problemi. In Palestina, in Israele, come nel resto del mondo. Sarebbe ipocrita condannare gli attacchi alla popolazione civile in Terra Santa e giustificarla altrove. La pace e la tutela dei diritti umani non hanno e non possono avere confini.
Spesso per raggiungere un obiettivo giusto si intraprendono le scelte sbagliate, con il risultato di allontanarsi ulteriormente dagli obiettivi che si dichiara di voler raggiungere. Penso alla presenza di un muro di otto metri di altezza che limita fortemente la circolazione e quindi la vita degli abitanti di Betlemme, trasformata così – e sono le parole del nostro ospite – in “una grande prigione circondata dalla polizia israeliana”. Sempre il sindaco di Betlemme ha raccontato di “bambini che vivono a ridosso del muro e che scrivono di volere il miracolo di poter vedere il tramonto”. I muri non servono a proteggere, i muri servono ad alimentare la diffidenza e i conflitti. “Non di muri ha bisogno la Terra Santa, ma di ponti. Senza riconciliazione degli animi, non ci può essere pace”. Queste parole sono state pronunciate più volte da papa Giovanni Paolo II.
Sappiamo quanto sia difficile restituire pace e serenità a chi abita in quei luoghi, ma siamo anche consapevoli della necessità di dare ad ogni popolo il proprio stato, in modo da riconoscere a tutti l’imprescindibile dignità. Bisognerà trovare il modo di farlo anche attraverso una più elastica interpretazione del principio della “triade” (popolo-governo-territorio) stabilito dal diritto internazionale e che appare di così difficile applicazione in una zona dove la frammentazione del territorio è tale da rendere impensabile ricorrere ad una tradizionale demarcazione dei confini. L’obiettivo dovrà essere quello: riconoscere ai due popoli il diritto ad avere ognuno un proprio Stato. Due popoli e due Stati che possano convivere nei valori della fratellanza, della solidarietà e della pace.
E allora vogliamo formulare il nostro convinto augurio che quei valori di fratellanza, di solidarietà e di pace riescano finalmente a trovare la doverosa e duratura accoglienza in Terra Santa. Nell’enciclica “Caritas in veritate” Papa Benedetto XVI afferma che per costruire la pace non è sufficiente il pur fondamentale impegno a livello di governi ed organizzazioni sovranazionali, ma è necessario “sentire la voce e guardare alla situazione delle popolazioni interessate per interpretarne adeguatamente le attese”. E a Betlemme ci sono dei bambini che attendono di poter vedere il tramonto. Noi crediamo che quei bambini a quel tramonto abbiano diritto.

12 settembre 2009

La sagra dell’ipocrisia


Quando abbiamo saputo che l’amministrazione intendeva organizzare una sagra delle nocciole la nostra reazione è stata decisamente positiva. Da tempo sosteniamo che sviluppo e benessere non debbano essere legati alla speculazione edilizia ed al consumo del territorio, ma che si possano tranquillamente coniugare le esigenze economiche e di crescita con una corretta ed equilibrata gestione delle risorse, attraverso la riscoperta e la valorizzazione dell’agricoltura. Dando naturalmente la priorità alle colture tradizionali, come la nocciola. E questa sagra avrebbe potuto essere il primo passo nella direzione giusta.


Non ci siamo stupiti per non essere stati coinvolti nell’organizzazione della conferenza e nemmeno di non essere stati neppure invitati (questione di stile), ma abbiamo comunque voluto essere presenti. In effetti ne è valsa la pena. La stragrande maggioranza degli oratori intervenuti sposava in pieno le nostre tesi. Dai rappresentanti degli agricoltori (coldiretti e confagricoltori) ai docenti universitari (La Tuscia e Perugia) agli esperti a vario titolo dei problemi dell’agricoltura, tutti hanno sottolineato l’importanza di adottare una politica di gestione del territorio di tutela e valorizzazione dei terreni agricoli, qualcuno ha evidenziato il rischio di un modello produttivo e di consumo che aumenti la distanza e i costi (economici, sociali e ambientali) dei prodotti trasportati, qualcun altro ha sottolineato l’importanza di una produzione agricola rispettosa del ciclo biologico e che sia il più possibile protetta dai fattori inquinanti. Si è parlato di energie rinnovabili, di biomasse, di filiera corta, di prodotti a chilometri zero, di tutela delle produzioni locali. Gli unici che sembrava non avessero la più pallida idea di cosa si stesse dicendo erano il sindaco ed il vicesindaco, che però gongolavano placidamente come se la cosa non li riguardasse.


Purtroppo, invece, la sfarzosa – e piuttosto costosa a quanto pare: si parla di diverse migliaia di euro, di soldi pubblici – iniziativa era fine a sé stessa e non c’è, a quanto ci risulta, la benché minima intenzione, da parte dell’amministrazione, di promuovere davvero la produzione agricola. Proviamo a spiegare perché.


Intanto compendiamo che la loro visione padronale della cosa pubblica impedisca loro di coinvolgere tutti i consiglieri comunali nelle iniziative, ma non è chiaro perché, ad un’iniziativa che riguarda la coltivazione delle nocciole, non si invitino gli interessati, ossia i piccoli e medi produttori che faticosamente cercano di mantenere viva una piccola economia locale. L’unico produttore presente era – guarda caso – proprio il Sindaco, che ha pensato bene di allestire stand e palco con la pubblicità della propria attività commerciale. L’iniziativa – pagata con i soldi pubblici – è diventata così un mega spot a favore del ristorante – agriturismo – azienda agricola Fontana Chiusa.


Questione di stile, si diceva. Ovviamente i piccoli produttori non sono potuti neppure intervenire dal pubblico, perché la conferenza era “blindata” e non c’era spazio per dare contributi.


L’altro aspetto che nessuno si è preoccupato di spiegare agli illustri ospiti che hanno partecipato al dibattito riguarda la stridente contraddizione tra quanto affermato da tutti – anche sindaco e vicesindaco che annuivano come i pupazzetti che impreziosiscono i lunotti delle auto – e la “vera” politica territoriale del nostro paese. Una politica che punta alla totale cancellazione dell’agricoltura dal Comune. Basta guardare la disinvolta crescita dell’abusivismo nelle zone agricole (spesso sotto lo sguardo compiacente di chi avrebbe dovuto controllare). Basta guardare il modo scomposto e disordinato con cui è stato redatto il vecchio piano regolatore. Basta guardare il modo rozzo, scomposto e disordinato con cui è stata redatta l’attuale variante al piano regolatore. Con una spaventosa erosione delle zone agricole e la creazione di nuovi insediamenti abitativi a stretto contatto con le poche zone agricole rimaste e i prevedibili conflitti che potranno sorgere. Basta guardare gli effetti devastanti che avrà la realizzazione del casello e della viabilità di collegamento, che rovineranno quel poco che ancora resta delle zone denominate agricole, ma che non è difficile immaginare subiranno ben presto – anche abusivamente – trasformazioni più “consone” al nuovo tessuto territoriale (un ibrido tra borgata e zona industriale).


Ancora una volta il Sindaco ha citato i luoghi della Toscana come esempio da seguire. Ha spiegato che la bravura di chi vive in quei posti è stata quella di preservare il territorio anche quando i terreni agricoli valevano davvero poco e si potevano comprare a buon mercato. Questa voglia di mantenere la propria identità, questo desiderio di tutelare l’integrità del territorio ha portato i suoi frutti. Adesso in zone come la Val d’Orcia o le colline senesi il valore dei terreni (sempre agricoli) è alle stelle.


Ha fatto bene a spiegarcelo. E’ importante per noi sapere che garantire al territorio un’economia rinnovabile come quella ba- sata sull’agricoltura darà in prospettiva maggiore ricchezza, maggiore benessere e maggiore qualità della vita della mera speculazione fondiaria (dove a guadagnare poi non sono i proprietari ma i costruttori senza scrupoli). Ha fatto davvero bene a darci queste illuminanti informazioni. Anzi, per una volta, siamo completamente d’accordo con lui. Ora si tratterà solo di trovare qualcuno che queste cose le spieghi a lui e, soprattutto, al suo vicesindaco.

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura