30 marzo 2011

Mozione "No al nucleare"




Gruppo Consiliare Cambiare e Vivere Labico 
Mozione
Il Consiglio comunale di Labico, premesso che:

  • il fabbisogno energetico dell’Italia è attualmente assicurato da fonti tradizionali e da una quota crescente di fonti rinnovabili, in particolare nel settore eolico e fotovoltaico, il cui valore percentuale complessivo è passato dal 16,5% del 2008 al 20,8% del 2009; il 13,6% del fabbisogno è coperto con il saldo tra energia importata ed energia esportata;
  • il quadro complessivo della tipologia di fonte di produzione risente in primo luogo della scelta con cui, l’8 novembre 1987, l’Italia si è espressa, attraverso un referendum, per rinunciare al ricorso dell’energia nucleare, giudicata troppo pericolosa;
  • negli anni scorsi si è registrata l’esigenza di incentivare sia la produzione di energie rinnovabili, sia gli interventi di risparmio e di efficientamento energetico, anche alla luce delle problematiche legate ai cambiamenti climatici ed alla necessità di rispettare gli accordi e le convenzioni internazionali sottoscritte, in base alle quali il nostro Paese si è impegnato a ridurre sensibilmente le emissioni di gas climalteranti;
  • in particolar modo con le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 sono state avviate importanti azioni per un più corretto orientamento della politica energetica del nostro Paese;
  • in controtendenza con l’orientamento appena assunto, il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99 in materia di sviluppo economico, la quale, agli articoli 25 e seguenti, avvia il ritorno del nucleare in Italia, demandando ad un successivo provvedimento del Governo l’individuazione delle località in cui si intendono insediare le centrali nucleari in Italia;
  • la delicatezza della scelta dei siti e l’indeterminatezza che caratterizza l’azione di Governo hanno portato all’emanazione di un primo decreto legislativo per la localizzazione e realizzazione degli impianti nucleari, al quale ne è seguito un secondo contenente modifiche ed integrazioni, ma senza una vera e propria individuazione dei siti;
  • ad aumentare il quadro di incertezza si è aggiunto il drammatico evento calamitoso dell’11 marzo scorso – sisma e tsunami -  che ha colpito il Giappone, danneggiando gravemente la centrale nucleare di Fukushima, con preoccupanti conseguenze per la salute e per l’ambiente;
  • l’allarme sui possibili pericoli e sul rischio di una catastrofe sono ancora molto alti e solo nei prossimi mesi sarà possibile avere maggiori informazioni sulle reali conseguenze dei problemi verificatisi nei reattori della centrale;
  • la decisione, assunta dal Governo, di tornare all’energia nucleare non sembra essere basata su una sufficientemente attenta analisi costi-benefici, che tenga conto dei rischi ambientali e sanitari dell’opzione atomica; basti pensare che il costo di decomissioning degli impianti attualmente presenti in Italia è valutato in circa 4 miliardi di euro, con esclusione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti;
  • al momento non è stato ancora individuato neppure il sito dove stoccare le scorie che provengono da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie, dall’attività di smantellamento delle vecchie centrali e dalle attività delle nuove centrali; soltanto entro il 2015 si prevede l’effettiva individuazione dell’area che ospiterà il deposito nazionale, la cui costruzione è prevista entro i cinque anni successivi (2020);
  • nel frattempo in Europa e nel mondo si sta avviando un serio ripensamento delle strategie di produzione dell’energia e la Germania ha già deciso il progressivo smantellamento dell’intero parco di centrali nucleari presenti sul proprio territorio;
  • l’Italia conserva ancora oltre 23.000 metri cubi di materiale radioattivo proveniente dalle vecchie centrali disattivate;
  • in Italia non si è ancora riusciti ad individuare e a realizzare il sito unico per lo stoccaggio sicuro e definitivo delle scorie radioattive, prodotte in quantità di gran lunga minore rispetto a quelle che si avrebbero con la realizzazione delle centrali nucleari;
  • l’energia nucleare soddisfa solo una percentuale ridotta del fabbisogno energetico mondiale: il 6% dell’energia commerciale nell’Unione Europea e circa il 2% nel resto del mondo;
  • l’energia nucleare non riduce la dipendenza dell’Unione Europea dall’importazione di energia, poiché tutto l’uranio necessario alla fabbricazione del combustibile nucleare deve essere importato;
  • secondo le previsioni dell'Agenzia Internazionale per l'Energia le riserve di uranio a livello planetario sarebbero esauribili nel giro di soli cinquant'anni, addirittura la metà qualora Cina e India portassero avanti il piano nucleare già annunciato;
  • molte regioni italiane hanno già espresso la loro contrarietà alla localizzazione di centrali nel proprio territorio, tenendo conto che fattori come la forte antropizzazione e la presenza di oggettivi elementi di rischio da calamità naturali rendono poco agevole l’individuazione di siti che possano essere considerati ragionevolmente sicuri;
  • la Regione Lazio ha adottato, il 4 luglio 2008, lo schema del nuovo piano energetico regionale, il quale stabilisce due importanti obiettivi generali: contribuire agli obiettivi UE al 2020 in tema di produzione da fonti rinnovabili, riduzione dei consumi energetici e riduzione della CO2 per contenere gli effetti dei cambiamenti climatici; favorire lo sviluppo economico senza aumentare indiscriminatamente la crescita dei consumi di energia;
  • tra gli obiettivi strategici del piano energetico della Regione Lazio si segnala, in particolare, l’impegno a: stabilizzare i consumi regionali di energia finale al 2020 ai livelli attuali; aumentare considerevolmente la produzione di energia da fonti rinnovabili; favorire lo sviluppo economico e l'occupazione, in particolare lo sviluppo dell'industria regionale delle fonti rinnovabili e dell'uso efficiente dell'energia;
  • il piano della Regione Lazio prevede inoltre la definizione di nuove linee guida per i regolamenti edilizi comunali, con l'introduzione sia di parametri cogenti sia di misure incentivanti per l'efficienza energetica e l'utilizzo del solare termico e fotovoltaico per le nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni, mentre, nel settore civile, particolare rilievo si attribuisce alla definizione dei criteri regionali per la certificazione energetica degli edifici;
  • in sostanza la Regione Lazio, anche per le affermazione della Presidente Polverini, sembra voler intraprendere una strada ben diversa dal ricorso all’energia nucleare e, coerentemente, vuole avviare politiche di incentivazione della diffusione di fonti rinnovabili e per il risparmio energetico, chiudendo così la porta ad ogni possibile delocalizzazione di centrali nucleari nel territorio regionale;
  • l’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) ha calcolato che l’esplosione del reattore nucleare n°4 della centrale di Chernobyl, nel 1986, ha prodotto un livello di radioattività 200 volte superiore a quello dell’effetto combinato delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki;
  • la probabilità che si verifichino problemi di sicurezza nelle centrali nucleari è tutt’altro che remota, coma dimostra la lunghissima serie di incidenti registrati negli ultimi anni: solo nel 2007 si sono verificati 942 “incidenti minori”, ossia con un livello INES –la scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (International Nuclear and radiological Event Scale) sviluppata dall'AIEA, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, con lo scopo di classificare incidenti nucleari e radiologici – inferiore a 4;
  • dal 1969 ad oggi si sono verificati ben 9 incidenti di elevata gravità (dal 4° al 7° livello della scala INES), le cui conseguenze sono tali da causare gravi danni alla salute delle persone e compromettere la vivibilità delle aree in prossimità della centrale, anche per lunghissimo tempo;
  • oltre agli enormi rischi legati a problemi di malfunzionamento, le centrali nucleari risultano pericolose anche nelle normali condizioni di esercizio: uno studio del governo tedesco ha dimostrato come vi siano aumenti di incidenza di leucemie, in particolare nei bambini (aumento del 60% dell’incidenza di tumori e lucemie), e tumori vicino le sedici centrali nucleari del paese, anche a distanza di 20-30 chilometri dagli impianti; un altro studio effettuato in Romania ha evidenziato una inquietante presenza di trizio (isotopo radioattivo che si forma durante il funzionamento delle centrali) nel latte, con imprevedibili conseguenze sulla salute;
·         altri studi, realizzati in Spagna (Department of sanitary and socio-medical sciens dell'universita' Alcala' di Madrid), Germania (Bundesamtes fyr Strahlenschutz) e Inghilterra (Icfr cancer epidemiology and clinical trials unit di Oxford), hanno dimostrato che chi vive nelle vicinanze di centrali atomiche e' sottoposto a un maggior rischio di ammalarsi di cancro;
  • la produzione di energia elettrica da fonti nucleari, come evidenziato dal Massachussets Institute of Technology (MIT), risulta essere meno conveniente di altre fonti; dal 2003 i costi di costruzione per tutti i tipi di progetti di ingegneria a grande scala sono cresciuti; i costi stimati per la costruzione di un impianto nucleare sono cresciuti al tasso del 15% all’anno, sino all’attuale crisi economica;
  • uno studio di Moody’s, la celebre agenzia internazionale di rating finanziario, è giunto a conclusioni analoghe a quelle della prestigiosa università di ricerca statunitense; secondo lo studio il costo e la complessità di costruzione di un nuovo impianto nucleare può indebolire i parametri finanziari di un’impresa elettrica, e porre sotto pressione il suo rating per parecchi anni, portandolo ad un deterioramento compreso tra il 25 e il 30 per cento, rendendo di fatto più elevati gli oneri di remunerazione del capitale investito, rispetto ad altre infrastrutture per la produzione di energia, meno rischiose e più remunerative;
  • secondo lo studio di Moody’s, che ha preso in considerazione tutti i costi, fissi, variabili, gli oneri finanziari, gli ammortamenti differenziati per la diversa durata degli impianti il prezzo medio delle singole fonti energetiche (dollari per megawattora) risulta il seguente: 120 per il gas, 125 per l’eolico e 151 per il nucleare; in sostanza, a pari redditività, il prezzo medio dell’energia nucleare risulta più costoso non solo di gas (+26%) ma anche dell’eolico (+21%); lo studio non tiene ovviamente conto delle particolari caratteristiche del nostro paese, che inciderebbero sensibilmente sui costi effettivi dell’energia prodotta con l’atomo;
  • in sintesi allo stato attuale il rilancio del nucleare rappresenterebbe un inconcepibile dispendio di risorse economiche, a basso tasso occupazionale, soprattutto nel lungo termine, privo dei necessari requisiti di sicurezza intrinseca, mentre nei tempi ragionevolmente necessari per la sua effettiva entrata in esercizio sarebbe possibile avviare una vera svolta energetica basata sulle fonti rinnovabili e sull’efficientamento ed il risparmio energetico;

invita il Governo e il Parlamento italiano
  • a proseguire, coerentemente con gli impegni assunti a livello europeo ed internazionale, una politica energetica, avviata nel 2006, che incentivi lo sviluppo delle fonti rinnovabili e che punti al raggiungimento dell’obiettivo del cosiddetto pacchetto clima-energia, volto, entro 2020, a ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, a portare al 20% il risparmio energetico e ad aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili;
  • a rinunciare definitivamente all’opzione nucleare nell’intero territorio italiano e a promuovere, a livello nazionale ed internazionale, iniziative finalizzate alla ricerca sulla produzione di energia “sostenibile”, al fine di ridurre progressivamente la dipendenza dai combustibili fossili;

dichiara che il territorio del comune di Labico non è disponibile ad ospitare né impianti per la produzione di energia nucleare, né siti per il trattamento, lo stoccaggio o lo smaltimento di scorie e rifiuti radioattivi;

impegna il sindaco e la giunta:
  • a promuovere il referendum con cui si chiede di abbandonare ogni proposito di ritornare alla produzione di energia nucleare nel nostro Paese;
  • a dichiarare la città di Labico “comune denuclearizzato” e predisporre la collocazione, all’ingresso del paese, di cartelli stradali recanti la scritta “comune denuclearizzato”;
  • a promuovere, compatibilmente con la normativa ed i regolamenti in materia urbanistica ed ambientale, l’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica;
  • ad avviare politiche locali di risparmio ed efficientamento energetico al fine di contribuire ad attuare il Piano energetico regionale, ridurre il fabbisogno complessivo di energia elettrica e rendere ancor più irrazionale il progetto di ritorno al nucleare, in controtendenza con quanto sta avvenendo in Europa e nel Mondo.




19 marzo 2011

Riflessioni nucleari


Ho provato ad immaginare cosa sarebbe successo in Italia se non ci fosse stato il terribile terremoto che ha sconvolto il Giappone e il Mondo. Il Governo aveva già programmato una bella cappa di silenzio sui referendum, opportunamente tenuti lontani dalla tornata amministrativa. L’argomento sarebbe stato pressoché completamente ignorato dai media controllati da Berlusconi in modo diretto – perché di sua proprietà – o in modo indiretto – come la RAI – e probabilmente buona parte delle testate giornalistiche lo avrebbe trattato con una certa timidezza. Per molti italiani, non sempre particolarmente attenti e informati, la privatizzazione dell’acqua e il ritorno al nucleare non sarebbero stati percepiti come problemi meritevoli di eccessiva considerazione. L’obiettivo di ridurre la reattività sociale, su cui si è costruito un efficace sistema mediatico, sarebbe stato agevolmente raggiunto. Anche i cittadini più sensibili e motivati sarebbero stati colti da un sentimento di rassegnazione e il 12 giugno si sarebbe probabilmente registrato il mancato raggiungimento del quorum. Certo con una schiacciante, quanto inutile, vittoria dei SI a tutte le consultazioni referendarie. Lo strumento del referendum andrebbe riformato da tempo. E’ uno strumento utile e importante, che però dovrebbe essere rivisto perché il meccanismo del quorum avvantaggia eccessivamente una delle parti (avvantaggiata dalla percentuale fisiologica di astensione, in costante crescita). Si potrebbe rendere meno agevole il suo utilizzo (elevando il numero di firme necessarie), ma riducendo o eliminando il quorum.
Riforme costituzionali a parte, senza il terremoto giapponese il referendum difficilmente avrebbe raggiunto il quorum e i nuclearisti avrebbero cantato vittoria, affermando senza pudore che gli italiani si erano schierati per il ritorno al nucleare. Adesso la strategia è cambiata. Adesso si sostiene che non è il caso di lasciarsi condizionare dalle emozioni. Io non mi faccio condizionare dalle emozioni. Ero contrario al nucleare prima dell’11 marzo e continuo ad esserlo anche adesso. Sono contrario alla privatizzazione dell’acqua adesso e, presumibilmente, continuerò ad esserlo quando ci si renderà conto che non è affatto detto che una gestione privatistica migliori il servizio. Sicuramente, essendo finalizzata al profitto e non al soddisfacimento di un bisogno primario, aumenterà i costi. E’ vero che ci sono forze politiche con posizioni più, come dire, sfumate, sia sull’energia sia sull’acqua. E sono loro ad oscillare tra una posizione e l’altra non in funzione di valutazioni di merito, ma perché mossi dal timore di perdere consenso. Sul merito, pensando al nucleare, le posizioni degli ambientalisti erano molto chiare e nette. E gli argomenti erano sempre gli stessi: il nucleare “costa” troppo, ha irrisolti problemi di gestione delle scorie, comporta un fattore di rischio non eliminabile e le cui conseguenze sono non solo devastanti, ma protratte nel tempo. I filonuclearisti fino all’11 marzo dicevano che le nucleari adesso sono “sicure”. E a chi ricordava che l’Italia è una zona ad elevato rischio sismico (oltre che idrogeologico) si rispondeva: ma se in Giappone hanno le centrali nucleari vuol dire che pericoli non ce ne sono. Le classiche “ultime parole famose”. Ora si sostiene che chi non vuole le centrali fa sciacallaggio e che tutto è pericoloso, anche le dighe, che ogni tanto crollano. Una teoria bizzarra e priva di logica. Nelle valutazioni di rischio si devono considerare due fattori: la probabilità che un determinato evento si verifichi e il danno che provocherebbe. Ogni giorno affrontiamo serenamente fattori di rischio ad elevata probabilità, come la pioggia. Se siamo previdenti ci portiamo l’ombrello, altrimenti ci bagniamo. In ogni caso le conseguenze non sono particolarmente gravi. Al limite ci becchiamo un raffreddore. Affrontiamo anche eventi molto meno probabili, ma potenzialmente letali (un fulmine, o il morso di una vipera). In questo caso pensiamo che il rischio sia ragionevolmente basso. Poi pensiamo sempre alle alternative più ragionevoli. Attraversare la strada è sempre pericoloso. Farlo in condizioni di visibilità e sulle strisce pedonali riduce di molto il rischio.
Perché l’energia nucleare è una scelta non condivisibile sul piano del rischio? Non perché sia particolarmente probabile che si verifichi un incidente, ma per le conseguenze drammatiche che comporterebbe. Per migliaia, se non milioni di persone. Per territori enormi. Per decine di anni. E, in più, le alternative ci sono: senza rischi, a costi decisamente più bassi e in grado di soddisfare la domanda di energia. E non c’è bisogno che arrivi una catastrofe per capirlo. Questa scelta l’Italia avrebbe dovuto farla senza Chernobyl nel 1987 e la dovrebbe confermare nel 2011 a prescindere da Fukushima. Magari la Prestigiacomo e Gasparri hanno avuto bisogno di Fukushima per arrivarci. Noi ambientalisti no. Però, chissà perché, gli sciacalli siamo noi.

13 marzo 2011

Gli indifferenti


Il primo consiglio comunale dell’anno si è tenuto il 22 febbraio. L’ultimo dell’anno precedente il 3 dicembre. Per i nostri amministratori le vacanze di Natale sono durate quasi tre mesi. Non c’è male. E pensare che di questioni da affrontare ce n’erano parecchie, molte delle quali avrebbero avuto la sede “naturale” proprio nel consiglio comunale. Invece per ben 11 settimane c’è stato il silenzio totale, fatta salva la pubblicazione di “regime”, che, con assoluto disprezzo del senso del ridicolo, celebrava i presunti fasti di un’amministrazione assente e distratta.
Non è difficile immaginare che l’opposizione abbia approfittato di una circostanza sempre più rara come la convocazione del consiglio comunale per segnalare agli amministratori alcuni dei problemi più urgenti del paese. Abbiamo quindi parlato della scuola, dei lavori pubblici, dei rifiuti, della sicurezza stradale, dell’uso privato degli spazi pubblici. Le domande poste agli amministratori sono state diverse e circostanziate. Le risposte però non sono arrivate, dando così conferma – se mai ce ne fosse bisogno - di una palese indifferenza. Addirittura c’è stato un tentativo di impedirmi di parlare del problema dei lavori della scuola elementare, perché la questione non era all’ordine del giorno. Il guaio è che i problemi del paese non sono mai all’ordine del giorno di questa amministrazione. Eppure i lavori stanno creando molti disagi a bambini e genitori e di questi lavori non si sa assolutamente nulla, perché nessuno si è degnato di dare spiegazioni. Ad un certo punto sono arrivati, hanno tirato su un muro, isolando completamente un ala della scuola, senza che si capisse la ragione dell’intervento. Abbiamo chiesto al sindaco di spiegarci quali lavori devono fare, in che tempi verranno realizzati, come si intenda ovviare ad alcuni importanti disagi (come il fatto che per recarsi a pranzo i bambini devono uscire all’aperto con non pochi problemi, anche per le insegnanti e il personale scolastico, in caso di pioggia). Abbiamo scritto una lettera un mese fa per chiedere un sollecito intervento del sindaco e della giunta. Nulla da fare. Sembra che il problema non li riguardi. E comunque i soldi per realizzare una copertura non ci sono. O non si trovano. Perché quando il sindaco doveva organizzare la “sua” festa delle nocciole i soldi si sono trovati, quando l’amministrazione si è dovuta pagare la propria propaganda i soldi si sono trovati, quando al sindaco è servita un segretaria i soldi si sono trovati. Quasi sempre mentendo sull’onerosità delle scelte. La festa delle nocciole non doveva costare al comune di Labico (che invece ci ha messo del suo), la segretaria “non avrebbe comportato maggiori oneri” (e invece si è resa necessaria una variazione di bilancio) e il giornalino sarebbe costato quanto l’anno precedente: peccato che oltre ad avere la metà della consistenza (e quindi a costare di più in proporzione) ha beneficiato di un prelievo dal fondo di riserva per pagare la registrazione al tribunale (su questo punto suggeriamo la visione dell’ultimo “Pinocchio” del TG LOV su www.vimeo.com/labico).
L’atto più importante approvato in consiglio è stato il capitolato per le pubbliche affissioni e la tassa di occupazione del suolo pubblico. Questione rinviata per molti mesi e che alla fine si è conclusa positivamente. Dopo un incomprensibile tentativo di impedire la votazione degli emendamenti che avevamo presentato (il 3 dicembre scorso) la maggioranza ha accettato un confronto sul merito e si è resa conto che le nostre proposte erano finalizzate a migliorare l’impianto dell’atto nell’interesse dell’amministrazione e della collettività e ha accolto la stragrande maggioranza dei nostri suggerimenti. Unico neo l’impuntamento su una proposta di principio che chiedeva garanzie di tutela per i diritti dei lavoratori. Altro tema su cui evidentemente la maggioranza non è troppo sensibile. Resta la soddisfazione per aver dato un fattivo contributo alla redazione di un testo che, se correttamente applicato, potrebbe dare al nostro paese, a differenza di adesso,  un servizio efficiente e dignitoso.
Al termine del consiglio – considerata l’esiguità dell’ordine del giorno – c’è stato il tempo per esaminare alcune interrogazioni. Non è il caso di elencarle tutte. In fondo la dinamica è sempre la stessa. L’opposizione mette sul tavolo alcune importanti questioni che riguardano il paese - la scuola, la sicurezza, i diritti dei cittadini, la difesa del territorio e dell’ambiente – e un esponente della giunta (di solito Giordani o Galli, ma prevalentemente il secondo) risponde con un tono misto tra l’evasivo e l’indifferente fornendo argomentazioni tanto vaghe quanto inconsistenti che lasciano intendere che il problema non si è affrontato realmente e neppure si intende affrontarlo in futuro, fatti salvi, ovviamente, i buoni propositi di circostanza.
In tutto questo si rafforza la sgradevole sensazione di essere guidati da un’amministrazione priva di un progetto politico, indaffarata prevalentemente a consentire speculazioni fondiarie, che non solo non portano alcun beneficio alla collettività, ma anzi la danneggiano, aumentando disagi e problemi. Qualcuno ovviamente ci guadagnerà ed è difficile immaginare che tutto avvenga per caso. Una variante al piano regolatore già ad elevato impatto sul territorio è stata ulteriormente peggiorata con l’inserimento di ben due grandi zone commerciali nell’immediata prossimità del centro storico e la progressiva cancellazione delle zone agricole. Zone sulle quali, tra abusi, deroghe e permessi di incerta legittimità, lo spazio per la loro utilizzazione naturale (ossia l’agricoltura) è sempre più ridotto. Sindaco e vicesindaco intanto si lambiccano nel tentativo di mettere a tacere chi davvero sta cercando di mandare in tilt questo sistema di potere. Il ricorso alla magistratura non più, come dovrebbe, per garantire il rispetto della legalità, nell’interesse dell’amministrazione e dei cittadini, ma semplicemente nel tentativo di intimidire chi non si allinea. Intanto il vicesindaco continua ad essere contumace (si avvarrà del legittimo impedimento?) in un processo in cui è accusato di un reato contro la pubblica amministrazione. Accusa di cui ne fa persino vanto. In un lontano paese asiatico, per molto meno, un ministro che aspirava a diventare premier si è dimesso dal suo incarico. Ma l’Oriente sembra davvero essere ad una distanza siderale, più o meno la stessa distanza che separa, in chi amministra Labico, la pratica dall’etica.

2 marzo 2011

Alla stazione a piedi? A tuo rischio e pericolo!

Con una lettera protocollata il 25 febbraio scorso, l'opposizione consiliare di Labico aveva chiesto al sindaco di intervenire sulla situazione di Via Europa, la strada che conduce alla stazione ferroviaria e che viene percorsa ogni giorno da molti cittadini labicani.
Così si legge nella missiva del gruppo Cambiare e Vivere Labico: " (...) da diversi giorni sono in corso lavori per il rifacimento del manto stradale dell'ultimo tratto di Via Europa, direzione stazione di Labico, si segnala che, la mancanza di un'adeguata segnaletica per i pedoni all'inizio del viale, crea una situazione di disagio e pericolo per quanti ogni giorno si recano alla stazione. In particolare, non essendoci la possibilità di passaggio pedonale, proprio a causa dei lavori suddetti, i cittadini si trovano costretti a spostarsi e camminare lungo i margini della Casilina, mettendo a serio rischio la propria incolumità, oppure a camminare nel fango".
Nonostante la segnalazione e, ipotizzando che i lavori proseguiranno ancora per diversi giorni, nulla è stato fatto per mettere in sicurezza il tragitto pedonale. Invitiamo ancora una volta il Sindaco ad intervenire al più presto per apporre un'adeguata segnaletica, prevedere un passaggio pedonale sicuro e garantire così l'incolumità dei cittadini.

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura