
Visualizzazione post con etichetta costituzione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta costituzione. Mostra tutti i post
5 dicembre 2016
Scusate, vorrei scendere...

Etichette:
costituzione,
elezioni,
governo,
parlamento,
renzi
2 dicembre 2016
Bufale e altri animali misteriosi
La propaganda politica è spesso
accompagnata da slogan fantasiosi, da informazioni ingannevoli e, purtroppo, da
vere e proprie bufale. Nel turbine della comunicazione ultraveloce del terzo
millennio qualunque falsa notizia venga lanciata in rete rischia di propagarsi
in pochi istanti contribuendo ad avvelenare e intorbidire un dibattito che già
non sta brillando per serietà e chiarezza di informazioni. Il vero problema è che
non si possono mettere sui due piatti della bilancia bufale di dubbia
provenienza che magari vengono rimbalzate con entusiasmo dai sostenitori fideistici
di una o dell’altra parrocchia e bufale “istituzionali” provenienti da
esponenti autorevoli e riconosciuti delle forze politiche e sociali in campo. Ad esempio gira una bufala a favore del NO sulla presunta perdita di sovranità
che questa riforma costituzionale comporterebbe. Non so chi sia la fonte, ma di
sicuro non è un’affermazione di Zagrebelsky, di Smuraglia o della Falcone. Quella
bufala è una sciocchezza priva di fondamento e che alla fine rischia di
danneggiare la credibilità di chi sta cercando di costruire l’opposizione a
questa riforma basandosi sull’analisi puntuale dei suoi contenuti e sui
possibili scenari che comporterebbe. Di peso ben diverso è invece la bufala
sulla scheda elettorale del Senato. La fonte, in questo caso, è la più autorevole
che il fronte del SI possa mettere in campo: il presidente del Consiglio,
segretario del partito che propone la riforma (l’unico partito, tra quelli che si sono presentati alle politiche del 2013, a favore del SI), onnipresente imbonitore televisivo nella estenuante propaganda referendaria. In più è stata ripresa dal sito ufficiale del SI (www.bastaunsi.it), che ha addirittura dato
una serie di spiegazioni decisamente fantasiose, indicando persino le modalità
di elezioni dei senatori, quando la Costituzione (nuova) affida tutto ad una
legge statale che ancora non esiste ed è davvero grave che qualcuno ne dia per
certa una formulazione, prima ancora che passi dal Parlamento. Non è una caso
che la legge costituzionale preveda una norma transitoria per la prima
applicazione, completamente diversa da quella ipotizzata sul sito del SI. Il
generoso tentativo di andare in soccorso di un premier in evidente affanno si
rivela per quello che è - l'è peso el tacon del buso – una toppa
peggiore del buco che cerca di coprire. Lo rivelano le numerose incongruenze:
1. La norma costituzionale, al comma 2 del nuovo articolo 57, afferma che “I
consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano
eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella
misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori”.
Sono i consigli ad eleggere, altrimenti il legislatore avrebbe usato un termine
come “ratificare” o equivalente. 2. Al comma 5 si afferma che le elezioni
devono essere fatte “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i
candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Una frase un
po’ ambigua, sulla quale molti esperti hanno espresso delle perplessità,
proprio per la sua difficile applicazione. In ogni caso il meccanismo indicato
sul sito del SI sembra prefigurare un meccanismo bloccato, visto i candidati al
senato sarebbero inseriti in collegi uninominali. Facile immaginare – visto che
stiamo parlando di una legge tutta da scrivere – che attraverso le candidature
multiple la scelta dei senatori potrebbe comunque essere fatta a monte dai
partiti. 3. Se il nominativo del seggio uninominale non dovesse essere eletto
in consiglio regionale, cosa conterebbe di più, la volontà popolare o l’incompatibilità
tra un cittadino comune e il seggio senatoriale della nuova costituzione (in
quella attuale l’incompatibilità è tra parlamentare e consigliere regionale,
come cambiano le cose..)? 4. L’ultimo comma dell’articolo 57 ribadisce che il
sistema elettorale è di secondo grado e afferma che l’attribuzione dei seggi
avviene in ragione dei voti espressi e della composizione del consiglio
regionale, riportando il potere decisionale in capo ai consiglieri regionali. 5. Nelle regioni che mandano un solo senatore-consigliere (quasi la metà), come si
farà, visto che il voto disgiunto potrebbe attribuire il seggio senatoriale ad
un consigliere regionale di opposizione e la maggioranza potrebbe – in linea
teorica – non ratificare l’indicazione dell’elettorato? Chi decide? La
Consulta? 6. E i sindaci? Come si fa a
dire che i senatori sono eletti dai cittadini, quando un quinto dei componenti
del Senato saranno sindaci? Come facciamo a metterli nella scheda elettorale? Se
ne prevede un’altra (quindi una terza)? E quando il sindaco termina il mandato
come fanno gli elettori ad indicare la propria scelta per le elezioni
suppletive? Si indirà un’elezione con un collegio grande quanto la Lombardia
per dare la possibilità ai cittadini di dare la propria indicazione ai
consiglieri regionali (che potrebbero anche ignorarla, vedi punto 5)?
23 novembre 2016
L'azzardo costituzionale
Non bisognerebbe mai fare delle
riforme sulle regole - che siano quelle elettorali o la Costituzione – basate
sulla contingenza, e quindi sulla convenienza, di chi ha, in quel momento, i
numeri per decidere (tralasciando valutazioni su come si siano ottenuti quei
numeri). Questa riforma della Carta Costituzionale (unita alla legge elettorale
imposta al Parlamento con il voto di fiducia) sembra invece frutto di un chiaro
calcolo politico. In caso di vittoria del SI alle prossime elezioni per il
Parlamento tutto sarà nelle mani di un solo partito, il cui consenso stimato si
aggira intorno al 30 per cento.
Quel partito, in caso di vittoria
(peraltro probabile) alle elezioni, avrà la possibilità di mettere una persona
di fiducia alla Presidenza della Repubblica (prima carica dello Stato), una
persona di fiducia alla Presidenza della
Camera (che col nuovo assetto diventa la seconda carica dello Stato), una
persona di fiducia alla Presidenza del Senato (terza carica dello Stato), un
numero compreso tra otto e dieci (bisognerà vedere come verranno gestiti i
rapporti di forza nei due rami del Parlamento) persone di fiducia alla Corte Costituzionale (dove
quindi avranno la maggioranza assoluta). Verranno pertanto occupati tutti i
ruoli di garanzia e di controllo con buona pace di quell’equilibrio tra i
poteri che è alla base delle sane istituzioni democratiche.
Quel partito, in caso di
sconfitta, avrà comunque in mano il Senato e potrà rendere la vita piuttosto
complicata al Governo perché avrà la possibilità di bloccare tutte le leggi per
le quali rimarrà il bicameralismo paritario. Tanto per fare un esempio potrebbe
bloccare la legge europea, col rischio di esporre l’Italia all’avvio di un rilevante
numero di contenziosi e determinare un’instabilità politico-economica di cui il
Governo sarebbe chiamato a farsi carico.
Sono certo che se questa
operazione – strategicamente molto astuta – l’avesse condotta un Silvio
qualunque adesso avremmo le piazze piene di persone preoccupate e indignate.
Ora invece, buona parte di quelle stesse persone è impegnata a cercare di spiegare
a me e ad altri gufi che in fondo questa riforma non è poi così male: del resto
non sentivamo tutti l’insopprimibile esigenza di cancellare il CNEL?
Nota (scritta 24 ore dopo il post). Ad essere precisi per eleggere il Presidente della Repubblica la maggioranza dovrebbe contare, oltre all'ipotizzabile minore partecipazione al voto dei nuovi senatori, sulla collaborazione di qualche parlamentare di altri schieramenti. Sarà un numero di senatori sufficientemente esiguo da poter immaginare che si riusciranno a raggiungere facilmente "accordi politici" i cui contraenti trarranno sicuramente congruo vantaggio.
Nota (scritta 24 ore dopo il post). Ad essere precisi per eleggere il Presidente della Repubblica la maggioranza dovrebbe contare, oltre all'ipotizzabile minore partecipazione al voto dei nuovi senatori, sulla collaborazione di qualche parlamentare di altri schieramenti. Sarà un numero di senatori sufficientemente esiguo da poter immaginare che si riusciranno a raggiungere facilmente "accordi politici" i cui contraenti trarranno sicuramente congruo vantaggio.
26 luglio 2014
#avevaragionesilvio
Che il nostro Paese stia vivendo un
momento difficile, sul piano economico e sociale, mi sembra un dato
difficilmente contestabile. Che questa difficoltà si superi con delle non
meglio precisate riforme è possibile, ma tutt’altro che certo, anche perché – spesso
– le riforme con cui si vorrebbe rilanciare l’economia, hanno il non
trascurabile effetto collaterale di ridurre diritti e tutele. Che poi le
riforme “necessarie” per risollevare le sorti dell’Italia siano quelle
costituzionali è davvero tutto da dimostrare. Al di là della sua reale
efficacia, lo spirito riformista sembra essere, chissà perché, un’intramontabile
arma di seduzione di massa, brandita ogni volta con entusiasmo e convinzione e
molte forze politiche e coalizioni hanno promesso ricette salvifiche basate su
nuovi e più funzionali assetti del nostro sistema costituzionale. L’ultimo, in
ordine di tempo, è l’attuale presidente del consiglio, Matteo Renzi, che sta
spingendo la sua proposta di riforma costituzionale con una veemenza davvero
incomprensibile. Sia per il discutibile contenuto della proposta, sia per il
metodo con cui si sta procedendo: si usa la forza dei numeri, con una
propensione al dialogo vicina allo zero e giustificando l’esigenza con
affermazioni del tutto prive di fondamento. In questi giorni ho spesso sentito
frasi del tipo “E’ il paese che ce lo chiede”. “Gli italiani stanno aspettando
le riforme” e via discorrendo. A fare queste affermazioni non è il Presidente
del Consiglio nominato a seguito di una indiscussa vittoria alle elezioni, alle
quali la sua coalizione aveva portato un programma di governo che conteneva
esattamente “questa” proposta di riforma costituzionale. Premesso che anche
così io avrei le mie perplessità - ché le regole non le può scrivere una parte
(ancorché vincitrice alle elezioni), ma devono essere ampiamente condivise (soprattutto
in considerazione del fatto che le regole devono essere un elemento di garanzia
per tutti) - l’attuale presidente del Consiglio “non” ha vinto le elezioni (ad
essere precisi era uscito anche sconfitto alle primarie). Non le ha vinte il
suo partito e non le ha vinte la sua coalizione. In più la sua coalizione non è
compattamente in maggioranza, ma una parte (segnatamente SEL) è all’opposizione
e contesta questa proposta di riforma. Il suo partito ha condotto una battaglia
elettorale contro una coalizione (PDL), una parte della quale è entrata in
maggioranza (quindi con buona pace delle proposte programmatiche di entrambi) e
tutti, dico tutti, risultano eletti in forza di una legge elettorale dichiarata
incostituzionale e con una ripartizione dei seggi alterata dal premio di
maggioranza. Né l’ampia e indiscussa affermazione del PD alle elezioni europee
può diventare il passepartout per fare qualunque cosa. Lo stesso Renzi aveva
dichiarato – correttamente - che le europee non avevano una relazione diretta
con la politica nazionale e che, in caso di insuccesso, avrebbe mantenuto la
guida del governo. Sicuramente il
governo è stato rafforzato dall’ottimo risultato, ma questo non solo non lo
rende onnipotente, ma non sana certo i numerosi vizi che ne hanno
caratterizzato la genesi. In una situazione di questo tipo sarebbe
comprensibile solo una riforma che metta d’accordo l’80 per cento del
Parlamento. Non certo una riforma che si basa su un accordo segreto con un
alleato quantomeno “imbarazzante” e che trova una ferma opposizione sia in una
parte significativa dell’emiciclo, sia nel Paese (checché ne dicano Renzi e,
purtroppo, i troppi media sensibili al potere).
Sempre a proposito del metodo, non
dobbiamo dimenticare la precedente proposta di modifica costituzionale, che
dieci anni fa un Berlusconi in gran spolvero (e corroborato da una solida
maggioranza) impose con la forza al Parlamento, attirandosi le accuse e le
critiche degli stessi che adesso usano le medesime armi per far passare le
proprie scelte. Con la piccola differenza che Berlusconi le elezioni politiche
le aveva vinte sul serio. Solo il referendum popolare permise la cancellazione
di quella modifica costituzionale, così tanto criticata dall’allora
centrosinistra. Quando Ciampi firmò la legge il coordinatore della segreteria DS,
Vannino Chiti, dichiarò "Il fatto che il presidente della Repubblica abbia
controfirmato la legge elettorale voluta dalla destra nulla toglie né alle
critiche né ai rilievi che il centrosinistra ha sollevato né alle critiche
severe di metodo" aggiungendo che "La destra, calpestando ogni regola
di rapporto con l'opposizione si è confezionata una legge non pensando
all'Italia ma ai suoi ristretti interessi".
Ma la critica era anche nel merito e
se quella di Berlusconi era un attentato e quella di Renzi è la panacea di
tutti i mali c’è qualcosa che non quadra. Perché, in tal caso, qualcuno deve
avere cambiato idea, visto che adesso gli avversari dell’epoca sembrano andare
d’amore e d’accordo. Proviamo a vedere alcuni punti della proposta, magari
confrontandoli con quella di Berlusconi.
La prima differenza è all’articolo
55. Mentre Berlusconi riduceva il numero dei parlamentari in entrambi i rami
del Parlamento - in ossequio alla bufala sui costi della politica, mentre la
progressiva riduzione degli eletti è soprattutto
un taglio alla rappresentanza ed alla democrazia – lasciandoli entrambi
elettivi, Renzi trasforma il Senato in un organo di rappresentanza di secondo
livello, con l’evidente obiettivo di ridurre la rappresentanza diretta dei
cittadini ed aumentare il potere degli eletti nelle autonomie locali (il suo
ambito naturale di riferimento). La
logica è quella di avere pochi eletti con molte leve del potere e minori
meccanismi di controllo. I doppi incarichi sono da sempre una delle più preoccupanti
forme di inefficienza e creano sgradevoli cortocircuiti e conflitti di
interesse. Chi svolge con scrupolo il proprio ruolo di eletto, anche se è un
semplice consigliere comunale, non ha molto tempo per dedicarsi ad altro e una
vera importante riforma sarebbe proprio quella di impedire i doppi incarichi.
La riforma di Berlusconi prevedeva delle limitazioni, quella di Renzi, no.
Renzi lascia inalterato il numero dei
deputati, mentre Berlusconi li avrebbe ridotti da 630 a 518. Come ho detto non mi
entusiasma il principio, ma, sotto questo aspetto, quella riforma era più
coerente. E addirittura riduceva l’età di eleggibilità a 21 anni. Un altro
aspetto non disprezzabile della riforma berlusconiana era l’introduzione di una
maggioranza qualificata per le modifiche regolamentari, proprio per evitare i
colpi di mano di maggioranze prepotenti (ed è quello che dovrebbero pensare
tutti quelli che si ritrovano ad avere in mano le leve del comando: una
contrazione dei principi democratici potrebbe in futuro penalizzarli).
Per il resto, con modalità e
meccanismi differenti, entrambe le riforme costituzionali puntano non tanto (o almeno non solo) alla governabilità – anche comprimendo i diritti dell’opposizione -, ma ad un
quadro istituzionale verticistico in cui sempre meno persone decidono per tutti,
il Parlamento viene ridotto ad un organo di ratifica delle decisioni assunte
dal Governo e lo spazio per il dissenso (anche quello interno a partiti e
coalizioni) e sempre più ristretto e soggetto a facili ricatti. Questo anche
grazie ad una proposta di legge elettorale terribilmente simile a quella
dichiarata incostituzionale che permette alle segreterie dei partiti di
decidere i parlamentari.
Sappiamo che in politica si cambiano con
una certa disinvoltura coalizioni ed alleanze e, con loro, si cambiano o,
meglio, si ammorbidiscono idee e convinzioni. E il ventennio berlusconiano ci
ha regalato un lento quanto inesorabile avvicinamento dei due schieramenti
avversi e distanze che un tempo sembravano siderali adesso si sono praticamente
annullate. Mi piacerebbe sentire solo qualcuno dei leader che dieci anni fa (un’era
geologica in politica, mi rendo conto) tuonava contro la riforma costituzionale
di Berlusconi (tra cui lo stesso Renzi, come evidenzia il Fatto di oggi) dire: "scusate, abbiamo sbagliato, in fondo le riforme di Berlusconi (e lo stesso
Berlusconi) non erano poi così male", magari con un bell’hashtag:
#avevaragionesilvio.
Etichette:
berlusconi,
costituzione,
ds,
pd,
pdl,
politica,
renzi,
riforme
26 luglio 2013
Non nominate l'innominabile
Ho apprezzato molto l’intervento
di Corsaro in difesa di un principio molto importante: quello che attribuisce
ai parlamentari una piena libertà di espressione del proprio pensiero, a
maggior ragione se questo pensiero viene manifestato nel luogo centrale della
democrazia: il Parlamento. Corsaro ha sentito il dovere di fare questo
intervento per contestare l’atteggiamento preventivamente censorio che la
presidenza della Camera (e anche quella del Senato) stanno ponendo metodicamente
in essere ai danni degli esponenti del movimento cinque stelle (per gli altri
gruppi politici, a quanto pare, vige la libertà di espressione). Ecco il testo
dell’intervento:
MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor
Presidente, il mio è un richiamo al Regolamento, precisamente sull'articolo 60,
comma 3. Nel mentre, mi devo congratulare con il collega del MoVimento 5
Stelle, perché è riuscito ad ottenere, dalla parta di sinistra dell'emiciclo,
esattamente la reazione che si era predeterminato di conseguire (Applausi dei
deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Vorrei segnalare, onorevole
Presidente, che l'unico punto del Regolamento della Camera dei deputati in cui
è citato il Presidente della Repubblica dice testualmente che il Presidente
della Camera, nell'esercizio evidentemente del governo dell'Aula, può proporre
la censura con interdizione di partecipare ai lavori parlamentari per un
periodo da due a quindici giorni di seduta, se un deputato fa appello alla
violenza, provoca tumulti o trascorre a minacce o a vie di fatto verso
qualsiasi collega o membro del Governo o usa espressioni ingiuriose nei
confronti delle istituzioni o del Capo dello Stato.
Ora, bisogna che ci intendiamo,
anche per sapere se veramente all'interno del Parlamento c’è una censura
preventiva rispetto ad alcuni atti o ad alcune figure, che pure nella
quotidianità della politica hanno un peso e un rilievo sostanziale (Applausi
dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È assolutamente fuori di dubbio,
onorevole Presidente, che non solo nei compiti istituzionali del Presidente
della Camera, ma nell'interesse di tutti i parlamentari per la tutela della
credibilità delle istituzioni, si debba stigmatizzare, colpevolizzare e
sanzionare chiunque manchi di rispetto con atti e con pronunciamenti ingiuriosi
nei confronti del Capo dello Stato, e siamo i primi a difendere e tutelare la
sacralità delle istituzioni. Ma citare in un'argomentazione politica le
posizioni assunte o più ancora le dichiarazioni virgolettate del Capo dello
Stato, che, giustamente e legittimamente, nella quotidianità politica, non fa
mancare la sua voce, il suo peso e la sua determinante sensibilità, credo che
non possa essere espunto dalla corretta quotidiana valutazione e confronto
politico tra le parti (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e
MoVimento 5 Stelle) !
Quindi, bisogna che ci chiariamo,
signora Presidente, una volta per tutte, se c’è qualcuno che ha diritto a non
essere citato, ma che quotidianamente fa parte della politica con le sue
legittime argomentazioni, e ci deve essere spiegato perché, e, se è così, la
prego di indire puntualmente la convocazione di una Commissione per la modifica
del Regolamento, in cui si scriva che il Presidente della Repubblica non può
essere nominato, perché questo non fa parte dell'attuale Regolamento (Applausi
dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e MoVimento 5 Stelle).
Intervento ineccepibile, ma la Boldrini non ci sta e replica
così:
PRESIDENTE. La ringrazio. Credo
che la Presidenza abbia agito correttamente, lei vada a vedere il verbale e poi
faremo le dovute conclusioni.
“Vada a vedere il verbale”
afferma dunque la Boldrini, facciamolo. Colletti a un certo punto inizia a
muovere una ferma critica al comportamento del Presidente della Repubblica,
usando l’arma dell’ironia, cosa avvenuta decine di volte in passato, senza che
nessuno abbia avuto nulla da eccepire su presunte offese al capo dello Stato.
Vediamo un passaggio dell’intervento.
ANDREA COLLETTI. Ho presentato un
emendamento – giustamente dichiarato inammissibile dalla Presidenza, ma lo
sapevo già – in cui finanziavo la Presidenza della Repubblica con 70 mila euro.
Lo finanziavo al fine di contrattualizzare un docente di diritto costituzionale
che potesse vagliare la costituzionalità dei decreti-legge. Eh sì, perché ci
sono dei requisiti per poter firmare un decreto-legge, è la Costituzione che lo
dice, e allora colui che firma ed emana questi decreti-legge deve ricordarsi
che la penna con la quale firma la deve intingere nell'inchiostro della
Costituzione. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ed invero,
ed invece, l'attuale Presidente della Repubblica, che in realtà funge anche da
Presidente del Consiglio dei ministri e forse anche da capo indiscusso del PD e
del PdL, dovrebbe rileggersi questo libello, è proprio qui, glielo possiamo
anche regalare (mostra copia della Costituzione) e capire che non siamo una
monarchia costituzionale con a capo re Giorgio I, ma siamo in una Repubblica
parlamentare…
Certo la critica è evidente, ma non sembra trascendere nell’insulto.
La Boldrini però si inalbera subito
(applaudita dai gruppi di maggioranza, sempre più in sintonia)…
PRESIDENTE.
No, però lei non può parlare così del Presidente della Repubblica, lei lo sa
questo. Ne abbiamo già discusso in altre occasioni.
(Applausi dei deputati dei gruppi Partito
Democratico, Popolo della Libertà, Scelta Civica per l'Italia).
Colletti cerca di difendere il suo diritto ad esprimere la
propria opinione.
ANDREA COLLETTI. Perché no ? È scritto nella
Costituzione: Repubblica parlamentare.
Niente da fare, la Boldrini fa un’affermazione che non
ammette replica, anche se è una pura falsità.
PRESIDENTE. Sì, però lei sa che non può
chiamare in ballo il Presidente della Repubblica e anche questo fa parte del
Regolamento.
Insomma, secondo la Boldrini il Regolamento affermerebbe che
il Presidente della Repubblica non possa essere “tirato in ballo”. Non è
scritto da nessuna parte sul regolamento e qualcuno dovrebbe informarla.
Colletti prova a continuare, affermando che non lo nominerà più…
ANDREA COLLETTI. Allora non lo chiamerò.
PRESIDENTE. D'accordo, la ringrazio di questa
cortesia.
ANGELO CERA. Non è cortesia !
(L’appello alla correttezza
istituzionale è di Angelo Cera, il gentiluomo che qualche settimana prima aveva
apostrofato con “Coglione“, “mezzo coglione”, “paraculo“, “ti do
un pugno che ti ammazzo“. un altro deputato del Movimento
cinque stelle.)
ANDREA COLLETTI. Allora non lo chiamerò, dirò
l'innominabile.
(Proteste dei deputati dei gruppi Partito
Democratico e Scelta Civica per l'Italia)
ANDREA COLLETTI. E noi rimarremo qui giorno e
notte per .....
(Proteste dei deputati dei gruppi Partito
Democratico e Scelta Civica per l'Italia)
Probabilmente condizionata dalle proteste dei deputati PD la
Boldrini censura nuovamente Colletti, reo, a questo punto, solo di un
riferimento al presidente della Repubblica.
PRESIDENTE. Lo abbiamo già richiamato. Ho già richiamato il
collega Colletti a non tirare in ballo il Presidente della Repubblica, l'ho
esortato a non farlo. Prego continui.
Colletti però prosegue…
ANDREA COLLETTI. Grazie Presidente. Ed allora,
invece di fare ogni tanto un monito con il ditino alzato, l'innominato,
dovrebbe ogni tanto anche guardarsi allo specchio e ricordo....(Proteste dei
deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civila per l'Italia)
Nuovo richiamo della Boldrini che minaccia di levargli la
parola…
PRESIDENTE. Se lei continua io sono costretta
a toglierle la parola
Colletti si scusa e prosegue, pur esprimendo le proprie
perplessità…
ANDREA COLLETTI. Mi perdoni, non ho nominato
nessuno (Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica
per l'Italia), mi scusi non ho nominato nessuno, ho solo citato un libro che
dovrebbe conoscere, un personaggio delle favole, quasi. Ad ogni modo non lo
nominerò più, non si preoccupi, non so neanche chi sto nominando in realtà,
quindi non posso nominare chi non ho nominato......
Ancora la Boldrini lo invita ad
usare un modo “appropriato”:
PRESIDENTE. Continui in un modo appropriato
Colletti dunque prosegue il
proprio intervento
ANDREA COLLETTI. Ebbene, già nel marzo 2012,
ho letto un richiamo al precedente Governo all'uso della fiducia solo per
giustificabile necessità per tutelare le prerogative del Parlamento ed ha
assicurato una stretta sorveglianza dei presupposti per l'emanazione di
ulteriori decreti-legge.
(Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5
Stelle)
Ora forse dovremmo far rileggere queste
dichiarazioni a tutta l'Aula ma anche a tutte le Istituzioni. E qui mi richiamo
a un'altra citazione: «siamo ormai al Governo che espropria il Parlamento,
compresa la sua maggioranza, così non si può andare avanti, in pratica siamo al
sostanziale commissariamento del Governo e del Parlamento» lo dice l'illustre
esponente democratico Gianclaudio Bressa, non noi. E quindi questo
commissariamento va bene quando c’è un vostro Governo e va male quando c’è un
Governo degli altri ? Questa si chiama ipocrisia istituzionale (Applausi dei
deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Allora, noi siamo qui, da quarantott'ore,
forse di più, saremo qui anche dopo per tutelare anche i parlamentari della
maggioranza affinché si rendano conto che possono anche non essere solo dei
meri passacarte, altrimenti che ci stanno a fare qui ?
La Boldrini proprio non vuole
sentire critiche alla maggioranza e interrompe nuovamente Colletti, stavolta
senza nemmeno appellarsi a qualche norma regolamentare. Diciamo che trova
semplicemente di cattivo gusto criticare i parlamentari di maggioranza. Non sta
bene. Non è elegante.
PRESIDENTE. Però perché bisogna sempre passare
per questo tipo di considerazioni ? I parlamentari sono qui per svolgere le
loro funzioni, ognuno in un modo che ritiene opportuno, d'accordo ? Ognuno nel
proprio modo, non c’è bisogno sempre di sottendere...
Colletti stavolta proprio non ci sta…
ANDREA COLLETTI. Mi perdoni Presidente, ma non
si può criticare in questa Aula, a quanto pare?
PRESIDENTE. Si , ma...
ANDREA COLLETTI. E allora mi faccia
criticare...
PRESIDENTE. Si, però sono ore e ore di
critiche in questo senso. La prego.
A quanto pare è un problema quantitativo, cinque, dieci
minuti di critica, va bene, ma qualche ora proprio no…
ANDREA COLLETTI. E ce le meritiamo tutte le
critiche !
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, lasciamo
concludere. Prego, vada avanti e si astenga per quanto possibile da questo tipo
di considerazioni.
Alla fine, bontà sua, concede a Colletti la
possibilità di concludere, esortandolo, però, “ad astenersi da quel tipo di
considerazioni”… quale tipo, di grazia?
Lascio, senza ulteriori commenti,
il resto dell’intervento di Colletti, molto disturbato dai deputati della
maggioranza, nei confronti dei quali la Boldrini è molto più tollerante e si
limita solo ad un “la prego” verso il più intemperante dei contestatori… Non
credo serva aggiungere altro.
ANDREA COLLETTI. Dalle critiche non mi posso
astenere e neanche dalle considerazioni, visto che siamo qui per questo, per
fare le nostre considerazioni e valutazioni (Applausi dei deputati del gruppo
MoVimento 5 Stelle).
Ebbene, porre la questione di fiducia è la
dimostrazione della divisione di questa maggioranza. Forse i colleghi del
Partito Democratico dovrebbero pensare meno al congresso e di più al bene del
Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Proteste del
gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Colleghi, colleghi, per favore
lasciatelo concludere. Colleghi, per favore, comportatevi in un modo adeguato a
quest'Aula (Il deputato Fiano si avvicina ai banchi del gruppo MoVimento 5
Stelle) ! Onorevole Fiano, la prego, la prego, ritorni...
EMANUELE FIANO. Se me lo dice lei, si.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Fiano.
Colleghi, per favore, abbiate la compiacenza (Commenti)... Non è un bello
spettacolo, posso assicurarvi. Basta ! Basta ! D'accordo, basta !
ANGELO CERA. Presidente, lei è inadeguata !
PRESIDENTE. La richiamo all'ordine, onorevole
Cera ! Cera, la richiamo all'ordine ! Si contenga ! Siamo alle dichiarazioni di
voto, adesso, è in corso una dichiarazione di voto, può continuare per favore ?
Continui !
ANDREA COLLETTI. Grazie, Presidente
(Commenti).
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, lasciamo
continuare l'intervento.
ANDREA COLLETTI. Dopo questo indecente
teatrino, spero di avere il tempo che mi è stato sottratto da alcune «lievi»
proteste (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Proteste dei deputati
del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Allora, possiamo lasciare
continuare ? Prego, vada avanti.
ANDREA COLLETTI. Ebbene, ho una proposta da
fare al Governo. Che il Governo magari, anche con dei decreti-legge, pensi
forse a fare un decreto-legge sul congresso del PD o di Forza Italia 2.0
(Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Proteste dei deputati
del gruppo Partito Democratico) e faccia meno decreti-legge per il Paese, visto
che ogni volta che fa un decreto-legge fa solo danni.
Ed ora, anche collegato al nostro
comportamento qui sul decreto del fare al nostro ostruzionismo (o
«costruzionismo»), vorrei dire che, se davvero credete che potete modificare la
Costituzione a vostro uso, abuso e consumo, allora forse non avete capito che
noi saremo qui, giorno e notte, a difendere la Costituzione (Applausi dei
deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Applausi polemici dei deputati del
gruppo Partito Democratico) !
E la forza di essere qui ogni giorno a lottare
per la nostra Carta
costituzionale e per la
nostra Repubblica (Commenti) ci è data dal fatto che lottiamo
per una causa giusta, perché ci mettiamo passione nelle cose che facciamo
(Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Non ci fermeremo e non
indietreggeremo mai per il bene del Paese, della collettività e della
Repubblica italiana (Commenti) !
E per ultimo vorrei dire: caro Matteo,
vinciamo noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Etichette:
boldrini,
camera,
cinque stelle,
colletti,
corsaro,
costituzione,
deputati,
napolitano,
parlamento,
pd
9 novembre 2012
Diffamazione: difendere un principio o una categoria?

Mi dicono che sulla bacheca del presidente dell'ordine dei giornalisti è apparso un appello per raccogliere dati sulle querele e citazioni in giudizio per diffamazione.
Ho deciso di mandargli questa mail.
Gent.mo Enzo Iacopino,
Su internet gira un suo appello
per raccogliere dati di querele/citazioni per diffamazione. Mi piacerebbe
rispondere alla sua richiesta. Nei miei confronti è stata annunciata, a mezzo
stampa, una querela (peraltro mai vista) e sono stato citato in giudizio per
una richiesta di risarcimento danni. E’ successo per aver scritto un articolo
su un foglio di informazione locale (tra l’altro denunciato per “stampa clandestina”) in merito al rilascio di un permesso di costruire, sulla cui
legittimità avevo espresso alcune perplessità. La controparte è il potentissimo
sindaco di un piccolo comune e ha pensato bene di chiedermi 50mila euro. Impensabile
fare politica a livello locale con simili “minacce”. Temo, però, che il mio
caso possa non interessarle. Non ho scritto su una testata giornalistica (del
resto non è facile trovare giornali registrati che si occupano di alcune
questioni locali) e non sono un giornalista. Quindi, la sacrosanta battaglia
per la difesa di alcuni principi potrebbe, paradossalmente, diventare
classista. Anzi - se dovesse passare il meccanismo che tutela i giornalisti
professionisti escludendo per loro l’ipotesi di pene detentive, ma solo
sanzioni pecuniarie - le “classi” diventerebbero tre. Al livello più basso i
semplici cittadini, magari impegnati in difficili lotte su temi ambientali,
sociali, culturali e per i diritti, che sarebbero privi di ogni forma di
tutela. Poi ci sarebbero i giornalisti “sfigati”, quelli che scrivono per
piccole testate oppure portano avanti faticosamente giornali locali di
approfondimento e inchiesta. Senza sponsor e senza finanziatori. Loro non
potrebbero certo permettersi contenziosi legali e risarcimenti milionari e
sarebbero costretti ad una certa cautela. Infine ci sarebbero i giornalisti
alla Sallusti (mi perdoni la semplificazione antonomastica). Con le spalle
coperte da ricchi editori, non avrebbero problemi a portare avanti campagne realmente
denigratorie. Qualcuno disposto a pagare il “disturbo” lo troverebbero
sicuramente. Mi piacerebbe che la vostra battaglia – che condivido e appoggio a
prescindere – fosse a tutto tondo per la difesa dell’articolo 21 della
Costituzione. Se desidera, le mando i miei “dati” per la sua indagine.
Altrimenti, grazie comunque per l’attenzione.
Etichette:
costituzione,
diffamazione,
giornalisti,
libertà,
opinione,
pensiero,
sallusti,
stampa
Iscriviti a:
Commenti (Atom)