30 aprile 2013

E' nato il nuovo governo e Silvio c'è.


C’è qualcosa che non torna nella nascita del governo Letta. Per carità, si è tentato di indorare la pillola con qualche nome spendibile e cercando di ridurre al minimo gli indigeribili, ma questo rende ancora più pungente una certa sensazione di disagio. Il rischio è che, per molti elettori di sinistra, siano venute meno le condizioni di “fiducia” in quella che rappresentava – pur con innegabili criticità – la principale forza politica dell’area del centrosinistra. Nel quadro politico che si è determinato negli ultimi vent’anni non erano molte le questioni sulle quali si dava per scontata la posizione del Partito Democratico. In molti ambiti si è dovuto assistere ad arretramenti (o almeno giudicati tali): sulla politica economica, sul mercato del lavoro, sulla tutela del territorio, sui diritti, sulla sanità e persino sulla giustizia. Su una cosa però una certa fascia dell’elettorato che ha voluto comunque – nonostante tutto… - dare la propria fiducia al PD era convinta di non avere nulla da temere: l’esigenza di superare una volta per tutte l’emergenza democratica causata dalla presenza di Silvio Berlusconi in politica. E’ dal 1994 che c’è un intero paese ostaggio delle pretese private e personali di un uomo che è riuscito a declassare Parlamento e Governo (ossia due dei tre poteri dello Stato) a sue dependances, disposte a mutare programmi e calendari in funzione dei propri bisogni. Ci siamo dimenticati le leggi “ad personam” che il Parlamento è stato costretto a votare e i decreti “ad personam” che il suo governo ha varato in fretta e furia? Abbiamo già rimosso il baratro istituzionale, economico e di credibilità in cui ci ha portato Berlusconi e, soprattutto, la drammatica degenerazione etica e culturale rappresentata dal berlusconismo? In un paese che sembra capace di digerire qualunque cosa e grazie a media molto potenti e abili nell’indirizzare le opinioni, il problema sembra essere diventato quello che si definisce “antiberlusconismo”, dando una connotazione implicitamente negativa alla semplice voglia di legalità, di rispetto delle istituzioni, di affermazione dei principi della democrazia. Assistiamo ad uno straordinario ribaltamento della realtà e della logica. Dopo aver costretto i propri elettori ad accettare scelte discutibili, alleanze incomprensibili, continue rinunce identitarie, proprio perché altrimenti l’alternativa era “Berlusconi”, brandito come spauracchio per costringere a digerire qualunque cosa, ecco che, improvvisamente, la prospettiva cambia. Quello che non va assolutamente bene è essere “anti”. Come se fosse un vezzo, un capriccio, un impuntamento infantile. Ci si rifiuta di capire che il problema, per i cittadini di sinistra, ma anche semplicemente per tutti i cittadini che credono e rispettano i valori fondanti della nostra Costituzione, non si può circoscrivere alla pur ingombrante figura di Berlusconi, ma alla devastazione culturale e politica che è stato capace di determinare nel nostro paese. Non ho né il tempo, né la voglia di fare l’ennesimo elenco delle aberrazioni a cui abbiamo dovuto assistere impotenti negli ultimi vent’anni. Io ricordo tutto abbastanza bene. Chi ha dimenticato o sta facendo finta di essersene dimenticato non si illuda troppo: è vero che spesso il cittadino-consumatore-elettore ha la memoria corta e che, qualche volta, è anche un po’ ingenuo. Spesso, non sempre. Qualche volta, non sempre. La prossima volta potrebbe essere un po’ meno ingenuo e ricordarsi tutto. In quel caso ci sarà da divertirsi.

13 aprile 2013

Raccolta differenziata. Un successo... fallimentare.


L’ho sempre sostenuto. Il principale limite dei nostri amministratori è il pressapochismo. Al di là del giudizio – duro, durissimo, impietoso – sulle scelte di “governo”, ci sono altre enormi criticità che attengono al modo di amministrare – approssimativo, inconcludente, superficiale – che nulla ha a che fare con la diversità di visione. Penso alla questione “rifiuti”. Il nostro ordinamento, sin dall’approvazione del “decreto Ronchi” (siamo nel 1997), impone alle amministrazioni locali l’obbligo di raggiungere determinati obiettivi di raccolta differenziata. I nostri amministratori – nei quali la parola “ambiente” fa immediatamente scattare, come in un riflesso pavloviano, l’immagine di un’enorme betoniera pronta a cementare inutili prati verdi – si sono accorti dell’esigenza di avviare una vera raccolta differenziata solo 11 anni dopo (del resto il povero Galli vantava appena una ventina d’anni di esperienza nelle istituzioni) e, guarda caso, proprio quando è arrivata una prima vera opposizione. E’ così che, con non poche difficoltà, è partita la raccolta differenziata porta a porta. Ci sono voluti un paio d’anni per portarla “a regime” e solo nel 2010 si è estesa a tutto il territorio comunale. Galli & C. hanno avuto anche l’ardire di magnificare – con comunicati ed iniziative - la straordinaria innovazione, senza pensare che, in fondo, stavano solo cercando – ancora senza successo – di adeguarsi ad una legge dello Stato. Pensiamo solo che, ad oggi, bisognerebbe essere al 65 per cento di raccolta differenziata.
Quello dei rifiuti è uno dei temi sui quali alcuni di noi – cittadini, associazioni, forze politiche locali – si sono sempre impegnati e condividono l’esigenza di avviare un difficile percorso di ripensamento dei propri stili di vita. Che va ben al di là del semplice gesto di scegliere in quale contenitore gettare un oggetto. Ne abbiamo parlato in qualche convegno – disertato, ovviamente, sia da molti esponenti della maggioranza, sia da molti della presunta opposizione – ma siamo consapevoli di quanta poca sensibilità ci sia sul tema.
Ma proviamo a tornare alla situazione labicana. Sono passati due anni dalla copertura dell’intero territorio con la raccolta porta a porta. La prima domanda che ci siamo fatti, e che ci stiamo facendo da molti mesi, è: con quali risultati? Ovviamente, nonostante le nostre domande formali e regolarmente protocollate, nessuno si è degnato di darci una risposta. Qualcuno – evidentemente più vicino di noi alla maggioranza – le risposte sembra averle avute (dico “sembra” perché sembrano dati parziali e insufficienti per avere un quadro chiaro). E qualcuno parla anche di un sostanziale successo, di un “buon riscontro”. Io non ho la stessa sensazione. La mia sensazione è di tutt’altro segno. Al momento la raccolta differenziata sembra fallimentare.  Talmente fallimentare che il Sindaco, dopo un inadeguato “start up” del sistema, ha deciso di avviare un meccanismo di controlli e sanzioni. Un meccanismo più che giusto, ma che non può arrivare dopo quattro anni di sostanziale inerzia dal punto di vista dell’informazione e della sensibilizzazione. Quattro anni nei quali nemmeno negli uffici comunali si è mai fatta la raccolta differenziata (come ha dimostrato un nostro servizio del TG LOV). Quattro anni nei quali i cittadini più incivili hanno potuto, serenamente e impunemente, buttare i rifiuti ovunque e senza che vi fosse alcun controllo, salvo poi predisporre onerosi – per la collettività – interventi di bonifica del territorio (qualcuno anche come spot elettorale). Quattro anni nei quali non si è affrontata un’efficiente alternativa al costosissimo conferimento del rifiuto organico, che rappresenta il 30 per cento del totale, negli impianti autorizzati. Quattro anni nei quali non si è nemmeno minimamente pensato di lavorare sui principi che l’ordinamento comunitario ha varato per affrontare la questione rifiuti. Tra questi il primo è la riduzione dei rifiuti. “Il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto”. Per fare questo sarebbe, ad esempio, sufficiente evitare il ricorso ai beni “usa e getta”. Come continua ad avvenire, ad esempio, nelle mense scolastiche o al centro anziani. Perché i nostri amministratori non vogliono ammettere i propri limiti e provano a guardare al di là del proprio confine comunale, per capire, con la dovuta umiltà, come vanno le cose nei comuni dove si riescono ad ottenere dei risultati? Magari prendendo spunti ed esempi? Qualche suggerimento lo potremmo dare anche noi, che cerchiamo di girarci intorno, informandoci sulle “buone pratiche” che si stanno diffondendo in tutto il paese.
Non credo che succederà. Così come dubito che l’ordinanza del sindaco diventi qualcosa di diverso di un pezzo di carta (virtuale) affisso sull’albo pretorio (virtuale). E, presumibilmente, saranno virtuali i controlli, virtuali le sanzioni e virtuali i risultati. Nel frattempo torno a chiedere che i dati della raccolta differenziata (virtuali anche quelli) siano formulati in modo chiaro (la regione Lazio ha varato un apposito metodo standardizzato di rilevazione) resi accessibili a tutti. Del resto la normativa – sia nazionale, sia regionale – impone ai comuni di trasmettere i dati della raccolta differenziata. Ovviamente Alfredo Galli, allergico non solo al rispetto dell’ambiente, ma anche al rispetto delle leggi, si guarda bene dal rendere pubblici i dati. Eppure, se il risultato è così “positivo”, come qualcuno afferma, come mai i dati non vengono divulgati ufficialmente? Chi ha interesse a tenerli nascosti nei cassetti? Attendiamo risposte.

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura