C’è qualcosa che non torna nella
nascita del governo Letta. Per carità, si è tentato di indorare la pillola con
qualche nome spendibile e cercando di ridurre al minimo gli indigeribili, ma
questo rende ancora più pungente una certa sensazione di disagio. Il rischio è
che, per molti elettori di sinistra, siano venute meno le condizioni di
“fiducia” in quella che rappresentava – pur con innegabili criticità – la
principale forza politica dell’area del centrosinistra. Nel quadro politico che
si è determinato negli ultimi vent’anni non erano molte le questioni sulle
quali si dava per scontata la posizione del Partito Democratico. In molti
ambiti si è dovuto assistere ad arretramenti (o almeno giudicati tali): sulla
politica economica, sul mercato del lavoro, sulla tutela del territorio, sui
diritti, sulla sanità e persino sulla giustizia. Su una cosa però una certa
fascia dell’elettorato che ha voluto comunque – nonostante tutto… - dare la
propria fiducia al PD
era convinta di non avere nulla da temere: l’esigenza di superare una volta per
tutte l’emergenza democratica causata dalla presenza di Silvio Berlusconi in
politica. E’ dal 1994 che c’è un intero paese ostaggio delle pretese private e
personali di un uomo che è riuscito a declassare Parlamento e Governo (ossia
due dei tre poteri dello Stato) a sue dependances,
disposte a mutare programmi e calendari in funzione dei propri bisogni. Ci
siamo dimenticati le leggi “ad personam” che il Parlamento è stato costretto a
votare e i decreti “ad personam” che il suo governo ha varato in fretta e
furia? Abbiamo già rimosso il baratro istituzionale, economico e di credibilità
in cui ci ha portato Berlusconi e, soprattutto, la drammatica degenerazione
etica e culturale rappresentata dal berlusconismo? In un paese che sembra
capace di digerire qualunque cosa e grazie a media molto potenti e abili nell’indirizzare
le opinioni, il problema sembra essere diventato quello che si definisce
“antiberlusconismo”, dando una connotazione implicitamente negativa alla
semplice voglia di legalità, di rispetto delle istituzioni, di affermazione dei
principi della democrazia. Assistiamo ad uno straordinario ribaltamento della
realtà e della logica. Dopo aver costretto i propri elettori ad accettare scelte
discutibili, alleanze incomprensibili, continue rinunce identitarie, proprio
perché altrimenti l’alternativa era “Berlusconi”, brandito come spauracchio per
costringere a digerire qualunque cosa, ecco che, improvvisamente, la
prospettiva cambia. Quello che non va assolutamente bene è essere “anti”. Come
se fosse un vezzo, un capriccio, un impuntamento infantile. Ci si rifiuta di
capire che il problema, per i cittadini di sinistra, ma anche semplicemente per
tutti i cittadini che credono e rispettano i valori fondanti della nostra Costituzione,
non si può circoscrivere alla pur ingombrante figura di Berlusconi, ma alla
devastazione culturale e politica che è stato capace di determinare nel nostro
paese. Non ho né il tempo, né la voglia di fare l’ennesimo elenco delle
aberrazioni a cui abbiamo dovuto assistere impotenti negli ultimi vent’anni. Io
ricordo tutto abbastanza bene. Chi ha dimenticato o sta facendo finta di essersene
dimenticato non si illuda troppo: è vero che spesso il cittadino-consumatore-elettore
ha la memoria corta e che, qualche volta, è anche un po’ ingenuo. Spesso, non
sempre. Qualche volta, non sempre. La prossima volta potrebbe essere un po’
meno ingenuo e ricordarsi tutto. In quel caso ci sarà da divertirsi.
30 aprile 2013
13 aprile 2013
Raccolta differenziata. Un successo... fallimentare.
L’ho sempre
sostenuto. Il principale limite dei nostri amministratori è il pressapochismo.
Al di là del giudizio – duro, durissimo, impietoso – sulle scelte di “governo”,
ci sono altre enormi criticità che attengono al modo di amministrare –
approssimativo, inconcludente, superficiale – che nulla ha a che fare con la
diversità di visione. Penso alla questione “rifiuti”. Il nostro ordinamento,
sin dall’approvazione del “decreto Ronchi” (siamo nel 1997), impone alle
amministrazioni locali l’obbligo di raggiungere determinati obiettivi di
raccolta differenziata. I nostri amministratori – nei quali la parola
“ambiente” fa immediatamente scattare, come in un riflesso pavloviano,
l’immagine di un’enorme betoniera pronta a cementare inutili prati verdi – si
sono accorti dell’esigenza di avviare una vera raccolta differenziata solo 11
anni dopo (del resto il povero Galli vantava appena una ventina d’anni di
esperienza nelle istituzioni) e, guarda caso, proprio quando è arrivata una
prima vera opposizione. E’ così che, con non poche difficoltà, è partita la
raccolta differenziata porta a porta. Ci sono voluti un paio d’anni per
portarla “a regime” e solo nel 2010 si è estesa a tutto il territorio comunale.
Galli & C. hanno avuto anche l’ardire di magnificare – con comunicati ed
iniziative - la straordinaria innovazione, senza pensare che, in fondo, stavano
solo cercando – ancora senza successo – di adeguarsi ad una legge dello Stato.
Pensiamo solo che, ad oggi, bisognerebbe essere al 65 per cento di raccolta
differenziata.
Quello dei
rifiuti è uno dei temi sui quali alcuni di noi – cittadini, associazioni, forze
politiche locali – si sono sempre impegnati e condividono l’esigenza di avviare
un difficile percorso di ripensamento dei propri stili di vita. Che va ben al
di là del semplice gesto di scegliere in quale contenitore gettare un oggetto.
Ne abbiamo parlato in qualche convegno – disertato, ovviamente, sia da molti
esponenti della maggioranza, sia da molti della presunta opposizione – ma siamo
consapevoli di quanta poca sensibilità ci sia sul tema.
Ma proviamo a
tornare alla situazione labicana. Sono passati due anni dalla copertura
dell’intero territorio con la raccolta porta a porta. La prima domanda che ci
siamo fatti, e che ci stiamo facendo da molti mesi, è: con quali risultati?
Ovviamente, nonostante le nostre domande formali e regolarmente protocollate,
nessuno si è degnato di darci una risposta. Qualcuno – evidentemente più vicino
di noi alla maggioranza – le risposte sembra averle avute (dico “sembra” perché
sembrano dati parziali e insufficienti per avere un quadro chiaro). E qualcuno
parla anche di un sostanziale successo, di un “buon riscontro”. Io non ho la
stessa sensazione. La mia sensazione è di tutt’altro segno. Al momento la
raccolta differenziata sembra fallimentare.
Talmente fallimentare che il Sindaco, dopo un inadeguato “start up” del
sistema, ha deciso di avviare un meccanismo di controlli e sanzioni. Un
meccanismo più che giusto, ma che non può arrivare dopo quattro anni di
sostanziale inerzia dal punto di vista dell’informazione e della
sensibilizzazione. Quattro anni nei quali nemmeno negli uffici comunali si è
mai fatta la raccolta differenziata (come ha dimostrato un nostro servizio del
TG LOV). Quattro anni nei quali i cittadini più incivili hanno potuto,
serenamente e impunemente, buttare i rifiuti ovunque e senza che vi fosse alcun
controllo, salvo poi predisporre onerosi – per la collettività – interventi di
bonifica del territorio (qualcuno anche come spot elettorale). Quattro anni nei
quali non si è affrontata un’efficiente alternativa al costosissimo
conferimento del rifiuto organico, che rappresenta il 30 per cento del totale,
negli impianti autorizzati. Quattro anni nei quali non si è nemmeno minimamente
pensato di lavorare sui principi che l’ordinamento comunitario ha varato per
affrontare la questione rifiuti. Tra questi il primo è la riduzione dei
rifiuti. “Il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto”. Per fare questo
sarebbe, ad esempio, sufficiente evitare il ricorso ai beni “usa e getta”. Come
continua ad avvenire, ad esempio, nelle mense scolastiche o al centro anziani. Perché
i nostri amministratori non vogliono ammettere i propri limiti e provano a
guardare al di là del proprio confine comunale, per capire, con la dovuta umiltà,
come vanno le cose nei comuni dove si riescono ad ottenere dei risultati? Magari
prendendo spunti ed esempi? Qualche suggerimento lo potremmo dare anche noi,
che cerchiamo di girarci intorno, informandoci sulle “buone pratiche” che si
stanno diffondendo in tutto il paese.
Non credo che
succederà. Così come dubito che l’ordinanza del sindaco diventi qualcosa di
diverso di un pezzo di carta (virtuale) affisso sull’albo pretorio (virtuale).
E, presumibilmente, saranno virtuali i controlli, virtuali le sanzioni e
virtuali i risultati. Nel frattempo torno a chiedere che i dati della raccolta
differenziata (virtuali anche quelli) siano formulati in modo chiaro (la
regione Lazio ha varato un apposito metodo standardizzato di rilevazione) resi
accessibili a tutti. Del resto la normativa – sia nazionale, sia regionale –
impone ai comuni di trasmettere i dati della raccolta differenziata. Ovviamente
Alfredo Galli, allergico non solo al rispetto dell’ambiente, ma anche al
rispetto delle leggi, si guarda bene dal rendere pubblici i dati. Eppure, se il
risultato è così “positivo”, come qualcuno afferma, come mai i dati non vengono
divulgati ufficialmente? Chi ha interesse a tenerli nascosti nei cassetti?
Attendiamo risposte.
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