5 dicembre 2016

Scusate, vorrei scendere...

C’è un affollatissimo carro dei vincitori dal quale vorrei scendere prima che l’aria diventi irrespirabile, come sul 64 all’ora di punta. Sono contento del risultato del referendum, ma non la considero una vittoria. Non una mia vittoria, almeno. Io ho interpretato il quesito come prevede l’articolo 138 della Costituzione e l’ho fatto col massimo zelo possibile: mi sono letto le proposte di modifica, ho cercato di comprenderne il senso e la portata, ho elaborato una mia valutazione – comprensiva di alcune riflessioni di carattere metodologico – e ho deciso di esprimere un voto contrario. La chiave di lettura di questo referendum si sarebbe potuta limitare a questo: il Parlamento propone una riforma costituzionale e il Popolo – che detiene la sovranità – la boccia, senza conseguenze sul piano politico e degli equilibri parlamentari e di Governo.  Non è andata così: la riforma – imposta con una certa protervia ad un Parlamento dubbioso e recalcitrante – è stata trasformata dal Presidente del Consiglio in un plebiscito sulla sua persona. Ad essa sono stati attribuiti  significati che andavano ben al di là della portata reale delle modifiche alla Carta costituzionale e si è fatta una propaganda eccessiva, arrogante e fuorviante a favore delle modifiche costituzionali. Il Governo ha messo in campo risorse enormi, ha occupato militarmente le TV di Stato come neppure Berlusconi aveva mai fatto, e ha spaccato in due il paese proprio sulla legge fondamentale dello Stato che, per definizione, dovrebbe essere frutto del più ampio accordo possibile, politico e sociale. Questa scelta scellerata ricade con enorme responsabilità su chi ha deciso questo azzardo. Un azzardo da giocatore senza scrupoli che prova ad alzare la posta e a far saltare il banco per accaparrarsi tutto. L’operazione non è riuscita, ma lascia comunque il Paese in una brutta situazione ed è troppo facile lavarsene le mani. Renzi fa bene a dimettersi, ma ci sono un Presidente della Repubblica e un partito che ha la maggioranza in Parlamento che hanno il dovere “politico” di indicare la strada per uscire da questo pantano. Ed è infantile pretendere che la soluzione la trovino gli altri, colpevoli di aver votato no. Gli altri non sono e non vogliono essere una coalizione. Non hanno progetti condivisi e non hanno fatto scelte comuni. Sono, per dirla con parole di Renzi, un’accozzaglia. Se il Presidente della Repubblica non trova le condizioni per proseguire la legislatura si dovrà tornare alle urne. C’è una brutta legge elettorale, anche questa imposta dal premier a colpi di fiducia e che lui stesso avrebbe voluto cambiare, “monca” visto che  nulla dice sull’elezione del Senato (sempre per l’arroganza che ne ha caratterizzato l’agire politico). Con un po’ di buonsenso e di disponibilità al dialogo se ne potrebbe fare una condivisa. Se non ci si riesce – e sarebbe un errore - si dovrà usare quello che c’è. I riformisti potranno costruire una coalizione il cui programma metta nero su bianco le proposte che si intendono portare avanti e puntare a quel 40% di elettori che aveva creduto alla bontà della riforma. Non è poco. Gli altri, se non vogliono restare a guardare, dovranno formulare proposte programmatiche alternative credibili. L’importante è voltare presto questa (brutta) pagina e ricominciare a fare politica (in questi casi si dice sempre “nell’interesse del paese”). Sarebbero da evitare piagnistei, accuse gratuite alla controparte e fosche previsioni da parte dei sostenitori del SI e inutili (e in alcuni casi ridicoli) trionfalismi da parte dei sostenitori del NO. La vera sconfitta di questa partita è stata l’arroganza e non serve sostituirla con l’arroganza di qualcun altro. Piuttosto bisognerebbe riprendere in considerazione un valore che in politica sta scomparendo: il rispetto degli altri, che non sono il demonio, ma qualcuno con cui è necessario dialogare e confrontarsi. La democrazia funziona così.

2 dicembre 2016

Bufale e altri animali misteriosi

La propaganda politica è spesso accompagnata da slogan fantasiosi, da informazioni ingannevoli e, purtroppo, da vere e proprie bufale. Nel turbine della comunicazione ultraveloce del terzo millennio qualunque falsa notizia venga lanciata in rete rischia di propagarsi in pochi istanti contribuendo ad avvelenare e intorbidire un dibattito che già non sta brillando per serietà e chiarezza di informazioni. Il vero problema è che non si possono mettere sui due piatti della bilancia bufale di dubbia provenienza che magari vengono rimbalzate con entusiasmo dai sostenitori fideistici di una o dell’altra parrocchia e bufale “istituzionali” provenienti da esponenti autorevoli e riconosciuti delle forze politiche e sociali in campo. Ad esempio gira una bufala a favore del NO sulla presunta perdita di sovranità che questa riforma costituzionale comporterebbe. Non so chi sia la fonte, ma di sicuro non è un’affermazione di Zagrebelsky, di Smuraglia o della Falcone. Quella bufala è una sciocchezza priva di fondamento e che alla fine rischia di danneggiare la credibilità di chi sta cercando di costruire l’opposizione a questa riforma basandosi sull’analisi puntuale dei suoi contenuti e sui possibili scenari che comporterebbe. Di peso ben diverso è invece la bufala sulla scheda elettorale del Senato. La fonte, in questo caso, è la più autorevole che il fronte del SI possa mettere in campo: il presidente del Consiglio, segretario del partito che propone la riforma (l’unico partito, tra quelli che si sono presentati alle politiche del 2013, a favore del SI), onnipresente imbonitore televisivo nella estenuante propaganda referendaria. In più è stata ripresa dal sito ufficiale del SI (www.bastaunsi.it), che ha addirittura dato una serie di spiegazioni decisamente fantasiose, indicando persino le modalità di elezioni dei senatori, quando la Costituzione (nuova) affida tutto ad una legge statale che ancora non esiste ed è davvero grave che qualcuno ne dia per certa una formulazione, prima ancora che passi dal Parlamento. Non è una caso che la legge costituzionale preveda una norma transitoria per la prima applicazione, completamente diversa da quella ipotizzata sul sito del SI. Il generoso tentativo di andare in soccorso di un premier in evidente affanno si rivela per quello che è - l'è peso el tacon del buso – una toppa peggiore del buco che cerca di coprire. Lo rivelano le numerose incongruenze: 1. La norma costituzionale, al comma 2 del nuovo articolo 57, afferma che “I consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori”. Sono i consigli ad eleggere, altrimenti il legislatore avrebbe usato un termine come “ratificare” o equivalente. 2. Al comma 5 si afferma che le elezioni devono essere fatte “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Una frase un po’ ambigua, sulla quale molti esperti hanno espresso delle perplessità, proprio per la sua difficile applicazione. In ogni caso il meccanismo indicato sul sito del SI sembra prefigurare un meccanismo bloccato, visto i candidati al senato sarebbero inseriti in collegi uninominali. Facile immaginare – visto che stiamo parlando di una legge tutta da scrivere – che attraverso le candidature multiple la scelta dei senatori potrebbe comunque essere fatta a monte dai partiti. 3. Se il nominativo del seggio uninominale non dovesse essere eletto in consiglio regionale, cosa conterebbe di più, la volontà popolare o l’incompatibilità tra un cittadino comune e il seggio senatoriale della nuova costituzione (in quella attuale l’incompatibilità è tra parlamentare e consigliere regionale, come cambiano le cose..)? 4. L’ultimo comma dell’articolo 57 ribadisce che il sistema elettorale è di secondo grado e afferma che l’attribuzione dei seggi avviene in ragione dei voti espressi e della composizione del consiglio regionale, riportando il potere decisionale in capo ai consiglieri regionali. 5. Nelle regioni che mandano un solo senatore-consigliere (quasi la metà), come si farà, visto che il voto disgiunto potrebbe attribuire il seggio senatoriale ad un consigliere regionale di opposizione e la maggioranza potrebbe – in linea teorica – non ratificare l’indicazione dell’elettorato? Chi decide? La Consulta?  6. E i sindaci? Come si fa a dire che i senatori sono eletti dai cittadini, quando un quinto dei componenti del Senato saranno sindaci? Come facciamo a metterli nella scheda elettorale? Se ne prevede un’altra (quindi una terza)? E quando il sindaco termina il mandato come fanno gli elettori ad indicare la propria scelta per le elezioni suppletive? Si indirà un’elezione con un collegio grande quanto la Lombardia per dare la possibilità ai cittadini di dare la propria indicazione ai consiglieri regionali (che potrebbero anche ignorarla, vedi punto 5)?

23 novembre 2016

L'azzardo costituzionale

Non bisognerebbe mai fare delle riforme sulle regole - che siano quelle elettorali o la Costituzione – basate sulla contingenza, e quindi sulla convenienza, di chi ha, in quel momento, i numeri per decidere (tralasciando valutazioni su come si siano ottenuti quei numeri). Questa riforma della Carta Costituzionale (unita alla legge elettorale imposta al Parlamento con il voto di fiducia) sembra invece frutto di un chiaro calcolo politico. In caso di vittoria del SI alle prossime elezioni per il Parlamento tutto sarà nelle mani di un solo partito, il cui consenso stimato si aggira intorno al 30 per cento.
Quel partito, in caso di vittoria (peraltro probabile) alle elezioni, avrà la possibilità di mettere una persona di fiducia alla Presidenza della Repubblica (prima carica dello Stato), una persona di fiducia alla Presidenza  della Camera (che col nuovo assetto diventa la seconda carica dello Stato), una persona di fiducia alla Presidenza del Senato (terza carica dello Stato), un numero compreso tra otto e dieci (bisognerà vedere come verranno gestiti i rapporti di forza nei due rami del Parlamento) persone di fiducia alla Corte Costituzionale (dove quindi avranno la maggioranza assoluta). Verranno pertanto occupati tutti i ruoli di garanzia e di controllo con buona pace di quell’equilibrio tra i poteri che è alla base delle sane istituzioni democratiche.
Quel partito, in caso di sconfitta, avrà comunque in mano il Senato e potrà rendere la vita piuttosto complicata al Governo perché avrà la possibilità di bloccare tutte le leggi per le quali rimarrà il bicameralismo paritario. Tanto per fare un esempio potrebbe bloccare la legge europea, col rischio di esporre l’Italia all’avvio di un rilevante numero di contenziosi e determinare un’instabilità politico-economica di cui il Governo sarebbe chiamato a farsi carico.

Sono certo che se questa operazione – strategicamente molto astuta – l’avesse condotta un Silvio qualunque adesso avremmo le piazze piene di persone preoccupate e indignate. Ora invece, buona parte di quelle stesse persone è impegnata a cercare di spiegare a me e ad altri gufi che in fondo questa riforma non è poi così male: del resto non sentivamo tutti l’insopprimibile esigenza di cancellare il CNEL?



Nota (scritta 24 ore dopo il post). Ad essere precisi per eleggere il Presidente della Repubblica la maggioranza dovrebbe contare, oltre all'ipotizzabile minore partecipazione al voto dei nuovi senatori, sulla collaborazione di qualche parlamentare di altri schieramenti. Sarà un numero di senatori sufficientemente esiguo da poter immaginare che si riusciranno a raggiungere facilmente "accordi politici" i cui contraenti trarranno sicuramente congruo vantaggio.

3 ottobre 2016

Vietato esistere

Non è che si possa affrontare un tema complesso e delicato, come quello dei migranti, in poche righe. Bisognerebbe parlare delle cause che spingono le persone a fuggire dai luoghi dove sono nati alla ricerca di qualcosa che a volte è solo la speranza di rimanere vivi. Bisognerebbe parlare di guerre, conflitti, povertà, violazioni dei diritti umani, dittature sanguinarie. Bisognerebbe anche spiegare il ruolo del mondo occidentale in tutto questo, visto che - quando non è proprio la causa – è  almeno indifferente, connivente o complice. Almeno per il momento, non parliamone. Parliamo però di persone. Quelle che, in qualche modo, sono arrivate fin qui e ce le ritroviamo intorno. Sono esseri umani. Sopravvissuti a qualcosa di indescrivibile e terrificante. Tutti i loro beni sono contenuti in un sacchetto di plastica o una borsa (i più fortunati). Non un posto dove dormire, non la sicurezza di un pasto, non un luogo dove potersi lavare. Nulla. Ecco, immaginiamole dunque queste persone, uomini, donne, bambini, disperati e indifesi in un paese che non conoscono, dove si parla una lingua che non capiscono, che cercano di capire se riusciranno a trovare un po’ di nutrimento o un giaciglio di fortuna. Immaginiamo 10, 50, 100 persone a Roma, capoluogo della Regione Lazio, capitale d’Italia. Città benestante di una regione ricca di una delle nazioni “potenti” del mondo. Forse, immaginiamo, le istituzioni dovrebbero occuparsi di loro. Tutte, nessuna esclusa. E se non lo fanno? E se non lo fanno è naturale che ci siano altre persone, consapevoli del proprio benessere, che cercheranno di dare un aiuto. Si chiama misericordia e non c’è bisogno di essere credenti per farla. Basta avere un briciolo di coscienza. E allora ecco che ci ritroviamo nella situazione che si è visto negli ultimi anni al Baobab: l’intervento di associazioni, cittadini, volontari per sopperire alla colpevole assenza delle istituzioni. Che non solo si disinteressano, ma che di fatto riconoscono un ruolo ad un sistema di accoglienza nato spontaneamente. Non va bene, ma almeno, in qualche modo, funziona. Almeno si riesce a garantire un’assistenza minima. Inadeguato e insufficiente, ma è quello che - con l’impegno e la disponibilità di poche decine di volontari – si riesce a fare. Fino a quando? Fino a quando la misericordia non diventa illegale. Fino a quando non si decide di sgomberare il Baobab. Fino a quando qualcuno ha pensato bene che non bastava sgomberare il Baobab, ma che non si poteva neppure cercare di dare assistenza ai chi ne aveva bisogno. Fino a quando qualcuno non ha pensato bene di vietare – uso le espressioni bibliche per rendere meglio l’idea – di dare da mangiare agli affamati, di visitare gli infermi, di dare da bere agli assetati, di vestire gli ignudi, di alloggiare i pellegrini. Non si può fare. E’ vietato. Ma non semplicemente “vietato”. Per garantire il rispetto del divieto hanno militarizzato via Cupa (dove si trova il Baobab) con uno spiegamento di forze più adatto a combattere il clan dei Casalesi. Pattuglie di polizia e carabinieri mandate a perlustrare la zona alla ricerca di non si sa bene quali possibili reati. E loro? I pellegrini, affamati, assetati, spesso ignudi, qualche volta infermi? Loro costretti a nascondersi e ad essere invisibili. In una società opulenta e ipocrita che preferisce far finta di non vederli. Vietato esistere, dunque, e proprio nell’anno della misericordia e mentre celebriamo in pompa magna la giornata dei migranti. Ipocriti. Punto.

4 settembre 2016

Non si fa!

Non si fa. Ditino ammonitore che oscilla da destra a sinistra e viceversa in modo da rafforzare il concetto. Proprio non si fa. Con il medesimo afflato pedagogico schiere di opinionisti stanno esprimendo in questi giorni il proprio disappunto per la vignetta di Charlie Hebdo relativa al terremoto. Non si fa. Con i morti non si scherza.
Proprio la redazione di Charlie Hebdo era stata vittima di un terribile attentato da parte di fanatici estremisti islamici, che si sono sentiti offesi dalle vignette che a loro avviso erano un insulto per la loro religione. Non si fa. Anziché il ditino hanno pensato bene di utilizzare qualche mitra. Più rumoroso ma di indubbia efficacia comunicativa. La reazione del vecchio continente fu però compatta, non solo nel condannare il drammatico episodio, ma anche nella difesa del diritto di pensiero e di espressione, che rappresenta uno dei valori fondanti della nostra civiltà. Libertà, certo, di pensiero, di espressione e di satira, ma fino a dove può arrivare questa libertà? Sui morti non si scherza, abbiamo visto. Soprattutto sui “nostri” morti, perché non mi è parso di vedere analoghe levate di scudi quando vignette, anche molto crude, hanno fatto riferimento ad altri morti, magari disperati in fuga dalla guerra e annegati nel mare Mediterraneo o semplicemente uccisi in qualche conflitto (qualche volta proprio dalle nostre bombe e dalle nostre armi).  E penso alla vignetta che fece Staino – ora iscritto al club degli scandalizzati – quando nel 2010 precipitò l’aereo su cui viaggiava il presidente polacco insieme a molti esponenti del suo governo, rammaricandosi perché una simile “disgrazia” non era capitata a noi (augurando neanche troppo implicitamente la morte a Berlusconi e ai suoi ministri).



Anche sulla religione forse c’è una sensibilità variabile, considerato che le vignette sulla Chiesa cattolica sono spesso oggetti di critiche e spunto per accese polemiche.
E vogliamo parlare del pandemonio scatenato da una recente vignetta relativa alla Boschi a mio avviso semplicemente banale, ma giudicata sessista, quando alle varie Carfagna, Gelmini, Minetti, Meloni è toccato subire ben di peggio?

Come se ne esce?

Una prima ipotesi potrebbe essere quella di dare delle regole alla satira (mi viene un crampo allo stomaco a pensarci) e stabilire – che so – che è vietato scherzare su morte, religione, dignità delle donne, razzismo. Ma a quel punto perché non aggiungere un divieto per la satira che esaspera i difetti fisici (Ferrara ciccione, Brunetta basso e via dicendo) o i limiti intellettivi (con questo l’ambito di tutela sarebbe decisamente ampio). E in generale si potrebbe vietare tutto ciò che in qualche misura urta la sensibilità delle persone. Per farlo potremmo creare una bella commissione ministeriale di censura preventiva a cui tutti i vignettisti potrebbero mandare i loro elaborati prima della pubblicazione. Forse sarebbe non solo macchinoso, ma probabilmente insufficiente, perché la commissione potrebbe non essere in grado di intercettare tutte, ma proprio tutte, le sensibilità. E qualcosina un po’ sopra le righe finirebbe col suscitare comunque la piccata reazione di qualcuno, riaccendendo polemiche e dibattiti.

Una seconda ipotesi potrebbe essere quella di vietarla del tutto, la satira. In fondo una vignetta occupa una superficie inferiore al 3 per cento del giornale. Ci si mette una bella inserzione pubblicitaria e si risparmia sul vignettista.


Infine la terza via è quella di ricordarsi il vero significato della “satira”, la cui forza comunicativa nasce proprio dall’assenza di limiti, regole, filtri e binari su cui incanalarla. Può essere volgare, irrispettosa, sciocca, banale, corrosiva. A volta fa ridere, altre volte no. A volte fa riflettere, altre volte irride persone famose o potenti. C’è chi la fa bene e chi no. I disegnatori che piacciono a me possono non piacere ad un altro e viceversa. A volte è garbata, altre (spesso) è offensiva. Però, vi prego, non me la togliete: ho già sofferto abbastanza quando Cuore ha chiuso i battenti.

31 agosto 2016

Né case né scuole di sabbia

“La colpa non è di Dio, ma di chi costruisce case di sabbia”. Con queste parole il vescovo di Rieti,  monsignor Domenico Pompili, ha messo a tacere l’irresponsabile e comodo appello al fatalismo di buona parte del ceto politico. Diamo la colpa al destino crudele e pensiamo subito a come gestire la ricostruzione, che significa soldi, appalti, commesse. Non c’è mai tempo per riflettere. All’inizio è il momento del cordoglio. Nei giorni successivi bisogna rimboccarsi le maniche. Poi bisogna tornare alla normalità. E quando sei tornato alla normalità mica ti puoi mettere a pensare alla prevenzione… fino alla prossima volta. Del resto, come ha sottolineato cinicamente Bruno Vespa, i terremoti sono un ottimo volano dell’economia. Negli ultimi 48 anni abbiamo speso qualcosa come 121 miliardi di euro in ricostruzione, spesso sprecati in appalti sospetti e interventi di pessima qualità (Bertolaso docet), mentre per un serio intervento di prevenzione e messa in sicurezza il costo complessivo sarebbe di gran lunga più basso (circa 40 miliardi). A quanto pare i governi centrali sembrano incorrere ogni volta nel medesimo errore e l’atteggiamento di Renzi all’indomani della tragedia del 24 agosto ricorda la sicumera con cui Berlusconi nel 2009 prometteva agli aquilani  "Non vi lasceremo soli, la ricostruzione sarà rapida". Talmente rapida che ancora adesso, dopo sette anni, il centro storico del capoluogo abruzzese è un immenso cantiere. Ma gli amministratori locali quanto si preoccupano di questo aspetto? Sì, perché il loro ruolo è determinante per garantire che gli edifici, in particolare quelli pubblici, siano sicuri. E il crollo della scuola di Amatrice, ristrutturata nel 2012, preoccupa non poco da questo punto di vista. Non è la prima volta che una scuola crolla e ogni volta viene da pensare: E le nostre scuole? Saranno abbastanza sicure?

Ricordo perfettamente che dopo il terremoto dell’Aquila avevamo presentato un’interrogazione – a prima firma Spezzano - per chiedere garanzie sulla sicurezza strutturale degli edifici scolastici e che, visto che il sindaco non rispondeva, eravamo stati costretti a trasformarla in una mozione con la quale chiedevamo cose molto semplici come la ricognizione dello stato di salute degli edifici pubblici con particolare attenzione per le strutture scolastiche. Inutile dire che la mozione venne respinta dalla maggioranza e che sindaco e vicesindaco liquidarono la questione citando la relazione di uno studio tecnico e sostenendo di fatto che Labico non è un comune a rischio sismico. Nella mia replica dovetti spiegare che: 1) la relazione dello studio tecnico era tutt’altro che rassicurante perché vi si affermava che la scuola media non era in grado di resistere ad un’eventuale evento sismico; 2) il nostro comune, nella classificazione sismica, è inserito nella zona 2, ossia appena un gradino più in basso di quella dell’Aquila, ma non certo esente da rischi (basti pensare che i comuni colpiti dal sisma dell’Emilia Romagna sono di classe 3 e 4).


Sempre nello stesso periodo presentammo diversi atti per esprimere perplessità su alcune anomalie nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici e anche in questo caso le nostre istanze vennero bocciate. Ricordo che ancora adesso è in corso un processo penale per le irregolarità riscontrate nell’appalto alla scuola media, un processo nel quale gli unici ad essersi costituiti parte civile siamo stati io e Maurizio Spezzano, nell’indifferenza di buona parte della politica labicana.  Eppure siamo tutti consapevoli che dalla procedura di affidamento dei lavori per le opere pubbliche dipendono due cose importanti: la prima è un costo congruo dell’intervento, che permette di risparmiare soldi pubblici; la seconda è un intervento qualitativamente adeguato, che permette di dare maggiore sicurezza a chi – come i bambini  e i ragazzi – usufruirà della struttura. Io non posso che rinnovare l’invito a chi amministra – e soprattutto a chi amministrerà in futuro – ad assumersi la responsabilità di garantire quanto prima la sicurezza sismica degli edifici scolastici. Sarebbe un atto dovuto nei confronti delle future generazioni.



La scuola media di Labico (immagine street view di google)


15 luglio 2016

Noi e loro, ovvero lasciatemi fuori dai vostri recinti.

Nei commenti intrisi di razzismo strisciante, di fiero disprezzo, di cupa ostilità che sto incontrando sempre più frequentemente quando si ha che fare con episodi i cui protagonisti sono – o meglio sembrano – “altro” rispetto a noi, per cultura, religione, colore della pelle, mi imbatto nell’uso sempre più ostentato dei due pronomi personali “noi” e “loro”. Come se si avvertisse l’esigenza di erigere subito una barriera, un muro per separare noi, appunto, i buoni, i popoli civili, da loro, gli altri, i cattivi, quelli che vogliono minare alla radice la nostra cultura e la nostra civiltà. Una semplificazione banale e sostanzialmente sciocca che non tiene conto della complessità del mondo in cui viviamo, ma che dà la misura degli enormi pregiudizi di cui siamo vittime. Noi chi siamo? Loro chi sono? Noi occidentali? E dove comincia e dove finisce l’occidente? Qualcuno è in grado di disegnarne i confini in modo univoco? Noi bianchi? Ma quanto bianchi? Perché forse non ci siamo accorti di quanto ci siamo imbastarditi negli ultimi due secoli. Noi cattolici? O noi protestanti? O noi monoteisti, per poi magari scoprire che anche l’Islam è monoteista. E poi ci sono occidentali neri. E europei musulmani. Gli ebrei dove li vogliamo mettere? In fondo non più tardi di 70 anni fa qualcuno (bianco, cattolico ed europeo) ha pensato bene che andassero sterminati. E gli zingari? Non sono forse europei, spesso cattolici e sostanzialmente bianchi. Magari non troppo bianchi, ma neanche i calabresi sono troppo bianchi. Vogliamo iscriverli alla categoria “loro”? E i figli di immigrati del sud o dell’est del mondo da che parte della barricata li vogliamo mettere: di qua o di là? Tipo, per fare un esempio, Steve Jobs, di origini siriane l’avremmo messo di là? E El Shaarawy, l’attaccante della nazionale, di origini egiziane? Vogliamo fare un’eccezione per quelli che hanno i soldi? Ci rendiamo conto di quanto sia idiota questo grossolano tentativo di dividere il mondo in categorie? I criminali, i ladri e i delinquenti non hanno una particolare matrice genetica o religiosa e per quelli bisogna solo attrezzarsi con gli ordinari strumenti della giustizia. Per ridurre l’escalation del terrorismo, bisognerebbe, tanto per cominciare, smettere di praticarlo (il terrorismo), perché quando ti metti a bombardare città e villaggi e a massacrare popolazioni civili inermi, donne e bambini compresi, puoi anche chiamarla “esportazione di democrazia”, ma potrebbe essere percepita come terrorismo (del resto chi la subisce è, per l’appunto, terrorizzato) e chi la subisce potrebbe non prenderla troppo bene (nel senso che magari, almeno un po’, si incazza). Poi ognuno il terrorismo lo fa come può, qualcuno con gli F35, qualcun altro si arrangia alla bell’e meglio. Bisognerebbe imparare a riconoscere l’orrore sempre e comunque. Nient’altro. Chi pensa che esista un “noi” e un “loro” farebbe bene a mettere un asterisco in apice che rimandi alla specificazione “tranne Tullio”: lasciatemi fuori dai vostri recinti, grazie.

12 luglio 2016

Non ci resta che piangere

Anche io controreplico brevemente alla risposta della maggioranza. Lo faccio dicendo che c’è proprio poco da ridere. L’interiezione beffarda che fa da contrappunto ad ogni affermazione sembra una vera e propria presa in giro della cittadinanza di Labico, non solo amministrata in modo pessimo, ma anche grottescamente dileggiata. Premesso che la tecnica delle repliche galliane consiste nell’ignorare alcune critiche, presumibilmente quelle più insidiose, e di concentrarsi solo su quelle per le quali riesce a trovare qualche appiglio dialettico da contrapporre (con modesta efficacia, peraltro).
Per esempio torniamo alla questione dell’addizionale IRPEF. L’espediente è quello di aggrapparsi a qualcosa di oggettivamente inoppugnabile: la riduzione di un decimo di punto percentuale, cosa che nessuno aveva negato. Peccato non si voglia tenere conto che questi stessi amministratori avevano scelto la massima imposizione possibile e solo in vista delle elezioni cercano di abbindolare il proprio elettorato con quella che si può considerare una “mancetta”. Se facciamo un calcolo a spanna basato sull’imponibile medio IRPEF (fonte Agenzia delle Entrate) possiamo dire che la riduzione per ogni contribuente sarebbe di circa 5 euro. Non sembra esattamente una svolta epocale.
Sulla questione del “favor rei” si conferma di fatto la mia lettura, ossia che l’amministrazione si è limitata a fare quello che la legge impone. Non c’è alcuna discrezionalità, né – come sembra voler far credere il tenore del manifesto istituzionale – un atto di magnanimità del generoso sindaco Galli nei confronti della cittadinanza. Sarebbe interessante sapere quando i consiglieri di opposizione avrebbero votato contro il “favor rei”. Questa è una forzatura abbastanza ridicola. Non si spiega nemmeno in quale circostanza e in merito a quale atto. Al posto dei consiglieri di opposizione chiederei conto al Sindaco di un’affermazione lesiva del loro ruolo.
Sull’articolo 243-bis del TUEL ho fatto un’affermazione molto semplice quanto incontestabile e, in effetti, indirettamente, nella replica mi viene riconosciuto. Peccato che poi, con un triplo carpiato con doppio avvitamento della logica e del diritto si riesca a trasformare questa mia affermazione in un’arma impropria per attaccare Benedetto Paris su un argomento che io non ho proprio toccato e che non intendo affrontare nemmeno adesso (mai parlato di tariffe idriche nel mio post). Per quanto riguarda la deliberazione della sezione regionale della Corte dei Conti che viene citata come se fosse l’Oracolo di Delfi, vorrei sommessamente fare notare alcune cose:
-          la Corte dei Conti è chiamata semplicemente ad esprimere una valutazione di congruità del piano di riequilibrio e non interviene sulle cause scellerate che hanno determinato la situazione che il piano cerca di risolvere;
-          nelle premesse della deliberazione, la Corte dei Conti ha evidenziato quanto sia stato difficile convincere il Comune a scrivere qualcosa di decente e le numerose correzioni, integrazioni riformulazioni e modifiche citate nell’atto la dicono lunga sull’approssimazione con cui è stato fatto il piano di rientro;
-          la Corte dei Conti ha sottolineato che l’Amministrazione ha introdotto modifiche al piano in “maniera poco ordinata e chiara” e che “la versione definitiva del piano emerge da una serie di sovrapposte deliberazioni consiliari di difficile lettura a sistema, per mancanza di coordinamento delle relative disposizioni e dei report riportanti i dati del piano”; qualcuno meno elegante dei giudici contabili avrebbe detto fatto con i piedi, ma i giudici - si sa - hanno un certo stile, come dimostra la locuzione che si incontra poco dopo “ferma restando la valutazione, rimessa ad altri soggetti, sulla regolarità degli atti e la liceità dei comportamenti che hanno determinato la situazione di fatto rilevata dal giudice”, ossia, sempre tradotto in un linguaggio più diretto, chissà che impicci ci stanno sotto, per fortuna se la vede la magistratura penale;
-          ancora la Corte dei Conti ha evidenziato la presenza di debiti fuori bilancio (circa 150mila euro) per i quali “il competente Ufficio, pur in assenza di fatture, ha certificato la congruità dei lavori e l’effettiva utilità e arricchimento per l’Ente”; ossia il Comune ha speso un mucchio di soldi pubblici, quindi nostri, senza uno straccio di fattura per fare non si sa bene cosa, ma è bastato che il Comune stesso dicesse che erano soldi ben spesi per passarci sopra, della serie “famo a fidasse”;
-          sempre a proposito della Corte dei Conti, sono costretto a ricordare ancora una volta che Labico vanta il ben poco onorevole privilegio di essere finita nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario 2015 per la vicenda dei depuratori. La parte dedicata a Labico inizia con “la polizia erariale segnalava molteplici profili di danno erariale ed ipotesi di illecito penale”, per poi proseguire specificando le gravi violazioni di legge perpetrate, sottolineando che “il direttore dell’impianto inviava al Comune di Labico le relazioni sul buon funzionamento dell’impianto e sulla corretta gestione del rapporto, che venivano sistematicamente avallate dall’amministrazione comunale”, fino a stigmatizzare la “Situazione ancora più incredibile se si pensi al fatto che detti comportamenti sono proseguiti anche in costanza delle indagini penali, tanto ad indurre la Procura della Repubblica a chiedere il sequestro degli impianti” e a concludere che “La situazione di grave crisi nella gestione degli impianti e dei gravi inadempimenti […] era ben nota all’amministrazione”. Non esattamente un encomio solenne.
In una situazione così disastrosa c’è davvero poco da ridere. Ma trovo davvero inquietante che a ridere ci sia chi, di questa situazione, ne ha la responsabilità politica e amministrativa.

Tullio Berlenghi




Per correttezza trascrivo integralmente l’articolo della maggioranza:

Dopo il commento di Berlenghi sul manifesto del Sindaco relativo alla programmazione e al bilancio 2016, non abbiamo saputo resistere a una sia pur breve replica.
Nessun tono né tanto meno fine propagandistico: è un dato di fatto che le tasse sono state abbassate anche se a qualcuno questo non va proprio giù… ah! ah! ah!;
l’applicazione del favor rei, dice Berlenghi, è un principio di garanzia per i cittadini: giusto…e allora perché la minoranza “compatta” ha votato contro in consiglio comunale, senza peraltro motivare?  forse per fare un dispetto ai due terzi di cittadini che dice di rappresentare con riferimento all’anno 2012?…… o perché non ha capito di cosa si stesse trattando? ah! ah! ah! Sull’acqua, il comune è riuscito a far pagare meno rispetto a quanto previsto e consentito dal 243 bis del tuel…e ne e’orgoglioso, anche perché la corte dei conti ha approvato il piano finanziario di riequilibrio nel quale sono riportati i tassi di copertura…… o forse c’è chi si crede più bravo e ritiene di poter contestare la delibera di approvazione della corte o addirittura di sostituirsi all’organo esterno di controllo!? ….ah! ah! ah! Finalmente qualcuno ha capito come funziona la tassazione del servizio idrico per i comuni sub 243 bis e in questo apprezziamo la non certo voluta collaborazione di Berlenghi; pertanto, visto che a noi non ci ascolta, gli chiediamo di spiegarlo anche a chi in questi giorni sta facendo opera di persuasione verso i cittadini inducendo qualcuno a fargli presentare reclami raffazzonati sulle bollette dell’acqua, che non stanno nè in cielo né in terra, completamente infondati sul piano giuridico, che fanno perdere tempo ai contribuenti  e agli uffici……..ma che volete, questo è il livello dell’opposizione” di Labico………….
ah! ah! ah!


Grazie Tullio!

7 luglio 2016

Dove sono?

Dove sono quelli con le categorie pronte in tasca, sempre attenti quando i reati li compiono i neri, gli extracomunitari, gli zingari, per poter affermare la facile tesi che “loro” sono qualche gradino più in basso nella scala valoriale della civiltà?
Dove sono quelli che se un negro dice una parolaccia non esitano a richiamarlo al rispetto delle regole della civile convivenza (mi è capitato proprio ieri sull’autobus: "queste cose le vai a dire a casa tua, non qui")?
Dove sono quelli sul cui profilo facebook quotidianamente vengono messi foto e filmati per evidenziare quanto siano brutti, sporchi e cattivi (questa è una citazione, forse bisognerebbe rivederlo quel film) “gli altri”?
Dove cazzo siete tutti quanti adesso? Perché avrei bisogno da voi di una spiegazione per quello che è successo ieri, quando alcuni esponenti della cosiddetta civiltà hanno prima deriso e insultato una donna e poi massacrato di botte un uomo, la cui unica colpa era quella di avere la pelle nera.
Adesso, stranamente, tacete. Magari domani o dopodomani riprenderete a mettere su facebook e sui social i vostri post intrisi di livore e razzismo, contribuendo ad alimentare una perversa spirale di odio e violenza nei confronti di altri esseri umani.
Ebbene, ovunque voi siate, sappiate che, per me, la responsabilità dell’omicidio di ieri è anche vostra. E, forse, un po’ anche mia, perché neanche il silenzio (per accidia o viltà) è immune da colpe.

6 luglio 2016

Chiacchiere e distintivo


Come spesso succede i nostri amministratori fanno una gran confusione tra il bene pubblico, che sono chiamati a gestire nell’interesse della collettività, e perseguimento del proprio interesse privato, legittimo, ma che dovrebbe essere distinto dall’azione amministrativa. Il manifesto affisso nei giorni scorsi in giro per il paese è l’ennesima conferma di questa commistione. Il manifesto e il sito internet del Comune sono strumenti che hanno carattere squisitamente istituzionale e non dovrebbero essere usati (è una questione di stile, non tanto di legittimità) per fare propaganda politica. Per quella ci sono gli strumenti che usiamo tutti, ovviamente pagandoli con i nostri soldi, mentre se il sindaco utilizza spazi e risorse del Comune fa pagare a noi la sua attività di propaganda personale. Se il manifesto si fosse limitato a dare delle informazioni non ci sarebbe stato nulla da eccepire. Certo, qualche volta non è facile distinguere la comunicazione istituzionale dalla propaganda, ma un manifesto che titola “Fatti non chiacchiere” mi sembra che parta con un tono che non si può certo definire neutro. Al di là dello stile - che non mi sembra che fino ad ora abbia contrassegnato positivamente una gestione amministrativa personalistica, autoritaria e priva di rispetto per le più elementari regole di democrazia, come dimostra la decisione di approvare il bilancio in piena solitudine, privando la maggioranza della popolazione labicana della possibilità di essere rappresentata in consiglio comunale durante l’esame dell’atto più importante dell’amministrazione ordinaria – vorrei soffermarmi sul contenuto dell’informazione “istituzionale” arrivata ai cittadini (e pagata con i nostri soldi). Vediamo dunque, una per una, le mirabolanti novità su cui il sindaco ci ha reso edotti:

  1.  L’addizionale IRPEF passa da 0,8 a 0,7 per cento un anno prima delle elezioni. Questo significa che per i quattro anni precedenti abbiamo pagato il massimo previsto dalla legge e adesso scenderemo di un misero decimale. Grazie, eh.
  2.  Riduzione della TARI. Al momento sembra una chiacchiera, più che un fatto. Non ho trovato l’atto con cui è stata deliberata questa riduzione. Per il momento posso solo notare che lo stato di pulizia del paese lascia a desiderare. Attendo fiducioso.
  3.  Vedi punto 2.
  4.  Il principio del favor rei è un principio giuridico di carattere generale (nasce col diritto penale), che risponde all’esigenza di non penalizzare ingiustamente il cittadino. Non è una concessione fatta dal Sindaco Galli nella sua magnanimità, ma un principio di garanzia a tutela del contribuente.
  5.  Valgono le considerazioni del punto 5.
  6. In effetti è prevista una piccola riduzione del costo dei buoni pasto (che era aumentato notevolmente negli anni scorsi), ma solo per i redditi più bassi.
  7.  Le colonie estive si facevano anche trent’anni fa. Quello che è grave che non si siano fatte negli ultimi anni.
  8. Qui ci vuole il bronzeo volto del nostro primo cittadino, il quale, avendo la responsabilità politica dello sperpero di svariati milioni di euro di soldi pubblici (ossia nostri) si attribuisce il merito di farci sprecare “appena” due milioni di euro. Grazie, eh (2).
  9. Arriveranno, forse, sei milioni di euro di soldi pubblici (ossia nostri) e, forse, verranno spesi per realizzare opere pubbliche. Vorrei vedere! Comunque grazie, eh (3).
  10. Si ripristina la situazione della precedente convenzione, sul cui merito mi astengo, quindi niente di particolarmente nuovo.
  11. L’articolo 243-bis del Testo Unico disciplina il cosiddetto “predissesto” (ossia lo stato fallimentare dei conti in cui si trova il comune e sappiamo bene per colpa di chi) ed impone alcuni vincoli, tra cui quello di “assicurare, con i proventi della relativa tariffa, la copertura integrale dei costi della gestione”. Sarebbe un obbligo, non un indirizzo e il Sindaco si vanta di non rispettare la procedura a cui ha fatto ricorso per evitare il commissariamento. Tra l’altro i soldi con cui si arriva al 100 per cento del costo del servizio sono sempre pubblici, quindi nostri. Mi sfugge il motivo di tanta soddisfazione.
  12. Ah, quindi adesso funziona tutto alla perfezione. Grazie, eh (4).


Per chi non li aveva letti, ecco i fatti (e non chiacchiere) pubblicati dall’amministrazione comunale:

1. ABBASSAMENTO DI UN PUNTO DELL’ADDIZIONALE IRPEF - DA 0,8 A 0,7
2. RIDUZIONE GENERALE DELLA TARI E ABBATTIMENTO DEL 10% DELLA QUOTA VARIABILE PER I NUCLEI CHE HANNO PERSONE A CUI È STATO RICONOSCIUTO LO STATO DI HANDICAP GRAVE
3. ULTERIORE RIDUZIONE TARI PER CHI FA IL COMPOSTAGGIO DOMESTICO – DAL 10% DELLO SCORSO ANNO AL 20% DI QUEST’ANNO
4. APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL “FAVOR REI” IN MERITO ALLE SANZIONI, CON LA RIDUZIONE A UN SESTO DELLE STESSE
5. APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL RAVVEDIMENTO OPEROSO PERPETUO PER I CONTRIBUENTI CHE SI RENDONO CONTO DI NON AVERE IN BUONA FEDE PAGATO QUALCHE IMPOSTA O TASSA, CON LE CONSEGUENTI AGEVOLAZIONI
6. RIDUZIONE DELLE TARIFFE PER LA MENSA SCOLASTICA CON RIGUARDO ALLE FASCE DI REDDITO PIU’ BASSE
7. ORGANIZAZIONE DA QUEST’ANNO DELLE COLONIE ESTIVE A FAVORE DEI BAMBINI E RAGAZZI DA 9 A 15 ANNI
8. ABBATTIMENTO DEL DEBITO DEL DEPURATORE (DA 5 MILIONI DI EURO A POCO PIU’ DI DUE MILIONI, (VISTE LE ADESIONI DI ALCUNI CREDITOIRI CHE STANNO ARRIVANDO IN QUESTI GIORNI)
9. INVESTIMENTI PER LAVORI PUBBLICI PARI A CIRCA 6 MILIONI DI EURO
10. AUMENTO DEI CONTRIBUTI DEL COMUNE PER L’ASILIO NIDO CHE QUEST’ANNO GARANTISCONO LA PARTECIPAZIONE DI DIECI BAMBINI CONTRO I 5 DELLO SCORSO ANNO
11. MANTENIMENTO DELLE TARIFFE IDRICHE AL DI SOTTO DEL MASSIMO CONSENTITO DALL’ART. 243 BIS DEL TUEL ( LA TARIFFA A CARICO DEI CITTADINI NON COPRE, COME DOVREBBE, IL 100% DEI COSTI DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO E QUESTO GRAZIE ALLA SPENDING REVIEW FATTA DAL COMUNE SU ALTRE VOCI DI SPESA CORRENTE, AL RECUPERO TRIBUTI E AL PIANO DI RIEQUILIBRIO APPROVATO DALLA CORTE DEI CONTI
12. RIORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI, AVVALENDOSI DELL’AZIENDA SPECIALE PER GARANTIRE SERVIZI ESSENZIALI, SOPRATTUTTO SUL TERRITORIO ( CIMITERO, VERDE PUBBLICO, MANUTENZIONE PATRIMONIO E PIU’ IN GENERALE TUTELA DELL’AMBIENTE)

ABBIAMO GIÀ DIMOSTRATO COME QUESTA AMMINISTRAZIONE DIA SEMPRE PIÙ IMPORTANZA AI FATTI CHE ALLE PAROLE. ALTRI, AL CONTRARIO, FANNO GIRARE IN RETE E STAMPANO CHIACCHIERE PER PRESENTARE AI CITTADINI UN'IMMAGINE DISTORTA DELLA REALTÀ.

8 giugno 2016

Ma dove vai, bellezza in bicicletta?

“Ma guarda ‘sta deficiente!”. Roma, 7 giugno 2016, ore 18 e 50, via Cernaia, il traffico è reso più caotico del solito da una pioggia piuttosto intensa. In effetti l’avevo già notata, la "deficiente": era appena ripartita dopo l’incrocio e la guardavo un po’ preoccupato perché i motorini la superavano a destra e a sinistra rischiando di farle perdere l’equilibrio. Arrivata in prossimità della fermata dell’autobus commette l'imperdonabile errore per il quale l’autista dell’autobus dove mi trovo io pensa bene di riempirla di insulti. L’autobus che ci precede è fermo e lei all'inizio si sposta a sinistra con l’intenzione di superarlo ma, nel momento in cui si rende conto che l’autobus sta ripartendo e non farebbe in tempo a sorpassarlo, decide di attendere per poi rimettersi a destra. L’energumeno che guida il mio autobus non gliela perdona e, insieme agli insulti, compie una manovra tanto pericolosa quanto inutile, infilandosi in velocità tra lei e il marciapiede in uno spazio di appena pochi centimetri più largo per poi frenare bruscamente alla fermata e aprire le porte.

Nei pochi chilometri di tragitto da largo Chigi a qui avevamo incontrato, nell'ordine, diverse automobili che percorrevano allegramente la corsia preferenziale, un’automobile privata che aveva pensato bene di parcheggiare (con le quattro frecce lampeggianti, però) alla fermata di via del Tritone per far scendere una signora esattamente di fronte al negozio scelto per lo shopping, un non meglio quantificato numero di automobili, furgoni, scooter parcheggiati in doppia e tripla fila su via Barberini, per oltrepassare i quali sono stati necessari dieci minuti di attesa, un autobus turistico fermo, sempre in doppia fila, in via Vittorio Emanuele Orlando per caricare un gruppo di visitatori della città eterna e relativi bagagli (e noi sempre lì in rassegnata attesa). Fino a quel momento il Charles Bronson dell’ATAC non aveva dato alcun segno di disappunto per il consistente numero di violazioni del codice della strada che, oggettivamente, avevano contribuito ad aumentare il tempo di percorrenza della vettura n. 7698 della linea 492. Solo alla vista della ciclista si è materializzata in lui l’incontenibile esigenza del rigoroso rispetto della sua personale interpretazione delle norme che regolano la circolazione stradale. Un’interpretazione in base alla quale, suppongo, che essere donna e alla guida di una bicicletta siano due colpe di estrema gravità. In effetti neanche io saprei dire cosa sia peggio.

2 giugno 2016

Sensi di colpa

Cosa si prova di fronte allorrore di una ragazza barbaramente uccisa da chi probabilmente sosteneva di amarla o, quantomeno, di averla amata? Rabbia? Indignazione? Frustrazione? Impotenza? Angoscia?

Sì, è più o meno questa la gamma di sensazioni che ci pervadono quando arriva una notizia così. A me, inevitabilmente, si aggiunge qualcosaltro: il senso di colpa. In qualche misura mi sento responsabile anche io. Einsensato? Solo apparentemente.

Ricordo perfettamente il mio stato danimo dopo aver visto film come Schindler's List o Balla coi lupi. Al netto dello strazio emotivo di quelle pellicole, io avvertivo una incomprimibile sensazione di corresponsabilità «sineddochica». Come italiano per il fattivo contributo del mio paese alla persecuzione e allo sterminio degli ebrei, come europeo/occidentale per il massacro e genocidio delle popolazioni indigene americane, come essere umano per il cruento saccheggio degli ecosistemi e della biodiversità.


Poi leggo di Sara, una ragazza di 22 anni, strangolata, cosparsa di alcol (o benzina) dallex fidanzato e bruciata solo perché voleva decidere da sola della sua vita. Il senso di colpa per loccasione è come appartenente al genere maschile, mediamente incapace di distinguere tra amore e smania di possesso. Finché continueremo a pensare che il problema sia dei singoli, degli individui, di quelle miserabili teste di cazzo che non sopportano lidea che la “propria” donna in realtà sia semplicemente una persona, sulla quale non possono rivendicare alcun diritto di proprietà, saremo ben lontani dal trovare una soluzione. Il problema non è di alcuni maschi. Il problema è nella cultura maschile, una cultura ancora adesso intrisa di violenza e sopraffazione. La stessa cultura che porta altri miserabili a pronunciare frasi del tipo “difendiamo le nostre donne”, come se con noi, maschi italiani, fossero al sicuro. Eppure in Italia le donne uccise dalla violenza di genere (per tacere di quelle vittime di violenza psicologica, molestia, stupro) - una ogni due giorni - sono, per la stragrande maggioranza dei casi, vittime dei propri mariti, compagni, amanti, padri. Normalmente italianissimi e spesso persone socialmente e professionalmente affermate. No, il problema continuiamo ad essere noi maschi e la nostra vulnerabilità. Sembra un paradosso, ma è proprio la nostra debolezza - non fisica, per carità, ché ci sentiamo tanto virili (da vir, uomo, etimologicamente vicino a vis, forza) - a renderci così pericolosi. Noi maschi dobbiamo esserne consapevoli, dobbiamo sentirci in colpa per ogni Sara, dobbiamo iniziare a chiedere scusa e, soprattutto, dobbiamo essere parte attiva in un cambiamento culturale che ci porterà a non dover più chiedere scusa a Sara e alle altre donne vittime della “nostra” violenza.

19 febbraio 2016

Qualche appunto in replica all'autocelebrazione Galliana

La corposa replica di “Rinnovare per Labico”, almeno per l’attenzione riservata alla mia proposta, merita senz’altro una risposta. Per renderla più chiara proverò ad avventurarmi in una lettura esegetica del testo.
Buona lettura!

Rinnovare per Labico
Il mio commento
Dopo la richiesta di dimissioni del Sindaco, dopo l’istanza di convocazione straordinaria del consiglio, dopo la consegna ai contribuenti di modelli in bianco non idonei, dopo l’opera certosina di persuasione dei cittadini, dopo la raccolta di firme, arriva puntuale l’ultimo strenuo tentativo di mettere in crisi l’amministrazione con un consiglio ad hoc…Berlenghi pubblica la SUA mozione di sfiducia per mandare a casa il Sindaco e la maggioranza, chiedendo che altri la condividano, lasciando chiaramente intendere che si tratta di un pretesto per obbligare il Sindaco a convocare il consiglio.
Nel mio post suggerivo molto semplicemente uno strumento per cercare di ottenere quello che – in una vera democrazia – sarebbe un atto dovuto: un confronto pubblico in cui gli amministratori spiegano una situazione a dir poco incresciosa e danno vita ad un’interlocuzione con l’opposizione e i cittadini. Invece i nostri amministratori se la danno a gambe levate e si aggrappano a sofismi e capziosità giuridiche e regolamentari per cercare (senza successo, peraltro) di giustificare qualcosa di molto semplice: la vergogna e l’imbarazzo per essere i responsabili di un disastro amministrativo senza precedenti. Non è un caso che il sindaco sia ormai una specie di ologramma e i suoi avvistamenti in paese sono stati superati da quelli di UFO, sirene e gnomi viola.
Prescindendo dal fatto che, anche dal punto di vista formale, ci sarebbero molte cose da precisare che rendono tale mozione a dir poco discutibile, è la sostanza che conta e qui di sostanza non se ne vede neppure l’ombra…..ma se il promotore ritiene ci siano i numeri per presentare la mozione e, soprattutto, quelli per sfiduciare il Sindaco, lo faccia pure.
Questa frase non ha senso. Al sindaco non è attribuito un potere discrezionale tale da stabilire la bontà sostanziale delle mozioni di sfiducia, anche perché altrimenti sarebbe uno strumento affatto privo di efficacia.
Sul fatto dei numeri sono d’accordo. So bene che non ci sono molte probabilità che qualche consigliere eletto con la lista di Rinnovare per Labico avrà il coraggio di firmare un atto di questo genere. Però almeno si evitano ambiguità e adesso è chiaro quali consiglieri comunali sono disposti ad affrontare pubblicamente il tema e chi continua a dare credito alle scelte di Galli.
Intanto gli preannunciamo, in sintesi, – così ha tutto il tempo di prepararsi per migliorare il suo testo,– cosa andremmo a confutare della SUA mozione, qualora la stessa trovasse qualche idoneo sostenitore per arrivare al numero richiesto dalla legge ai fini della presentazione in consiglio.
Fa piacere che Rinnovare per Labico (non ho il piacere di sapere chi sia il mio interlocutore) si proponga per dare lezioni di redazione di atti consiliari. Vorrei sapere solo se sono previste offerte in combinazione con lezioni di contabilità pubblica e urbanistica, perché anche su quello sono certo abbiano molto da insegnare.
L’amministrazione Galli non ha prodotto i danni del depuratore ma se li è trovati sul groppone e ha fatto quanto in suo potere per ridurne l’entità; le relazioni al piano di riequilibrio e la discussione riportata nelle deliberazioni che ognuno può consultare sul sito web del Comune lo confermano in quanto si basano su fatti e atti certi;
Qui cominciamo con le balle. Se non è stata l’amministrazione Galli, a chi vogliamo attribuire la responsabilità? Sono già stati accusati: la ditta (scelta dall’amministrazione), il Corpo Forestale dello Stato (per fortuna verrà cancellato), il fosso di Centogocce (che ha pensato bene di ridurre la portata per fare un dispetto a Galli), le leggi ingiuste (che, in quanto tali, hanno deciso di ignorare), la siccità (come Johnny Stecchino), l’opposizione (quella ha sempre colpa). Ovviamente c’è ancora spazio per molti altri potenziali responsabili. Mi permetto di suggerire anche qualcosa tipo: “Ero... rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio”.
Il resto della frase non significa nulla. Si dice che l’amministrazione “ha fatto in quanto in suo potere per ridurne l’entità” (dei danni del depuratore). Cosa avrebbe dovuto fare? Aumentarne l’entità? Oddio, sarebbero capaci.
Come pure si evince dagli atti, l’ammontare complessivo della massa passiva inserito nel piano di riequilibrio pluriennale non è di 5.000.000,00 (cinque milioni) di euro ma di € 3.584.343,78 per la parte corrente ed € 185.565,38 per quella in conto capitale mentre il debito ad oggi riconosciuto dal consiglio comunale per il trasporto dei liquami è di € 2.050.268,87;
A parte il fatto che si parla di un danno economico enorme causato dall’incapacità di chi ha amministrato il Paese negli ultimi trent’anni, la cui gravità non muterebbe con 3,5 milioni al posto di 5, le cifre “come si evince dagli atti” le hanno date sempre loro, ed è scritto chiaramente nella delibera n. 28 del 27 dicembre 2013, approvata con il voto favorevole dei consiglieri Galli, Ulsi, Scaccia, Paoletti, Ricci (che mi risulta facciano parte di Rinnovare per Labico). Eventuali tentativi di ridurre l’entità dei contenziosi, di spalmare il debito, di riconoscerne solo una parte, ecc. ecc. non cambiano la sostanza del problema: un paese sull’orlo della bancarotta.
stralcio delibera 28/2013

l’importo da pagare, infatti, grazie al lavoro svolto dall’amministrazione comunale, è stato sensibilmente ridotto attraverso gli accordi transattivi con alcuni creditori e sono attualmente in corso trattative per ulteriori accordi a favore dell’Ente, nell’interesse della Comunità;
Stesse considerazioni del paragrafo precedente: al momento i debiti ci sono, gli accordi transattivi non si sa dove porteranno e, in ogni caso, anche se il Comune dovesse pagare un solo euro, saranno i cittadini (incolpevoli) a farlo e non gli amministratori (che di quell’euro di debito sono i responsabili).
il piano di riequilibrio finanziario decennale, che rappresenta la migliore soluzione in assoluto che il Comune potesse adottare per evitare danni ai cittadini, è stato APPROVATO DALLA COMPETENTE SEZIONE DELLA CORTE DEI CONTI e non è finanziato con le entrate derivanti dal recupero dei tributi né attraverso un aumento dell’imposizione fiscale ma da una operazione straordinaria di riduzione della spesa pubblica cui si aggiunge l’eventuale ma improbabile – perché prevista solo in via cautelativa – alienazione di immobili comunali non indispensabili. Il recupero tributario non serve pertanto a far cassa per finanziare il debito del depuratore in quanto non esistono condizioni di criticità che possano incidere sul rispetto degli impegni assunti con il suddetto piano di riequilibrio finanziario approvato ai sensi dell’art. 243 bis del TUEL, come avvalorato anche da specifica attestazione del responsabile del servizio finanziario;
Punti di vista. La norma introdotta con l’inserimento degli articoli 243-bis e seguenti al Testo Unico degli Enti Locali dà la possibilità agli amministratori che hanno portato il Comune quasi al dissesto di proporre un piano decennale di rientro. Un po’ come affidare l’ambulanza che deve portare all’ospedale i feriti di un incidente stradale all’automobilista che quell’incidente ha causato (magari per guida pericolosa).
Per quanto riguarda l’imposizione fiscale è praticamente al massimo e le tariffe dei servizi a domanda individuale sono state aumentate considerevolmente, quindi stiamo già spremendo come limoni i cittadini. Del resto basta leggersi la lettera con cui il dipartimento degli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno del 10 aprile 2014 per capire che il comune di Labico aveva già messo in conto di trasferire ai cittadini l’onere del dissesto (“Il ripiano della massa passiva verrebbe assicurato in dieci anni attraverso una manovra finanziaria attuata mediante maggiori entrate tributarie ed extratributarie, già deliberate nel 2013”) . Mentre parlare di “riduzione della spesa pubblica” come di un successo avrebbe un senso se si tagliassero gli sprechi, mentre in realtà si tagliano i servizi (e si vede dalle condizioni di degrado del paese).



Non bisognerebbe citare a vanvera gli organi giurisdizionali, perché si corre il rischio di rimediare brutte figure. Infatti Labico vanta il ben poco onorevole privilegio di essere finita nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario 2015, proprio per la vicenda dei depuratori, prodiga di apprezzamenti per l’operato dei nostri amministratori. La parte dedicata a Labico inizia con “la polizia erariale segnalava molteplici profili di danno erariale ed ipotesi di illecito penale”, per poi proseguire specificando le gravi violazioni di legge perpetrate, sottolineando che “il direttore dell’impianto inviava al Comune di Labico le relazioni sul buon funzionamento dell’impianto e sulla corretta gestione del rapporto, che venivano sistematicamente avallate dall’amministrazione comunale”, fino a stigmatizzare la “Situazione ancora più incredibile se si pensi al fatto che detti comportamenti sono proseguiti anche in costanza delle indagini penali, tanto ad indurre la Procura della Repubblica a chiedere il sequestro degli impianti” e a concludere che “La situazione di grave crisi nella gestione degli impianti e dei gravi inadempimenti […] era ben nota all’amministrazione”. Proprio un figurone.

l’indirizzo agli uffici per il recupero tributario è stato dato nel 2012 su proposta dell’allora Capo Dipartimento che giustamente aveva rappresentato la grave situazione dell’organico comunale, assolutamente insufficiente al fine di attivare proficuamente le procedure di recupero e aggiornare le banche dati dell’Ente;
a seguito di gara pubblica indetta nel rispetto della normativa europea, il Comune, nel 2015, ha affidato alla società A e G S.p.A. il servizio di supporto tecnico all’ufficio tributi;
Su questo mi permetto di obiettare che un’amministrazione capace e lungimirante non avrebbe dormito per interi lustri e avrebbe aggiornato costantemente le proprie banche dati, in modo da effettuare un continuo ed efficace controllo delle entrate fiscali e tributarie senza dover ricorrere a soggetti privati esterni che di mestiere lucrano sui soldi che i cittadini versano all’ente locale. Ricordiamoci che loro guadagnano anche sui pagamenti non dovuti e chi ha deciso di affidare ad un tale modello punitivo il rapporto tributario tra ente e cittadini dovrebbe fare un bell’esame di coscienza.
gli atti di accertamento notificati a fine anno 2015, sono più di novemila non solo per gli errori commessi dalla società ma perché riguardano anche cittadini non residenti a Labico e soggetti che, singolarmente, sono destinatari di diverse imposte e tasse; in realtà gli utenti destinatari di accertamento sono 4.625 e quindi non il numero o i numeri che qualcuno insiste nel pubblicare impropriamente su internet per confondere le idee ai cittadini e infangare l’immagine del Sindaco e della giunta comunale, facendoli apparire come sprovveduti;
Qui si gioca con i numeri per smentire senza smentire i dati (che, del resto, loro stessi hanno fornito). Il numero totale degli avvisi di accertamento (9538) l’hanno fornito loro. Che gli utenti destinatari di accertamento fossero meno degli avvisi era fuori di dubbio, ma Galli ci tiene a dimostrare di averlo capito persino lui, spiegando che non ci sono abbastanza cittadini a cui recapitare tutta quella roba.
a seguito della notificazione degli avvisi di accertamento (e non di cartelle esattoriali) è emerso che un numero considerevole di avvisi presenta vari errori;
Ecco, appunto: “è emerso che un numero considerevole di avvisi presenta vari errori”. In pratica è stato fatto un disastro ai danni dei cittadini (chi pagherà infatti tutti quegli avvisi di accertamento – mi raccomando non fate confusione - mandati a casaccio, il sindaco o i cittadini?). Invece di ammetterlo continuano a prendersela con chi lo sta facendo notare.
l’amministrazione guidata dal Sindaco Galli ha affrontato la situazione in modo del tutto adeguato, sia facendosi valere con la società affinchè rimediasse tempestivamente agli errori commessi, sia coinvolgendo la minoranza nelle valutazioni delle problematiche e relative soluzioni (purtroppo senza ricevere alcun contributo costruttivo), sia attraverso comunicazioni istituzionali chiare e tranquillizzanti, rispettose dei cittadini e di tutti gli altri interlocutori, diversamente da quanto ha fatto la minoranza, con espressioni offensive che arrivano al limite della diffamazione, piene di disprezzo verso le Pubbliche Istituzioni;
Qui si dice che gli amministratori sono tanto bravi e coscienziosi e la colpa è della società (se non della società, del responsabile ufficio tributi). Ma chi ha deciso di affidare questa operazione ad una società esterna, l’opposizione forse? Ovviamente l’eventuale contenzioso legale con la società chi lo dovrà pagare, se non i cittadini?
Sulla chiarezza delle comunicazioni ci sarebbe molto da dire, visto che ne hanno mandate un paio a settimana, con continue contraddizioni, incertezze e persino velate minacce (tipico delle comunicazioni istituzionali, immagino).
la ditta ha provveduto subito ad annullare una serie di avvisi impropriamente emessi, accomunati dal medesimo errore e sta provvedendo ad annullare ovvero rettificare tutti gli avvisi sbagliati;
E vorrei vedere! Ma qui siamo al delirio. L’alternativa qual era? Far pagare comunque la somma ingiustamente richiesta?
il responsabile dell’ufficio tributi ha contestato alla società A e G S.p.A. gli addebiti e sta replicando alle controdeduzioni per gli eventuali ulteriori provvedimenti richiesti dal caso;
Attendiamo con ansia il conto dell’ufficio legale che seguirà la vicenda.
nel frattempo, oltre a potenziare lo sportello di supporto ai contribuenti, sono stati diffusi sul sito web istituzionale diversi comunicati e pubblicati sul territorio avvisi alla popolazione per spiegare come sono andate le cose e comunicare le iniziative intraprese a favore dei contribuenti e della P.A, anche – come si ripete – con l’intento di tranquillizzare i cittadini che hanno ricevuto avvisi di accertamento erronei;
I cittadini labicani sono tranquillissimi. Abbiamo ordinato un container di valium. La posologia prevede una compressa ogni comunicazione istituzionale per tranquillizzare i cittadini.
in data 02/02/2016 il Responsabile dell’ufficio tributi, dott. Francesco Laudoni, ha adottato apposita determinazione dirigenziale, che sospende tutti gli effetti degli atti di accertamento fino al 30 giugno 2016 in modo che i contribuenti possano verificare con tutta calma le loro posizioni e gli uffici e lo sportello di front-office regolarizzare le varie situazioni risultate errate; tale provvedimento trova giustificazione nella necessità di evitare un dannoso e generalizzato annullamento, avvalendosi di strumenti offerti dalla legislazione vigente;
Anche qui siamo al minimo sindacale. Non era materialmente possibile che gli uffici esaminassero la valanga di avvisi pieni di errori inviati alla cittadinanza in soli 60 giorni. Magari non utilizzerei la parola “calma” per quanto riguarda la verifica. Invito il sindaco, da qui al 30 giugno, a trascorrere le proprie giornate nella sede dove si esaminano le posizioni dei singoli cittadini. Potrà apprezzare il clima di calma e serenità che si respira e di cui tutti gli tributeranno piena gratitudine.
IL RECUPERO TRIBUTARIO È UN ATTO DOVEROSO CHE L’ENTE DEVE ESERCITARE SIA PER RISPETTARE LA LEGGE CHE PER ATTUARE UNA POLITICA DI SOSTANZIALE EQUITÀ FISCALE E DI GIUSTIZIA SOCIALE, NONCHÈ AL FINE DI ASSICURARE UNA SERIE DI SERVIZI ATTUALMENTE NON GESTIBILI PER OBIETTIVA INSUFFICIENZA DI RISORSE FINANZIARIE, SENZA CONTARE I POSITIVI RIFLESSI CHE TALE OPERAZIONE POTRÀ AVERE A BREVE E MEDIO TERMINE SULLA REVISIONE DI TARIFFE ED ALIQUOTE TRIBUTARIE, A FAVORE DEI CITTADINI E SOPRATTUTTO DEI CETI MENO ABBIENTI.
Dopo trent’anni di malgoverno Galli farebbe bene a non parlare di equità fiscale e giustizia sociale, perché ha avuto tutto il tempo di mettere in pratica questi principi prima di adesso. Se non c’è riuscito è un suo limite (e un nostro problema, purtroppo).
Sulla base delle suesposte considerazioni, si ritiene che:
l’Amministrazione guidata dal Sindaco Galli abbia affrontato le situazioni in modo del tutto adeguato, attraverso iniziative concrete e comunicazioni istituzionali appropriate e rispettose degli interlocutori;
l’Amministrazione Galli abbia adottato tutte le iniziative necessarie ed opportune a difesa dei cittadini, dei contribuenti e dell’Ente Pubblico;
l’Amministrazione Galli stia continuando ad attivarsi per risolvere tutte le problematiche insorte sino alla loro completa e soddisfacente soluzione, nell’interesse dei cittadini e della P.A.
Questa è una patetica autocelebrazione del tutto priva di aderenza con la realtà. La situazione dei cittadini, dei contribuenti e dell’Ente Pubblico è tutt’altro che rosea e non basta scriverlo sul sito web per pensare che qualcuno ci creda davvero.
Al contrario, i consiglieri di minoranza, lungi dal fornire qualsiasi contributo e anzi alimentando l’onda del malumore e della generale preoccupazione, non riuscendo a raggiungere diversamente l’obiettivo di far cadere il Sindaco, si sono fatti promotori di una petizione popolare ed hanno convinto numerosi cittadini a firmare una farraginosa e non chiara istanza di annullamento generale dell’accertamento tributario, anche nei casi di sussistenza di un debito legittimamente accertato dalla P.A., con ciò intraprendendo una politica di incoraggiamento all’evasione fiscale, contraria ai loro doveri di pubblici amministratori, travisando del tutto il proprio ruolo istituzionale, mettendosi a disposizione di tutti i cittadini, senza distinzione tra onesti e non, spogliandosi della maschera di paladini della LEGALITA’ E TRASPARENZA, che da sempre indossano per carpire la buona fede dei cittadini.
Quanto sono cattivi gli altri, anzi forse è quasi colpa loro se le cose vanno così male a Labico, perché se c’è l’evasione fiscale la responsabilità è praticamente la loro.
A scanso di equivoci e per non far perdere ulteriore tempo ai cittadini, già abbastanza confusi dalla minoranza in queste ultime settimane, si precisa che una eventuale raccolta di firme non potrebbe, di per sé, legittimare la presentazione di alcuna mozione di sfiducia.
Questa della perdita di tempo dei cittadini è meravigliosa. Dopo aver ricevuto uno o più avvisi ogni contribuente ha dovuto – in media – andare una volta dal geometra (pagandolo), una volta dal notaio (pagandolo), una prima volta all’ufficio tributi, una prima volta in banca (perché non basta aver pagato ed avere la ricevuta, ma pretendono una certificazione ulteriore), una seconda volta dal geometra o dal notaio (se non da tutti e due), una seconda volta all’ufficio tributi (perdendo giornate di lavoro). Il tutto per risolvere un guaio causato dall’incapacità amministrativa di Galli. E quello che fa perdere tempo ai labicani sarebbe un cittadino che osa scrivere le sue opinioni sul suo blog?
D’altra parte, alla luce del numero esiguo di istanze presentare sul modello distribuito dalla minoranza e dei più recenti commenti apparsi sulla rete, provenienti da persone inizialmente critiche verso l’operato del Comune, che ora si dissociano dalle posizioni della minoranza e dei suoi seguaci più fedeli, si ha motivo di credere che questa volta i Labicani, grazie anche alla chiarezza e trasparenza dei comunicati pubblicati dall’Amministrazione, non si lasceranno influenzare dalla politica del Pifferaio locale in cerca di notorietà.
Su questo siamo d’accordo. Questa volta i labicani non si faranno influenzare dalla politica del pifferaio locale. Ne sono certo.


Concludo dicendo che la vera anomalia è questa incomprensibile resistenza al confronto democratico, che la dice lunga sulla pochezza e sulla senescenza culturale  di questa amministrazione, ancora convinta che il Comune possa essere governato con i principi del feudalesimo. Eppure basterebbe che Galli si girasse intorno per accorgersi che il mondo è cambiato. Basterebbe che Galli guardasse pochi chilometri più in là – a Colleferro - dove un sindaco molto più giovane e illuminato di lui, a fronte di una richiesta di convocazione da parte dell’opposizione, non si è trincerato grottescamente dietro inesistenti cavilli burocratici. Pierluigi Sanna, sindaco di Colleferro, ha semplicemente preso atto dell’esigenza del confronto ed è bastata una semplice richiesta dell'opposizione, perché si convocasse il consiglio comunale, che è stato riunito in un orario in cui i cittadini potessero essere presenti e partecipare. Non dobbiamo stupirci e non c’è nulla di straordinario. Si tratta dell’applicazione di un valore molto importante. Si chiama democrazia.


Alle colonne d'Ercole

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