1 marzo 2005

Cambiare assessore significa cambiare politica urbanistica?

Le polemiche che si innescano con la richiesta di dimissioni di un esponente dell’”esecutivo” sembrano a prima vista oziose e sterili. Spesso attengono al normale esercizio del proprio ruolo politico: l’opposizione, criticando l’operato dell’assessore, chiede le sue dimissioni; l’assessore, difendendo le proprie scelte e il proprio impegno, mantiene ben saldo il contatto tra la poltrona e l’epidermide dei propri glutei. Apparentemente quindi tutto inutile, se non per poter parlare un po’ di sé (ah, la visibilità in politica quanto è importante).
Ho molto riflettuto sull’opportunità che il nostro assessore all’urbanistica rassegni le proprie dimissioni dall’incarico e, pur condividendo ampiamente le critiche rivolte su come egli abbia fino ad ora interpretato il proprio incarico amministrativo (critiche che peraltro ho dettagliatamente formulato su queste pagine in un articolo di commento sulla proposta di variante al piano regolatore), mi sono convinto che sia più opportuno il mantenimento dello status quo.
So dell’apparente contraddizione di questa mia asserzione e cercherò di spiegarmi meglio. Trovo del tutto lineare e coerente l’atteggiamento dell’assessore all’urbanistica ed è perfettamente funzionale alla politica di governo del territorio di questa maggioranza. Una politica basata su un’enorme attenzione alle esigenze dei costruttori, su una sostanziale “tolleranza” degli abusi e delle irregolarità edilizie, su una conclamata indifferenza alle esigenze dei cittadini ed agli obblighi di legge in termini di servizi, verde pubblico, manutenzione viaria, opere di urbanizzazione e via discorrendo. Tra l’altro questa “filosofia” (sic!) urbanistica fa parte del DNA del centrodestra e bisogna dare atto ai nostri amministratori di essere tra i precursori di questo modus operandi: ne è riprova la presentazione di una proposta di legge (relatore on. Maurizio Lupi, Forza Italia) che prevede – di diritto – ciò che a Labico già avviene da anni – di fatto -. Ossia l’adozione dell’”urbanistica contrattata” – come è stata ineccepibilmente definita da un urbanista di calibro come Vezio De Lucia – che consiste in una sorta di mercimonio tra amministratori e costruttori (evitando così di ricorrere ad atti “autoritativi”, insolente termine per descrivere l’applicazione di criteri chiari ed omogenei) e la cancellazione dei cosiddetti standard urbanistici, che sono esattamente gli elementi di qualificazione di un piano urbanistico (piazze, giardini, scuole, parchi) e la cui realizzazione verrebbe infine lasciata al buon cuore (risic!) o al buon senso (strasic!) dell’amministrazione comunale.
Dubito che, cambiando unicamente l’assessore, avremmo una reale svolta nella politica urbanistica. Certo bisognerà continuare a sorvolare sul paradosso orwelliano di un assessorato all’urbanistica che, così come il ministero dell’ambiente guidato da Altero Matteoli (premio “Attila” del WWF e non certo per meriti ambientali), ricorda il ministero della pace nel “Grande Fratello” (che, infatti, si occupava di fare la guerra). Ma per il resto mi sembra tutto improntato ad una sostanziale coerenza politica, legittimata – come puntualmente ricorda chi è al governo – dal consenso popolare. Si tratta solamente di capire se e quanto durerà questo consenso, perché, come dice un vecchio adagio attribuito a Benjamin Franklin: «Puoi ingannare pochi per molto tempo, puoi ingannare molti per poco tempo. Ma non puoi darla a bere a tutti per sempre» e a Labico mi sembra si sia bevuto a sufficienza.

Tullio Berlenghi

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura