4 settembre 2016

Non si fa!

Non si fa. Ditino ammonitore che oscilla da destra a sinistra e viceversa in modo da rafforzare il concetto. Proprio non si fa. Con il medesimo afflato pedagogico schiere di opinionisti stanno esprimendo in questi giorni il proprio disappunto per la vignetta di Charlie Hebdo relativa al terremoto. Non si fa. Con i morti non si scherza.
Proprio la redazione di Charlie Hebdo era stata vittima di un terribile attentato da parte di fanatici estremisti islamici, che si sono sentiti offesi dalle vignette che a loro avviso erano un insulto per la loro religione. Non si fa. Anziché il ditino hanno pensato bene di utilizzare qualche mitra. Più rumoroso ma di indubbia efficacia comunicativa. La reazione del vecchio continente fu però compatta, non solo nel condannare il drammatico episodio, ma anche nella difesa del diritto di pensiero e di espressione, che rappresenta uno dei valori fondanti della nostra civiltà. Libertà, certo, di pensiero, di espressione e di satira, ma fino a dove può arrivare questa libertà? Sui morti non si scherza, abbiamo visto. Soprattutto sui “nostri” morti, perché non mi è parso di vedere analoghe levate di scudi quando vignette, anche molto crude, hanno fatto riferimento ad altri morti, magari disperati in fuga dalla guerra e annegati nel mare Mediterraneo o semplicemente uccisi in qualche conflitto (qualche volta proprio dalle nostre bombe e dalle nostre armi).  E penso alla vignetta che fece Staino – ora iscritto al club degli scandalizzati – quando nel 2010 precipitò l’aereo su cui viaggiava il presidente polacco insieme a molti esponenti del suo governo, rammaricandosi perché una simile “disgrazia” non era capitata a noi (augurando neanche troppo implicitamente la morte a Berlusconi e ai suoi ministri).



Anche sulla religione forse c’è una sensibilità variabile, considerato che le vignette sulla Chiesa cattolica sono spesso oggetti di critiche e spunto per accese polemiche.
E vogliamo parlare del pandemonio scatenato da una recente vignetta relativa alla Boschi a mio avviso semplicemente banale, ma giudicata sessista, quando alle varie Carfagna, Gelmini, Minetti, Meloni è toccato subire ben di peggio?

Come se ne esce?

Una prima ipotesi potrebbe essere quella di dare delle regole alla satira (mi viene un crampo allo stomaco a pensarci) e stabilire – che so – che è vietato scherzare su morte, religione, dignità delle donne, razzismo. Ma a quel punto perché non aggiungere un divieto per la satira che esaspera i difetti fisici (Ferrara ciccione, Brunetta basso e via dicendo) o i limiti intellettivi (con questo l’ambito di tutela sarebbe decisamente ampio). E in generale si potrebbe vietare tutto ciò che in qualche misura urta la sensibilità delle persone. Per farlo potremmo creare una bella commissione ministeriale di censura preventiva a cui tutti i vignettisti potrebbero mandare i loro elaborati prima della pubblicazione. Forse sarebbe non solo macchinoso, ma probabilmente insufficiente, perché la commissione potrebbe non essere in grado di intercettare tutte, ma proprio tutte, le sensibilità. E qualcosina un po’ sopra le righe finirebbe col suscitare comunque la piccata reazione di qualcuno, riaccendendo polemiche e dibattiti.

Una seconda ipotesi potrebbe essere quella di vietarla del tutto, la satira. In fondo una vignetta occupa una superficie inferiore al 3 per cento del giornale. Ci si mette una bella inserzione pubblicitaria e si risparmia sul vignettista.


Infine la terza via è quella di ricordarsi il vero significato della “satira”, la cui forza comunicativa nasce proprio dall’assenza di limiti, regole, filtri e binari su cui incanalarla. Può essere volgare, irrispettosa, sciocca, banale, corrosiva. A volta fa ridere, altre volte no. A volte fa riflettere, altre volte irride persone famose o potenti. C’è chi la fa bene e chi no. I disegnatori che piacciono a me possono non piacere ad un altro e viceversa. A volte è garbata, altre (spesso) è offensiva. Però, vi prego, non me la togliete: ho già sofferto abbastanza quando Cuore ha chiuso i battenti.

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura