Non è chiaro il motivo delle
lamentele di Nello. In politica la critica è prevista e ammessa (magari non gli
insulti, ma evidentemente dipende da chi li formula). Pretendere di non
incorrervi è inutile, oltre che bizzarro. In più si aggiunge una certa schizofrenia:
da un lato Nello continua ad accusare i suoi ex-alleati di non averlo
sostenuto, dall’altro dichiara di non volere avere nulla a che fare con loro.
Da una parte cerca di convincere tutti che, dal punto di vista dei contenuti,
si è sulla stessa lunghezza d’onda, dall’altro si afferma che c’è
un’incompatibilità assoluta. Certo, il quadro non è facile. Perché se davvero
non ci sono differenze sul piano programmatico, è difficile accreditarsi come
il soggetto da sostenere e l’unica arma diventa quella di dimostrare una
migliore capacità amministrativa. Se, invece, le differenze ci sono è opportuno
metterle in evidenza e sperare che siano proprio quelle differenze a portare
maggiore consenso. Il vero problema è che, in tutto questo, sfugge la presenza
del primo attore della politica labicana, Alfredo Galli, il quale ancorché
vicino a cadere in disgrazia, è ancora saldamente al comando del Comune.
Certamente, vivaddio, iniziano a venire al pettine i nodi della sua politica
insensata di governo del territorio e qualcuno comincia a pensare che la nave
stia affondando e, tra elettori finalmente consapevoli e opportunisti sempre
pronti a cambiare casacca in funzione della convenienza, il suo appeal cala di giorno in giorno. Non
bisogna dimenticare, però, che, durante la sua lunghissima esperienza da
amministratore, si è potuto avvalere, in vari ruoli, di più di qualcuno che
adesso si propone come “alternativa” e “cambiamento”, a cominciare proprio da Nello Tulli , il quale – non
a caso – è quello che sembra essere più comprensivo sui possibili reati
commessi dagli amministratori pubblici. Come se non fosse altrettanto grave, se
non più grave, che a violare il codice penale – in danno della collettività,
ricordiamocelo bene – sia una persona stipendiata per dedicare il suo tempo
alla cosa pubblica. E’ ovvio che essere oggetto di indagine non determina una
responsabilità certa, ma non la si può nemmeno già escludere a priori. Anche
perché un conto è la responsabilità dovuta a superficialità nel gestire la
macchina amministrativa, mentre ben altro è la responsabilità legata ad un
consapevole sviamento dalla procedure per trarne illeciti benefici (soldi,
consenso, potere). La seconda è sicuramente dolosa, ma la prima presuppone la colpa. Per la quale non
è certo una scriminante l’inettitudine, caratteristica purtroppo abbastanza diffusa
tra molti amministratori locali. E a riprova di una visione un po’ ondivaga c’è
il suggerimento di Nello ad Alfredo di avvalersi di bravi avvocati. Che
ovviamente dovremmo pagare noi. Da un lato, dunque, si imputano a Galli
responsabilità sulla vicenda, dall’altro si tendono a trovare attenuanti (se
non cause di giustificazione) e addirittura si suggerisce di investire risorse
pubbliche per una efficace tutela legale. Ma la qualità dell’avvocato non
modifica la sostanza delle questioni. Anzi, potrebbe persino alterarla. Infatti,
qualora il legale scelto dall’amministrazione risultasse così abile, tra
cavilli e arzigogoli, da riuscire a mandare in fumo il procedimento penale (magari
con una prescrizione), non avrebbe buon gioco Galli a cantare vittoria anche
sul piano politico? E se la stessa operazione riuscisse a tutti i soggetti
coinvolti e non si potessero accertare – sul piano giudiziario, almeno – le
responsabilità, cosa succederebbe? A chi si potrà attribuire la responsabilità
del disastro dei depuratori? Ai magistrati? Al destino? Al malocchio? Ah, già.
Ai cittadini, che si ostinano a fare la cacca. Proprio
incorreggibili.
27 luglio 2012
19 luglio 2012
Interrogazione campo di calcetto
Al Sindaco di
Labico, con richiesta di risposta al primo Consiglio Comunale utile e contestuale
iscrizione del punto all’odg
Il sottoscritto consigliere
interroga il sindaco, per sapere, premesso che:
-
la struttura polifunzionale (calcio a cinque e
tennis) situata nel parco Tulli è una delle pochissime strutture del paese dove
i ragazzi possano praticare sport;
-
l’amministrazione non è mai riuscita a far
funzionare in modo adeguato la struttura e non è stata in grado di organizzarne
efficacemente la fruizione;
-
a quanto risulta al momento la struttura non è
utilizzabile da chiunque ma sembra che vi sia una sorta di gestione
“privatistica” del campo, priva di ogni criterio o regolamentazione;
-
in buona sostanza, i ragazzi di Labico che
desiderano praticare calcio a cinque sono costretti a recarsi nelle strutture
dei paesi limitrofi, stante la non fruibilità della nostra struttura comunale,
per la quale sono state investite risorse pubbliche consistenti, sia per la sua
realizzazione, sia per la sua manutenzione;
se il Sindaco
intenda spiegare le ragioni di questa pessima gestione di un bene pubblico
nonché del pessimo servizio reso ai ragazzi del paese, ai quali vengono
precluse persino le modestissime risorse infrastrutturali di cui
l’amministrazione dispone;
in che modo e
con quali tempi intenda organizzare una corretta, piena e trasparente fruizione
del campetto del parco Tulli, pubblicizzandone in modo adeguato costi e
procedure.
SPEZZANO
Etichette:
calcetto,
interrogazione,
labico,
sindaco,
spezzano
17 luglio 2012
Depuratori. Fallito il tentativo di occultamento dei fatti.
Ci
sono voluti ben tre mesi, ma alla fine persino Alfredo Galli si è reso
conto che non poteva sottrarsi all’obbligo di dare delle spiegazioni ai
cittadini sulla vicenda del sequestro dei depuratori. Un episodio molto grave,
reso ancora più allarmante dai continui tentativi di minimizzarne la portata. A cominciare
da chi ha guidato l’amministrazione per cinque anni (per poi scomparire nel
nulla) il quale, subito dopo l’arrivo dell’avviso di garanzia, ha espresso “piena
fiducia nella ditta che gestisce gli impianti” e ha personalmente assicurato
che “il servizio è stato sempre effettuato nel pieno rispetto delle norme a
tutela dell’ambiente, in maniera tale da garantire, sempre la salute pubblica”.
Neppure un dubbio, un sospetto, un’esitazione. Eppure lui, Galli, Scaccia e
tutti quelli che frequentano – e qualcuno da tempo immemore - la stanza dei
bottoni, avevano tutti gli strumenti per valutare e verificare le cose. Anche
prima dell’informazione di garanzia, ma almeno avrebbero potuto (e, soprattutto,
dovuto) sincerarsi “dopo” della situazione. Invece hanno preferito proseguire
nella tecnica dell’occultamento dei fatti. Hanno insistito su uno degli aspetti
della questione, quello che vorrebbe che tutto il problema fosse legato alla
presunta intervenuta diversa classificazione del fosso di Centogocce. In
sostanza il tentativo messo in pratica da Galli & C. era quello di far
credere che la magistratura aveva cambiato le regole (o almeno la loro
interpretazione) trasformando un impianto di depurazione perfettamente
funzionante in fuorilegge e creando un sacco di disagi al comune e ai
cittadini. I soliti giudici persecutori. Che l’impianto fosse comunque
sottodimensionato, che in ogni caso non funzionasse, che nessuno controllava
niente, che si pagava un consulente per fare dei controlli che non venivano
fatti, che la ditta veniva pagata per smaltire dei fanghi di depurazione ma non
lo faceva (in tre anni 1600 tonnellate
di melma sono state lasciate ad inquinare il nostro territorio), che il comune subiva una frode da una ditta giudicata ineccepibile
dagli amministratori, che tutta questa negligenza ci costerà fior di quattrini,
quello no, quello non è stato detto. Il sindaco ha soltanto – finalmente,
aggiungerei – ammesso che saremo costretti a spendere la bellezza di un milione
e mezzo di euro per un problema del quale non si sente minimamente responsabile,
nonostante stia amministrando questo paese da almeno vent’anni, ossia gli anni
in cui si è dato il via ad una devastazione del territorio di cui quella dei
depuratori è solo una delle conseguenze. Anzi, ha avuto persino l’ardire di
vantarsi di aver già individuato la soluzione (a suo dire) del problema, con un
intervento di adeguamento dell’impianto del Pantano, che dovrebbe – nella
migliore delle ipotesi – tamponare approssimativamente la situazione. E
probabilmente l’operazione “nebbia” sarebbe riuscita senza l’intervento di
Maurizio Spezzano. Nello
Tulli , infatti, si è limitato a ribadire una certa cautela
per quanto riguarda gli aspetti penali della vicenda e preferendo parlare
esclusivamente di come sia stata gestita l’emergenza, senza preoccuparsi troppo
di andare a cercare le responsabilità che di quell’emergenza sono la causa. Secondo
Tulli la soluzione del problema si sarebbe avuta in tre
mosse: avviare prima l’adeguamento dell’impianto con i moduli di ossidazione
finanziato dalla Regione Lazio, ridurre le indennità di giunta ed evitare alcune
spese di mobilio. Certo per arrivare ad un milione e mezzo di euro ci vorrà un
po’, ma si vede che Tulli è persona paziente e lungimirante. Proviamo ad
immaginare il consiglio comunale che finisce qui. Zero informazioni o quasi.
Proposte zero o quasi. Un consiglio comunale pressoché inutile. Per fortuna non
è finito lì. Si è alzato Maurizio Spezzano e
ha spiegato a tutti i presenti come stanno realmente le cose (non entro nel
merito per non ripetere ciò che spiega la nostra relazione). La semplice
esposizione dei fatti ha subito creato scompiglio. Scaccia - che già aveva
avuto modo di criticare il fatto che Nello Tulli fosse in possesso di informazioni sulla
gestione contabile del comune, come se si trattasse del proprio conto in banca
personale – ha provato a mettere in discussione alcune delle affermazioni di
Spezzano, rimediando, come fa ogni qualvolta apre la bocca, una figura
miserabile. Perché quanto veniva esposto da Maurizio era, né più né meno, il
frutto dell’esame della documentazione in possesso del comune. Documentazione
che, come stiamo cercando di spiegare da oltre cinque anni a gente convinta che
vincere le elezioni significhi diventare “padroni” del comune, è pubblica e
accessibile, soprattutto per i consiglieri comunali. Grazie a questo lavoro di
studio e di esame delle carte (tra l’altro non tutte, ma quello è un altro
problema) siamo riusciti a ricostruire per intero la vicenda e a mettere in
luce le possibili responsabilità. Galli, ad un certo punto, non ce l’ha fatta
più e ha preferito togliere la parola a Spezzano. Formalmente ne aveva pieno
diritto, perché l’intervento era andato oltre il tempo consentito dal
regolamento, ma indubbiamente l’uso del proprio potere di presidente
dell’assemblea per chiudere la bocca a chi stava spiegando – cosa che avrebbe
dovuto fare lui - la situazione è parso un atto di estrema difficoltà e
debolezza. Ha addirittura cercato di non mettere in votazione gli ordini del
giorno predisposti da Maurizio con i quali si individuava una prima, concreta,
ipotesi di lavoro sulla vicenda. E, persino il segretario ha cercato di
avallare un’interpretazione democraticida del regolamento. Consapevole della
forzatura, Galli ha accettato di mettere in votazione i tre documenti. Inutile
dire che sono stati bocciati in modo compatto dalla maggioranza, arrampicandosi
su specchi di ruoli e competenze, come se non sapessero (ma magari non lo sanno
sul serio…) che un ordine del giorno è un atto di indirizzo – e quindi politico
- e non un atto deliberativo. E così Alfredo Galli, Giorgio Scaccia , Mirko
Ulsi, Nadia Ricci ,
Luciano Galli e Adriano Paoletti hanno deciso che non vogliono che il comune
incassi le polizze fidejussorie previste dal contratto di appalto, che rescinda
il contratto di appalto con una ditta che ha gestito in modo inqualificabile
gli impianti di depurazione, che il comune cerchi di rivalersi sulla ditta per
i danni causati alla collettività. Visto che è stato spiegato che non si
possono chiedere risorse per sanare i guai combinati dagli amministratori, mi
sembra evidente che, secondo la maggioranza, a pagare dovranno essere i
cittadini. Cominciamo a mettere le mani al portafoglio.
5 luglio 2012
La legge del contrappasso
Il Sindaco “invita la
cittadinanza a limitare al massimo l’utilizzo dei servizi igienici privati al
fine di diminuire il flusso dei liquami presso i suddetti depuratori”. L’unica interpretazione
possibile di questa frase - tratta da un “avviso alla popolazione” del sindaco
di Labico - è molto semplice: fatene poca. Di cacca, si intende. In generale l’invito al risparmio e
a non abusare delle risorse naturali è normalmente apprezzabile. Viviamo in una
terra che ha molti limiti e noi umani siamo tanti e aumentiamo sempre di più.
Un rapporto rispettoso con il nostro pianeta sarebbe sicuramente auspicabile e
ben vengano amministratori illuminati che ci esortano alla misura. Sarei felice
di avere un sindaco che suggerisce di non sprecare il cibo, che incentiva la
vendita di prodotti biologici e a chilometri zero; un sindaco che promuova la
mobilità sostenibile e il risparmio energetico e si batta per evitare il
consumo del suolo. Un sindaco che magari va in giro per il paese in bici o a
piedi e non con il SUV, anche per fare pochi metri. Ecco, da un sindaco così,
apprezzerei l’invito (ancorché indiretto) a risparmiare una risorsa importante e preziosa come
l’acqua. Anzi: magari avercelo un sindaco così. Invece, il mio sindaco ha una
cultura diametralmente opposta. Il mio sindaco non ha la più pallida idea di
cosa significhi “decrescita” e tutta la sua azione amministrativa è sempre andata
nella direzione dello spreco, del consumo bulimico del suolo, dell’espansione
del cemento, dell’impermabilizzazione dei terreni, della distruzione
dell’economia agricola locale. Un sindaco che non si è mai posto il problema
del limite alla crescita, salvo accorgersi, di tanto in tanto, che la crescita
– soprattutto se disordinata e regolata esclusivamente dal profitto – porta con
sé alcune conseguenze di cui un buon amministratore dovrebbe tenere conto. Come
l’aumento della popolazione scolastica (della quale non bisognerebbe accorgersi
solo quando si iscrivono i bimbi a scuola), le maggiori esigenze di servizi da
parte dei cittadini, l’incremento del traffico e della domanda di parcheggi.
Fino ad arrivare alla sconcertante scoperta che se raddoppia il numero dei
cittadini raddoppia anche la produzione fecale della popolazione. E che anche
gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane dovrebbero adeguarsi
all’incremento demografico. Disinteressarsene o, comunque, non intervenire per
anni non poteva che portarci ad avere i depuratori sequestrati dalla
magistratura (eh, sì: ogni tanto qualcuno si ostina a voler far rispettare le
leggi) e ritrovarci in una situazione disastrosa. E dopo tre mesi dall’inizio
dell’emergenza depuratori, ecco che il nostro primo cittadino tira fuori dal
cilindro la soluzione perfetta: evitate di andare a cagare. Col rischio che, per una sorta di contrappasso, qualcuno (e potrebbero essere in tanti) ci mandi lui.
Iscriviti a:
Post (Atom)