27 giugno 2009

Sulla strada della democrazia


Una delle maggiori difficoltà che incontriamo come opposizione è quella di convincere la maggioranza – o almeno la parte di essa che conta e che decide – della necessità di rispettare alcuni principi democratici. A volte si ha la sensazione che la loro non sia sempre, o che non sia solo, una visione padronale della gestione della cosa pubblica. Talvolta la sensazione è che proprio non abbiano idea di cosa significhi “pubblica amministrazione” e tantomeno siano a conoscenza dei requisiti fondamentali ed irrinunciabili che ad essa si ricollegano.


Principi per il cui rispetto è necessario che l’attività amministrativa si svolga tenendo conto di alcuni diritti dell’opposizione. Il problema è ancora una volta di tipo “culturale”. E’ proprio la parola “diritto” che non trova agevolmente cittadinanza nel “sistema” che si è affermato nella politica labicana. Molti cittadini che hanno avuto a che fare con l’amministrazione locale lo hanno imparato sulla propria pelle. Di fronte ad una qualunque richiesta è raro avere delle risposte precise. Spesso è necessario passare il filtro di qualche amministratore, quando nella stragrande maggioranza dei casi dovrebbero essere gli uffici – sulla base dell’applicazione di un criterio imparziale e di agevole conoscibilità – a stabilire se la richiesta sia oppure no meritevole di accoglimento. Risposte scritte non vengono date facilmente, mentre invece dovrebbe essere la norma. Insomma quello che normalmente è (o dovrebbe essere) una semplice e chiara applicazione di norme e regolamenti diventa una melma appiccicosa in cui il cittadino non riesce a districarsi e finisce col doversi raccomandare al potente di turno. Ed è lì che il diritto diventa concessione. E’ lì che un atto dovuto si tra sforma in favore. E’ lì che si cerca di trasformare il rapporto cittadino-pubblica amministrazione in rapporto suddito – sovrano, alla cui benevolenza è necessario affidarsi.


Tale e tanta è la convinzione di essere nel giusto che si applica il “metodo” anche al rapporto con l’opposizione, alla quale si è disposti a concedere alcuni “favori”, in cambio di una sorta di acquiescenza rispetto alle scelte del manovratore. Credo sia superfluo dire che non siamo mai stati disponibili a simili compromessi, che avrebbero come unico risultato quello di farci perdere quella credibilità politica che siamo riusciti a guadagnare con due anni di opposizione ferma e intransigente, ma al contempo costruttiva e propositiva. E così, lentamente, stiamo riuscendo ad incidere sui meccanismi e sulle dinamiche istituzionali, imponendo il rispetto di regole comuni e condivise. La nomina del Presidente del consiglio comunale sarebbe dovuta andare in questa direzione e sono state necessarie le prime due convocazioni e la nostra ferma protesta di fronte all’iniziale inosservanza degli accordi stabiliti per trovare un punto di equilibrio.


E’ così che abbiamo avuto la prima riunione dei capigruppo per concordare un programma di massima dei prossimi consigli comunali, sulla base di un principio elementare di democrazia: regole e organizzazione dei lavori vengono stabiliti insieme, ci sarà modo e tempo di dividersi sul merito e sui contenuti.


Finalmente poi avremo risposte in consiglio comunale alle nostre interrogazioni e questo permetterà di dare vita ad un confronto pubblico su questioni di grande rilievo per la collettività.


Io non sono ancora sicuro che avranno il coraggio di rispondere a tutte, ma proverò ad essere ottimista.



13 giugno 2009

Giordani: un sindaco “usa e getta”?


Alle modalità della pratica politica labicana bisogna abituarsi. Non intendo, in questa sede, dare un giudizio su come viene interpretato il ruolo di pubblico amministratore da parte degli esponenti della maggioranza, ma provo ad adeguarmi. Bisogna liberarsi della convinzione che tra i valori della politica ci siano requisiti come chiarezza, trasparenza e informazione.

Per chi amministra questo paese tali elementi non sono solo eventuali, ma anche perniciosi per chi controlla il potere. E così a Labico si può assistere ad una “crisi di governo” di cui non si parla minimamente, né la si porta nella sua sede naturale – ossia il consiglio comunale – come abbiamo chiesto noi dell’opposizione. Si attribuiscono le motivazioni delle dimissioni di un assessore a problemi di salute, quando il diretto interessato sembra aver detto cose ben diverse. Dunque, per provare a capire qualcosa delle vicende politiche labicane, non bisogna affidarsi agli strumenti interpretativi tradizionali, ma è necessario cogliere i “segnali”, che in qualche modo vengono lanciati dai protagonisti. La situazione di crisi della maggioranza è ormai fuori discussione e - al di là dell’ammirevole abnegazione di qualche esponente della stessa, disposto a negare anche l’evidenza nel tentativo di sottrarsi all’imbarazzo – non si cerca neanche più di sostenere la linea del “tutto va bene madama la marchesa”, ma si applica la strategia del silenzio o della minimizzazione. In attesa che i nostri amici riescano a ricomporre i frammenti di quella che era considerata una solidissima coalizione, si assiste ad un altro passaggio importante. Il ruolo di Giordani - formalmente sindaco del nostro piccolo comune, ma la cui reale leadership all’interno della compagine di governo non ha mai goduto di particolare considerazione - si sta via via ridimensionando. Stiamo assistendo ad una progressiva esautorazione, con l’evidente scopo di riportare in auge colui il quale non hai mai digerito il fatto di dover cedere la poltrona al suo vice: Alfredo Galli. Il quale, ricordiamolo, aveva subito chiarito i rapporti di forza spiegando in un’intervista che Giordani faceva il sindaco solo perché lui (Galli) non poteva ricandidarsi. A quanto pare però ormai il ruolo di “vice” sembra vada un po’ stretto a quello che qualcuno più o meno scherzosamente aveva definito il “vero sindaco” e la sensazione è che stia iniziando a riprendersi quello che considera un suo diritto naturale. In molte occasioni pubbliche delle ultime settimane è stato sempre lui a rappresentare l’amministrazione comunale, dalle festività della Madonna del Rovo alla cena organizzata dalla società di pallavolo. Per non parlare degli articoli pubblicati nei giornali locali, nei quali – inspiegabilmente si trovano pressoché esclusivamente i virgolettati del vicesindaco. Non sono in molti a pensare che la maggioranza voglia dare un’altra chance a Giordani, la cui unica funzione sembra essere stata quella di occupare una casella preclusa al vicesindaco (la legge vieta di svolgere più di due mandati consecutivi), ma viene il dubbio che questa improvvisa accelerazione sia finalizzata a cambiare il capitano prima della fine del tempo regolamentare. Una semplice lettura di queste vicende ci permette però di intuire a quali maestri del pensiero politico e filosofico si sia ispirato il nostro intramontabile sommo amministratore: Machiavelli e Bentham. Certo il “fine” di Machiavelli forse era un po’ più alto e nobile di quello di Galli e indubbiamente l’utilitarismo pensato da Bentham non si poteva così disinvoltamente tradurre in una concezione “usa e getta” dei rapporti politici e personali, ma forse sarebbe un po’ eccessivo pretendere qualcosa di più. E poi questo consumismo della politica causa dei dubbi laceranti. Ci fa pensare che qualcuno che è servito venga poi messo alla porta così come se nulla fosse. Ci fa riflettere il fatto che una persona abbia ormai svolto la sua funzione e quindi venga buttata via come un paio di vecchie scarpe. Tutto questo provoca in noi un profondo senso di disagio e ci fa ronzare in testa un drammatico enigma: ma dove si butta un vecchio sindaco in un paese in cui non è ancora partita la raccolta differenziata porta a porta?

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura