15 novembre 2007

Ma che ce frega!

La prima “vera” pubblicazione politica della coalizione che amministra il Paese (non fanno testo gli opuscoli pseudo-informativi del comune, che dietro un’apparenza istituzionale svolgono artatamente funzione di propaganda) merita indubbiamente una replica. Intanto va detto che, come opposizione siamo ben lieti di questa uscita, perché il dibattito politico è essenziale per la democrazia e va premiato il coraggio di confrontarsi con i propri oppositori. Coraggio che, fino ad ora, era mancato e chissà che un domani non si riesca addirittura ad avere il famoso confronto pubblico, al quale i nostri avversari si sono sempre sottratti.
Un primo esame della pubblicazione - anno 1, volume 1 (volume?) – rileva un uso un po’ approssimativo della lingua italiana. Ad esempio si accusa l’opposizione di dire “falsità” sull’operato dell’amministrazione. Ora il termine falsità normalmente si utilizza per descrizione dei fatti che non corrispondono al vero. Ora, i fatti per loro natura sono caratterizzati dall’oggettività, per cui anziché apodittiche dichiarazioni del tipo “non fanno altro che raccontare falsità” bisognerebbe citare i fatti e spiegare quali siano le eventuali affermazioni che li riportano in modo infedele, altrimenti si abbaia alla luna. Altra questione riguarda le opinioni, che possono essere completamente divergenti, ma tutte legittime, e il compito della politica è esattamente quello di confrontarle e di dare la possibilità ai cittadini di prenderne conoscenza e di elaborare una propria autonoma convinzione. Il fatto di affermare un’opinione non coincidente con quella di De Martino non è un delitto di lesa maestà, ma l’esercizio di un diritto.
Anche la questione delle vignette (di cui mi assumo la paternità) è sintomatica di un preoccupante concetto di democrazia. Intanto è costume diffuso quello di accusare la satira di essere di cattivo gusto. La satira non deve piacere per forza e spesso non piace a chi ne è il soggetto (l’autoironia è una dote molto rara), ma metterne in discussione la legittimità è stato spesso in passato un primo passo verso la censura. Per quanto riguarda gli aggettivi usati in proposito andrebbero spiegati meglio. Parlare di cinismo sembrerebbe quasi voler riconoscere implicitamente che le vignette sono meno distanti dalla realtà di quanto non si vorrebbe far credere. E poi sarebbe interessante sapere chi sono tutti questi innocenti messi alla berlina.
Altre riflessioni. Nessuno ha mai “ordinato” a chicchessia di intervenire. Casomai è stato fatto un invito a dare la propria opinione in merito a questioni di grande interesse per il paese. Ora se è legittimo non esprimersi è altrettanto legittimo chiedere di farlo. Inoltre affermare di esprimere le proprie valutazioni esclusivamente nei preconsigli (che sono riunioni private e prive di ogni valenza giuridica e politica) vuol dire dimostrare ben poca considerazione dei cittadini, i quali – se vogliono conoscere le posizioni ufficiali dei consiglieri comunali – hanno come principale strumento proprio il dibattito consiliare ed è quello l’ambito nel quale è più opportuno spiegare le ragioni delle proprie scelte. Circoscrivere i propri interventi a riunioni interne non è di grande aiuto per la trasparenza. Sulla critica per aver cercato di valutare nel modo più ampio possibile gli interventi di trasformazione del territorio, la posizione di De Martino mi sembra sintomatica. Da un lato c’è il gruppo consiliare Cambiare e Vivere Labico che chiede la massima trasparenza, la massima correttezza nel momento in cui si destina una porzione del territorio ad una funzione edificatoria. Da un lato c’è un opposizione che chiede il rispetto delle regole urbanistiche e della tutela ambientale. Da un lato ci sono consiglieri comunali che si preoccupano che gli interessi economici dei privati non vengano anteposti alla salute pubblica e alla qualità della vita dei cittadini. Dall’altra parte c’è Angelo De Martino che dice “Ma che ce frega!” (testuali parole). Chapeau. La sua posizione non merita ulteriori commenti.
Sulla vicenda del verbale non avrei voluto tornare, ma è evidente che a De Martino è sfuggito il nocciolo della questione. Non si è trattato di aver riportato in modo impreciso un elemento marginale del verbale, ma la modifica della proclamazione del risultato di una votazione. Perché la frase pronunciata era elemento essenziale (anche se non sufficiente) per determinare l’efficacia giuridica dell’atto. E, come ho avuto modo di spiegare in consiglio comunale e di ribadire nel mio resoconto, tutti erano consapevoli del risultato. Sia i consiglieri di maggioranza (non ricorda De Martino il silenzio e gli sguardi interrogativi che si sono scambiati subito dopo?), sia quelli di minoranza (ca va san dir), sia il pubblico presente, sia chi per i giornali locali ha correttamente riportato l’esito della votazione. Dice bene De Martino: i disturbi della memoria di norma avvengono progressivamente e la subitaneità di quello che ha colpito l’intera maggioranza è davvero singolare.
Rassicurante la frase in cui si afferma di non voler mettere a repentaglio la salute dei cittadini. Peccato che ometta di citare i dati (da noi portati a conoscenza del consiglio comunale e che abbiamo chiesto di mettere agli atti) dai quali si evince che i bambini che andranno ad abitare nella lottizzazione “La rondine” vedranno triplicare il rischio di ammalarsi di leucemia (ah, dimenticavo: “Che ce frega!”).
Infine un suggerimento per il prosieguo della sua attività informativa: i resoconti conviene farli in tempi brevi, perché a distanza di un mese la cronaca di un consiglio comunale, come si dice a Labico, è bella che spuzzita.

12 novembre 2007

Il nuovo corso della giunta

Molti sono convinti che fare opposizione non serva praticamente a nulla. Che sia tempo perso. Che, una volta riaffermato il potere, gli amministratori proseguano per la propria strada incuranti di tutto e di tutti e soprattutto incuranti delle sollecitazioni dei consiglieri di minoranza. Certo in situazioni “normali” sarebbe impensabile che una maggioranza non cercasse un confronto che possa essere di stimolo e di dialogo con chi è portatore di culture e di istanze differenti, ma non a Labico, dove, nella politica locale, si è sempre fatto ricorso a metodi molto “spicci” nel confronto politico: si fa come diciamo noi punto. Se vi sta bene è così e se non vi sta bene è così comunque, tanto abbiamo i numeri per decidere.
Sotto questo aspetto non è cambiato moltissimo e una certa malcelata protervia emerge dai modi e dai toni di alcuni esponenti della maggioranza. Però ci sono evidenti segnali che la sicumera che hanno ostentato fino ad ora si va via via ridimensionando e proviamo ad analizzarli.
Una delle domande che mi ero sempre posto negli anni precedenti era per quale ragione l’amministrazione comunale non sentisse il bisogno di “comunicare” in merito al proprio operato. Come mai non sentissero l’esigenza di spiegare le proprie scelte e di illustrare la bontà (o l’ineluttabilità) delle proprie decisioni. Si aveva l’impressione di avere a che fare con un muro di gomma. Informazioni sugli atti e sui contenuti pochissime, il minimo indispensabile. Spiegazioni ancora meno. Dimostrando così di avere ben poco rispetto anche dei propri elettori, ai quali bisogna rivolgersi solo poche settimane prima delle votazioni per poi lasciarli nell’oblio fino alla prossima tornata elettorale.
Invece adesso si vedono i primi timidi (e anche un po’ goffi) segnali di voler cambiare approccio. La nostra amministrazione sente il bisogno di magnificare la propria azione politica. Infatti ha deciso di dotarsi di un vero e proprio ufficio stampa. Ha intensificato l’invio di comunicati. Ha persino – ed è la prima volta nella storia labicana – di dare vita ad una pubblicazione politica del gruppo consiliare di maggioranza. Certo l’autocelebrazione in alcuni casi rasenta davvero il ridicolo e il paragone tra la Svizzera e Santa Maria-Le Vignole grida vendetta ed offende l’intelligenza di chi in quel quartiere ci vive e subisce i disagi e i problemi della sciatteria di amministratori che non sono stati capaci di dare le infrastrutture minime (quelle previste dalla normativa) necessarie al quartiere. Ciò che appare francamente imbarazzante è che ci si vanti di avere fatto una parte (e pure modesta) di quanto fosse obbligatorio fare ai sensi delle vigenti norme urbanistiche. Per usare una metafora che possa essere di agile comprensione anche per qualche nosro amministratore è come aver concordato con un ristoratore un pasto completo per una ricorrenza, il quale ci porta il primo dopo un tempo interminabile per poi venire al tavolo a chiedere i complimenti per l’ottimo servizio reso. E il secondo? E il dolce? E tutto il resto? La metafora calza anche per l’assonanza tra le portate (primo e secondo) e le opere (primarie e secondarie). Certo il dolce non c’è, ma in compenso non si è lesinato sull’amaro, che gli abitanti di Santa Maria masticano ormai da tempo immemore.
Altra surreale comunicazione è quella relativa alla progressiva trasformazione del brutto anatroccolo in meraviglioso cigno del nostro simpatico paesello. E uno si chiede quali meravigliose opere siano state realizzate. Il rifacimento delle facciate del centro storico? O la messa in sicurezza della via Casilina? O la “vera” messa in posa dei marciapiedi a più riprese vantate di cui però non si è mai vista traccia? Niente di tutto questo. Qualcosa di ancora più importante e che …. (citare la cagata detta nel cs) : i nuovi uffici di sindaco e assessori. Tutti nuovi di pacca e molto gradevoli e accoglienti. Certo in tutto questo non si è trovato uno straccio di buco per l’opposizione, alla quale è precluso il diritto di esistere (politicamente) e che non ha uno spazio dove svolgere il proprio lavoro.

Alle colonne d'Ercole

Alle colonne d'Ercole
La mia ultima avventura