24 aprile 2005

Sono stato io di Oliviero Beha

Presentato a Roma il nuovo libro di Oliviero Beha dal titolo 'Sono stato io' (Marco Tropea Editore).

Teatro Argentina. Un sala stracolma attende pazientemente che si riempiano le numerose sedie disposte sul palco. Tre immediatamente dietro ad una scrivania. le altre sparse un po’ a destra, un po’ a sinistra, senza un criterio apparente.
Finalmente arrivano Oliviero Beha e Giorgio Albertazzi e occupano due delle tre sedie dietro alla scrivania. Nella terza prende posto un docente universitario, esperto di sismologia. Nelle altre sedie prendono posto rappresentanti di associazioni di vario tipo (dal WWF a “Nessuno tocchi Caino”) e di comitati e gruppi di cittadini più o meno organizzati (compresi i “precari”). Dopo un introduzione musicale eseguita da due musicisti dei Tetes de Bois, Beha e Albertazzi iniziano a leggere alcuni brani del romanzo. Che forse è un saggio. O un saggio che forse è un romanzo, ma questo non è molto chiaro, perlomeno non subito. Certo Oliviero Beha non ispira troppa simpatia con quell’aria da primo della classe, ma resta il fatto che, anche grazie alle incontestabili capacità interpretative di Giorgio Albertazzi, il pubblico viene subito incuriosito e appassionato dai dialoghi e sottolinea qua e là con una risata o un sospiro le ironie e le velate denunce sui problemi del Paese. Di tanto in tanto si passa la parola agli ospiti e così Gaetano Benedetto del WWF spiega quanti e quali siano i disastri ambientali causati dal Governo del centrodestra, mentre un’insegnante e uno studente esprimono dure critiche sulla riforma Moratti, non risparmiando però qualche frecciata al suo predecessore, Berlinguer. Quando, finalmente arriva Andrea Satta, dei Tetes de Bois, c’è spazio per altri interventi musicali e quando viene intonata “Vomito” la girotondina approva senza mezzi termini e coglie l’occasione per denunciare la pericolosità degli interventi normativi sulla giustizia degli ultimi anni, motivati spesso dalla necessità di tutelare alcuni potenti o i loro accoliti. La serata prosegue così, alternando denunce vere e brani del libro, dalla cui lettura si comincia a intuirne la trama e forse anche il quesito di fondo.
Nel libro si parla di un giornalista non più giovane ormai disincatato, orfano delle illusioni ideologiche che avevano trascinato molti nel dopoguerra e che ha paura di non svolgere in modo serio il proprio mestiere, perché ormai bisogna schierarsi con Berlusconi per fare carriera o contro per potersi dichiarare indipendenti. Ma c’è una soluzione per lui e per gli altri milioni di italiani ossessionati da questo quotidiano dilemma se Berlusconi sia il diavolo o l’acquasanta? E, se, metaforicamente ovviamente, venisse eliminato Berlusconi avremmo davvero risolto tutti i problemi oppure gli “indignati” continuerebbero a indignarsi comunque? Probabilmente la risposta non c’è neppure nel libro, ma forse bisognerebbe leggerlo fino in fondo – non importa se come saggio o se come romanzo - per mettersi nei panni di quel giornalista e cercare di capire se l’Italia è così per colpa di Berlusconi o se Berlusconi c’è perché l’Italia è così.


Tullio Berlenghi

Alle colonne d'Ercole

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