12 novembre 2007

Il nuovo corso della giunta

Molti sono convinti che fare opposizione non serva praticamente a nulla. Che sia tempo perso. Che, una volta riaffermato il potere, gli amministratori proseguano per la propria strada incuranti di tutto e di tutti e soprattutto incuranti delle sollecitazioni dei consiglieri di minoranza. Certo in situazioni “normali” sarebbe impensabile che una maggioranza non cercasse un confronto che possa essere di stimolo e di dialogo con chi è portatore di culture e di istanze differenti, ma non a Labico, dove, nella politica locale, si è sempre fatto ricorso a metodi molto “spicci” nel confronto politico: si fa come diciamo noi punto. Se vi sta bene è così e se non vi sta bene è così comunque, tanto abbiamo i numeri per decidere.
Sotto questo aspetto non è cambiato moltissimo e una certa malcelata protervia emerge dai modi e dai toni di alcuni esponenti della maggioranza. Però ci sono evidenti segnali che la sicumera che hanno ostentato fino ad ora si va via via ridimensionando e proviamo ad analizzarli.
Una delle domande che mi ero sempre posto negli anni precedenti era per quale ragione l’amministrazione comunale non sentisse il bisogno di “comunicare” in merito al proprio operato. Come mai non sentissero l’esigenza di spiegare le proprie scelte e di illustrare la bontà (o l’ineluttabilità) delle proprie decisioni. Si aveva l’impressione di avere a che fare con un muro di gomma. Informazioni sugli atti e sui contenuti pochissime, il minimo indispensabile. Spiegazioni ancora meno. Dimostrando così di avere ben poco rispetto anche dei propri elettori, ai quali bisogna rivolgersi solo poche settimane prima delle votazioni per poi lasciarli nell’oblio fino alla prossima tornata elettorale.
Invece adesso si vedono i primi timidi (e anche un po’ goffi) segnali di voler cambiare approccio. La nostra amministrazione sente il bisogno di magnificare la propria azione politica. Infatti ha deciso di dotarsi di un vero e proprio ufficio stampa. Ha intensificato l’invio di comunicati. Ha persino – ed è la prima volta nella storia labicana – di dare vita ad una pubblicazione politica del gruppo consiliare di maggioranza. Certo l’autocelebrazione in alcuni casi rasenta davvero il ridicolo e il paragone tra la Svizzera e Santa Maria-Le Vignole grida vendetta ed offende l’intelligenza di chi in quel quartiere ci vive e subisce i disagi e i problemi della sciatteria di amministratori che non sono stati capaci di dare le infrastrutture minime (quelle previste dalla normativa) necessarie al quartiere. Ciò che appare francamente imbarazzante è che ci si vanti di avere fatto una parte (e pure modesta) di quanto fosse obbligatorio fare ai sensi delle vigenti norme urbanistiche. Per usare una metafora che possa essere di agile comprensione anche per qualche nosro amministratore è come aver concordato con un ristoratore un pasto completo per una ricorrenza, il quale ci porta il primo dopo un tempo interminabile per poi venire al tavolo a chiedere i complimenti per l’ottimo servizio reso. E il secondo? E il dolce? E tutto il resto? La metafora calza anche per l’assonanza tra le portate (primo e secondo) e le opere (primarie e secondarie). Certo il dolce non c’è, ma in compenso non si è lesinato sull’amaro, che gli abitanti di Santa Maria masticano ormai da tempo immemore.
Altra surreale comunicazione è quella relativa alla progressiva trasformazione del brutto anatroccolo in meraviglioso cigno del nostro simpatico paesello. E uno si chiede quali meravigliose opere siano state realizzate. Il rifacimento delle facciate del centro storico? O la messa in sicurezza della via Casilina? O la “vera” messa in posa dei marciapiedi a più riprese vantate di cui però non si è mai vista traccia? Niente di tutto questo. Qualcosa di ancora più importante e che …. (citare la cagata detta nel cs) : i nuovi uffici di sindaco e assessori. Tutti nuovi di pacca e molto gradevoli e accoglienti. Certo in tutto questo non si è trovato uno straccio di buco per l’opposizione, alla quale è precluso il diritto di esistere (politicamente) e che non ha uno spazio dove svolgere il proprio lavoro.

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