Sono appena stato all’udienza per
la causa civile intentatami da Alfredo
Galli per una – presunta – diffamazione nei suoi confronti.
E’ buffo notare che proprio quelli che disprezzano il ricorso alla magistratura
– considerata un’arma “politica” impropria – decidono di avvalersene quando
iniziano a soffrire la pressione del proprio avversario politico. Era già successo
per la diffusione di un bollettino informativo da parte dell’opposizione, per
il quale il Sindaco decise persino di fare una denuncia penale (il reato
sarebbe “stampa clandestina”). Tra i denunciati c’era persino “Leo Vitro” (un
simpatico pseudonimo del quale, a quanto sembra, gli esponenti della
maggioranza non avevano colto l’ironia), ma mancava colui il quale è diventato
il candidato sindaco di Cambiare e Vivere. Un po’ perché, probabilmente, non era
considerato realmente un “nemico”, da combattere attraverso la via giudiziaria,
un po’ perché non avevano avuto la pazienza necessaria di scorrere le centinaia
di pagine delle pubblicazioni per trovare una sua firma. Con un po’ di pazienza
una l’avrebbero trovata. Magari una sola, ma c’era. Ne sono (quasi) sicuro. In
quella circostanza la polizia giudiziaria si era trovata costretta ad avviare
una penosa indagine per accertare se i denunciati avevano realmente commesso il
gravissimo reato ereditato dal ventennio fascista e rimasto quasi per caso nel
nostro ordinamento giuridico.
Consapevole della debolezza della
strategia di attacco basata sull’ipotetica clandestinità delle nostre
pubblicazioni (talmente clandestine da indicare nomi, cognomi, telefoni e mail
degli autori degli articoli), il vicesindaco ha pensato bene di scomodare
qualche altro articolo del codice penale e di chiedermi 50mila euro di
risarcimento per la lesione della sua immagine di uomo retto e probo. Per farlo
ha iniziato scrivendo - proprio sull’atto di citazione – una prima simpatica
fandonia: ossia l’avvenuta presentazione di una querela nei miei confronti, che
avrebbe allegato agli atti della citazione civile. Peccato che di quella querela
non ci sia alcuna traccia. In ogni caso mi sono presentato all’udienza, durante
la quale con la presenza di testimoni imparziali come Angelo De Martino - consigliere
di maggioranza il cui futuro politico è legato al vicesindaco - abbiamo
appurato l’unica cosa che non era minimamente in discussione: la diffusione di
bollettini informativi con alcuni miei articoli nei quali esprimevo perplessità
sulla correttezza procedurale di un rilascio di permesso di costruire in piena
zona agricola. Il nodo “vero” della questione era capire se le mie affermazioni
fossero realmente diffamatorie oppure, come sostengo, potessero essere
considerate l’esercizio di un diritto. Di cronaca, per quanto riguarda i fatti,
e di critica, per quanto riguarda il mio giudizio. Un diritto di critica che,
nel mio caso, assume la più ampia veste di critica politica, in forza del ruolo
che ho svolto in questi anni. Sono convinto che Galli non abbia nessuna fretta
di arrivare all’accertamento dei fatti da parte della magistratura civile e ho
come la sensazione che si troverà il modo di rinviare ancora un procedimento
che ha tutta l’aria di essere stato avviato come una sorta di “monito” per chi
– inopinatamente – volesse provare ad esprimere una critica sul suo operato.
In questa, come in altre
battaglie per la legalità, sono rimasto praticamente solo (non del tutto, per
fortuna, e sono grato a chi mi è stato vicino). C’era stato un impegno unanime
a sostenere le spese legali per i procedimenti giudiziari in cui – in nome e
per conto del gruppo - ero coinvolto – sono anche parte civile e testimone in un
processo penale in cui Alfredo Galli è imputato per reato contro la pubblica
amministrazione –, ma la nuova linea politica di Tulli e dei suoi pochi
sostenitori che si sono appropriati di Cambiare e Vivere Labico sembra essere
più orientata a fare nuove promesse che a mantenere quelle vecchie.
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