24 maggio 2005

Città a misura di bambino - Lettera aperta al sindaco di Roma

Lettera aperta al sindaco di Roma

Ho letto, e molto apprezzato, la notizia riguardante l’iniziativa organizzata dal Comune di Roma, “Il giorno del gioco”, e ho ascoltato le sue parole a proposito della necessità di recuperare spazio e tempo per i bambini e per i loro giochi: splendido, lodevole, entusiasmante. In quel giorno è stata restituita ai bambini la loro identità e la loro dignità di cittadini a pieno titolo, con le loro esigenze e i loro bisogni. In quel giorno, appunto. E negli altri 364?
Vede, caro Sindaco, i bambini sono bambini ogni giorno che il padreterno manda sulla terra e, anche quando non ci sono le telecamere che li riprendono, vivono (o meglio: cercano di vivere) la loro esistenza in una città – quella che lei amministra – che è quanto di più inospitale si possa pensare per i suoi abitanti più piccoli. Se ha tempo si faccia una passeggiata per le vie della città e provi a immaginare quanto sia difficile essere bambini in luoghi dove ogni possibile spazio è occupato – legittimamente oppure no, ma molto più frequentemente “no” – da auto e motorini, dove anche nelle isole pedonali (davvero poche peraltro) i genitori non si fidano a lasciare i bambini da soli perché è prassi diffusa l’invasione insolente e impunita da parte di rombanti (e talvolta strombazzanti) scooter. Provi ad immaginare la fatica delle mamme coi passeggini che cercano di attraversare la strada con le auto parcheggiate (parcheggiate?) in prossimità degli scivoli (quando ci sono) per i disabili e gli automobilisti che non rispettano le strisce pedonali e che anzi inveiscono all’indirizzo dei malcapitati, colpevoli di ignorare che a Roma vige una sesquipedale deroga al Codice della Strada.
Sarebbe bello per i bambini non aver bisogno di aspettare “quel giorno” per non sentirsi cittadini di serie B, ghettizzati in spazi “sicuri” e confortevoli, ma privati di quella sana interazione col mondo circostante che permetterebbe loro di sviluppare la propria autonomia e la propria indipendenza. Una città “a misura di bambino” sarebbe una città meno stressata e meno ansiogena, in cui i bimbi potrebbero tornare ad occupare le strade e le piazze rendendole più vive e più belle. E una città così sarebbe più gradevole anche per gli anziani, i disabili e tutti gli altri utenti “deboli” della strada, costretti – per l’arroganza e la prepotenza di alcuni cittadini e l’ignavia di alcuni amministratori – in spazi sempre più ristretti. Una città così sarebbe davvero una bella città e lo sarebbe 365 giorni all’anno. Perché non provarci?

Tullio Berlenghi

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