17 luglio 2012

Depuratori. Fallito il tentativo di occultamento dei fatti.


Ci sono voluti ben tre mesi, ma alla fine persino Alfredo Galli si è reso conto che non poteva sottrarsi all’obbligo di dare delle spiegazioni ai cittadini sulla vicenda del sequestro dei depuratori. Un episodio molto grave, reso ancora più allarmante dai continui tentativi di minimizzarne la portata. A cominciare da chi ha guidato l’amministrazione per cinque anni (per poi scomparire nel nulla) il quale, subito dopo l’arrivo dell’avviso di garanzia, ha espresso “piena fiducia nella ditta che gestisce gli impianti” e ha personalmente assicurato che “il servizio è stato sempre effettuato nel pieno rispetto delle norme a tutela dell’ambiente, in maniera tale da garantire, sempre la salute pubblica”. Neppure un dubbio, un sospetto, un’esitazione. Eppure lui, Galli, Scaccia e tutti quelli che frequentano – e qualcuno da tempo immemore - la stanza dei bottoni, avevano tutti gli strumenti per valutare e verificare le cose. Anche prima dell’informazione di garanzia, ma almeno avrebbero potuto (e, soprattutto, dovuto) sincerarsi “dopo” della situazione. Invece hanno preferito proseguire nella tecnica dell’occultamento dei fatti. Hanno insistito su uno degli aspetti della questione, quello che vorrebbe che tutto il problema fosse legato alla presunta intervenuta diversa classificazione del fosso di Centogocce. In sostanza il tentativo messo in pratica da Galli & C. era quello di far credere che la magistratura aveva cambiato le regole (o almeno la loro interpretazione) trasformando un impianto di depurazione perfettamente funzionante in fuorilegge e creando un sacco di disagi al comune e ai cittadini. I soliti giudici persecutori. Che l’impianto fosse comunque sottodimensionato, che in ogni caso non funzionasse, che nessuno controllava niente, che si pagava un consulente per fare dei controlli che non venivano fatti, che la ditta veniva pagata per smaltire dei fanghi di depurazione ma non lo faceva (in tre anni 1600 tonnellate di melma sono state lasciate ad inquinare il nostro territorio), che il comune subiva una frode da una ditta giudicata ineccepibile dagli amministratori, che tutta questa negligenza ci costerà fior di quattrini, quello no, quello non è stato detto. Il sindaco ha soltanto – finalmente, aggiungerei – ammesso che saremo costretti a spendere la bellezza di un milione e mezzo di euro per un problema del quale non si sente minimamente responsabile, nonostante stia amministrando questo paese da almeno vent’anni, ossia gli anni in cui si è dato il via ad una devastazione del territorio di cui quella dei depuratori è solo una delle conseguenze. Anzi, ha avuto persino l’ardire di vantarsi di aver già individuato la soluzione (a suo dire) del problema, con un intervento di adeguamento dell’impianto del Pantano, che dovrebbe – nella migliore delle ipotesi – tamponare approssimativamente la situazione. E probabilmente l’operazione “nebbia” sarebbe riuscita senza l’intervento di Maurizio Spezzano. Nello Tulli, infatti, si è limitato a ribadire una certa cautela per quanto riguarda gli aspetti penali della vicenda e preferendo parlare esclusivamente di come sia stata gestita l’emergenza, senza preoccuparsi troppo di andare a cercare le responsabilità che di quell’emergenza sono la causa. Secondo Tulli la soluzione del problema si sarebbe avuta in tre mosse: avviare prima l’adeguamento dell’impianto con i moduli di ossidazione finanziato dalla Regione Lazio, ridurre le indennità di giunta ed evitare alcune spese di mobilio. Certo per arrivare ad un milione e mezzo di euro ci vorrà un po’, ma si vede che Tulli è persona paziente e lungimirante. Proviamo ad immaginare il consiglio comunale che finisce qui. Zero informazioni o quasi. Proposte zero o quasi. Un consiglio comunale pressoché inutile. Per fortuna non è finito lì. Si è alzato Maurizio Spezzano e ha spiegato a tutti i presenti come stanno realmente le cose (non entro nel merito per non ripetere ciò che spiega la nostra relazione). La semplice esposizione dei fatti ha subito creato scompiglio. Scaccia - che già aveva avuto modo di criticare il fatto che Nello Tulli fosse in possesso di informazioni sulla gestione contabile del comune, come se si trattasse del proprio conto in banca personale – ha provato a mettere in discussione alcune delle affermazioni di Spezzano, rimediando, come fa ogni qualvolta apre la bocca, una figura miserabile. Perché quanto veniva esposto da Maurizio era, né più né meno, il frutto dell’esame della documentazione in possesso del comune. Documentazione che, come stiamo cercando di spiegare da oltre cinque anni a gente convinta che vincere le elezioni significhi diventare “padroni” del comune, è pubblica e accessibile, soprattutto per i consiglieri comunali. Grazie a questo lavoro di studio e di esame delle carte (tra l’altro non tutte, ma quello è un altro problema) siamo riusciti a ricostruire per intero la vicenda e a mettere in luce le possibili responsabilità. Galli, ad un certo punto, non ce l’ha fatta più e ha preferito togliere la parola a Spezzano. Formalmente ne aveva pieno diritto, perché l’intervento era andato oltre il tempo consentito dal regolamento, ma indubbiamente l’uso del proprio potere di presidente dell’assemblea per chiudere la bocca a chi stava spiegando – cosa che avrebbe dovuto fare lui - la situazione è parso un atto di estrema difficoltà e debolezza. Ha addirittura cercato di non mettere in votazione gli ordini del giorno predisposti da Maurizio con i quali si individuava una prima, concreta, ipotesi di lavoro sulla vicenda. E, persino il segretario ha cercato di avallare un’interpretazione democraticida del regolamento. Consapevole della forzatura, Galli ha accettato di mettere in votazione i tre documenti. Inutile dire che sono stati bocciati in modo compatto dalla maggioranza, arrampicandosi su specchi di ruoli e competenze, come se non sapessero (ma magari non lo sanno sul serio…) che un ordine del giorno è un atto di indirizzo – e quindi politico - e non un atto deliberativo. E così Alfredo Galli, Giorgio Scaccia, Mirko Ulsi, Nadia Ricci, Luciano Galli e Adriano Paoletti hanno deciso che non vogliono che il comune incassi le polizze fidejussorie previste dal contratto di appalto, che rescinda il contratto di appalto con una ditta che ha gestito in modo inqualificabile gli impianti di depurazione, che il comune cerchi di rivalersi sulla ditta per i danni causati alla collettività. Visto che è stato spiegato che non si possono chiedere risorse per sanare i guai combinati dagli amministratori, mi sembra evidente che, secondo la maggioranza, a pagare dovranno essere i cittadini. Cominciamo a mettere le mani al portafoglio.

1 commento:

  1. Semplicemente PER-FET-TO. Chiaro anche per i muli, e noi sappiamo chi!

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