5 febbraio 2012

Ovvietà talmente ovvie da essere giudicate inutili.


Vorrei cominciare con alcune ovvietà: la neve provoca disagi; se nevica tanto e fa tanto freddo i disagi possono aumentare; dove abitualmente non nevica (e quindi non si è  preparati) la situazione non può che peggiorare; avere tempestive informazioni permette di ridurre i disagi; sia la prevenzione sia gli interventi costano; una buona organizzazione, sia della prevenzione sia della fase emergenziale, ottimizza risorse umane e mezzi.
Credo che sia difficile trovare qualcuno disposto a contestare l’elenco – di gran lunga incompleto – delle ovvietà che si potrebbero pronunciare in tema di emergenza neve. Eppure in molti in questi giorni siberiani – da chi ha specifiche responsabilità ai semplici cittadini – non le ha prese in considerazione. Iniziamo a considerare l’ovvietà delle “tempestive informazioni”. Una settimana prima che arrivasse l’ondata di maltempo erano state preannunciate le peggiori perturbazioni invernali (per intensità e temperature) degli ultimi 27 anni. Non robetta, quindi. E, così come la notizia è arrivata alle orecchie di tutti i cittadini, sarà arrivata anche a sindaci, prefetture, sale operative della polizia e dei carabinieri, alla protezione civile, alla società autostrade, alle ferrovie, ecc. ecc. Si saranno preparati nella maniera più adeguata? Direi di no. A cominciare dall’atto irresponsabile con cui la società autostrade ha deciso semplicemente di chiudere alcuni tratti, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze e senza che nessuno se ne facesse adeguatamente carico.
Si è convogliato un flusso veicolare enorme (quello di un’importantissima arteria viaria come la A1, a tre corsie e con la corsia di emergenza) su una consolare ad una corsia e che – prevedibilmente – aveva gli stessi problemi meteorologici. “Autostrade per l’Italia” è sostanzialmente un soggetto privato che ha in concessione una rete stradale. E, da buon privato, la società Autostrade pensa al profitto. In una giornata di maltempo, con ingenti risorse da spendere per rendere transitabile l’autostrada, è molto più conveniente chiudere la baracca e buonanotte ai suonatori. Questa decisione con chi sarà stata concordata? Con la prefettura? Con la polizia stradale? L’unica cosa certa e che tutti erano in grado di sapere è che centinaia di camion e autovetture si sarebbero riversate su un’arteria del tutto inadeguata a sopportare un carico aggiuntivo in condizioni già critiche. E il conseguente blocco era un rischio estremamente alto. Con un briciolo di buonsenso chiunque – non un preclaro esperto di viabilità – si sarebbe reso conto che se le condizioni meteo non erano tali da consentire il transito sull’autostrada dei mezzi pesanti, a maggior ragione gli stessi mezzi non sarebbero riusciti a passare in una consolare. A quel punto i responsabili avrebbero dovuto mettersi intorno ad un tavolino e dire: “che facciamo?”. L’unica risposta possibile era: troviamo il modo di fermare i mezzi pesanti (con pochissime, motivate, deroghe) in maniera razionale (aree di servizio, aree di sosta, ecc.) dove poter prestare anche eventuale assistenza. Nel frattempo si lavorava per rendere percorribili le strade. Non è stato fatto e la via Casilina è rimasta bloccata per quasi 24 ore, lasciando isolato il paese di Labico. Questo colpo di genio ha fatto sì che non solo non riuscissero a passare i TIR, ma che a Labico non riusciva ad arrivare neppure l’ambulanza.
Un’altra considerazione la meritano altre ovvietà. C’è molta gente che pensa di non dover rinunciare assolutamente a nulla delle proprie abitudini e “pretende” che tutto debba svolgersi con regolarità, anche in situazioni oggettivamente particolari. Se il meteo mi avvisa con qualche giorno d’anticipo che arriverà un’ondata particolarmente intensa di maltempo sarà meglio che annulli la lezione di salsa e merengue a 18 km di distanza. La mia auto (senza catene e con gomme normali) in mezzo alla strada diventerà un problema in più da risolvere. In questi casi la tendenza diffusa è di prendersela con le autorità competenti. Le quali, a dire il vero, spesso ce la mettono tutta per dimostrarsi autorità incompetenti, ma alle quali non possiamo accollare anche le responsabilità che non hanno. Ed è facile immaginare che in posti dove la neve non arriva quasi mai non si investa a sufficienza su una prevenzione che sarebbe troppo onerosa per le esigue casse dei bilanci comunali. Magari sarebbe opportuna la manutenzione del verde e delle alberature (che si sono rivelate un problema importante), ma anche lì bisogna affrontare decenni di inerzia e la convinzione che gli alberi siano solo un problema da eliminare (e adesso è arrivato anche un ottimo pretesto) per fare spazio a nuovo cemento.
Dove si è sbagliato dunque. Intanto nell’organizzazione. A Labico il sindaco si è dato abbastanza da fare, mentre i pochissimi volontari della protezione civile hanno fatto un lavoro enorme, ma certo è mancata un’adeguata organizzazione. Una vera e propria unità di crisi si è costituita con grande ritardo, ma poco o nulla è stato fatto in termini di organizzazione preventiva. E i risultati si sono visti. Nessuno pretendeva che ci fossero chissà quanti mezzi specifici di intervento, ma – in un paese dove ancora sopravvive un pochino di economia agricola - sarebbe stato molto utile fare, con qualche giorno di anticipo, un monitoraggio sulla disponibilità di trattori, pale meccaniche, motoseghe, e altri attrezzi. Per non parlare delle persone, molte delle quali, se coinvolte e informate, sarebbero state pienamente disponibili a fare la propria parte per risolvere i problemi. Un approccio di questo tipo servirebbe anche a ritrovare un senso della comunità che si sta drammaticamente smarrendo, mentre, al contrario, si è potuto assistere ad episodi non certo lodevoli, in cui ha prevalso l’egoismo. Se penso che ci sia poco pane dovrei comprarne un po’ meno del solito e non molto di più col rischio di buttarlo tra due giorni e con la certezza che qualcuno rimarrà senza. Purtroppo molte delle persone che hanno avuto un ruolo di responsabilità in questa vicenda – a tutti i livelli – non sono stati all’altezza. In alcuni casi, come nel caso del sindaco di Labico, che è stato presente e attivo per molte ore, non si può negare l’impegno profuso, ma indubbiamente è mancata una capacità generale di organizzazione e di coordinamento da parte degli attori interessati. Non si possono lasciare per ore nel gelo della notte 180 passeggeri su un treno fermo perché nessuno ha informato nessuno e le molte persone che poi si sono prodigate per portare un po’ di aiuto lo hanno saputo troppo tardi. I pochi mezzi e le poche persone della protezione civile sono stati talvolta impegnati in azioni che hanno portato via loro tempo ed energie, quando sarebbe stato più logico risolvere le questioni con un pizzico di buonsenso e con un po’ di altruismo e generosità.  Un esempio di pura fantasia. Se mio figlio di pochi mesi ha bisogno del latte e io non posso uscire vorrei poter contare sulla solidarietà dei miei vicini e non dover chiamare il 118. Altrimenti il sistema – già in affanno – va completamente in tilt. E se il vialetto di casa mia è pieno di neve chiamo i miei vicini, raduniamo gli attrezzi da giardino e cerchiamo di fare la nostra parte. Si chiama senso di responsabilità e lo dobbiamo avere tutti: cittadini, amministratori, volontari, forze dell’ordine.

1 commento:

  1. Caro Tullio hai messo nero su bianco le "incazzature" di ogni Labicano..infatti se si fossero allertati tutti i "trattoristi" forse avremmo avuto meno disagi, anzi senza forse, saluti

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