5 novembre 2011

La banalità del male


Il commento del nostro premier alla seconda tragedia che, nel giro di pochi giorni, ha colpito la Liguria e il paese intero – se per qualcuno vale ancora un minimo di senso di solidarietà di una nazione – è francamente disarmante: è successo perché hanno costruito dove non si doveva.  Sarebbe anche una discreta sintesi, se ad esprimerla fosse stato un qualunque cittadino dotato semplicemente di un minimo di buonsenso. Tra le concause che determinano eventi come quelli appena registrati c’è, indubbiamente, l’inadeguatezza delle scelte di pianificazione urbanistica e di governo del territorio. E costruire troppo, male e in zone a rischio idrogeologico (per tacere di quello sismico) significa aumentare i fattori di rischio. Quello che sconcerta, quello che spaventa, quello che indigna profondamente è che a pronunciare queste parole sia stato il principale artefice della deregulation urbanistica in un paese che già – per cultura e vocazione – non è particolarmente incline a seguire regole che vengono spesso giudicate troppo rigide. E quanto entusiasmo aveva suscitato questo sorridente omuncolo che ha fatto della semplificazione – delle procedure, della regole, del linguaggio – la sua arma vincente. Non a caso sono passati senza troppi problemi due condoni edilizi nel giro di dieci anni, a cui si sono aggiunti, per completare il quadro, il progressivo allentamento delle norme in materia urbanistica e l’approvazione del “piano casa”, un’altra meravigliosa perla di disprezzo verso le regole della civile convivenza, salutata con irritante entusiasmo da molte amministrazioni regionali (che, in qualche caso, sono riuscite a peggiorarne l’impianto). E adesso, proprio dal suo pulpito, arriva il rimprovero sul mancato rispetto delle regole nello sviluppo edilizio. Una considerazione come un’altra, quasi ovvia. Banale, se vogliamo. La banalità del male. Un male che ci ha colpito 17 anni fa e dal quale ancora non siamo riusciti a guarire.

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