19 settembre 2010

Se quattro minuti vi sembran pochi


Ho fatto un conto. Ho preso in considerazione quanto tempo ha dedicato il nostro sindaco ai suoi cittadini, nell’unico momento di confronto pubblico previsto dal nostro ordinamento: il consiglio comunale. Un momento importante, un momento nel quale si dibatte in presenza dei cittadini sulle scelte da operare nell’interesse del Paese e ogni consigliere comunale, che rappresenta la collettività, esprime le proprie valutazioni, motiva le scelte, manifesta le proprie perplessità. Inutile dire che nei comuni dove non temono questo momento di partecipazione democratica i consigli si convocano nel tardo pomeriggio o il sabato. Da noi i consigli si tengono rigorosamente nei giorni feriali, con l’evidente – anche se non dichiarato – intento di tenere il più possibile i cittadini all’oscuro di quanto viene deciso nel Palazzo. E questo importante appuntamento è talmente mal digerito dal nostro sindaco che vi dedica ben poco del proprio tempo.
Ho fatto un conto, dicevo. Ho preso in considerazione i quattro mesi estivi e ho messo insieme le ore di consiglio comunale fatte in questi quattro mesi. Ho diviso il totale per il numero di giorni. Ne è uscita la quantità di tempo che il nostro sindaco ha dedicato al confronto con noi cittadini. Il risultato: quattro minuti. Andrea Giordani ci dedica quattro minuti al giorno del suo tempo. Non fa meglio il vicesindaco che ci ha dedicato solo due minuti del suo tempo in questi quattro mesi. Si dirà che questa è demagogia e che i nostri amministratori lavorano alacremente per il paese nelle altre 23 ore e 56 minuti di cui si compone la giornata. Può darsi.
Peccato che i risultati non si vedano. A partire dai conti, che non tornano, come dimostra il rendiconto del bilancio che ha evidenziato un disavanzo di cassa di 146mila euro, ridotti a circa 96mila, grazie all’attivo dell’anno precedente. Ma il dato contabile è solo la cartina di tornasole di un paese completamente fermo e abbandonato a sé stesso.
Tornando all’estate e fatte salve le iniziative legate ai festeggiamenti di S. Rocco, l’unica iniziativa che ha visto una massiccia partecipazione ed operosità dell’amministrazione – con il sindaco in prima linea, ovviamente – è stata la sagra delle nocciole: un vero e proprio trionfo dell’ipocrisia sul buonsenso. L’avevo già denunciato alla prima edizione e il mio giudizio non può certo essere mitigato dal tardivo, quanto fasullo invito ai produttori labicani di nocciole. Per non parlare della cena di gala, sulla quale ho affidato la mia valutazione alla lettera con cui ho cortesemente declinato l’invito a parteciparvi.
Ritengo un insulto all’intelligenza delle persone disquisire per due ore sull’importanza dell’agricoltura, sulla necessità di tutelare il territorio, sul valore dei prodotti agricoli di qualità e poi perseguire un modello di sviluppo che si basa proprio sulla cancellazione di queste prospettive. Le stesse chiacchiere che si sono sentite nel dibattito blindato della seconda sagra – blindato e falso, perché, non ammettendo voci fuori dal coro, più che un dibattito era un’autocelebrazione solipsistica di dubbio gusto – si erano sentite – tali e quali – nel (finto e blindato) dibattito della prima sagra. E in un anno (non in tre giorni) vogliamo provare ad immaginare cosa sia stato fatto per dare seguito ai tanti buoni propositi dichiarati? Qualcuno starà pensando – ingenuamente –: “Nulla! Non è stato fatto nulla”. Magari! Invece, ad aggiungersi ad altre piacevolezze di devastazione del territorio, come la variante al piano regolatore che farà raddoppiare la popolazione labicana, hanno pensato bene di destinare un bella fetta di territorio agricolo alla realizzazione di un polo industriale, con buona pace delle nocciole e della produzione agricola di qualità.
Un anno dopo il nostro sindaco - con la spigliatezza tipica di coloro per i quali non sono facilmente distinguibili i glutei dalle guance – sale sul palco a discettare con rinnovato candore su quant’è buona la nocciola labicana. Sarebbe quasi divertente se – per farlo – non avesse attinto generosamente alle casse pubbliche.
Ovviamente nei quattro minuti quotidiani che ci ha dedicato non ha trovato il tempo per spiegare alcune cose su cui abbiamo chiesto delucidazioni. Per esempio ci siamo chiesti come sia stato possibile decidere di realizzare un’opera pubblica come la ciclabile, già posizionata in modo tale da avere una modesta fruibilità e che avrebbe dovuto essere terminata da dieci mesi, ma che rimane lì a simboleggiare l’incapacità di portare a termine un lavoro. Abbiamo fatto un po’ di domande su questioni che riguardano gli interessi privati del sindaco: dalla strada che attraversa la sua proprietà e di cui si sono perse le tracce all’istituzione di una commissione personalizzata per permettere l’avvio degli spettacoli di Caput Lucis, solennemente celebrati dall’assessore alla cultura, a cui sfugge di ricoprire l’incarico per il comune di Labico e non per il borgo di Fontana Chiusa. In compenso l’assessore ha risposto alla nostra interrogazione in cui chiedevamo come mai si destinassero in men che non si dica 1780 euro ad un’associazione di Cave (però, ha tenuto a specificare, non era di Cave, ma di un paese del frusinate) per una mostra di quadri che non ha visto quasi nessuno. Nella risposta ha ammesso che era tutto già concordato (evviva la faccia) e ha aggiunto che io e Spezzano non capiamo nulla d’arte. In sostanza essere contrari alle pratiche clientelari denota uno scarso senso artistico. Buono a sapersi. Se vale questa correlazione possiamo dire, con convinta fierezza, di essere amministrati dall’accademia delle belle arti. Sono soddisfazioni.

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