30 agosto 2010

Per non smarrire il senso della comunità


Nei giorni scorsi è stata diffusa una lettera, firmata da alcune mamme, con cui si lamentava il fatto che il centro anziani, che ha ospitato le due settimane di centro estivo organizzato dalla parrocchia, avesse negato la disponibilità delle cucine per preparare un primo piatto caldo per i ragazzi. L’amministrazione comunale non ha cercato una soluzione razionale e ha “risolto” il problema ordinando i primi piatti all’esterno, ovviamente a carico del bilancio comunale (paga sempre pantalone). Questo semplice episodio merita una duplice riflessione. La prima è che abbiamo a che fare con un’amministrazione molto attenta e solerte quando sono in ballo interessi speculativi, ma svogliata e distratta quando si tratta di occuparsi degli interessi della collettività. In questi casi, quando proprio non si può far finta di niente (la tecnica preferita), si cerca la soluzione meno impegnativa. Nella fattispecie si è voluto “accontentare” le mamme e gli organizzatori del campo estivo fornendo direttamente i pasti, ma senza urtare le suscettibilità del centro anziani, da sempre serbatoio di voti da curare con attenzione. La seconda riflessione riguarda il rapporto che tutti noi abbiamo con la cosa pubblica. Ed è un rapporto distorto, che non tiene conto del fatto che la “cosa pubblica” è uno degli elementi fondanti di quella che dovrebbe essere la nostra comunità. Una comunità sociale, che può esistere solo se ognuno di noi contribuisce a tenerla viva. Altrimenti diventa un’arida sommatoria di individualità, del tutto priva di quel senso di unione e di appartenenza che invece costituisce la vera ricchezza di un paese. Un senso di appartenenza magistralmente interpretato dai ragazzi del centro giovanile, i quali hanno dedicato due settimane del proprio tempo per aiutare il parroco a realizzare il centro estivo. Certo l’esempio che viene dai nostri amministratori non aiuta a consolidare questo aspetto sociale. Un’amministrazione che confonde il mandato elettorale con l’acquisizione e libera disponibilità delle proprietà e degli spazi pubblici non invoglia certo i cittadini a contribuire alla costruzione di un modello sociale basato sull’altruismo e sulla solidarietà. Però è necessario fermarsi e riflettere. Da un lato dobbiamo riprendere consapevolezza del fatto che i pochi spazi e le poche strutture pubbliche che abbiamo non appartengono a chi ne è affidata la gestione. Che si tratti dei campi sportivi, della piazza, del centro anziani o del centro giovanile. Quegli spazi sono comunque di tutti noi e chi li gestisce non è beneficiario di un privilegio, ma è il custode di un bene pubblico. Un ruolo importante, che va rispettato e che comporta grande senso di responsabilità, ma che sarebbe sbagliato trasformare in esercizio arbitrario del potere.
Conosco molte persone che frequentano il centro anziani, a cominciare dal presidente, che da diversi anni sta dedicando il proprio tempo e le proprie energie a tenere viva una realtà che svolge in ogni caso una funzione fondamentale per il paese, e sono convinto che la sensibilità dei singoli non è certo quella che è emersa dallo spiacevole episodio di qualche settimana fa. In fondo – a ben guardare – si era trattato della visita di alcuni bambini ai propri nonni. E proprio non riesco ad immaginare un nonno o una nonna che negano un piatto di pasta al proprio nipotino. Men che mai a Labico.

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