26 novembre 2012

La solitudine dei numeri


Alla fine contano i numeri.  Questa frase l’avrò sentita decine di volte da quando seguo la politica locale. E’ la perfetta sintesi del comune sentire dei “pragmatici” della politica. Quelli che ti dicono “vanno bene le idee, vanno bene le competenze, ma senza i voti…” e la frase rimane solennemente sospesa. Il tono e la postura sono quelli di chi la sa lunga. Ostentano cattedratica saggezza. L’aposiopesi serve a sottolineare la gravità dell’assunto. Senza rendersi conto che l’interlocutore, spesso, si sente un po’ come Totò di fronte alle perle di saggezza di De Filippo (“e ho detto tutto”, “Ma che dici con questo ho detto tutto, che non dici mai niente?”).
Qualche volta, però, i numeri sono dispettosi e condannano proprio chi li trasforma in oggetto di culto. Pensiamo, ad esempio, alle recenti primarie. A Labico, per le primarie, si è spesa, con grande impegno, una lista civica, attraverso i suoi più autorevoli esponenti (consigliere comunale, segretari di sezione, candidati più votati) e persino il vicesindaco – di altra lista, quindi – ha dato il proprio contributo. Dalle dichiarazioni dei giorni precedenti il voto ci si sarebbe aspettati una grandissima partecipazione e un sostanziale plebiscito per il segretario del PD, Pierluigi Bersani, sostenuto in modo unanime dalla nomenclatura locale del partito (e non solo). Invece le cose sono andate diversamente. Rispetto ai pochi, pochissimi, votanti, c’è stata una buona affermazione di Vendola (SEL) e un ottimo risultato di Renzi, che non risulta essere stato appoggiato da nessuno a livello locale.
Se dovessero contare “questi” numeri, l’alleanza alla base della lista dovrebbe subire un sostanziale cambiamento degli equilibri interni. Chissà, magari questa volta i numeri non conteranno. Questa è una delle ragioni per cui talvolta la politica appare così poco comprensibile. Per molti politici i numeri sono imprescindibili quando fanno comodo, ma se, alla conta, si trovano in difficoltà, le valutazioni diventano altre. Alle brutte possono sempre autoproclamarsi “vincitori morali”.

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