26 ottobre 2012

Salviamo palazzo Giuliani


La voce circolava da tempo. Qualche esponente della maggioranza l’aveva già ipotizzato: di fronte allo sconquasso dei conti, l’unica è vendere – almeno in parte – il proprio patrimonio. L’immagine non è confortante. La sensazione è quella di vedere un casato nobiliare in declino, che per sopravvivere è costretto a vendere l’antico palazzo di famiglia, quello sul cui frontone è scolpito lo scudo araldico. Uno dei luoghi simbolo della storia di Labico è Palazzo Giuliani e, probabilmente, sarà lui ad essere sacrificato. In diritto, quando si vuole attribuire ponderatezza e responsabilità a chi amministra un bene che non gli appartiene (ed è il caso degli amministratori pubblici) si usa la locuzione “diligenza del buon padre di famiglia”, ad intendere che il rispetto e la cura nei confronti della res publica devono essere i medesimi che avrebbe appunto il “buon padre” nei confronti delle proprietà di famiglia. E’ suo preciso interesse, come persona e come genitore, garantire che quei beni siano utilizzati correttamente e in modo da preservarne il più possibile valore e funzionalità. E la decisione di alienare uno dei beni di famiglia ha senso quando quel bene non serve e il ricavato può servire ad acquistare qualcosa di utile oppure quella vendita serve a risolvere problemi importanti, ma con la consapevolezza che per la famiglia sarà un danno e le future generazioni saranno private per sempre di quel bene. Ma se per un padre le “future generazioni” altro non sono che i figli e i nipoti, per un amministratore con pochi scrupoli le future generazioni sono un concetto astratto, che tra l’altro neanche vota, e quindi non si preoccupa certo di tutelarle. D’altronde, un amministratore coscienzioso non ci avrebbe portati nell’incredibile situazione in cui ci troviamo, con i conti pubblici allo sfascio e il sindaco che ha il coraggio di affermare che “in questo bilancio i cittadini non pagheranno in più per il problema del depuratore”, smentendo il fatto che proprio il documento di bilancio approvato annuncia – pur con estrema vaghezza – un costo che si aggira tra i due e i tre milioni di euro. E se non saranno – non tutti almeno – contabilizzati nel 2012 questo non significa che i cittadini non saranno chiamati a pagare. Che poi Galli si lamenti dei continui tagli degli ultimi Governi – peraltro da lui sostenuti – non cambia di una virgola il problema ed è meglio ricordarlo. La magistratura ha riscontrato il malfunzionamento dei due impianti di depurazione e ne ha disposto il sequestro. Chi ha la responsabilità di un’infrastruttura fognaria e di depurazione che non funzionano? Perché Galli e compagnia cantante continuano a parlare dell’emergenza depuratori come se a Labico si fosse abbattuto un meteorite? Sono talmente tante le anomalie in tutta la vicenda – e noi le abbiamo evidenziate in modo molto circostanziato – da non potersene lavare le mani con tanta disinvoltura.
Ad aggravare la situazione c’è, ad adiuvandum, un’inveterata incapacità di amministrare la cosa pubblica e gli sprechi a Labico non si contano. Pensiamo al fallimento della raccolta differenziata, che non sembra aver prodotto alcun vantaggio in termini di quantità di rifiuti conferiti in discarica, ma il cui costo è aumentato (dal 2008 ad oggi) del 60 per cento. Pensiamo alle cosiddette opere pubbliche, che a Labico sono una continua emorragia di denaro pubblico, dalla finta ciclabile da 200mila euro (ma in bilancio ce ne sono altri 700mila) all’operazione Eiffel per la quale stiamo pagando le rate di un mutuo per avere acquistato della ferraglia di cui il comune non ha neppure il possesso. Pensiamo ai soldi buttati per il progetto ASI, che per fortuna siamo riusciti a fermare, e a quelli per i vari sportelli dai quali non si è mai avuto alcun beneficio per la collettività. Potrei andare avanti per pagine, ma non è il caso di sparare sulla croce rossa. La questione è un’altra, siamo in mano ad una classe politica che gestisce la cosa pubblica – nella sua complessità, dalle risorse economiche al territorio alle infrastrutture ai beni immobili – con una sciatteria sconfortante. Molto è lasciato al degrado e all’abbandono, proprio perché manca quella “diligenza del buon padre di famiglia” che chiunque abbia in affidamento un bene che non gli appartiene sarebbe in grado di usare. A chi amministra Labico manca del tutto questa sensibilità. E non hanno avuto alcuno scrupolo ad inserire, nel bilancio triennale, qualcosa come un milione e 348mila euro di entrate derivanti da alienazione di beni patrimoniali. Ovviamente senza uno straccio di indicazione su cosa vogliono vendere, su che stima sia stata fatta e da chi. Una mente un po’ maliziosa potrebbe pensare che a trarre vantaggio da questa operazione di salvataggio dei conti potrebbe essere qualcuno che opera nel campo degli immobili e delle costruzioni. Chi svende per necessità trova sempre qualche vorace imprenditore pronto all’affare. Chissà, magari ne conoscono anche qualcuno… D’altronde non è che possiamo far loro una colpa se, rispetto al buon padre di famiglia, sono privi di quella benedetta diligenza. Anzi, consci di questa lacuna, hanno anche trovato la soluzione: l’assaltano.

1 commento:

  1. Scendiamo in piazza, occupiamo il comune, facciamo qualcosa contro questi incapaci!

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