22 marzo 2010

L’insostenibile leggerezza dei debiti

Cerchiamo subito di chiarire una questione. Quando un ente locale è chiamato a “riconoscere” l’esistenza di debiti fuori bilancio vuol dire una cosa molto semplice: sotto c’è qualche magagna. Quando la gestione contabile è fatta in modo impeccabile questo tipo di strumento non serve. Invece è la seconda volta che il nostro comune vi ricorre in pochi mesi. Proviamo a partire dall’inizio. Tutto nasce nel 2007 dagli errori commessi nella procedura seguita per la fornitura della pavimentazione degli impianti sportivi, per la quale, anziché seguire le procedure stabilite dalla legge, l’allora sindaco, Alfredo Galli, fece direttamente l’ordine alla ditta, in assenza degli adempimenti per l’assunzione degli impegni di spesa che impone la legge. Questa “leggerezza” ha anche fatto perdere le risorse stanziate dalla regione Lazio per coprire la spesa. Così la ditta, che correttamente aveva fornito la pavimentazione, ha inviato al Comune le fatture per il pagamento.
A questo punto c’è l’avvicendamento tra le poltrone e, come nella quadriglia, sindaco e vicesindaco si scambiano di posto. Cambia la massima carica del comune, ma ne resta immutato il (discutibile) senso di responsabilità. Infatti, il nuovo sindaco, anziché porre rimedio alle negligenze del proprio predecessore e sodale, ha pensato bene di non rispondere alle richieste di pagamento ed ai solleciti che venivano dalla ditta fornitrice, peggiorando ulteriormente la situazione. Comprensibile l’avvio di un’azione legale da parte della ditta e inevitabile il pronunciamento del tribunale civile, prima con un’ingiunzione di pagamento (nel 2008) e poi con un atto di precetto.
Ovviamente di tutto questo noi consiglieri dell’opposizione siamo stati tenuti all’oscuro per tre lunghi anni, fino a quando la maggioranza non si è resa conto che l’unica possibilità per uscirne era quella di portare il riconoscimento dei debiti fuori bilancio in consiglio, appellandosi al nostro senso di responsabilità. In pratica prima combinano guai, violano la legge, fanno tutti i sotterfugi possibili, poi chiedono a noi di essere responsabili.
Senso di responsabilità che, comunque, noi abbiamo cercato di applicare, chiedendo però il rispetto di due condizioni minime: trasparenza e ripristino della legalità.
Trasparenza perché, come spesso capita, avevano “dimenticato” di mettere tutte le carte nel fascicolo e, ad esempio, si scopre che c’era un avvocato che – senza alcun mandato – stava trattando con la ditta una “via d’uscita” al limite della legalità. In pratica – a leggere la corrispondenza intercorsa – sembra di capire che qualcuno si era preso la briga – a nome del comune – di proporre la stesura di un contratto che potremmo definire “postumo”, accompagnato da una “scrittura privata riservata”. Insomma un piccolo imbroglio. Con nobili finalità, per carità. Anzi se la ditta non avesse risposto qualcosa del tipo “Ma siete matti?” probabilmente non avremmo mai saputo nulla.
Legalità perché la norma parla chiaro: sono riconoscibili i debiti solo nei limiti di effettiva utilità ed arricchimento dell’ente. In pratica soltanto la pavimentazione. Non si possono mettere certo le spese legali della ditta che si sta affannando da tre anni per vedere riconosciuto il proprio credito, né tantomeno le spese legali dell’amministrazione comunale, rese necessarie dall’incompetenza ed incapacità di chi amministra. Per pochi che siano, ma siamo comunque nell’ordine di diverse migliaia di euro, sono sempre soldi dei cittadini che vengono sperperati per sanare i guai che combinano i nostri sedicenti amministratori.
Noi abbiamo chiesto, nel rispetto della legge, quanto segue: riconoscere i debiti solo per la parte della pavimentazione; far pagare a sindaco e vicesindaco le maggiori spese che, sempre a rigor di legge, erano imputabili alla loro negligenza. Con queste condizioni abbiamo dato la nostra disponibilità a votare a favore della delibera. Superfluo dire che i soldi pubblici si possono sperperare senza ritegno, ma gli stipendi di sindaco e vicesindaco (pagati sempre coi soldi pubblici) proprio non si toccano. Proposta, dunque, bocciata (anche col voto di Alfredo Galli, parte in causa). Questo sì che è il senso della responsabilità. Lo stesso senso di responsabilità dimostrato dal principale artefice del pateracchio, il sindaco, che ha preferito attendere che il consiglio licenziasse l’atto prima di fare capolino, come se la questione non lo riguardasse.

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