3 febbraio 2009

Bici... e treni

Eccolo sta arrivando. La carrozza con il vano bici – contrassegnata dall’apposito pittogramma, come spiegano zelantemente gli opuscoli informativi – mi scorre davanti. Le lancio appena uno sguardo distratto. Troppe volte sono caduto nella trappola di inseguirla affannosamente per seguire in modo scrupoloso le direttive sul trasporto delle bici al seguito. La realtà poi è sempre un po’ diversa. Controllori e capitreno sono spesso del tutto ignari della questione. Il vano bici non è quasi mai accessibile, per una ragione o per l’altra. Talvolta ci si trova a doversi affidare alla benevolenza del personale ferroviario per riuscire a portare con sé la bicicletta. Dinamica tipica del nostro paese: il diritto trasformato in concessione. Conviene affidarsi all’esperienza ed affinare qualche tecnica di “sopravvivenza”. La prima regola è quella di evitare di salire su carrozze intermedie. Neppure sulla penultima. O sulla seconda porta dell’ultima. Si scopre, a proprie spese, quanto siano propensi alla mobilità interna i viaggiatori dei treni. Un incomprensibile via vai di passeggeri che erano saliti in coda e vogliono andare in testa e di passeggeri saliti in testa per i quali diventa irrinunciabile raggiungere un vagone di coda. E questo duplice flusso di persone, con bagagli di ogni tipo e tutti molto ingombranti si incrocerà inesorabilmente lì, su quella piattaforma che sembrava vuota, dove vi siete posizionati voi con la vostra bicicletta e ognuno di loro passando vi lancerà uno sguardo severo di disapprovazione a significare “dove diavolo va con la bicicletta questo?”. Anche se avrà al seguito due enormi valigioni similbaule modello Principessa d’Austria in viaggio per le vacanze estive. I più spiritosi si limiteranno a qualche facezia del tipo “che stai a ripià il gruppo?” oppure il più banale: “perché prendere il treno quando hai la bicicletta?”. Onde evitare questo genere di situazioni è sempre meglio optare per l’ultima (o la prima) piattaforma utile. Certo anche quella non verrà risparmiata e ci sarà chi sentirà il bisogno irrinunciabile di superare la bicicletta e affacciarsi verso il nulla per essere certo che non ci siano altri vagoni. Insomma qualche incomodo si crea e qualcun altro si patisce. A cominciare dalla ricerca del biglietto per la propria compagna di viaggio, vera chimera tra i titoli di viaggio Trenitalia. Neanche pensare di poterne trovare in edicola o dal tabaccaio, unici punti vendita di biglietti nei pressi delle stazioni ferroviarie più piccole. Ma neppure in quelle di medie dimensioni è il caso di farsi soverchie illusioni. Ad essere ottimisti li si potrà trovare in non più di venti stazioni in tutto il territorio nazionale. E talvolta sono gli stessi addetti ad ignorarne l’esistenza. I più navigati se la cavano con un chilometrico dello stesso importo, normalmente sufficiente a placare l’animo anche del più intransigente dei controllori. Fino a qui sembra proprio che non ne valga la pena. Però… Però c’è un momento – e che momento!– in cui si avvicina la stazione di destinazione e si comincia a pregustare una meravigliosa giornata da trascorrere sui pedali, percorrendo strade sconosciute, ammirando inediti paesaggi, esplorando nuovi orizzonti. Qualcosa che indubbiamente potrà ripagare i disagi del viaggio. E allora ecco che il treno rallenta, si ferma, si aprono le porte e… Cazzo! Piove.

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