5 dicembre 2005

La variante al prg di Labico

Ritengo che l’iniziativa di tenere un’assemblea pubblica di presentazione delle proposte in materia urbanistica elaborate dalla giunta comunale sia stata un’opportunità importante e apprezzabile e mi ha fatto piacere vedere una certa partecipazione da parte dei labicani, anche se – attesa l’importanza della questione – sarebbe stato lecito aspettarsi un pubblico molto più nutrito. Io ho approfittato ben volentieri di questa possibilità di confronto per esprimere le mie perplessità sull’impostazione generale del piano.
L’ho presa forse da lontano, ma ho ritenuto giusto basare le mie riflessioni sulla storia sociale ed urbanistica di un paese che è passato nel giro di un paio di generazioni da un’economia prevalentemente agricola ad una dipendenza economica pressoché totale da altri centri economici, sia per tipologia (in prevalenza terziario e servizi) sia per localizzazione (sostanzialmente Roma). Altri fattori – come il mercato immobiliare – hanno sancito il mutamento di Labico in “residenza per pendolari”, e la conseguente trasformazione urbanistica è stata rapida e devastante: abusivismo, edificazioni senza regole, senza criteri e, talvolta, senza servizi essenziali, hanno caratterizzato l’espansione edilizia degli ultimi decenni. E, per stessa ammissione dei rappresentanti istituzionali, poco o nulla è stato fatto in termini di opere di urbanizzazione e, soprattutto, per la realizzazione degli standard urbanistici che il precedente piano regolatore prevedeva (piazze, aree verdi, servizi per la collettività, ecc.). Le proposte avanzate con questo aggiornamento alla variante urbanistica sembrano purtroppo seguire la strada del passato e si ipotizza – senza imbarazzo – di far passare la popolazione labicana dai 2500 abitanti del 1992 ai 7500 previsti per il 2012, ossia di triplicarla nel giro di vent’anni, con un preoccupante consumo di territorio, con un evidente aumento del disagio complessivo (si pensi al prevedibile ingolfamento dell’asse viario della Casilina) e senza alcuna garanzia che i servizi in senso lato non rimangano gli stessi che già erano insufficienti per i 2500 abitanti del ’92.
Marc Augè, celebre sociologo e antropologo francese, ha coniato un termine felice per descrivere quei luoghi – contrapposti ai luoghi antropologici classici (città, mercati, teatri) – caratterizzati dalla mancanza di identità e di relazioni: i nonluoghi. Luoghi dove moltissime individualità si incrociano senza incontrarsi, senza entrare in relazione. I quartieri dormitorio e le borgate fanno parte di questa categoria. E Labico – con una programmazione urbanistica così spregiudicata - rischia di diventare un paese-dormitorio, quindi un nonluogo, destinato a perdere quel poco che le rimane di identità, di socialità e di storia.
L’altro elemento che mi preoccupa del governo del nostro territorio è l’individuazione – in una delle poche zone ancora risparmiate dal cemento (la zona dei Casali e di Valle Fredda) - dell’ennesima arteria stradale di dubbia utilità, dai costi elevatissimi e che distruggerebbe quel poco di verde e di aree agricole rimaste a Labico: l’innesto del raccordo stradale Cisterna-Valmontone. So bene che questa opera dipende in misura modesta dall’amministrazione comunale, ma non riesco a condividere la descrizione entusiastica che il sindaco ha fatto dell’intervento e dei suoi effetti sulla nostra economia.
Credo quindi che le priorità siano:
bloccare in tutti i modi la realizzazione della bretella Cisterna-Valmontone e chiedere alla Regione Lazio di investire quelle risorse per migliorare il trasporto ferroviario della linea Roma-Cassino e il trasporto pubblico della zona;
realizzare tutto quello che non è stato fatto negli ultimi anni in termini di standard urbanistici, servizi, aree verdi, strade, piazze, marciapiedi, illuminazione, impianti idrici e fognari, scuole, asili nido, stazione ferroviaria e tutto quanto può restituire a Labico la dignità di una Città vera e sottrarla al degrado dellla borgata;
puntare – in futuro – ad un’edilizia di qualità e a interventi che puntino soprattutto alla riqualificazione e al recupero urbanistico dell’intero territorio, con attenzione anche al centro storico, che potrebbe tornare ad essere il centro vitale e sociale di Labico.
Troppo spesso ci si riempie la bocca con parole come “sviluppo”, “crescita”, “incremento”, pensando che siano portatori di benefici e vantaggi. Questo, però, non è vero e, quando è vero, lo è solo in parte. Si pensi all’imprenditore avicolo che commercia uova. Egli penserà che lo “sviluppo” della sua azienda aumenterà raddoppiando il numero di galline per capannone. Avrà così indubbiamente una “crescita” della produzione e un “incremento” dei profitti. Per lui, quindi, un bel vantaggio. Un po’ meno per le galline, a cui lo spazio vitale viene drasticamente ridotto. Ecco, non vorrei che a Labico facessimo la fine di quelle sfortunate galline ovaiole…


Tullio Berlenghi

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