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6 giugno 2017

11 giugno. A Labico si volta pagina

Mancano pochi giorni alle elezioni amministrative in cui i cittadini di Labico sceglieranno la prossima amministrazione. In qualche misura sarà una data storica per la nostra città, che vedrà l’uscita definitiva di chi nel bene o nel male – e il mio giudizio è netto e noto - è stato il principale protagonista della scena politica labicana: Alfredo Galli.
Non sono un assertore della teoria che in politica rinnovamento sia necessariamente sinonimo di miglioramento, ma in questo caso è evidente il bisogno che una classe politica, un metodo politico ed una cultura politica – dei quali il sindaco uscente è l’ineguagliabile incarnazione – chiudano definitivamente il ciclo. Questo cambiamento non sta avvenendo per caso, ma è il naturale epilogo di un percorso, durato dieci anni e costruito da molte persone (inter alios l’impareggiabile passione del vulcanico Maurizio Spezzano) che hanno avvertito la necessità di voltare finalmente pagina e che hanno lavorato con impegno e costanza per dare una proposta davvero alternativa, fatta di contenuti, credibilità e preparazione. Il percorso non è stato facile, ci sono stati problemi, difficoltà, sono stati anche commessi degli errori. E’ il fisiologico limite di un progetto democratico, partecipato e condiviso, ma è anche la sua ricchezza e la sua forza.
Dal 12 giugno Labico avrà l’opportunità di rinascere. Sarà una sfida ardua e decenni di pessimo governo locale peseranno come un macigno sui nuovi amministratori, ma sono convinto che la squadra di Labico bene comune abbia le capacità e le competenze per affrontarla in modo appropriato.

In una lista di persone qualitativamente così elevata non è semplice sceglierne due – una donna e un uomo, per la doppia preferenza di genere – a cui dare la propria fiducia. Io ho deciso di esprimere la mia preferenza per due persone in grado di unire l’entusiasmo della giovane età alla necessaria competenza ed alla sensibilità sui temi che personalmente mi stanno più a cuore, a partire dalla tutela del territorio e dell’ambiente in cui viviamo. L’11 giugno darò il mio voto alla lista n. 4, Labico bene comune, ed esprimerò la mia preferenza per Giulia Lorenzon e Paolo Galli, i quali, ne sono certo, daranno un apporto prezioso all’attività della futura amministrazione comunale. A Giulia e Paolo, a Danilo Giovannoli e a tutta la lista formulo i miei migliori auguri di buon lavoro perché Labico torni ad essere quel “bene comune” di cui noi cittadini abbiamo bisogno.

31 agosto 2016

Né case né scuole di sabbia

“La colpa non è di Dio, ma di chi costruisce case di sabbia”. Con queste parole il vescovo di Rieti,  monsignor Domenico Pompili, ha messo a tacere l’irresponsabile e comodo appello al fatalismo di buona parte del ceto politico. Diamo la colpa al destino crudele e pensiamo subito a come gestire la ricostruzione, che significa soldi, appalti, commesse. Non c’è mai tempo per riflettere. All’inizio è il momento del cordoglio. Nei giorni successivi bisogna rimboccarsi le maniche. Poi bisogna tornare alla normalità. E quando sei tornato alla normalità mica ti puoi mettere a pensare alla prevenzione… fino alla prossima volta. Del resto, come ha sottolineato cinicamente Bruno Vespa, i terremoti sono un ottimo volano dell’economia. Negli ultimi 48 anni abbiamo speso qualcosa come 121 miliardi di euro in ricostruzione, spesso sprecati in appalti sospetti e interventi di pessima qualità (Bertolaso docet), mentre per un serio intervento di prevenzione e messa in sicurezza il costo complessivo sarebbe di gran lunga più basso (circa 40 miliardi). A quanto pare i governi centrali sembrano incorrere ogni volta nel medesimo errore e l’atteggiamento di Renzi all’indomani della tragedia del 24 agosto ricorda la sicumera con cui Berlusconi nel 2009 prometteva agli aquilani  "Non vi lasceremo soli, la ricostruzione sarà rapida". Talmente rapida che ancora adesso, dopo sette anni, il centro storico del capoluogo abruzzese è un immenso cantiere. Ma gli amministratori locali quanto si preoccupano di questo aspetto? Sì, perché il loro ruolo è determinante per garantire che gli edifici, in particolare quelli pubblici, siano sicuri. E il crollo della scuola di Amatrice, ristrutturata nel 2012, preoccupa non poco da questo punto di vista. Non è la prima volta che una scuola crolla e ogni volta viene da pensare: E le nostre scuole? Saranno abbastanza sicure?

Ricordo perfettamente che dopo il terremoto dell’Aquila avevamo presentato un’interrogazione – a prima firma Spezzano - per chiedere garanzie sulla sicurezza strutturale degli edifici scolastici e che, visto che il sindaco non rispondeva, eravamo stati costretti a trasformarla in una mozione con la quale chiedevamo cose molto semplici come la ricognizione dello stato di salute degli edifici pubblici con particolare attenzione per le strutture scolastiche. Inutile dire che la mozione venne respinta dalla maggioranza e che sindaco e vicesindaco liquidarono la questione citando la relazione di uno studio tecnico e sostenendo di fatto che Labico non è un comune a rischio sismico. Nella mia replica dovetti spiegare che: 1) la relazione dello studio tecnico era tutt’altro che rassicurante perché vi si affermava che la scuola media non era in grado di resistere ad un’eventuale evento sismico; 2) il nostro comune, nella classificazione sismica, è inserito nella zona 2, ossia appena un gradino più in basso di quella dell’Aquila, ma non certo esente da rischi (basti pensare che i comuni colpiti dal sisma dell’Emilia Romagna sono di classe 3 e 4).


Sempre nello stesso periodo presentammo diversi atti per esprimere perplessità su alcune anomalie nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici e anche in questo caso le nostre istanze vennero bocciate. Ricordo che ancora adesso è in corso un processo penale per le irregolarità riscontrate nell’appalto alla scuola media, un processo nel quale gli unici ad essersi costituiti parte civile siamo stati io e Maurizio Spezzano, nell’indifferenza di buona parte della politica labicana.  Eppure siamo tutti consapevoli che dalla procedura di affidamento dei lavori per le opere pubbliche dipendono due cose importanti: la prima è un costo congruo dell’intervento, che permette di risparmiare soldi pubblici; la seconda è un intervento qualitativamente adeguato, che permette di dare maggiore sicurezza a chi – come i bambini  e i ragazzi – usufruirà della struttura. Io non posso che rinnovare l’invito a chi amministra – e soprattutto a chi amministrerà in futuro – ad assumersi la responsabilità di garantire quanto prima la sicurezza sismica degli edifici scolastici. Sarebbe un atto dovuto nei confronti delle future generazioni.



La scuola media di Labico (immagine street view di google)


12 febbraio 2016

Vogliamo un confronto pubblico in consiglio comunale

E’ decisamente imbarazzante l’arroccamento del Sindaco il quale, non pago di avere gestito nel peggiore dei modi (tralasciamo, per carità di patria, l’amministrazione del Comune negli ultimi vent’anni) i danni causati dalla sua incapacità di programmazione culminati con il salasso dei depuratori e il maldestro tentativo di porvi rimedio con la funesta operazione delle “cartelle pazze”, si permette anche di replicare con minacciosa protervia a chi chiede – legittimamente – un confronto pubblico sulla vicenda, adducendo motivazioni risibili e pretestuose. Propongo quindi ai consiglieri comunali che abbiano a cuore la democrazia e la partecipazione di promuovere un atto in base al quale il Sindaco non potrà negare la convocazione del Consiglio comunale: una mozione di sfiducia. Non sarà necessario che i promotori la votino, una volta in consiglio comunale. E’ però importante utilizzare uno strumento che consenta di portare un tema così importante nella sede istituzionale naturale, ossia il consiglio comunale, dove ogni eletto potrà  esprimere la propria posizione, con la massima libertà e con la massima trasparenza. Sarebbe un atto dovuto e non dovrebbe neppure essere necessaria una esplicita richiesta. Metto a disposizione di chi voglia farsene carico una bozza di mozione. Per il deposito sono necessarie tre firme (almeno 2/5 dei consiglieri comunali) e il consiglio deve essere convocato non prima di 10 giorni e non più tardi di 30 giorni dalla presentazione.


Proposta di mozione di sfiducia

I sottoscritti consiglieri comunali chiedono, ai sensi dell’articolo 52 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell’articolo 45 dello Statuto del Comune di Labico, la convocazione del comunale nei termini stabiliti dalle sopra citate disposizioni al fine di discutere e mettere in votazione la seguente mozione di sfiducia:

Il consiglio comunale di Labico

premesso che:

-          Il … 2012 Alfredo Galli è stato eletto, per la terza volta, sindaco di Labico;
-          Alfredo Galli ha ricoperto incarichi importanti nell’amministrazione comunale in maniera pressoché ininterrotta a partire dal 1985;
-          ad aprile 2012 è stato disposto il sequestro dei due depuratori di Labico situati in località Pantano e Fontana Marchetta, determinando la necessità di provvedere allo smaltimento dei liquami attraverso il ricorso ad autocisterne;
-          il costo complessivo del periodo durante il quale non è stato possibile utilizzare i depuratori è stato di circa 5 milioni di euro, che sono stati inseriti nella contabilità comunale come debiti fuori bilancio;
-          l’amministrazione comunale guidata da Alfredo Galli ha ritenuto che attraverso la gestione ordinaria non fosse possibile raggiungere l’equilibrio contabile e che l’ammontare esorbitante dei debiti avrebbe portato il Comune al dissesto finanziario;
-          conseguentemente il sindaco, Alfredo Galli, ha presentato al consiglio comunale la proposta di avvalersi della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, introdotta nel nostro ordinamento dal d.l. n. 174 del 2012, con l’inserimento di tre nuovi articoli al Testo Unico degli Enti Locali;
-          la procedura in questione sostanzialmente consente agli enti che si trovino in una situazione di “predissesto” di redigere un piano della durata massima di dieci anni - da sottoporre a verifica da parte del Ministero dell’interno e della Corte dei Conti – attraverso il quale indicare tempi e modalità di raggiungimento dell’equilibrio di bilancio;
-          l’ipotesi era stata presentata alla cittadinanza come l’unica soluzione possibile per non gravare ulteriormente i cittadini e il consiglio comunale di Labico, con una prima delibera del 27 dicembre 2013, ha approvato l’avvio della procedura, mentre, con una seconda delibera del 17 marzo 2014, ha approvato il documento contabile finalizzato al riequilibrio finanziario;
-          in pratica l’amministrazione guidata da Alfredo Galli ha stabilito che per far fronte all’enorme massa debitoria accumulata a seguito della vicenda dei depuratori – a cui è stato aggiunto il riconoscimento di altri debiti fuori bilancio – oltre a portare le aliquote dei tributi locali in prossimità del livello massimo consentito si sarebbe puntato sull’affidamento ad un soggetto terzo il supporto nell’attività di controllo e recupero dell’evasione;
-          a seguito della gara indetta, il Comune ha affidato alla società A&G il servizio di supporto tecnico ed affiancamento all’ufficio tributi per l’accertamento e la liquidazione delle principali imposte di competenza locale;
-          la società affidataria, dopo una prima indagine sulla consistenza del patrimonio edilizio, e l’elaborazione delle banche dati disponibili ha elaborato un elenco di situazioni irregolari che ha fornito all’amministrazione comunale affinché procedesse all’avvio degli avvisi di pagamento;
-          nonostante l’incredibile quantità di situazioni segnalate – quasi 10mila – e l’enorme valore complessivo del credito che il comune vanterebbe nei confronti dei cittadini – quasi 12 milioni di euro, per un importo medio di 2000 euro per ogni residente a Labico, compresi i bambini – il sindaco Alfredo Galli, informato dalla ditta, non ha espresso perplessità sulla gravità della situazione e non si è preoccupato delle possibili conseguenze che l’invio delle 9538 missive avrebbe causato alla popolazione;
-          i primi giorni di gennaio ai cittadini di Labico sono iniziati ad arrivare gli avvisi di accertamento, creando una diffusa situazione di allarme e preoccupazione;
-          sono emersi immediatamente una quantità patologica di errori di ogni genere: calcoli imprecisi, proprietà inesistenti, misurazioni inesatte delle superfici, richieste di imposte già pagate o comunque non dovute;
-          la questione è stata tempestivamente segnalata sia dai cittadini, sia dai consiglieri di minoranza, che hanno chiesto immediatamente spiegazioni ed interventi risolutivi al Sindaco, anche attraverso la sottoscrizione di una petizione, che ha raccolto oltre 1500 firme;
-          l’amministrazione guidata dal Sindaco Galli ha affrontato la situazione in modo del tutto inadeguato, attraverso comunicazioni istituzionali vaghe e contraddittorie, che, anziché chiarire la situazione e rassicurare i cittadini, hanno aumentato il clima di preoccupazione e di incertezza;
-          il tono con cui sono state redatte le comunicazioni ha talvolta superato il confine dello stile istituzionale, che si vorrebbe asciutto ed imparziale, per scadere in uno stile bilioso e provocatorio, condito da incomprensibili allusioni e minacce nei confronti dei cittadini;
-          appare evidente che, pur nella sua gravità, quello sopra descritto è solo l’ultimo di lunga serie di atti posti in essere dal sindaco che stanno minando alla base il rapporto di fiducia e rispetto tra il primo cittadino e la comunità labicana ed è altrettanto evidente che ad Alfredo Galli ormai manchino del tutto la serenità e l’autorevolezza necessari a proseguire nel difficile compito di guidare il paese, soprattutto in un frangente così delicato;


esprime la propria sfiducia al Sindaco di Labico.

24 gennaio 2016

Tutti pazzi per le cartelle pazze



Breve ricostruzione storica delle vicende labicane.

Riassunto delle puntate precedenti.

Prima parte. La serenità. Labico era un tranquillo borgo dell’hinterland romano, con un piccolo centro storico dove bar ed esercizi commerciali vivevano dignitosamente e c’erano persino un’edicola e la biblioteca. Il panorama era molto bello e verde e i servizi erano abbastanza proporzionati rispetto al numero degli abitanti.
Seconda parte. Il progresso. Poi sono arrivati gli strateghi del progresso, i quali hanno deciso che bisognava dare più ricchezza al Paese. Per farlo era necessario spalmare di cemento l’intero territorio. Tutti ne avrebbero giovato. Così, dopo pochi anni la popolazione labicana è quadruplicata. Non i servizi, però, che si sono rivelati inadeguati all’aumentato numero degli abitanti. E anche le attività commerciali del centro storico anziché aumentare sono diminuite. Ha chiuso persino l’edicola e la biblioteca è diventata virtuale. Persino i dipendenti comunali sono diminuiti e le cose vanno molto peggio di quando è iniziata l’era dello sviluppo. Per quanto riguarda la ricchezza, se è arrivata ne hanno beneficiato in pochi, perché né i labicani vecchi, né quelli nuovi hanno mutato il proprio tenore di vita, anzi si sono ritrovati in quartieri nuovi di pacca del tutto privi di quello che la legge prescrive per le nuove urbanizzazioni. Niente marciapiedi, illuminazione insufficiente, parcheggi inadeguati, aree verdi finte, piazze mai realizzate e via dicendo.
Terza parte. I problemi. Non tutte le mancanze sono passate inosservate e ad un certo punto qualcuno si è accorto che il quadruplo delle abitazioni significava avere anche il quadruplo degli abitanti il quadruplo degli abitanti significava quadruplicare la quantità di deiezioni che finivano nella rete fognaria (già malandata di suo) e poi nei depuratori. Ma, in fondo, chissenefrega, avranno pensato da qualche parte. Depurate o no le nostre deiezioni da qualche parte finiranno. Purtroppo però in Italia ci sono delle leggi di tutela dell’ambiente e della salute che impongono di trattare correttamente gli scarichi. Non rispettarle è un reato e, in effetti, la magistratura ha aperto un fascicolo e individuato ben tre ipotesi di reato. Una delle conseguenze è stato il sequestro dei depuratori, con una serie di costi aggiuntivi che sono – ovviamente – ricaduti nelle tasche dei cittadini.
Quarte parte. Il caos. Il Comune si è così ritrovato molto vicino al dissesto finanziario. Sarebbe stata l’unica via di uscita accettabile. Forse non proprio onorevole, ma almeno dignitosa. Abbiamo mandato in fallimento un Paese, ne prendiamo atto e ce ne torniamo a casa. No, le poltrone (e i relativi stipendi), ancorché non più troppo confortevoli, non si lasciano facilmente e così i nostri amministratori hanno elaborato un bel piano decennale di rientro. Inutile che vi spieghi chi ha combinato i guai e chi si ritrova a pagarli. Nel piano di rientro è previsto, oltre ad aumentare al massimo tutte le tasse e le tariffe, il più ampio recupero possibile delle imposte non versate. Anche su quelle probabilmente non si è lavorato benissimo in passato (fioccano eufemismi) e quindi è ragionevole pensare che ci sia un tasso di evasione più elevato che altrove e quindi si può pensare ad un recupero. E come si fa il recupero?  A rigor di logica si può ipotizzare un piano di rientro graduale, non vessatorio e che si basi sulla predisposizione  di uno studio accurato, attraverso l’incrocio di tutte le banche dati, grazie alle quali ricostruire l’entità esatta dell’intero patrimonio immobiliare e del gettito che dovrebbe derivarne (tra l’altro questa richiesta l’avevamo fatta in passato, anche per valutare l’opportunità di dare vita alla nuova colata di cemento prevista dalla variante al piano regolatore). E’ stato fatto? No. Si è affidato un lavoro ad una non meglio precisata società che basa il suo business proprio sulla quantità delle somme recuperate (anche se non necessariamente dovute) e può stupire fino ad un certo punto che sia partita una richiesta spaventosa di tasse. Se io prendo una percentuale su quanto recupero mi conviene puntare alto e sperare che il cittadino – che magari si è perso la ricevuta del pagamento o non ha tempo o modo di contestare l’addebito – preferisca pagare e non porsi altri problemi. Insomma c’è tutta una evidente concatenazione di errori, la cui responsabilità è chiarissima e le cui conseguenze in termini economici sono purtroppo altrettanto chiare. Chi amministra sbaglia e porta il paese al collasso finanziario e chi viene amministrato paga. E deve anche tacere, perché altrimenti arrivano le minacce di denuncia.

E veniamo ai giorni nostri. Agli ultimi dieci per l’esattezza e andiamo a vedere in che modo l’Amministrazione si sta occupando della gestione del caos (che non è un meteorite arrivato chissà da dove), attraverso le sue cosiddette “comunicazioni istituzionali”, dalle quali trapela una certa schizofrenia.
Nella prima comunicazione -  del 12 gennaio, firmata dal responsabile del dipartimento – si comunica semplicemente un numero di telefono per eventuali chiarimenti.
La seconda, del 13 gennaio, firmata da Scaccia e Galli, parla della necessità di realizzare “realizzare una sostanziale equità contributiva e una diminuzione della pressione fiscale” (un moto d’ilarità sarà venuto anche a loro quando l’hanno scritto?), per poi affermare che si sono accorti adesso (governano da appena vent’anni) che da soli non ce la fanno e quindi si devono rivolgere ad un soggetto terzo e che comunque “nessun contribuente sarà chiamato a versare al Comune un euro in più o in meno di quanto effettivamente dovuto” (mentendo spudoratamente visto che sono centinaia gli errori riscontrati fino ad ora). Poi si arrovellano in una tesi piuttosto ardita: da un lato i cittadini labicani “nella stragrande maggioranza, sono persone oneste e coscienziose, rispettose della legge e animate da profondo spirito di appartenenza alla collettività”, ma dall’altro è stato accertato un “apprezzabile livello di evasione”  e di conseguenza i cittadini in debito con il comune devono comprendere “di aver agito non solo contro la legge ma anche a danno della comunità di cui fanno parte”. In sostanza a Labico convivono due maggioranze: una di persone oneste, l’altra di malviventi (in effetti, a vedere la situazione del bilancio, si capisce che qualche problemino a far di conto ce l'hanno). Il terzo comunicato, del 18 gennaio, con la generica firma sindaco e amministrazione, è  tutto un arzigogolo senza né capo né coda. In effetti i cittadini “giustamente lamentano errori commessi” e pertanto si sentono in dovere di porgere “le più sentite scuse”, però bisogna capire che “le banche dati del Comune non sempre sono aggiornate” (un lavoro fatto coi piedi, vogliamo dirlo?). Poi aumentano la confusione su chi ha la responsabilità di cosa, perché sì è la società, ma il recupero è gestito direttamente dal Comune (che però non ce la fa, quindi ci vuole pazienza). In ogni caso hanno già chiesto alla società di rimediare agli errori fatti (peccato che dovranno essere i cittadini a farlo notare, perché da soli mica se ne accorgono).  Si fa un bel riferimento – non guasta mai – al “fondamentale e imprescindibile obiettivo di favorire la crescita e lo sviluppo del nostro Paese” (del resto si è dimostrato un bel vantaggio finora). Il terzo comunicato termina con una bella minaccia nei confronti di chi osa criticare l’amministrazione e che sfrutta questa vicenda per fare politica (è buffo che chi vive di politica da tempo immemore riesca a connotare negativamente una parola che di per sé dovrebbe avere invece una valenza positiva).
Infine arriva il comunicato del 20 gennaio (stavolta con i nomi e cognomi di tutta la giunta). L’amministrazione ci informa di avere incontrato la società e contestato “duramente il lavoro sino ad oggi svolto, chiedendo ai responsabili di porre immediato rimedio alle incresciose situazioni verificatesi in questi ultimi giorni, pena la risoluzione anticipata del contratto”. Gliele hanno cantate come si deve a quei lestofanti. Però hanno deciso, sempre nell’interesse del Paese, ci mancherebbe, di mantenere in piedi lo straordinario accrocco messo su, sperando di riuscire a trovare una o due cartelle fatte come si deve.
Ovviamente non manca la parte di autocelebrazione in cui si dichiarano “amministratori seri, onesti e scrupolosi” che perseguono l’obiettivo di una “sostanziale equità fiscale” e di “migliorare i servizi resi alla popolazione”  (lì persino loro non dovrebbero fare troppa fatica, vista la loro modesta qualità attuale). Poi la nota informativa prende una piega non proprio istituzionale e, dopo una breve lettura del quadro politico labicano, termina con una frase che trovo interessante per vari motivi:
“Vogliamo concludere prendendo in prestito alcune delle parole uscite sulla rete, utilizzate da un autorevole cittadino labicano che critica l’operato di questa amministrazione, al quale ovviamente replichiamo dissentendo: chi amministra non ha alcun diritto di essere un pessimo amministratore, ma chi viene amministrato non ha alcun diritto di fare il furbetto a danno dei suoi consociati”.

Lanciamoci in un’esegesi del testo. Intanto si usa il sito istituzionale per una replica tutta politica (loro possono farla, la politica). Correttezza avrebbe voluto che si utilizzasse il sito di Rinnovare per Labico o la pagina facebook del sindaco o un qualunque altro strumento di informazione che non fosse del Comune, ossia di tutti. Vabbè lo stile, come il coraggio di Don Abbondio, uno non è che se lo può dare. Poi nella piccata risposta (mica si può dire ad un amministratore che è un pessimo amministratore solo perché ha portato il Paese sull’orlo della bancarotta, suvvia) si afferma che non si ha il diritto di fare i furbetti a danno degli altri cittadini. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un trucco dialettico per fare sembrare che la velata accusa di evasione si riferisca proprio a quel cittadino che ha osato criticarli apertamente. Magari ce lo spiegheranno nel prossimo comunicato istituzionale. Noi aspettiamo fiduciosi.

19 gennaio 2016

E’ arrivata la sveglia

E’ almeno dalla fine degli anni ’80 che le cose si sono incanalate in questa direzione. Era il periodo dove le parole “sviluppo”, “crescita”, “progresso” venivano pronunciate da amministratori tanto boriosi quanto incompetenti. La trasformazione di un piccolo borgo alle porte di Roma in periferia metropolitana è iniziata così. Certo, l’espansione edilizia non è stata accompagnata dai promessi vantaggi per la piccola economia locale – esclusi i pochi che si sono arricchiti con le speculazioni fondiarie – e paradossalmente il livello e la qualità dei servizi si è persino ridotta, così come gli esercizi commerciali quasi completamente scomparsi dal centro storico. A fronte di una popolazione triplicata è diminuito il numero dei dipendenti comunali, i servizi e le infrastrutture sono rimasti pressoché invariati e in alcuni casi sono diventati inadeguati per le nuove esigenze e tutte le nuove zone hanno criticità enormi. La politica edilizia ha tenuto principalmente conto delle esigenze dei costruttori e non si è preoccupata di rispettare una corretta pianificazione urbanistica. Spesso sono stati realizzati immobili con destinazioni d’uso reali difformi da quelle risultanti sulla carta (locali commerciali inseriti all’interno di civili abitazioni, garage sulla carta ma soggiorni di fatto, ecc.). Tutte cose piuttosto note e che è difficile immaginare che gli amministratori ignorassero. Né si erano mai preoccupati del fatto che gli immobili venissero venduti tranquillamente ancorché privi del certificato di agibilità, tema sul quale avevo inutilmente cercato di sollecitare l’amministrazione in passato. Siamo andati avanti per oltre vent’anni in una situazione in cui la svendita del territorio non stava neppure portando un ritorno in termini di entrate per le casse comunali, né per gli oneri di urbanizzazione (scomputati a favore di opere fantasma) né per le tasse sugli immobili (almeno in misura sufficiente a coprire l’aumento dei costi dei servizi).
E probabilmente le cose sarebbero andate avanti ancora così se – sempre grazie all’incapacità di chi amministra – non ci fossimo trovati, a seguito del sequestro dei depuratori (inadeguati a far fronte all’enorme aumento della popolazione), un debito da pagare di diversi milioni di euro e ad un passo dalla bancarotta. A questo punto l’Amministrazione si è accorta che l’unica soluzione era quella di ricordarsi che esiste un patrimonio immobiliare sul quale l’imposizione fiscale era stata, come dire, trascurata. In fretta e furia si è dato mandato ad una società per fare quello che non era stato fatto in vent’anni e per recuperare più soldi possibile (la corsa di fine anno era motivata dall’esigenza di includere l’anno 2009). Peccato che, a far e in fretta, le cose non riescano particolarmente bene e ci siamo trovati di fronte alla pioggia, all’acquazzone, alla bufera delle cartelle esattoriali. Secondo i dati forniti a Maurizio Spezzano, che è andato a d informarsi presso il comune, il numero delle lettere inviate ammonta ad oltre 9mila. In media una e mezza a labicano, compresi i neonati. L’importo complessivo che il comune ritiene di recuperare è di quasi 12 milioni di euro. In sostanza, sempre contando anche i neonati, in media ogni cittadino labicano avrebbe un debito di 2mila euro verso il comune. Sarebbe un vero e proprio evasore. E non lo diciamo noi, per fare terrorismo, come afferma la precisazione del sindaco, che quando si vergogna di quello che combina non mette nome e cognome in calce al comunicato istituzionale.
Le frasi del primo comunicato dell’amministrazione sono abbastanza chiare. Si parla di un “accertato e apprezzabile livello di evasione”. E, poche righe dopo, si chiede che i cittadini “comprendano di aver agito non solo contro la legge ma anche a danno della comunità di cui fanno parte”. Non è stata quindi l’amministrazione a creare le premesse per una situazione di così ampia portata, ma i cittadini che agiscono contro la legge. Salvo poi affermare che la stragrande maggioranza dei cittadini sono persone oneste e coscienziose. Quindi rimane da capire come è possibile che in una comunità di 6mila anime, vi sia una minoranza così irrispettosa della legge da riuscire a ricevere ben 9583 avvisi di pagamento.

La seconda comunicazione è altrettanto interessante. L’intento è quello di tranquillizzarci e di questo siamo tutti molto lieti. Il presupposto è che le banche dati del Comune (amministrato da loro dal secolo scorso) “non sempre sono aggiornate” (eufemismo per dire che non ci stanno capendo nulla), che “si è provveduto ad annullare e rettificare diversi provvedimenti viziati da errori” e che “sono in corso di notificazione numerosi atti di annullamento degli avvisi precedentemente notificati”. Insomma vi è arrivata una roba da pagare, ma può darsi che non la dobbiate pagare. Forse vi arriverà una notifica di annullamento o forse no. Ma, insomma, devo pagare? Boh! Non si sa. L’unica cosa certa è che chi lavora dovrà prendere un giorno di ferie o di permesso per andare a cercare di capirci qualcosa. Immancabile, al termine della comunicazione, l’ormai abituale intimidazione nei confronti di chi osi criticare sua maestà, con la rituale minaccia di denuncia alla Procura della Repubblica. Perché chi amministra ha il pieno diritto di essere un pessimo amministratore, ma chi viene amministrato non ha alcun diritto di farglielo notare.

26 marzo 2014

Per il bene del paese...

Da quando, con l’afflato di democrazia degno di Goebbels e la predisposizione alla trasparenza tipica del Ku Klux Klan, Alfredo Galli ha vietato la registrazione dei consigli comunali e, col rispetto per i cittadini che lavorano tipico di chi non ha mai avuto questa sventura, ha deciso di convocarli in giorni e orari lavorativi, è davvero difficile formarsi un’opinione su quello che succede nei palazzi del potere labicano, visto che le fonti sono necessariamente di parte (maggioranza e opposizione) o di presunte testate giornalistiche che non fanno certo dell’imparzialità la propria ragione di vita. Eppure, tra le austere mura di Palazzo Giuliani, si prendono decisioni rilevanti per i cittadini e sarebbe molto importante sapere quali sono e in che modo condizionano la vita dei cittadini labicani. Si pensi, ad esempio, all’ultimo consiglio comunale, nel quale è stato approvato un unico atto deliberativo. La convocazione riporta in modo asettico il titolo dell’atto: “Approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale 2013-2022 ai sensi dell’articolo 243-bis e seguenti d.lgs. 267/2000”. Buracratese puro. Lontano anni luce dalla percezione del cittadino. Così, a prima vista, sembrerebbe quasi una sorta di atto dovuto, un provvedimento contabile di quelli previsti dalla normativa (“ai sensi dell’articolo…”), di modesta rilevanza all’atto pratico… E invece? Invece l’atto che il consiglio comunale ha approvato lunedì 17 marzo 2014 è un atto di straordinaria importanza per il futuro della nostra piccola città. Ho già avuto modo di illustrare genesi e funzionamento di questo strumento amministrativo ( 27 dicembre 2013 e 28 dicembre 2013) e di come il nostro sindaco abbia deciso di utilizzarlo. Vorrei però provare a mettermi nei panni di un comune cittadino, possibilmente non prevenuto, che decida di informarsi sull’attività amministrativa del proprio comune. Ovviamente cosa può fare il nostro malcapitato cittadino? L’unica fonte possibile di informazione (teoricamente neutra) è il sito istituzionale del Comune. Con google ci mette pochi secondi a trovare l’indirizzo e va subito in home page, dove vede scorrere le ultime notizie. Si sofferma sulla più recente, il cui titolo recita: “Approvato il piano di riequilibrio finanziario. Debito ridotto a 2 milioni e 900 mila euro”. Perbacco! Due notizie positive in una sola riga, pensa il nostro ingenuo cittadino. Ora, cliccando sul titolo, è in grado di ottenere qualche informazione in più. Ed è così che si trova di fronte a testo predisposto in pieno stile “stampa e propaganda” dei bei tempi andati. Lanciamoci così in una rapida esegesi del testo…

In un consiglio comunale durato diverse ore è stato approvato a maggioranza il piano di riequilibrio finanziario del Comune di Labico. Un passaggio cruciale dell’amministrazione Galli che dovrebbe portare ad una soluzione definitiva l’annoso problema del sequestro dei depuratori. Problema con il quale l’amministrazione si sta scontrando quotidianamente sin dal giorno dopo della vittoria elettorale.

L’azione amministrativa di Galli sembra un atto di eroismo – notare il “passaggio cruciale” e la “soluzione definitiva” - peccato per quel condizionale (dovrebbe) che, con un rigurgito di sincerità, fa capire che non ci credono neppure loro. Al secondo periodo l’inevitabile balla (è una dote naturale): il sequestro dei depuratori è avvenuto prima della “vittoria” elettorale, tant’è che le prime ordinanze le ha firmate Giordani. Meglio precisare che chi ha amministrato il paese è lo stesso identico gruppo di potere da circa vent’anni.

Il punto sulla situazione è stato fatto dal sindaco Alfredo Galli che ha letto una lunga relazione dettagliata nella quale ha spiegato passo per passo tutto quello che è successo. Ora la Corte dei conti avrà 90 giorni di tempo per dare l’ok definitivo e per scongiurare il commissariamento.

“Scongiurare il commissariamento” sembra far capire che sarebbe una iattura per il paese. Forse è vero il contrario: la vera iattura di questo paese è avere avuto degli amministratori che hanno portato Labico al disastro.

“Abbiamo deciso dopo il consiglio comunale del 27 dicembre 2013 di ricorrere alla strada del riequilibrio di bilancio. Da due anni stiamo gestendo una situazione veramente difficile per quanto riguarda il debito creato dal sequestro dei depuratori.

Anche qui sembra che il “sequestro dei depuratori” sia una sorta di calamità piombata sull’incolpevole amministrazione comunale, come un meteorite o un terremoto. Peccato che i depuratori siano stati sequestrati perché non rispettavano le norme vigenti. E la responsabilità politica e amministrativa è da attribuire a chi ha trascorso gli ultimi due decenni nelle stanze dei bottoni.

In questi tempi duri a livello socio economico chiedere ulteriori sforzi ai cittadini non è facile.

No, che non è facile. Però saranno gli unici a pagare. Non certo gli amministratori il cui stipendio è l’unica voce di bilancio che non viene ridotta dai tagli.

Prima di tutto abbiamo voluto risolvere l’empasse ambientale che si era creata e da subito abbiamo avuto 200 mila euro dalla Regione per i lavori di messa a norma dei due impianti comunali ed abbiamo attivato un mutuo di 600 mila euro con la BCC.

L’”empasse ambientale”? Stiamo scherzando? Non si può definire “empasse” (e magari voleva dire “impasse”) una chiara violazione della normativa ambientale, che comporta danno agli ecosistemi e rischio per la salute dei cittadini. Stiamo parlando di reati gravissimi (ambientali ed amministrativi) che non possono essere derubricati in modo così superficiale.

A settembre avevamo terminato i lavori di adeguamento ai limiti tabellari ma poi sono passati altri 8 mesi per la concessione delle autorizzazioni con un ulteriore aggravio per tutti i nostri cittadini.

Ecco. Guarda quanto sono stati bravi. Lasciamo perdere gli anni di ritardo con cui hanno affrontato il problema, ma quando hanno, finalmente, avviato la pratica hanno dovuto attendere l’esito dell’iter procedurale. Dannata burocrazia!

Questa che stiamo per intraprendere è la soluzione migliore e meno dannosa nonostante le critiche senza senso dell’opposizione. Da oltre 4 milioni di debiti con le ditte che hanno smaltito i liquami siamo arrivati a 2 milioni e novecento mila euro e vi è la possibilità di una ulteriore riduzione.

Che la soluzione sia la migliore è tutto da dimostrare. Il fatto che ci sia stata una riduzione dei costi fa temere che magari fossero gonfiati. Ma non è che possiamo rallegrarci per lo sconto di un milione di euro. Noi siamo preoccupati per il fatto di doverne pagare comunque quasi quattro.

Il dissesto non sarebbe stato una soluzione giusta per il bene del nostro paese perché avrebbe portato ulteriori tasse ed il blocco di ogni attività ed iniziativa amministrativa.

No, Alfredo Galli. Tu non hai titolo per parlare di “bene del paese”, visti i danni che hai causato al paese. La sensazione è che chi a rimetterci con il commissariamento sarebbero solo gli amministratori, che perderebbero i loro emolumenti e quel pizzico di potere a cui sono pervicacemente attaccati. Il “bene del paese” è altro.

Il comune ha deciso di auto commissariarsi riducendo al massimo tutte le spese in modo da abbattere il debito per il massimo possibile e spalmandolo su più anni, fermo restando che i debiti derivanti da responsabilità di terzi (vedi le aziende che gestivano i depuratori) verranno fatti pagare a chi di dovere.

Sì, ridurre tutte le spese, tranne gli stipendi di sindaco & soci. Ok, il debito viene spalmato. Peccato che a causarlo non siano stati i cittadini, ma siano loro a pagarlo. Per quanto riguarda le responsabilità, la lista Legalità e Trasparenza aveva chiesto due anni fa l’avvio di un’azione di rivalsa. Perché non è stato fatto subito? Il dubbio è che, per inconfessabili ragioni, l’amministrazione abbia preferito attendere.

C’è stato un abbattimento dei costi sulla gestione dei rifiuti che è passato da 1 milione e duecento mila euro ad un milione di euro l’anno con un risparmio di 200 mila euro, ma purtroppo ci sono stati oltre 240 mila euro di trasferimenti in meno dallo Stato.

Non c’è stato un abbattimento dei costi, ma una riduzione del servizio. Sono bravi tutti a risparmiare così.

Abbiamo fatto tutto il possibile per salvare il nostro paese e non ci fermeremo davanti a nulla.


La frase esatta è “abbiamo fatto tutto il possibile per affossare il paese e non ci fermeremo davanti a nulla”. Sì, è vero, non si fermano davanti a nulla. In questa circostanza, non so se è un merito.

P.S. - Proprio oggi è stata pubblicata la delibera di consiglio. Avremo modo di riparlarne.

28 dicembre 2013

Il regalo di Natale ai labicani. Cronaca di un deprimente consiglio comunale.

Quando entriamo nell’aula consiliare il sindaco è visibilmente seccato. Il ritardo della segretaria comunale gli ha impedito di portare a termine nel migliore dei modi il blitz che aveva sapientemente architettato. La convocazione del consiglio comunale nel bel mezzo del periodo natalizio aveva, infatti, due straordinari pregi: la probabile assenza della parte più scomoda dell’opposizione e una comprensibile ridotta attenzione della cittadinanza (soprattutto se, per agevolare il tutto, ci si dimenticava finanche di far affiggere i manifesti di convocazione del consiglio). Insomma se la segretaria fosse stata puntuale, Galli avrebbe potuto fare a meno di “illustrare” (mi si passi il termine forte) il provvedimento da approvare. Purtroppo, però, la segretaria – impegnata peraltro in attività legate al suo incarico – è entrata quando c’era qualche cittadino nell’aula consiliare e Galli si è sentito in dovere di dare una breve spiegazione di quello che il comune si accingeva ad approvare.
Terminato l’appello ha iniziato a farfugliare alcune frasi sconclusionate il cui senso si potrebbe sintetizzare così: purtroppo a causa di eventi imprevedibili e del tutto indipendenti da noi (i più avranno pensato che un meteorite si deve essere abbattuto sul paese) ci ritroviamo con un debito pazzesco (ma non dice quanto), ma per fortuna io, che sono il miglior sindaco che si possa immaginare, ho già trovato una bella soluzione. Utilizziamo l’articolo 243-bis del testo unico degli enti locali e il problema svanisce come neve al sole. Sorvolando sugli effetti che può causare la neve, anche in modica quantità, merita di essere ricordato l’intervento di supporto di Scaccia, l’assessore al bilancio perfetto per questa maggioranza, il quale ha spiegato ad una platea basita che la scelta era stata fatta nel pieno interesse dei cittadini.  Nel senso che non pagheranno i cittadini il danno causato da altri (ossia da loro)? No, nel senso che il qu… antum ce lo metteranno i cittadini in comode fette, o meglio rate.
Tutto questo purtroppo non è stato registrato, perché – sempre per colpa di un destino cinico e baro – il costoso impianto di registrazione/amplificazione acquistato poco tempo fa (coi soldi pubblici) non funziona e non sono nemmeno in grado di fare una banalissima registrazione su un qualunque altro supporto. Non parliamo poi – sia mai – di eventuali riprese video che metterebbero in evidenza la distonia tra le affermazioni (fasulle) e le espressioni dei volti (pur essendo attori consumati, la qualità della recitazione è tale da non essere credibili neppure per un bambino). E così, zitti zitti, quatti quatti, i nostri bravi – nel senso manzoniano del termine – amministratori hanno approvato il “ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale”, termine con il quale il legislatore ha voluto occultare il senso vero di una norma che illustri giuristi hanno definito una “contraddizione ideologica e in termini” e che, nei fatti, sembra essere stata costruita su misura per salvare qualche amministrazione comunale in difficoltà. La norma, però, non solo presenta molti difetti strutturali ab origine, ma è anche stata modificata e corretta durante l’esame parlamentare al punto da renderla uno strumento molto pericoloso. Pochi giorni dopo la sua approvazione il Sole 24 ore, in un articolo felicemente intitolato “Il pre-dissesto e i rischi della politica irresponsabile” metteva in guardia dalle possibili conseguenze di una scelta troppo disinvolta di questo strumento e, evidentemente ben conoscendo la classe politica italiana, profetizzava: “Saranno molti gli amministratori che, abbagliati dal miraggio di vedere risolti i problemi dei loro enti e ritenendo il predissesto dotato di qualità salvifiche, agiranno con superficialità, trascurando le responsabilità cui è facile andare incontro”. Sembra quasi che gli autori dell’articolo avessero esattamente in testa i nostri azzeccarbugli locali. Già si immaginavano Galli e Scaccia riuniti insieme ai loro più fidi consiglieri tirare fuori dal cilindro la soluzione ottimale grazie alla quale continuare allegramente – per altri dieci anni! – a fingere non solo di non avere alcuna responsabilità per i problemi, ma finanche della loro inesistenza. E magari anche andare a raccontare in giro – come hanno provato a fare in consiglio comunale – che va tutto bene, che loro sono tanto coscienziosi e che se il paese è allo sfascio la colpa è dei marziani e dell’opposizione.

Ovviamente dalle spiegazioni (chiamiamole così) balbettate da Galli e Scaccia si è capito ben poco del famigerato piano di rientro e la sensazione è che ne sappiano meno di quello che hanno fatto capire. Si intuisce che stanno andando avanti con lo stile amministrativo che da sempre li caratterizza: vanno a tentoni, sperando di imbroccarne qualcuna (purtroppo per noi non succede spesso). Dal dibattito (anche qui usiamo con generosità i termini di cui ci dota la lingua italiana) sul punto sono emerse solo un paio di cose: la prima è che il debito ammonta ad oltre 5 milioni di euro (alla faccia…); la seconda è che, visto che si è trovato il coniglio nel cilindro, nel conto finale si è infilato un po’ di tutto, compresa una non meglio identificata somma relativa alla gestione 2005, quando in giunta con Galli sedeva Nello Tulli. Ora bisognerà capire a chi bisognerà imputare quest’altro buco di bilancio: all’allora sindaco, come sembra sostenere Tulli, all’allora assessore, come sembra far capire Galli, o al responsabile tecnico, come spesso avviene quando inizia a girare la ruota delle responsabilità e non si sa mai dove si va a fermare? L’unica, granitica, certezza riguarda il destinatario del conto finale. E’ sempre lui, il cittadino labicano, al quale però, l’amministrazione ha tenuto a formulare “i più sentiti auguri di un sereno Natale ed un felice anno nuovo” (e per la spending review ha preferito affiggere questi manifesti e non quelli di convocazione del consiglio comunale). Del resto, come si fa a non essere sereni e felici con un’amministrazione così?


27 dicembre 2013

Il comune di Labico? Un fallimento, ma non ditelo in giro

Alfredo Galli, sempiterno sindaco di Labico
La vera genialità di chi amministra Labico è, da sempre, la disinvoltura con cui riesce ad ignorare le regole – se il loro rispetto implica anche il benché minimo disturbo per chi esercita il potere – e delle quali chiede invece un’applicazione ferrea quando il destinatario della norma è qualcuno non sufficientemente sottomesso al “cerchio magico”. Ci ho ripensato mentre leggevo della convocazione del consiglio comunale prevista il 27 dicembre. A convocare il consiglio comunale è, ancora una volta, il sindaco, il quale, adatta ogni volta le modalità di funzionamento della macchina amministrativa alla sua personale esigenza di controllo del potere. Nella scorsa consiliatura, quando, non potendo svolgere il ruolo di sindaco, in ossequio ad una norma che impedisce l’esercizio di tre mandati consecutivi, fu costretto ad “accontentarsi” del ruolo di vicesindaco, fece il diavolo a quattro per sottrarre a Giordani il potere di convocare e gestire le assemblee consiliari, con il chiaro obiettivo di ridurne ruolo ed autorevolezza. Non fu cosa semplice, ma alla fine venne approvata una modifica statutaria e regolamentare per far sì che non fosse più il sindaco a presiedere il consiglio comunale. Norma che, con la sua rielezione a sindaco, gli sta un po’ stretta. Cosa fa allora il sindaco Alfredo Galli, noto accentratore di potere e che preferisce gestire in prima persona qualunque cosa riguardi l’amministrazione comunale? Semplice. Ignora serenamente un dispositivo normativo da lui fortemente voluto e si attribuisce il ruolo di presidente del consiglio, nel silenzio di una maggioranza, la cui principale qualità è soprattutto quella di assecondare le volontà del proprio leader politico. Ma il regolamento? Si chiederà ingenuamente qualcuno. Il regolamento, lo statuto, le leggi, le norme, servono solo quando possono essere usati “contro” l’avversario. Come quando si appella a leggi (magari inesistenti) per denunciare o chiedere danni a chi fa veramente opposizione contro il suo modo di amministrare il paese. Intanto lui, in violazione del “suo” regolamento, convoca il consiglio comunale il 27 dicembre, dimostrando un’assoluta mancanza di rispetto, umana prima che politica, nei confronti degli altri consiglieri che, come lui, rappresentano la popolazione labicana.

Del resto è facile immaginare che il sindaco preferisca che i labicani sappiano il meno possibile di come ha gestito il paese in questi ultimi vent’anni, trascinandolo, di fatto, in un baratro economico-amministrativo da cui farà veramente fatica a risollevarsi. Il primo punto all’ordine del giorno altro non è infatti che la piena ammissione del suo fallimento. La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, inserita provvidenzialmente lo scorso anno nel testo unico degli enti locali, è una sorta di dichiarazione di bancarotta dell’ente. Non a caso il suo soprannome è “predissesto” e la sua struttura è mutuata dal diritto fallimentare. Il ricorso a questa procedura permette all’ente locale di contrarre nuovi debiti con lo Stato per fare fronte alla massa debitoria creata con la propria allegra gestione. A prescindere dall’eventuale ricorso al finanziamento statale, una delle caratteristiche del predissesto è quella di obbligare gli enti che se ne avvalgono ad un rigoroso piano di rientro il cui costo è interamente a carico dei cittadini. E qui è il vero paradosso di tutta questa vicenda. Il nostro comune è stato trascinato in una voragine senza fondo e chi ne è la principale causa – per incapacità o altro – non solo continua a non pagare un prezzo, ma trova un appiglio giuridico per continuare a gestire in prima persona l’ente locale che ha portato al disastro, col rischio (e, conoscendolo, è qualcosa di più di un rischio) di provocare nuovi danni. E’ un po’ come se avessero affidato a Tanzi la procedura concorsuale della Parmalat dopo il crac finanziario o come se avessero scelto Schettino per le operazioni di recupero della Costa Concordia. E per non correre il rischio che qualcuno lo faccia notare, Galli convoca il consiglio comunale in piene vacanze natalizie, sperando nell’assenza di qualche “scomodo” consigliere di minoranza e nella distrazione “festiva” della cittadinanza. Purtroppo scopriremo molto presto quanto ci costerà caro questo panettone. Nel frattempo, buon anno a tutti!

5 agosto 2013

Golpetto di agosto



Il consiglio comunale di Labico – la cui celebrazione è frequente quanto un’affermazione di buonsenso della Santanché – viene convocato per la seconda volta nel giro di pochi giorni e sempre per lo stesso motivo: l’approvazione del piano programma dell’azienda servizi comuni. Detta così sembra una cosa davvero importante. Nella realtà – guardando con un minimo di attenzione gli atti – ci si accorge che il vero nodo della questione è l’assunzione di un paio di persone da “infilare” negli uffici comunali. Per aggirare la più severa normativa in materia sugli enti pubblici il sindaco ha pensato bene di organizzare un abile escamotage: inserire, tra i servizi forniti dall’azienda esterna, mansioni “tipiche” della struttura comunale e chiedere le figure corrispondenti (i cui nominativi sono stati precedentemente concordati). Poi sarà compito dell’azienda organizzare una sorta di concorso – fortemente ispirato ai principi della correttezza e dell’imparzialità – che, in via del tutto casuale, vedrà affermarsi proprio una persona decisamente molto vicina all'amministrazione. Era già capitato con il concorso per il tirocinio formativo come segreteria del sindaco, in cui ebbe la meglio – superando persone di gran lunga più competenti e qualificate – proprio la segretaria del sindaco. Ossia il risultato che tutti davano per scontato (http://vimeo.com/51901208 e http://vimeo.com/52377588).
Probabilmente martedì assisteremo a qualcosa di molto simile. Non sarà difficile fare pronostici su chi verrà beneficiato da questa operazione. E a confermare i sospetti c’è l’incauta affermazione di Giorgio Scaccia – per fortuna messa a verbale dalla segretaria comunale – che ha ingenuamente affermato che al Comune “due persone stanno lavorando gratuitamente”. Un qualunque consigliere comunale che interpreti correttamente il proprio ruolo  – non di maggioranza o di opposizione, quindi, ma semplicemente “libero” – si sentirebbe in obbligo di domandare a Scaccia chi lavori gratuitamente negli uffici, che lavoro svolga, a che titolo abbia accesso alla documentazione amministrativa, sulla base di quale criterio di individuazione sia stata scelta, ecc. ecc. Per fortuna un consigliere comunale che formulerà queste domande ci sarà, ma non sarà uno della maggioranza. Gli esponenti della maggioranza, infatti, non si fanno domande. Per loro è tutto normale. Anche disinteressarsi per mesi dei problemi del paese e poi convocare due volte in pochi giorni il consiglio comunale per un paio di assunzioni molto ambigue. Il capo dispone, il capo decide e loro, obbedienti, alzano la mano. Sono anche costretti a dichiarare di essere d’accordo. Qualcuno – per imbarazzo – preferisce non parlare, altri, i più zelanti, trovano anche il modo di intervenire per giustificare questo vergognoso modo di amministrare. Hanno addirittura condiviso la scelta – illegittima – di “proibire” la diffusione dei nostri bollettini informativi. Un atto degno del ventennio e che chiunque abbia davvero un briciolo di rispetto per la democrazia dovrebbe censurare con forza. Non i nostri eterodiretti consiglieri di maggioranza che non si preoccupano di un'attività amministrativa funzionale alla visione personalistica e privatistica del sindaco. E non pensano, approvando l’atto in discussione di martedì 6 agosto, di rendersi complici – e responsabili sul piano amministrativo e penale delle eventuali incongruenze in esso contenute – di una lesione del diritto e della legittima aspettativa delle ragazze e dei ragazzi di Labico a cui genitori diligenti spiegano l’importanza dello studio, dell’impegno e del merito e che invece devono prendere atto che il sistema più efficace per ottenere un risultato rimane – almeno a Labico – quello clientelare e che la meritocrazia è una chimera molto lontana dalla realtà. A questo punto a loro non rimangono che due possibilità: mettersi in fila davanti alla porta dei potenti per ottenere concessioni e favori oppure unirsi alla battaglia di chi vuole sovvertire metodi e mentalità inaccettabili e restituire al Paese i principi della legalità e della trasparenza. La differenza tra le due opzioni sta tutta in una parola: dignità.

30 luglio 2013

Quod erat demonstrandum


Le battaglie per il diritto, per la trasparenza e per la legalità qualche volta fanno fatica ad essere comprese. E avremmo avuto qualche problema anche a far capire il valore della nostra azione dimostrativa durante il consiglio comunale del 29 luglio, proprio perché l’atto stesso determina – per forza di cose – la rottura di un equilibrio e un po’ di “confusione” (tra l’altro causata, come vedremo, proprio dalla volgare arroganza del sindaco). A dare pieno riconoscimento al valore della nostra battaglia ci ha pensato Daniele Flavi - presunto giornalista, da anni retribuito collaboratore dell’amministrazione comunale per garantire quell’informazione di parte che tanto piace ad una certa politica – con la sua fantasiosa ricostruzione di quanto successo durante il consiglio comunale di questa mattina. Già l’attacco dell’articolo – “Lei non sa chi sono io” - è una pura menzogna, una miserabile falsità: Luca Frusone, giovane deputato della Repubblica non ha mai pronunciato quelle parole e Daniele Flavi lo sa benissimo. A dimostrarlo ci sono proprio le riprese video che Galli non vuole autorizzare ma che noi abbiamo fatto comunque e che pubblicheremo sul web. Dalle immagini si capisce perfettamente che a dare in escandescenza è proprio Galli – già indispettito dal fatto che Maurizio Spezzano osava chiedere il rispetto del Regolamento – che aggredisce verbalmente Luca Frusone, reo di voler riprendere il consiglio comunale (non si è mascherato da finto cameramen, come afferma falsamente il Flavi: si è semplicemente messo a riprendere la seduta). Tralasciamo, perché irrilevanti, le sue congetture sul lavoro di Tullio Berlenghi (che non è l'“aiutante” di nessuno…), ma vorremmo rassicurarlo su un solo aspetto: Tullio continua ad essere – orgogliosamente e caparbiamente – un ambientalista. Facciamo anche notare che il presidente del consiglio comunale è Alfredo Galli perché, ancora una volta, sta abusando del suo potere e presiede l’assemblea in violazione delle modifiche statutarie che lui stesso volle quando il sindaco era Giordani e che Galli – che comandava anche quando era vicesindaco – non considerava adatto al ruolo (né di presidente né di sindaco, infatti il sindaco lo faceva comunque lui). Però non si preoccupa nemmeno di modificare statuto e regolamento, tanto per lui le norme non valgono. E’ lui ad applicarle ed è lui ad interpretarle. E quando non ci sono, se le inventa. Come la famosa legge sulla stampa, che secondo lui andrebbe applicata ai nostri bollettini informativi, dimostrando il totale analfabetismo giuridico e democratico suo e di alcuni suoi “aiutanti” molto zelanti. Inoltre non è affatto vero che Frusone sia stato “allontanato” per motivi di ordine pubblico. Frusone se n’è andato per una sua decisione, visto che è un parlamentare della Repubblica e l’aula della Camera era convocata per la conversione di un decreto-legge.

Peccato che il premio Pulitzer labicano ometta l’unica vera notizia della giornata, ossia che la maggioranza è stata costretta a ritirare il punto all’ordine del giorno per il quale era stato convocato il consiglio, ossia l’approvazione della delibera relativa alla società servizi comuni, all’interno della quale si prevedeva il marchingegno ideato dai nostri creativi amministratori per assumere un paio di persone in un ente locale, aggirando la normativa in materia di pubbliche assunzioni. Il trucchetto sembra semplice: si chiede alla società servizi comuni di procurare determinate figure da inserire all’interno del personale. La società ha un po’ più di “mano libera” e “sceglierà” – guarda caso, magari con qualche procedura paraconcorsuale – proprio le persone indicate dall’amministrazione, che, nel frattempo, ha “liberato” i posti con alcuni aggiustamenti interni. Tutto perfetto. E lo conferma Giorgio Scaccia – sempre il più lesto a capire le situazioni – quando, preoccupato per la richiesta di rinvio dell’opposizione, dichiara candidamente che “ci sono due persone che stanno lavorando gratis”, riconoscendo, indirettamente, che quei posti sono già prenotati, con buona pace delle aspettative di centinaia di giovani che hanno bisogno di lavorare e che magari credono nell’imparzialità e nella correttezza della pubblica amministrazione. Certo, non c’è da stupirsi se Galli non vuole le riprese. Frasi come quelle di Scaccia sono delle ammissioni belle e buone delle quali, senza la registrazione, non rimarrà alcuna traccia. Così come diventano facili le cronache menzognere dei cronisti di regime – “uno show veramente indegno che la nostra democrazia non merita” -. Di indegno a Labico non c’è lo “show” di chi si batte per la trasparenza e la democrazia (quella vera). Di indegno a Labico ci sono certi amministratori e certi loro tirapiedi. Se poi davvero ce li meritiamo è tutto da vedere.

Tullio Berlenghi, Maurizio Spezzano, Stefano Gandola, Ilario Ilari, Matteo Di Cocco, Alessandra Quaresima, Maria Carmina Rossi, Johanna Pesola, Leonardo Saracini, Stefano Simonelli e tutti coloro che credono nei valori della democrazia e della legalità e che vorranno sottoscrivere questo articolo.

19 luglio 2013

Come volevasi dimostrare


Tanto per fugare gli ultimi dubbi di qualche scettico, il nostro ineguagliabile sindaco, Alfredo Galli, ha dimostrato - con lo stile istituzionale e l’eleganza dell’agire che tutti gli riconoscono – le due patologie che lo affliggono e che – forse per il cinico incedere degli anni – sembrano essere vieppiù peggiorate negli ultimi tempi: la cronica intolleranza alle regole della convivenza democratica e l’acuta idiosincrasia alla vera opposizione politica. E’ stato sufficiente diffondere (in poche decine di copie) un volantino col quale abbiamo espresso il nostro rincrescimento per una sua presunta (adesso un po’ meno presunta) affermazione sulla presunta (questa sì, decisamente tale) illegalità delle pubblicazioni di “Legalità e Trasparenza”. Ricorda un po’ Sergej Nazarovič Bubka, lo straordinario atleta russo del salto con l’asta, nelle sue memorabili performance sportive, quando era capace di battere il suo primato mondiale anche due volte nella stessa gara. E tutti gli spettatori rimanevano lì, estasiati ed ammirati, a vedere quel portentoso fenomeno stracciare record in continuazione. In quel caso il record da battere era l’altezza dell’asticella. Si misurava col sistema metrico decimale ed era facile (anche per i non addetti ai lavori) coglierne la grandezza. Nel caso di Galli il record che riesce puntualmente a superare non è agevole da misurare: è quello del ridicolo. Ogni volta pensi che abbia raggiunto il massimo e che fare di più sarà veramente difficile. Come quando ci aveva intimato di fare poca cacca. Ci era sembrato davvero si fosse raggiunto l’apice. Eravamo persino usciti sul Vernacoliere, che ci aveva solennemente, quanto meritatamene, spernacchiato. Invece no. Anche il pezzo di cinema di pochi giorni fa con la sua requisitoria contro le pubblicazioni clandestine – a cui hanno potuto assistere solo pochi avventori (e quella la consideriamo la vera scorrettezza di Galli: certe performance dovrebbero essere patrimonio dell’umanità e andrebbero registrate e trasmesse in mondovisione) – non appariva facile da eguagliare. Invece, appena un paio di giorni dopo, ecco l’imponderabile. Affida agli uffici l’onere di scrivere nientepopòdimeno che un’ordinanza urgente – sono questioni gravi, certo – per intimare – badate bene – “ai titolari di tutti gli esercizi di Labico a non accettare ed esporre qualsiasi giornalino periodico o no stampato in modo non conforme alla attuale legge vigente” . A dare forza alla severità dell’atto, oltre alla minaccia di confisca del materiale e di applicazione delle sanzioni di legge (e qui il delirio di onnipotenza è assoluto) ecco pronti i riferimenti normativi del caso: la ben nota legge sulla stampa del 1948, in base alla quale aveva già sporto denuncia (vanamente, neanche a dirlo) un paio di anni fa. E ancora oggi il ricordo di quella denuncia scatena irrefrenabili moti di riso in chi – tra funzionari di pubblica sicurezza e organi giudiziari – aveva avuto la ventura di leggerne il farneticante contenuto.
A parte un po’ di sana ironia questo episodio non può e non deve essere declassato a folklore locale. Alfredo Galli – e qui bisognerebbe confrontarsi con la propria coscienza quando si ha una matita in mano – non è la macchietta del paese (anche se sta facendo di tutto per meritarsi il ruolo), ma è la massima autorità cittadina, amministra – omettiamo il “come” per carità di patria – il nostro territorio, le nostre risorse, le nostre strutture pubbliche e la legge gli attribuisce importanti “poteri”, sempre al fine di esercitare al meglio la sua funzione. Una gestione impropria di questi poteri rappresenta un danno per la collettività e un pericolo per i diritti dei cittadini. E l’ordinanza del 18 luglio 2013 (sempre che possa essere considerata tale, vista l’anomala forma dell’atto, ma riteniamo superfluo cavillare sui dettagli) rappresenta una violazione gravissima di un diritto costituzionale, quello sancito dall’articolo 21 sulla libertà di espressione. E a renderlo ancora più grave intervengono due elementi ulteriori: l’abuso di un suo potere per una finalità che nulla ha a che vedere con il proprio ruolo e la subdola forma di intimidazione posta in essere nei confronti dei terzi (ossia gli esercenti le attività commerciali) che non vanno confusi con gli autori del presunto illecito (ossia noi), mettendoli nell’odiosa condizione di diventare complici di un palese arbitrio, perché costretti a rispettare un’ingiusta disposizione della ben poco autorevole autorità locale. Non avendo il coraggio di affrontare i suoi interlocutori in alcuna sede, l’ardimentoso primo cittadino cerca di cavarsela con mezzucci arroganti quanto vigliacchi come un’ordinanza contra legem. Di fronte a questa aggressione alla democrazia non possiamo certo tacere e faremo tutto il possibile per difendere e riaffermare diritti conquistati poche decine di anni fa e costati un sacrificio enorme di un’intera generazione e che ha chiuso definitivamente le porte al fascismo. Qualcuno informi Galli: siamo un paese libero, nonostante lui.


Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano

29 dicembre 2012

Equilibrismi di bilancio


L’esercizio del diritto di critica infastidisce molto il nostro sindaco e immagino che non apprezzerà troppo questo mio articolo. Già in passato l’avere espresso perplessità sul suo operato di amministratore mi è costato un causa al tribunale di Velletri. Non mi limiterò dunque a dire quello che penso del nostro primo cittadino e del suo modo di amministrare, ma farò alcune considerazioni basate sulle sue affermazioni e sulle azioni conseguenti. Penso – ad esempio – alla solenne promessa di riduzione dell’IMU in campagna elettorale. Promessa prontamente disattesa. Penso ai continui impegni di rispettare norme e statuto comunale in tema di convocazione delle commissioni, revisione dello statuto, risposta alle interrogazioni consiliari e calendarizzazione delle mozioni. Tutta roba che non dovrebbe essere (come lui pensa) frutto della sua gentile concessione, ma un vero e proprio dovere istituzionale. Niente da fare. Lui continua ad essere convinto di essere il padrone del paese e nulla glielo toglie dalla testa, nemmeno il devastante calo di consensi registrato nell’ultima consiliatura. A Labico meno di un terzo degli elettori ha votato per la sua lista (in pratica quando gira per strada sa che, su 10 persone che incontra, 7 non lo hanno votato, sarà per questo che è spesso di cattivo umore). E questo prima che si rimettesse nuovamente sulla poltrona di primo cittadino. Da maggio in poi non ne ha fatta una buona. E’ riuscito ad aumentare in modo punitivo ogni tassa e tariffa di competenza comunale, a fronte di una pessima qualità ed efficienza dei servizi. Nei giorni scorsi ai cittadini è arrivata la TARSU ed è stata una nuova stangata, che ha sancito il totale fallimento della raccolta porta a porta. Della quale si ostina a negare dati che dovrebbero essere pubblici, ma che lui si guarda bene dal divulgare, forse per la vergogna. E’ già riuscito a perdere un pezzo della giunta comunale. Ancora una volta nel silenzio più totale, senza darne alcuna comunicazione in consiglio, in totale spregio delle normali regole di trasparenza, di democrazia e di rispetto per l’organo sovrano dell’amministrazione comunale. Continua a negare il permesso di fare le riprese video dei consigli comunali, abusando in modo ignobile del proprio potere e ledendo vergognosamente i diritti dei cittadini che vorrebbero essere informati sull’attività dell’amministrazione.  Dopo l’esilarante giustificazione dello “statuto dei lavoratori”, l’ultima motivazione è la mancanza di un regolamento, che lui ovviamente non proporrà mai (ma che si impegna ad approvare).  Del resto bisogna capirlo. Meno gente viene a sapere cosa viene detto in consiglio comunale e meglio è per lui e per la sua calante credibilità. L’ultimo consiglio comunale è servito ad approvare gli equilibri di bilancio. Un documento contabile che avremmo dovuto approvare entro la fine di novembre, ma che Galli – convinto che a rispettare le leggi debbano essere solo gli altri – ha portato all’esame del consiglio solo il 27 dicembre, dopo il richiamo della prefettura. Anche in questo caso la recalcitranza  è comprensibile e l’idea di approvarlo tra Natale e Capodanno con i cittadini distratti dalle feste natalizie gli deve essere sembrata geniale. La relazione, infatti, è l’ennesima riprova del disastro di un’amministrazione incapace e incompetente.  E’ a causa loro che ci troviamo con un debito di quasi quattro milioni di euro (in pratica l’intero bilancio comunale) e Galli continua a comportarsi come se si trattasse di un banale imprevisto. Invece era tutto prevedibile e, soprattutto, prevenibile. L’inadeguatezza del depuratore è dipesa dall’incapacità programmatoria degli ultimi vent’anni (chissà chi amministrava il paese) e dalla commissione di reati contro l’ambiente e la salute, per i quali sono indagati anche amministratori comunali. Ma a pagare, secondo Galli, dovranno essere i cittadini. E l’ha messo nero su bianco sulla delibera che prevede la svendita di pezzi del nostro patrimonio e approvata con deprimente prontezza e avvilente silenzio da tutti i consiglieri comunali di maggioranza: Giorgio Scaccia, Nadia Ricci, Luciano Galli, Mirko Ulsi e Adriano Paoletti. In compenso l’ineffabile Alfredo Galli ha dato – se mai ce ne fosse bisogno – un’ulteriore prova della sua scarsissima affidabilità, etica e politica. Quando Spezzano ha fatto notare la presenza della lunga lista di debiti contratti con gli autotrasportatori per un totale di 3,7 milioni di euro, Galli ha detto che non significava niente e che mica è detto che questi soldi verranno dati a chi ha svolto il servizio. Era già successo in precedenza. L’ardita tesi di Galli è la seguente: l’atto amministrativo con cui l’ente locale si impegna ad onorare una determinata spesa non significa che poi quei soldi verranno spesi sul serio. Quindi nessun documento approvato dalla giunta o dal consiglio (gli unici a cui i comuni cittadini possono accedere) ha alcun valore. Lui può, in qualunque momento, decidere di bloccare l’erogazione delle risorse (in barba alla competenza e responsabilità dei dirigenti). Un delirio di onnipotenza sconcertante e preoccupante, ma anche una manifesta propensione a mentire. Se Galli stesso, infatti, dichiara non attendibili gli atti da lui stesso sottoscritti, ammette implicitamente di essere un bugiardo. Il problema è che, ormai, l’hanno capito tutti. E, a parte chi pensa di trarne un beneficio personale, non credo saranno in molti a rinnovargli la fiducia alle prossime elezioni. Ma l’attaccamento alla poltrona è troppo forte per ammettere la disfatta politica e Galli cerca di vivere, anzi di vivacchiare, o meglio sopravvivere, alla giornata. Approvando alla bell’e meglio gli atti di cui proprio non può fare a meno e limitandosi al  rispetto minimo sindacale delle regole democratiche. Questa volta si è trattato degli equilibri di bilancio, che vista la precarietà, andrebbero denominati equilibrismi.

3 aprile 2012

Rifiuti - Mozione contro l'impianto TMB a Colleferro




MOZIONE
Il consiglio comunale di Labico, premesso che:
• il Consiglio Regionale del Lazio, in data 18/01/2012 ha approvato il
Piano di gestione dei rifiuti del Lazio;
• la discarica di Malagrotta dovrebbe essere chiusa entro pochi mesi;
• il dibattito politico in corso non lascia presagire un mutamento di
rotta nella gestione dei rifiuti e che viene ipotizzata l'apertura di
nuove discariche e la costruzione di un ennesimo inceneritore;
• l'impatto depressivo che tali opere producono nei territori sui quali
ricade la sventura di dover subire l'apertura di nuove discariche o la
realizzazione di impianti di incenerimento, con le conseguenti
svalutazioni immobiliari, la distruzione di vocazioni di produzione
agro alimentare e l'inevitabile diminuzione delle potenzialità
turistiche e culturali dei luoghi;
• tale piano contravviene a tutte le indicazioni contenute nelle
normative comunitarie e nazionali nel campo della gestione dei
rifiuti;
• il piano prevede un ulteriore, pericoloso e non sopportabile
appesantimento della già fortemente compromessa situazione
ambientale del territorio dell'Alta Valle del Sacco, con un
potenziamento abnorme del Centro di TMB di Castellaccio;
ritenuto urgente che Roma Capitale investa le risorse necessarie
affinché i propri rifiuti vengano riciclati e non conferiti in discarica o
inceneriti sul territorio di altri comuni laziali, e che l'azienda
municipale AMA modifichi rapidamente il proprio piano industriale in
modo da rispettare gli obiettivi posti in sede europea e già recepiti
dalla legislazione nazionale.
Tenuto conto che:
• una ulteriore politica gestionale dei rifiuti basata essenzialmente
sul metodo dell'incenerimento o del versamento in discarica
produce un pesante inquinamento atmosferico, del suolo e del
sottosuolo (come dimostrano i risultati allarmanti delle indagini
relative al territorio limitrofo la discarica di Malagrotta) o
sull'aria circostante gli impianti di incenerimento;
• tali fonti di inquinamento sono altamente cancerogene ed innalzano
il tasso di mortalità dovuto a patologie oncologiche;
• le esperienze più avanzate di gestione del ciclo dei rifiuti
dimostrano che il metodo più vantaggioso per la collettività in
termini economici, occupazionali, di rispetto dell'ambiente e
tutela della salute pubblica è il riciclaggio degli stessi;
• tutte le Istituzioni pubbliche, hanno il dovere di contribuire con
determinazione alla riduzione dell'inquinamento atmosferico, del
suolo e del sottosuolo per perseguire una reale e concreta tutela
della salute pubblica.
Visto:
1) il D.Lgs n. 152 del 3 aprile 2006, Parte Quarta “Norme in materia di
gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati” ed in particolare l’art.
179 che dispone che le pubbliche amministrazioni debbano perseguire in
via prioritaria iniziative dirette a favorire la riduzione e la prevenzione
della produzione e della nocività dei rifiuti;
2) il D.Lgs n. 152 del 3 aprile 2006, Parte Quarta “Norme in materia di
gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati” ed in particolare l’art.
180 che, al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e riduzione
della produzione di rifiuti dispone che le iniziative di cui all’art. 179
riguardino in particolare:
a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di
certificazione ambientale, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di
informazione e sensibilizzazione dei consumatori, l’uso di sistemi di
qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della
corretta valutazione dell’impatto di uno specifico prodotto sull’ambiente
durante l’intero ciclo di vita del prodotto;
b) la previsione di clausole di gare d’appalto che valorizzino le capacità e
le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di
rifiuti;
c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d’intesa
anche sperimentali finalizzati, con effetti migliorativi, alla prevenzione ed
alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti;
3) l’art 198 del Decreto Legislativo 152/06 che attribuisce ai Comuni la
gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti urbani assimilati con particolare
riferimento alle modalità del servizio di raccolta, trasporto e
smaltimento;
attesa la necessità di salvaguardare gli interessi pubblici connessi
all’ambiente attraverso una progressiva e significativa riduzione delle
quantità di rifiuti indifferenziati destinati allo smaltimento in discarica
ed un incremento della raccolta differenziata dei rifiuti urbani ed
assimilati per il mantenimento e miglioramento degli obiettivi fissati
dall’art. 205 del succitato D.Lgs. n.152/06 che prevede in particolare il
raggiungimento per l’anno 2012 almeno il 65% di raccolta differenziata;
considerati gli obiettivi delle normative nazionali che fissavano al 65%, la
percentuale minima di raccolta differenziata da assicurare entro il 31
dicembre 2012 e per gli anni successivi al 2011, la percentuale minima di
raccolta differenziata da assicurare sarà stabilita con decreto del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, in vista di una progressiva
riduzione della quantità di rifiuti inviati in discarica e nella prospettiva di
rendere concretamente realizzabile l'obiettivo “Rifiuti zero”;
• l’art. 42 del D. Lgs. 267/00;
Considerato che:
• si sono realizzate alte “rese” percentuali di raccolta differenziata
nei Comuni "virtuosi" dove è in corso di svolgimento il sistema di
raccolta dei rifiuti urbani ed assimilati in modalità “porta a porta”;
• a livello nazionale sono state già assunte deliberazioni di attuazione
del percorso “Rifiuti zero”, come nei comuni di Capannori e di
Porcari in provincia di Lucca;
• a livello internazionale molte città hanno assunto il percorso verso
“Rifiuti zero” alla data del 2020 attraverso la definizione di atti
deliberativi e di concreti strumenti operativi volti a scoraggiare
l’incremento dei rifiuti e lo smaltimento in discarica e volti a
favorire, oltre ad iniziative di generalizzata estensione della
raccolta differenziata, anche la “responsabilità estesa dei
produttori” con la quale coinvolgere fattivamente il “mondo
produttivo” nell’assunzione di “produzioni sempre più pulite ed in
grado di “incorporare” i costi ambientali delle merci prodotte;
• un’attenta politica di gestione dei rifiuti che punti alla loro
prevenzione, al riuso, al massimo recupero di beni e materiali si pone
in linea anche con gli obiettivi di generalizzare la diminuzione dei
“gas serra” resa sempre necessaria e stringente da “accordi
internazionali” che puntano ed obbligano i governi a “Tagliare” le
emissioni di CO2 legate anche alla produzione dei beni di consumo a
partire dagli imballaggi;
• l'incremento della raccolta differenziata potrebbe favorire la
messa in moto, sul territorio dell'Alta Valle del Sacco, di attività di
forte riduzione del pesante impatto ambientale;
• la raccolta differenziata "porta a porta" è in grado di incrementare
gli occupati nel servizio;
esprime l’unanime e netta contrarietà al Piano Regionale dei Rifiuti, con
particolare riferimento ad ogni eventuale ipotesi di realizzazione di un
polo integrato per lo smaltimento nell'area dell'alta Valle del Sacco, a
partire dal potenziamento del centro TMB di Castellaccio, alla
realizzazione del centro TMB di Colleferro, alla proroga dell'attività della
discarica di Colle Fagiolata, all’inserimento di Paliano ed Anagni nell’ATO
di Roma.
IMPEGNA L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE
1. Ad adottare tutte le iniziative e le procedure per "impedire" che sul
territorio comunale trovino spazio azioni in chiaro contrasto con un
sano ed efficace piano di rifiuti di cui al punto 2), respingendo in
toto quanto previsto dal Piano Regionale dei Rifiuti approvato dal
Consiglio Regionale del Lazio, con particolare riferimento alle
determinazioni riguardanti il nostro territorio (potenziamento TMB
Castellaccio, realizzazione TMB Colleferro, prosecuzione attività
discarica Colle Fagiolara);
2. ad intraprendere il percorso verso il traguardo dei “Rifiuti Zero”
entro il 2020 stabilendo per il 2012 il raggiungimento del 65% di
raccolta differenziata e per il 2016 il 75%;
3. Per il raggiungimento di tali obiettivi il Consiglio Comunale dà
mandato alla Giunta Municipale di estendere a tutti i quartieri e le
frazioni del territorio comunale la modalità di raccolta “Porta a
Porta” dei rifiuti urbani ed assimilati;
4. Impegna il Sindaco e la Giunta a verificare la possibilità di
migliorare il sistema tariffario nel senso di adeguarlo ad una sempre
più concreta rispondenza all’effettiva quantità di rifiuti prodotti
dalle utenze domestiche e non domestiche
5. di realizzare un centro comunale per la riparazione e il riuso dove
beni durevoli e imballaggi possano essere reimmessi nei cicli di
utilizzo ricorrendo eventualmente anche all’apporto di cooperative
sociali e al mondo del volontariato;
6. dare mandato alla Giunta Municipale affinché intraprenda tutti gli
sforzi per minimizzarne i flussi di rifiuti, favorendo, anche in ambito
di programmazione provinciale la realizzazione di impianti “a freddo”
di ulteriore selezione in grado di recuperare ancora materiali
contenuti nei residui ed in grado di orientare costanti iniziative di
riduzione volte a “sostituire” oggetti e beni non riciclabili o
compostabili;
7. di dare mandato alla Giunta Municipale di adoperarsi negli confronti
degli Enti Competenti affinché i rifiuti-residui prodotti sul
territorio comunale non vengano avviati ad incenerimento sul
territorio della nostra Provincia come previsto dal piano provinciale
dei rifiuti;
8. di istituire l’“Osservatorio verso Rifiuti Zero” che abbia il compito
di monitorare in continuo il percorso verso Rifiuti Zero indicando
criticità e soluzioni per rendere il suddetto percorso verificabile,
partecipato e costantemente in grado di aggiornarsi anche alla luce
dell’evolversi del quadro nazionale ed internazionale.


TULLIO BERLENGHI
MAURIZIO SPEZZANO

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura