L’esercizio del diritto di
critica infastidisce molto il nostro sindaco e immagino che non apprezzerà troppo
questo mio articolo. Già in passato l’avere espresso perplessità sul suo
operato di amministratore mi è costato un causa al tribunale di Velletri. Non mi
limiterò dunque a dire quello che penso del nostro primo cittadino e del suo
modo di amministrare, ma farò alcune considerazioni basate sulle sue
affermazioni e sulle azioni conseguenti. Penso – ad esempio – alla solenne
promessa di riduzione dell’IMU in campagna elettorale. Promessa prontamente
disattesa. Penso ai continui impegni di rispettare norme e statuto comunale in
tema di convocazione delle commissioni, revisione dello statuto, risposta alle
interrogazioni consiliari e calendarizzazione delle mozioni. Tutta roba che non
dovrebbe essere (come lui pensa) frutto della sua gentile concessione, ma un
vero e proprio dovere istituzionale. Niente da fare. Lui continua ad essere
convinto di essere il padrone del paese e nulla glielo toglie dalla testa,
nemmeno il devastante calo di consensi registrato nell’ultima consiliatura. A
Labico meno di un terzo degli elettori ha votato per la sua lista (in pratica quando gira per strada sa che, su 10 persone che incontra, 7 non lo hanno votato, sarà per questo che è spesso di cattivo umore). E questo
prima che si rimettesse nuovamente sulla poltrona di primo cittadino. Da maggio
in poi non ne ha fatta una buona. E’ riuscito ad aumentare in modo punitivo
ogni tassa e tariffa di competenza comunale, a fronte di una pessima qualità ed
efficienza dei servizi. Nei giorni scorsi ai cittadini è arrivata la TARSU ed è
stata una nuova stangata, che ha sancito il totale fallimento della raccolta
porta a porta. Della quale si ostina a negare dati che dovrebbero essere
pubblici, ma che lui si guarda bene dal divulgare, forse per la vergogna. E’
già riuscito a perdere un pezzo della giunta comunale. Ancora una volta nel
silenzio più totale, senza darne alcuna comunicazione in consiglio, in totale
spregio delle normali regole di trasparenza, di democrazia e di rispetto per
l’organo sovrano dell’amministrazione comunale. Continua a negare il permesso
di fare le riprese video dei consigli comunali, abusando in modo ignobile del
proprio potere e ledendo vergognosamente i diritti dei cittadini che vorrebbero
essere informati sull’attività dell’amministrazione. Dopo l’esilarante giustificazione dello
“statuto dei lavoratori”, l’ultima motivazione è la mancanza di un regolamento,
che lui ovviamente non proporrà mai (ma che si impegna ad approvare). Del resto bisogna capirlo. Meno gente viene a
sapere cosa viene detto in consiglio comunale e meglio è per lui e per la sua
calante credibilità. L’ultimo consiglio comunale è servito ad approvare gli
equilibri di bilancio. Un documento contabile che avremmo dovuto approvare
entro la fine di novembre, ma che Galli – convinto che a rispettare le leggi
debbano essere solo gli altri – ha portato all’esame del consiglio solo il 27
dicembre, dopo il richiamo della prefettura. Anche in questo caso la
recalcitranza è comprensibile e l’idea
di approvarlo tra Natale e Capodanno con i cittadini distratti dalle feste natalizie
gli deve essere sembrata geniale. La relazione, infatti, è l’ennesima riprova
del disastro di un’amministrazione incapace e incompetente. E’ a causa loro che ci troviamo con un debito
di quasi quattro milioni di euro (in pratica l’intero bilancio comunale) e
Galli continua a comportarsi come se si trattasse di un banale imprevisto.
Invece era tutto prevedibile e, soprattutto, prevenibile. L’inadeguatezza del
depuratore è dipesa dall’incapacità programmatoria degli ultimi vent’anni
(chissà chi amministrava il paese) e dalla commissione di reati contro
l’ambiente e la salute, per i quali sono indagati anche amministratori
comunali. Ma a pagare, secondo Galli, dovranno essere i cittadini. E l’ha messo
nero su bianco sulla delibera che prevede la svendita di pezzi del nostro
patrimonio e approvata con deprimente prontezza e avvilente silenzio da tutti i
consiglieri comunali di maggioranza: Giorgio Scaccia, Nadia Ricci, Luciano
Galli, Mirko Ulsi e Adriano Paoletti. In compenso l’ineffabile Alfredo Galli ha
dato – se mai ce ne fosse bisogno – un’ulteriore prova della sua scarsissima
affidabilità, etica e politica. Quando Spezzano ha fatto notare la presenza
della lunga lista di debiti contratti con gli autotrasportatori per un totale
di 3,7 milioni di euro, Galli ha detto che non significava niente e che mica è
detto che questi soldi verranno dati a chi ha svolto il servizio. Era già
successo in precedenza. L’ardita tesi di Galli è la seguente: l’atto
amministrativo con cui l’ente locale si impegna ad onorare una determinata
spesa non significa che poi quei soldi verranno spesi sul serio. Quindi nessun
documento approvato dalla giunta o dal consiglio (gli unici a cui i comuni
cittadini possono accedere) ha alcun valore. Lui può, in qualunque momento,
decidere di bloccare l’erogazione delle risorse (in barba alla competenza e responsabilità
dei dirigenti). Un delirio di onnipotenza sconcertante e preoccupante, ma anche
una manifesta propensione a mentire. Se Galli stesso, infatti, dichiara non
attendibili gli atti da lui stesso sottoscritti, ammette implicitamente di
essere un bugiardo. Il problema è che, ormai, l’hanno capito tutti. E, a parte
chi pensa di trarne un beneficio personale, non credo saranno in molti a
rinnovargli la fiducia alle prossime elezioni. Ma l’attaccamento alla poltrona
è troppo forte per ammettere la disfatta politica e Galli cerca di vivere, anzi
di vivacchiare, o meglio sopravvivere, alla giornata. Approvando alla bell’e
meglio gli atti di cui proprio non può fare a meno e limitandosi al rispetto minimo sindacale delle regole
democratiche. Questa volta si è trattato degli equilibri di bilancio, che vista
la precarietà, andrebbero denominati equilibrismi.
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