24 ottobre 2009

Con una scarpa e una ciavatta

Delibere illegittime, assessori dimissionari, diffide del prefetto, equilibri di bilancio saltati, una figuraccia dietro l’altra, eppure la maggioranza – priva di ogni senso del ridicolo – continua ad andare avanti come se nulla fosse.


Cinque mesi dopo le dimissioni di Di Stefano sono arrivate quelle di Prestipino. Dal punto di vista politico i due episodi vanno citati in tandem, visto il rilievo che rivestono in termini di equilibri interni della maggioranza, ma l’accostamento tra i due protagonisti non può che finire qui. Delle dimissioni di Di Stefano infatti, rassegnate a maggio, non si riesce ancora a capire nulla. Abbiamo fatto fatica addirittura a venirne a conoscenza.


Le motivazioni sono “personali” nello scarno testo della missiva. Si dice per ragioni di salute, ma non vorremmo che si usasse un comodo paravento per nascondere altre questioni.


Se una persona non è in condizioni di salute tali da consentirle di svolgere al meglio il suo incarico istituzionale è giusto ed apprezzabile che decida di dimettersi. E questo significa dimostrare senso di responsabilità. Se davvero è così però non si spiega il senso di congelare le dimissioni per mesi e mesi, in violazione della legge e con grave danno per l’attività amministrativa, in attesa che succeda qualcosa. Perché questa attesa giustifica l’interpretazione che viene data dai rumors che provengono dalla maggioranza, secondo i quali le dimissioni sarebbero funzionali a trattative di potere interno.


Del resto l’assessorato di Di Stefano era pesante solo sulla carta, perché la delega all’urbanistica è virtuale - visto che l’urbanistica a Labico viene decisa da altri - mentre il bilancio ha margini di manovra piuttosto modesti. Qualcuno ipotizza che l’obiettivo potrebbe essere la delega agli affari sociali, ma questo comporterebbe non pochi problemi di riassetto complessivo e si spiegherebbe così l’infinito stand-by in cui ci troviamo.


Di ben altro spessore le dimissioni di Vincenzo Prestipino.


Invece delle tre righe vergate a mano e consegnate nel chiuso del palazzo al segretario comunale l’(ex) assessore di Colle Spina all’inizio della seduta ha chiesto la parola, si è alzato in piedi e, con grande coraggio, ha cominciato a leggere una lunga e appassionata lettera. L’aula – talvolta non proprio rispettosa – si è ammutolita. Man mano che le parole di Prestipino si diffondevano le espressioni mutavano e l’iniziale curiosità lasciava spazio, a seconda dei casi, ad incredulità, ammirazione, preoccupazione, indignazione. Con grande lucidità, in pratica, Prestipino ha denunciato che l’amministrazione labicana è governata da un “sistema” e che il potere a Labico è nelle mani di una sola persona, il vicesindaco Galli, mentre il sindaco non è capace di svolgere il suo ruolo.


E il potere di Galli è talmente assoluto da impedire che gli altri assessori abbiano la benché minima autonomia nello svolgimento del proprio mandato. Prestipino insomma avrebbe voluto impegnarsi molto per Colle Spina, ma non gli è stato permesso. E Prestipino, anziché rimanersene bravo bravo ad intascare uno stipendio e a godere di qualche privilegio che la posizione assessorile gli conferiva, ha scelto di privilegiare la propria dignità e di rassegnare le dimissioni. E un’ulteriore prova di coerenza è stata il fatto che non è uscito dalla maggioranza, ma ha semplicemente detto che non ci sono le condizioni per stare in giunta. La sua richiesta è stata chiarissima: o Giordani decide di fare davvero il sindaco e si ristabiliscono metodi trasparenti e democratici di organizzazione interna, oppure lui non è disponibile a fare il passacarte. E un segnale lo lancia anche agli altri membri della maggioranza, in cui, a quanto pare, serpeggia un certo scontento: tirate fuori l’orgoglio se non volete perdere del tutto la vostra credibilità. Un discorso impeccabile, nel quale – a tratti – si possono trovare le stesse critiche che in più di una circostanza noi stessi abbiamo rivolto alla maggioranza.


Ma se le nostre erano “sensazioni” quelle di Prestipino sono “testimonianze” e questo ne rafforza il valore. Sconcertante la reazione di Giordani. Attaccato in prima persona non è stato capace di fare altro se non confermare implicitamente le accuse di Prestipino. Incapace infatti di una qualunque replica ha farfugliato qualcosa come “ne parleremo dopo”, come se dovesse prima attendere istruzioni sul da farsi. Il “dibattito” sulle dimissioni di Prestipino è stato a senso unico. Solo l’opposizione ha preso la parola per chiedere chiarimenti sulla situazione della maggioranza e per denunciare che, proprio a causa dei loro problemi interni, la macchina amministrativa è praticamente ferma e le cose che funzionano si devono all’impegno dei dipendenti. Ormai praticamente tutti i cittadini di Labico hanno capito che l’amministrazione comunale è completamente allo sbando. Gli unici che sembrano non essersi accorti di nulla sono i consiglieri di maggioranza. L’altra questione di grande rilievo affrontata in consiglio era l’approvazione degli equilibri di bilancio. Una cosetta da nulla, la cui mancata approvazione nei tempi stabiliti dalla legge, determina lo scioglimento del consiglio comunale. Il termine di legge era fissato al 30 settembre.


Il nostro però è un comune dove si convocano i consigli in occasione della festa di San Rocco se è funzionale alle esigenze degli speculatori locali, ma per gli equilibri di bilancio il tempo non si trova. Così ci scrive il prefetto per intimarci l’approvazione dell’atto contabile se non si vuole lo scioglimento.


Un figurone insomma. Prima degli equilibri bisogna approvare la ratifica di una variazione di bilancio. Anche in questo caso ci sono delle regole da seguire (la parola “regole” da sola è in grado provocare malessere nei nostri amministratori) e la ratifica va fatta entro 60 giorni. Peccato che dal 7 luglio (giorno di approvazione della variazione) il tempo non si era mai trovato. Nei successivi 30 giorni si sarebbe potuta sanare la situazione. Ma non si è trovato tempo neppure per quello. Insomma l’atto era privo di ogni valore giuridico ed era necessario ritirarlo e adottarne un altro. A questo punto sono saltati anche gli equilibri di bilancio, che dovranno essere approvati in fretta e furia la prossima settimana. Un capolavoro di incapacità, a meno che il vero obiettivo sia quello di far saltare Giordani senza farglielo capire e rimettere in sella il “vero sindaco”, ossia Alfredo Galli. In tal caso complimenti per la strategia. Venerdì lo sapremo. Il consiglio ha poi approvato l’acquisizione di un terreno per realizzare una viabilità alternativa in zona Prato Capitano, dove la viabilità prevista dal precedente piano regolatore era scomparsa. Visto che si trattava di una zona abitata da esponenti politici locali, nessuno si era preso la briga di far rispettare le direttive del piano. Alla fine siamo riusciti ad approvare il comodato d’uso per consentire al nostro parroco di creare una struttura a finalità sociale nei locali del “cantinone”. Noi siamo stati ben lieti di poter dare il nostro assenso anche come segnale di stima per quanto sta facendo don Antonio per la nostra piccola comunità. Siamo  poi passati al regolamento della commissione mensa, concordato in commissione e sul quale, per una svista, erano stati messi quattro rappresentanti dei genitori, invece di sei (in modo da poter coprire tutti i plessi). Per un inconcepibile irrigidimento della consigliera delegata alla pubblica istruzione l’emendamento - suggerito proprio dalle persone che gratuitamente mettono a disposizione il proprio tempo per assicurarsi che ai nostri bambini venga dato cibo di adeguata qualità – è stato respinto. Nella commissione, in compenso, ha preteso di esserci lei. Fuori i genitori dentro i politici. Va bene, così, probabilmente di brutte figure pensavano di non averne fatte ancora abbastanza.


Gli impegni della maggioranza non hanno consentito di rispondere alle nostre interrogazioni né di discutere le nostre mozioni.

Sarà un caso. Abbiamo accettato il rinvio con la promessa che nel prossimo consiglio si concluderà tutto. L’unico problema è che la promessa l’ha fatta il sindaco, non il vicesindaco…

2 ottobre 2009

Obtorto protocollo

“Il protocollo non lo prevede”. Questa la risposta ad un’associazione labicana che desiderava recapitare un regalo (con un simbolo di pace e fratellanza) al Sindaco di Betlemme. Il regalo era accompagnato da una breve lettera, scritta anche in inglese per rendere più semplice il momento della consegna. “Casomai si potrà dare alla cena”. “Quale cena?”.

Ecco, appunto: quale cena? La cena è quella “di gala”. Qualcosa tipo quella della festa delle nocciole di poche settimane prima,organizzata a spese della collettività, ma la cui “cena di gala” era stata riservata alla sola maggioranza e alle sole persone gradite alla maggioranza stessa. Per la cena in onore del sindaco di Betlemme è stata fatta una piccola eccezione: alla cena sono stati ammessi tutti i consiglieri, persino quelli dell’opposizione. Il resto degli invitati è stato scelto sulla base di un rigido protocollo, i cui criteri erano criptici e sconosciuti ai più.

Però, da alcune indiscrezioni - rilasciate da fonti che chiedono il massimo riserbo - siamo riusciti a risalire, almeno in parte, al contenuto del prezioso documento e che siamo lieti di portare alla conoscenza di tutti.

Protocollo di selezione degli invitati alle cene di gala labicane:

- sindaco, assessori, presidente del consiglio, consiglieri di maggioranza (aggiunto a penna: e quelli di minoranza, ma proprio tutti? sì, dai, tutti);

- capi area e capi servizio del comune;

- rappresentanti delle forze dell’ordine;

- selezione di rappresentanti delle associazioni locali da individuare sulla base di valutazioni molto rigorose (quelli che ci stanno simpatici o, almeno, non troppo antipatici);

- imprenditori locali che abbiano un legame di parentela di primo grado con il vice-sindaco;

- imprenditori locali che abbiano un legame di affinità di primo grado con i soggetti di cui al punto precedente;

- imprenditori che abbiano sottoscritto col comune convenzioni di particolare favore (per l’imprenditore, non per il comune);

- collaboratori di fiducia del Sindaco o del vicesindaco;

- altri che non rientrano nelle categorie precedenti, ma che ce li mettiamo lo stesso, ché noi facciamo un po’ come ci pare.

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura