2 ottobre 2005

Bretella Cisterna-Valmontone: è davvero un’opera indispensabile?

Leggo sul “Corriere del Cittadino”, un nuovo giornale che si occupa delle questioni locali e al quale auguro buoni risultati nel difficile compito di fare informazione e dare spazio al dibattito politico, un’intervista al sindaco Galli, normalmente poco disponibile al confronto mediatico e che quindi ha suscitato nel sottoscritto particolare interesse.
Tralasciando le comprensibilmente diverse valutazioni sull’operato dell’amministrazione vorrei soffermarmi su un passaggio dell’intervista che mi sembra meritevole di attenzione. Si è parlato infatti della famigerata bretella stradale “Cisterna-Valmontone”, che avrà, secondo il progetto attuale, un impatto molto rilevante sul territorio del comune di Labico e che – se realizzata – comporterebbe significative conseguenze, non solo sul piano ambientale e sull’assetto territoriale, ma anche sulla quotidianità di tutti coloro che si ritroveranno a vivere un passaggio epocale da un paese ad economia prevalentemente rurale ad una realtà ben diversa. Una realtà che, grazie al combinato disposto di una politica urbanistica disinvolta e di una politica infrastrutturale ancor più disinvolta, assomiglierà molto a certe grigie zone misto residenzial-produttive, orrendi meticci tra borgate suburbane e aree paleoindustriali.
Vorrei però, per una volta, evitare l’approccio di chi cerca di difendere l’ambiente e il territorio da interventi dannosi ancorché inutili. C’è sempre infatti chi sostiene che il prezzo (ambientale) da pagare è più che compensato dai benefici che l’intervento infrastrutturale comporta. Ho deciso quindi di seguire questa logica – un po’ mercantile a mio avviso, ma non per questo da sottovalutare – legata alla convenienza economica e ho cercato di fare un po’ di conti.
L’opera si inserirebbe in un contesto infrastrutturale (quello della regione Lazio) di gran lunga squilibrato a favore del trasporto su gomma, con una rete viaria di oltre 44mila chilometri, 3mila dei quali di strade di grande comunicazione a fronte di 1250 km di rete ferroviaria. Ne consegue che nel Lazio la stragrande maggioranza degli spostamenti (per le merci siamo all’86 per cento) viene effettuata su gomma, ossia il sistema di trasporto più inquinante e a maggior consumo di energia e di territorio. L’obiettivo del libro bianco dell’Unione Europea sui trasporti è quello di ridurre la componente su gomma dei trasporti e l’Italia – è facile immaginarlo – è il paese che deve fare più strada per adeguarsi alla media europea. Non ci vuole molto a capire che per arrivare ad un riequilibrio è necessario investire di più su altre modalità di trasporto (in particolare la ferrovia) e che ogni centesimo stanziato per nuovo asfalto viene sottratto al ferro.
Queste sono considerazioni generali. Tornando a parlare delle questioni a noi più vicine – ossia dell’’opportunità di distruggere quel po’ di terreni agricoli e di verde sopravvissuti all’abusivismo e alle speculazioni per fare spazio all’innesto della bretella Cisterna-Valmontone – sono andato a leggermi l’ultimo aggiornamento del programma delle infrastrutture strategiche predisposto dall’istituto di ricerca CRESME, in collaborazione con l’istituto NOVA e il servizio studi della Camera dei Deputati, per capire “quanto” ci costa questa irrinunciabile opera pubblica. Ebbene, sulla base delle ultime stime, la bretella viene a costare 742 milioni di euro, qualcosa come 1436 miliardi di lire. Il tutto per rendere più agevole il collegamento tra la valle del Sacco e la costa laziale. Tutto ciò mentre i pendolari labicani devono sopportare un “buco” di quasi quattro ore per prendere un treno dopo le sette del mattino e subire tutti i disagi e le inefficienze di un collegamento ferroviario con la Capitale che non è mai stato potenziato in maniera adeguata a fronte della continua urbanizzazione dell’area prenestina. Tornando quindi alla “convenienza economica” della poltica delle infrastrutture sembra di capire che si sia preferito dare la priorità ad un’opera destinata a flussi di mobilità indubbiamente residuali anziché investire nel potenziamento dei collegamenti ferroviari con Roma. Immagino che questa riflessione potrà essere una consolazione per le migliaia di pendolari prenestini che si accalcheranno sui treni. Avranno infatti la consapevolezza che, anziché ostinarsi ad andare in ufficio tra mille disagi, avrebbero potuto con tutta comodità (e in pochi minuti di macchina) farsi una bella passeggiata al mare.

Alle colonne d'Ercole

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La mia ultima avventura