24 gennaio 2016

Tutti pazzi per le cartelle pazze



Breve ricostruzione storica delle vicende labicane.

Riassunto delle puntate precedenti.

Prima parte. La serenità. Labico era un tranquillo borgo dell’hinterland romano, con un piccolo centro storico dove bar ed esercizi commerciali vivevano dignitosamente e c’erano persino un’edicola e la biblioteca. Il panorama era molto bello e verde e i servizi erano abbastanza proporzionati rispetto al numero degli abitanti.
Seconda parte. Il progresso. Poi sono arrivati gli strateghi del progresso, i quali hanno deciso che bisognava dare più ricchezza al Paese. Per farlo era necessario spalmare di cemento l’intero territorio. Tutti ne avrebbero giovato. Così, dopo pochi anni la popolazione labicana è quadruplicata. Non i servizi, però, che si sono rivelati inadeguati all’aumentato numero degli abitanti. E anche le attività commerciali del centro storico anziché aumentare sono diminuite. Ha chiuso persino l’edicola e la biblioteca è diventata virtuale. Persino i dipendenti comunali sono diminuiti e le cose vanno molto peggio di quando è iniziata l’era dello sviluppo. Per quanto riguarda la ricchezza, se è arrivata ne hanno beneficiato in pochi, perché né i labicani vecchi, né quelli nuovi hanno mutato il proprio tenore di vita, anzi si sono ritrovati in quartieri nuovi di pacca del tutto privi di quello che la legge prescrive per le nuove urbanizzazioni. Niente marciapiedi, illuminazione insufficiente, parcheggi inadeguati, aree verdi finte, piazze mai realizzate e via dicendo.
Terza parte. I problemi. Non tutte le mancanze sono passate inosservate e ad un certo punto qualcuno si è accorto che il quadruplo delle abitazioni significava avere anche il quadruplo degli abitanti il quadruplo degli abitanti significava quadruplicare la quantità di deiezioni che finivano nella rete fognaria (già malandata di suo) e poi nei depuratori. Ma, in fondo, chissenefrega, avranno pensato da qualche parte. Depurate o no le nostre deiezioni da qualche parte finiranno. Purtroppo però in Italia ci sono delle leggi di tutela dell’ambiente e della salute che impongono di trattare correttamente gli scarichi. Non rispettarle è un reato e, in effetti, la magistratura ha aperto un fascicolo e individuato ben tre ipotesi di reato. Una delle conseguenze è stato il sequestro dei depuratori, con una serie di costi aggiuntivi che sono – ovviamente – ricaduti nelle tasche dei cittadini.
Quarte parte. Il caos. Il Comune si è così ritrovato molto vicino al dissesto finanziario. Sarebbe stata l’unica via di uscita accettabile. Forse non proprio onorevole, ma almeno dignitosa. Abbiamo mandato in fallimento un Paese, ne prendiamo atto e ce ne torniamo a casa. No, le poltrone (e i relativi stipendi), ancorché non più troppo confortevoli, non si lasciano facilmente e così i nostri amministratori hanno elaborato un bel piano decennale di rientro. Inutile che vi spieghi chi ha combinato i guai e chi si ritrova a pagarli. Nel piano di rientro è previsto, oltre ad aumentare al massimo tutte le tasse e le tariffe, il più ampio recupero possibile delle imposte non versate. Anche su quelle probabilmente non si è lavorato benissimo in passato (fioccano eufemismi) e quindi è ragionevole pensare che ci sia un tasso di evasione più elevato che altrove e quindi si può pensare ad un recupero. E come si fa il recupero?  A rigor di logica si può ipotizzare un piano di rientro graduale, non vessatorio e che si basi sulla predisposizione  di uno studio accurato, attraverso l’incrocio di tutte le banche dati, grazie alle quali ricostruire l’entità esatta dell’intero patrimonio immobiliare e del gettito che dovrebbe derivarne (tra l’altro questa richiesta l’avevamo fatta in passato, anche per valutare l’opportunità di dare vita alla nuova colata di cemento prevista dalla variante al piano regolatore). E’ stato fatto? No. Si è affidato un lavoro ad una non meglio precisata società che basa il suo business proprio sulla quantità delle somme recuperate (anche se non necessariamente dovute) e può stupire fino ad un certo punto che sia partita una richiesta spaventosa di tasse. Se io prendo una percentuale su quanto recupero mi conviene puntare alto e sperare che il cittadino – che magari si è perso la ricevuta del pagamento o non ha tempo o modo di contestare l’addebito – preferisca pagare e non porsi altri problemi. Insomma c’è tutta una evidente concatenazione di errori, la cui responsabilità è chiarissima e le cui conseguenze in termini economici sono purtroppo altrettanto chiare. Chi amministra sbaglia e porta il paese al collasso finanziario e chi viene amministrato paga. E deve anche tacere, perché altrimenti arrivano le minacce di denuncia.

E veniamo ai giorni nostri. Agli ultimi dieci per l’esattezza e andiamo a vedere in che modo l’Amministrazione si sta occupando della gestione del caos (che non è un meteorite arrivato chissà da dove), attraverso le sue cosiddette “comunicazioni istituzionali”, dalle quali trapela una certa schizofrenia.
Nella prima comunicazione -  del 12 gennaio, firmata dal responsabile del dipartimento – si comunica semplicemente un numero di telefono per eventuali chiarimenti.
La seconda, del 13 gennaio, firmata da Scaccia e Galli, parla della necessità di realizzare “realizzare una sostanziale equità contributiva e una diminuzione della pressione fiscale” (un moto d’ilarità sarà venuto anche a loro quando l’hanno scritto?), per poi affermare che si sono accorti adesso (governano da appena vent’anni) che da soli non ce la fanno e quindi si devono rivolgere ad un soggetto terzo e che comunque “nessun contribuente sarà chiamato a versare al Comune un euro in più o in meno di quanto effettivamente dovuto” (mentendo spudoratamente visto che sono centinaia gli errori riscontrati fino ad ora). Poi si arrovellano in una tesi piuttosto ardita: da un lato i cittadini labicani “nella stragrande maggioranza, sono persone oneste e coscienziose, rispettose della legge e animate da profondo spirito di appartenenza alla collettività”, ma dall’altro è stato accertato un “apprezzabile livello di evasione”  e di conseguenza i cittadini in debito con il comune devono comprendere “di aver agito non solo contro la legge ma anche a danno della comunità di cui fanno parte”. In sostanza a Labico convivono due maggioranze: una di persone oneste, l’altra di malviventi (in effetti, a vedere la situazione del bilancio, si capisce che qualche problemino a far di conto ce l'hanno). Il terzo comunicato, del 18 gennaio, con la generica firma sindaco e amministrazione, è  tutto un arzigogolo senza né capo né coda. In effetti i cittadini “giustamente lamentano errori commessi” e pertanto si sentono in dovere di porgere “le più sentite scuse”, però bisogna capire che “le banche dati del Comune non sempre sono aggiornate” (un lavoro fatto coi piedi, vogliamo dirlo?). Poi aumentano la confusione su chi ha la responsabilità di cosa, perché sì è la società, ma il recupero è gestito direttamente dal Comune (che però non ce la fa, quindi ci vuole pazienza). In ogni caso hanno già chiesto alla società di rimediare agli errori fatti (peccato che dovranno essere i cittadini a farlo notare, perché da soli mica se ne accorgono).  Si fa un bel riferimento – non guasta mai – al “fondamentale e imprescindibile obiettivo di favorire la crescita e lo sviluppo del nostro Paese” (del resto si è dimostrato un bel vantaggio finora). Il terzo comunicato termina con una bella minaccia nei confronti di chi osa criticare l’amministrazione e che sfrutta questa vicenda per fare politica (è buffo che chi vive di politica da tempo immemore riesca a connotare negativamente una parola che di per sé dovrebbe avere invece una valenza positiva).
Infine arriva il comunicato del 20 gennaio (stavolta con i nomi e cognomi di tutta la giunta). L’amministrazione ci informa di avere incontrato la società e contestato “duramente il lavoro sino ad oggi svolto, chiedendo ai responsabili di porre immediato rimedio alle incresciose situazioni verificatesi in questi ultimi giorni, pena la risoluzione anticipata del contratto”. Gliele hanno cantate come si deve a quei lestofanti. Però hanno deciso, sempre nell’interesse del Paese, ci mancherebbe, di mantenere in piedi lo straordinario accrocco messo su, sperando di riuscire a trovare una o due cartelle fatte come si deve.
Ovviamente non manca la parte di autocelebrazione in cui si dichiarano “amministratori seri, onesti e scrupolosi” che perseguono l’obiettivo di una “sostanziale equità fiscale” e di “migliorare i servizi resi alla popolazione”  (lì persino loro non dovrebbero fare troppa fatica, vista la loro modesta qualità attuale). Poi la nota informativa prende una piega non proprio istituzionale e, dopo una breve lettura del quadro politico labicano, termina con una frase che trovo interessante per vari motivi:
“Vogliamo concludere prendendo in prestito alcune delle parole uscite sulla rete, utilizzate da un autorevole cittadino labicano che critica l’operato di questa amministrazione, al quale ovviamente replichiamo dissentendo: chi amministra non ha alcun diritto di essere un pessimo amministratore, ma chi viene amministrato non ha alcun diritto di fare il furbetto a danno dei suoi consociati”.

Lanciamoci in un’esegesi del testo. Intanto si usa il sito istituzionale per una replica tutta politica (loro possono farla, la politica). Correttezza avrebbe voluto che si utilizzasse il sito di Rinnovare per Labico o la pagina facebook del sindaco o un qualunque altro strumento di informazione che non fosse del Comune, ossia di tutti. Vabbè lo stile, come il coraggio di Don Abbondio, uno non è che se lo può dare. Poi nella piccata risposta (mica si può dire ad un amministratore che è un pessimo amministratore solo perché ha portato il Paese sull’orlo della bancarotta, suvvia) si afferma che non si ha il diritto di fare i furbetti a danno degli altri cittadini. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un trucco dialettico per fare sembrare che la velata accusa di evasione si riferisca proprio a quel cittadino che ha osato criticarli apertamente. Magari ce lo spiegheranno nel prossimo comunicato istituzionale. Noi aspettiamo fiduciosi.

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