
5 dicembre 2016
Scusate, vorrei scendere...

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2 dicembre 2016
Bufale e altri animali misteriosi
La propaganda politica è spesso
accompagnata da slogan fantasiosi, da informazioni ingannevoli e, purtroppo, da
vere e proprie bufale. Nel turbine della comunicazione ultraveloce del terzo
millennio qualunque falsa notizia venga lanciata in rete rischia di propagarsi
in pochi istanti contribuendo ad avvelenare e intorbidire un dibattito che già
non sta brillando per serietà e chiarezza di informazioni. Il vero problema è che
non si possono mettere sui due piatti della bilancia bufale di dubbia
provenienza che magari vengono rimbalzate con entusiasmo dai sostenitori fideistici
di una o dell’altra parrocchia e bufale “istituzionali” provenienti da
esponenti autorevoli e riconosciuti delle forze politiche e sociali in campo. Ad esempio gira una bufala a favore del NO sulla presunta perdita di sovranità
che questa riforma costituzionale comporterebbe. Non so chi sia la fonte, ma di
sicuro non è un’affermazione di Zagrebelsky, di Smuraglia o della Falcone. Quella
bufala è una sciocchezza priva di fondamento e che alla fine rischia di
danneggiare la credibilità di chi sta cercando di costruire l’opposizione a
questa riforma basandosi sull’analisi puntuale dei suoi contenuti e sui
possibili scenari che comporterebbe. Di peso ben diverso è invece la bufala
sulla scheda elettorale del Senato. La fonte, in questo caso, è la più autorevole
che il fronte del SI possa mettere in campo: il presidente del Consiglio,
segretario del partito che propone la riforma (l’unico partito, tra quelli che si sono presentati alle politiche del 2013, a favore del SI), onnipresente imbonitore televisivo nella estenuante propaganda referendaria. In più è stata ripresa dal sito ufficiale del SI (www.bastaunsi.it), che ha addirittura dato
una serie di spiegazioni decisamente fantasiose, indicando persino le modalità
di elezioni dei senatori, quando la Costituzione (nuova) affida tutto ad una
legge statale che ancora non esiste ed è davvero grave che qualcuno ne dia per
certa una formulazione, prima ancora che passi dal Parlamento. Non è una caso
che la legge costituzionale preveda una norma transitoria per la prima
applicazione, completamente diversa da quella ipotizzata sul sito del SI. Il
generoso tentativo di andare in soccorso di un premier in evidente affanno si
rivela per quello che è - l'è peso el tacon del buso – una toppa
peggiore del buco che cerca di coprire. Lo rivelano le numerose incongruenze:
1. La norma costituzionale, al comma 2 del nuovo articolo 57, afferma che “I
consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano
eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella
misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori”.
Sono i consigli ad eleggere, altrimenti il legislatore avrebbe usato un termine
come “ratificare” o equivalente. 2. Al comma 5 si afferma che le elezioni
devono essere fatte “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i
candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Una frase un
po’ ambigua, sulla quale molti esperti hanno espresso delle perplessità,
proprio per la sua difficile applicazione. In ogni caso il meccanismo indicato
sul sito del SI sembra prefigurare un meccanismo bloccato, visto i candidati al
senato sarebbero inseriti in collegi uninominali. Facile immaginare – visto che
stiamo parlando di una legge tutta da scrivere – che attraverso le candidature
multiple la scelta dei senatori potrebbe comunque essere fatta a monte dai
partiti. 3. Se il nominativo del seggio uninominale non dovesse essere eletto
in consiglio regionale, cosa conterebbe di più, la volontà popolare o l’incompatibilità
tra un cittadino comune e il seggio senatoriale della nuova costituzione (in
quella attuale l’incompatibilità è tra parlamentare e consigliere regionale,
come cambiano le cose..)? 4. L’ultimo comma dell’articolo 57 ribadisce che il
sistema elettorale è di secondo grado e afferma che l’attribuzione dei seggi
avviene in ragione dei voti espressi e della composizione del consiglio
regionale, riportando il potere decisionale in capo ai consiglieri regionali. 5. Nelle regioni che mandano un solo senatore-consigliere (quasi la metà), come si
farà, visto che il voto disgiunto potrebbe attribuire il seggio senatoriale ad
un consigliere regionale di opposizione e la maggioranza potrebbe – in linea
teorica – non ratificare l’indicazione dell’elettorato? Chi decide? La
Consulta? 6. E i sindaci? Come si fa a
dire che i senatori sono eletti dai cittadini, quando un quinto dei componenti
del Senato saranno sindaci? Come facciamo a metterli nella scheda elettorale? Se
ne prevede un’altra (quindi una terza)? E quando il sindaco termina il mandato
come fanno gli elettori ad indicare la propria scelta per le elezioni
suppletive? Si indirà un’elezione con un collegio grande quanto la Lombardia
per dare la possibilità ai cittadini di dare la propria indicazione ai
consiglieri regionali (che potrebbero anche ignorarla, vedi punto 5)?
23 novembre 2016
L'azzardo costituzionale
Non bisognerebbe mai fare delle
riforme sulle regole - che siano quelle elettorali o la Costituzione – basate
sulla contingenza, e quindi sulla convenienza, di chi ha, in quel momento, i
numeri per decidere (tralasciando valutazioni su come si siano ottenuti quei
numeri). Questa riforma della Carta Costituzionale (unita alla legge elettorale
imposta al Parlamento con il voto di fiducia) sembra invece frutto di un chiaro
calcolo politico. In caso di vittoria del SI alle prossime elezioni per il
Parlamento tutto sarà nelle mani di un solo partito, il cui consenso stimato si
aggira intorno al 30 per cento.
Quel partito, in caso di vittoria
(peraltro probabile) alle elezioni, avrà la possibilità di mettere una persona
di fiducia alla Presidenza della Repubblica (prima carica dello Stato), una
persona di fiducia alla Presidenza della
Camera (che col nuovo assetto diventa la seconda carica dello Stato), una
persona di fiducia alla Presidenza del Senato (terza carica dello Stato), un
numero compreso tra otto e dieci (bisognerà vedere come verranno gestiti i
rapporti di forza nei due rami del Parlamento) persone di fiducia alla Corte Costituzionale (dove
quindi avranno la maggioranza assoluta). Verranno pertanto occupati tutti i
ruoli di garanzia e di controllo con buona pace di quell’equilibrio tra i
poteri che è alla base delle sane istituzioni democratiche.
Quel partito, in caso di
sconfitta, avrà comunque in mano il Senato e potrà rendere la vita piuttosto
complicata al Governo perché avrà la possibilità di bloccare tutte le leggi per
le quali rimarrà il bicameralismo paritario. Tanto per fare un esempio potrebbe
bloccare la legge europea, col rischio di esporre l’Italia all’avvio di un rilevante
numero di contenziosi e determinare un’instabilità politico-economica di cui il
Governo sarebbe chiamato a farsi carico.
Sono certo che se questa
operazione – strategicamente molto astuta – l’avesse condotta un Silvio
qualunque adesso avremmo le piazze piene di persone preoccupate e indignate.
Ora invece, buona parte di quelle stesse persone è impegnata a cercare di spiegare
a me e ad altri gufi che in fondo questa riforma non è poi così male: del resto
non sentivamo tutti l’insopprimibile esigenza di cancellare il CNEL?
Nota (scritta 24 ore dopo il post). Ad essere precisi per eleggere il Presidente della Repubblica la maggioranza dovrebbe contare, oltre all'ipotizzabile minore partecipazione al voto dei nuovi senatori, sulla collaborazione di qualche parlamentare di altri schieramenti. Sarà un numero di senatori sufficientemente esiguo da poter immaginare che si riusciranno a raggiungere facilmente "accordi politici" i cui contraenti trarranno sicuramente congruo vantaggio.
Nota (scritta 24 ore dopo il post). Ad essere precisi per eleggere il Presidente della Repubblica la maggioranza dovrebbe contare, oltre all'ipotizzabile minore partecipazione al voto dei nuovi senatori, sulla collaborazione di qualche parlamentare di altri schieramenti. Sarà un numero di senatori sufficientemente esiguo da poter immaginare che si riusciranno a raggiungere facilmente "accordi politici" i cui contraenti trarranno sicuramente congruo vantaggio.
3 ottobre 2016
Vietato esistere
Non è che si possa affrontare un
tema complesso e delicato, come quello dei migranti, in poche righe.
Bisognerebbe parlare delle cause che spingono le persone a fuggire dai luoghi
dove sono nati alla ricerca di qualcosa che a volte è solo la speranza di
rimanere vivi. Bisognerebbe parlare di guerre, conflitti, povertà, violazioni
dei diritti umani, dittature sanguinarie. Bisognerebbe anche spiegare il ruolo
del mondo occidentale in tutto questo, visto che - quando non è proprio la
causa – è almeno indifferente, connivente
o complice. Almeno per il momento, non parliamone. Parliamo però di persone.
Quelle che, in qualche modo, sono arrivate fin qui e ce le ritroviamo intorno.
Sono esseri umani. Sopravvissuti a qualcosa di indescrivibile e terrificante.
Tutti i loro beni sono contenuti in un sacchetto di plastica o una borsa (i più
fortunati). Non un posto dove dormire, non la sicurezza di un pasto, non un luogo
dove potersi lavare. Nulla. Ecco, immaginiamole dunque queste persone, uomini,
donne, bambini, disperati e indifesi in un paese che non conoscono, dove si
parla una lingua che non capiscono, che cercano di capire se riusciranno a
trovare un po’ di nutrimento o un giaciglio di fortuna. Immaginiamo 10, 50, 100
persone a Roma, capoluogo della Regione Lazio, capitale d’Italia. Città
benestante di una regione ricca di una delle nazioni “potenti” del mondo.
Forse, immaginiamo, le istituzioni dovrebbero occuparsi di loro. Tutte, nessuna
esclusa. E se non lo fanno? E se non lo fanno è naturale che ci siano altre
persone, consapevoli del proprio benessere, che cercheranno di dare un aiuto.
Si chiama misericordia e non c’è bisogno di essere credenti per farla. Basta
avere un briciolo di coscienza. E allora ecco che ci ritroviamo nella
situazione che si è visto negli ultimi anni al Baobab: l’intervento di
associazioni, cittadini, volontari per sopperire alla colpevole assenza delle
istituzioni. Che non solo si disinteressano, ma che di fatto riconoscono un
ruolo ad un sistema di accoglienza nato spontaneamente. Non va bene, ma almeno,
in qualche modo, funziona. Almeno si riesce a garantire un’assistenza minima.
Inadeguato e insufficiente, ma è quello che - con l’impegno e la disponibilità
di poche decine di volontari – si riesce a fare. Fino a quando? Fino a quando
la misericordia non diventa illegale. Fino a quando non si decide di sgomberare
il Baobab. Fino a quando qualcuno ha pensato bene che non bastava sgomberare il
Baobab, ma che non si poteva neppure cercare di dare assistenza ai chi ne aveva
bisogno. Fino a quando qualcuno non ha pensato bene di vietare – uso le espressioni
bibliche per rendere meglio l’idea – di dare da mangiare agli affamati, di visitare
gli infermi, di dare da bere agli assetati, di vestire gli ignudi, di alloggiare
i pellegrini. Non si può fare. E’ vietato. Ma non semplicemente “vietato”. Per
garantire il rispetto del divieto hanno militarizzato via Cupa (dove si trova
il Baobab) con uno spiegamento di forze più adatto a combattere il clan dei
Casalesi. Pattuglie di polizia e carabinieri mandate a perlustrare la zona alla
ricerca di non si sa bene quali possibili reati. E loro? I pellegrini,
affamati, assetati, spesso ignudi, qualche volta infermi? Loro costretti a
nascondersi e ad essere invisibili. In una società opulenta e ipocrita che preferisce
far finta di non vederli. Vietato esistere, dunque, e proprio nell’anno della
misericordia e mentre celebriamo in pompa magna la giornata dei migranti.
Ipocriti. Punto.
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4 settembre 2016
Non si fa!
Non si fa. Ditino ammonitore che
oscilla da destra a sinistra e viceversa in modo da rafforzare il concetto.
Proprio non si fa. Con il medesimo afflato pedagogico schiere di opinionisti
stanno esprimendo in questi giorni il proprio disappunto per la vignetta di Charlie
Hebdo relativa al terremoto. Non si fa. Con i morti non si scherza.
Proprio la redazione di Charlie
Hebdo era stata vittima di un terribile attentato da parte di fanatici estremisti
islamici, che si sono sentiti offesi dalle vignette che a loro avviso erano un
insulto per la loro religione. Non si fa. Anziché il ditino hanno pensato bene
di utilizzare qualche mitra. Più rumoroso ma di indubbia efficacia comunicativa.
La reazione del vecchio continente fu però compatta, non solo nel condannare il
drammatico episodio, ma anche nella difesa del diritto di pensiero e di
espressione, che rappresenta uno dei valori fondanti della nostra civiltà.
Libertà, certo, di pensiero, di espressione e di satira, ma fino a dove può
arrivare questa libertà? Sui morti non si scherza, abbiamo visto. Soprattutto
sui “nostri” morti, perché non mi è parso di vedere analoghe levate di scudi
quando vignette, anche molto crude, hanno fatto riferimento ad altri morti,
magari disperati in fuga dalla guerra e annegati nel mare Mediterraneo o
semplicemente uccisi in qualche conflitto (qualche volta proprio dalle nostre
bombe e dalle nostre armi). E penso alla
vignetta che fece Staino – ora iscritto al club degli scandalizzati – quando
nel 2010 precipitò l’aereo su cui viaggiava il presidente polacco insieme a
molti esponenti del suo governo, rammaricandosi perché una simile “disgrazia”
non era capitata a noi (augurando neanche troppo implicitamente la morte a
Berlusconi e ai suoi ministri).
Anche sulla religione forse c’è
una sensibilità variabile, considerato che le vignette sulla Chiesa cattolica
sono spesso oggetti di critiche e spunto per accese polemiche.
E vogliamo parlare del pandemonio
scatenato da una recente vignetta relativa alla Boschi a mio avviso semplicemente
banale, ma giudicata sessista, quando alle varie Carfagna, Gelmini, Minetti,
Meloni è toccato subire ben di peggio?
Come se ne esce?
Una prima ipotesi potrebbe essere
quella di dare delle regole alla satira (mi viene un crampo allo stomaco a
pensarci) e stabilire – che so – che è vietato scherzare su morte, religione,
dignità delle donne, razzismo. Ma a quel punto perché non aggiungere un divieto
per la satira che esaspera i difetti fisici (Ferrara ciccione, Brunetta basso e
via dicendo) o i limiti intellettivi (con questo l’ambito di tutela sarebbe
decisamente ampio). E in generale si potrebbe vietare tutto ciò che in qualche
misura urta la sensibilità delle persone. Per farlo potremmo creare una bella
commissione ministeriale di censura preventiva a cui tutti i vignettisti
potrebbero mandare i loro elaborati prima della pubblicazione. Forse sarebbe
non solo macchinoso, ma probabilmente insufficiente, perché la commissione
potrebbe non essere in grado di intercettare tutte, ma proprio tutte, le sensibilità.
E qualcosina un po’ sopra le righe finirebbe col suscitare comunque la piccata
reazione di qualcuno, riaccendendo polemiche e dibattiti.
Una seconda ipotesi potrebbe
essere quella di vietarla del tutto, la satira. In fondo una vignetta occupa
una superficie inferiore al 3 per cento del giornale. Ci si mette una bella
inserzione pubblicitaria e si risparmia sul vignettista.
Infine la terza via è quella di
ricordarsi il vero significato della “satira”, la cui forza comunicativa nasce
proprio dall’assenza di limiti, regole, filtri e binari su cui incanalarla. Può
essere volgare, irrispettosa, sciocca, banale, corrosiva. A volta fa ridere,
altre volte no. A volte fa riflettere, altre volte irride persone famose o
potenti. C’è chi la fa bene e chi no. I disegnatori che piacciono a me possono
non piacere ad un altro e viceversa. A volte è garbata, altre (spesso) è
offensiva. Però, vi prego, non me la togliete: ho già sofferto abbastanza
quando Cuore ha chiuso i battenti.
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31 agosto 2016
Né case né scuole di sabbia
“La colpa non è di Dio, ma di chi
costruisce case di sabbia”. Con queste parole il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, ha messo a tacere
l’irresponsabile e comodo appello al fatalismo di buona parte del ceto
politico. Diamo la colpa al destino crudele e pensiamo subito a come gestire la
ricostruzione, che significa soldi, appalti, commesse. Non c’è mai tempo per
riflettere. All’inizio è il momento del cordoglio. Nei giorni successivi
bisogna rimboccarsi le maniche. Poi bisogna tornare alla normalità. E quando
sei tornato alla normalità mica ti puoi mettere a pensare alla prevenzione…
fino alla prossima volta. Del resto, come ha sottolineato cinicamente Bruno
Vespa, i terremoti sono un ottimo volano dell’economia. Negli ultimi 48 anni abbiamo
speso qualcosa come 121 miliardi di euro in ricostruzione, spesso sprecati in appalti
sospetti e interventi di pessima qualità (Bertolaso docet), mentre per un serio
intervento di prevenzione e messa in sicurezza il costo complessivo sarebbe di
gran lunga più basso (circa 40 miliardi). A quanto pare i governi centrali
sembrano incorrere ogni volta nel medesimo errore e l’atteggiamento di Renzi
all’indomani della tragedia del 24 agosto ricorda la sicumera con cui
Berlusconi nel 2009 prometteva agli aquilani "Non vi lasceremo soli, la ricostruzione
sarà rapida". Talmente rapida che ancora adesso, dopo sette anni, il
centro storico del capoluogo abruzzese è un immenso cantiere. Ma gli
amministratori locali quanto si preoccupano di questo aspetto? Sì, perché il
loro ruolo è determinante per garantire che gli edifici, in particolare quelli
pubblici, siano sicuri. E il crollo della scuola di Amatrice, ristrutturata nel
2012, preoccupa non poco da questo punto di vista. Non è la prima volta che una
scuola crolla e ogni volta viene da pensare: E le nostre scuole? Saranno abbastanza
sicure?
Ricordo perfettamente che dopo il
terremoto dell’Aquila avevamo presentato un’interrogazione – a prima firma
Spezzano - per chiedere garanzie sulla sicurezza strutturale degli edifici
scolastici e che, visto che il sindaco non rispondeva, eravamo stati costretti
a trasformarla in una mozione con la quale chiedevamo cose molto semplici come
la ricognizione dello stato di salute degli edifici pubblici con particolare
attenzione per le strutture scolastiche. Inutile dire che la mozione venne
respinta dalla maggioranza e che sindaco e vicesindaco liquidarono la questione
citando la relazione di uno studio tecnico e sostenendo di fatto che Labico non
è un comune a rischio sismico. Nella mia replica dovetti spiegare che: 1) la
relazione dello studio tecnico era tutt’altro che rassicurante perché vi si
affermava che la scuola media non era in grado di resistere ad un’eventuale evento
sismico; 2) il nostro comune, nella classificazione sismica, è inserito nella
zona 2, ossia appena un gradino più in basso di quella dell’Aquila, ma non
certo esente da rischi (basti pensare che i comuni colpiti dal sisma dell’Emilia
Romagna sono di classe 3 e 4).
Sempre nello stesso periodo
presentammo diversi atti per esprimere perplessità su alcune anomalie nelle
procedure di affidamento degli appalti pubblici e anche in questo caso le
nostre istanze vennero bocciate. Ricordo che ancora adesso è in corso un
processo penale per le irregolarità riscontrate nell’appalto alla scuola media,
un processo nel quale gli unici ad essersi costituiti parte civile siamo stati
io e Maurizio Spezzano, nell’indifferenza di buona parte della politica
labicana. Eppure siamo tutti consapevoli
che dalla procedura di affidamento dei lavori per le opere pubbliche dipendono
due cose importanti: la prima è un costo congruo dell’intervento, che permette
di risparmiare soldi pubblici; la seconda è un intervento qualitativamente
adeguato, che permette di dare maggiore sicurezza a chi – come i bambini e i ragazzi – usufruirà della struttura. Io
non posso che rinnovare l’invito a chi amministra – e soprattutto a chi
amministrerà in futuro – ad assumersi la responsabilità di garantire quanto
prima la sicurezza sismica degli edifici scolastici. Sarebbe un atto dovuto nei
confronti delle future generazioni.
La scuola media di Labico (immagine street view di google) |
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15 luglio 2016
Noi e loro, ovvero lasciatemi fuori dai vostri recinti.
Nei commenti intrisi di razzismo
strisciante, di fiero disprezzo, di cupa ostilità che sto incontrando sempre
più frequentemente quando si ha che fare con episodi i cui protagonisti sono –
o meglio sembrano – “altro” rispetto a noi, per cultura, religione, colore
della pelle, mi imbatto nell’uso sempre più ostentato dei due pronomi personali
“noi” e “loro”. Come se si avvertisse l’esigenza di erigere subito una
barriera, un muro per separare noi, appunto, i buoni, i popoli civili, da loro,
gli altri, i cattivi, quelli che vogliono minare alla radice la nostra cultura
e la nostra civiltà. Una semplificazione banale e sostanzialmente sciocca che
non tiene conto della complessità del mondo in cui viviamo, ma che dà la misura
degli enormi pregiudizi di cui siamo vittime. Noi chi siamo? Loro chi sono? Noi
occidentali? E dove comincia e dove finisce l’occidente? Qualcuno è in grado di
disegnarne i confini in modo univoco? Noi bianchi? Ma quanto bianchi? Perché
forse non ci siamo accorti di quanto ci siamo imbastarditi negli ultimi due
secoli. Noi cattolici? O noi protestanti? O noi monoteisti, per poi magari scoprire
che anche l’Islam è monoteista. E poi ci sono occidentali neri. E europei
musulmani. Gli ebrei dove li vogliamo mettere? In fondo non più tardi di 70
anni fa qualcuno (bianco, cattolico ed europeo) ha pensato bene che andassero
sterminati. E gli zingari? Non sono forse europei, spesso cattolici e
sostanzialmente bianchi. Magari non troppo bianchi, ma neanche i calabresi sono
troppo bianchi. Vogliamo iscriverli alla categoria “loro”? E i figli di
immigrati del sud o dell’est del mondo da che parte della barricata li vogliamo
mettere: di qua o di là? Tipo, per fare un esempio, Steve Jobs, di origini
siriane l’avremmo messo di là? E El Shaarawy, l’attaccante della nazionale, di
origini egiziane? Vogliamo fare un’eccezione per quelli che hanno i soldi? Ci
rendiamo conto di quanto sia idiota questo grossolano tentativo di dividere il
mondo in categorie? I criminali, i ladri e i delinquenti non hanno una particolare
matrice genetica o religiosa e per quelli bisogna solo attrezzarsi con gli
ordinari strumenti della giustizia. Per ridurre l’escalation del terrorismo,
bisognerebbe, tanto per cominciare, smettere di praticarlo (il terrorismo),
perché quando ti metti a bombardare città e villaggi e a massacrare popolazioni
civili inermi, donne e bambini compresi, puoi anche chiamarla “esportazione di
democrazia”, ma potrebbe essere percepita come terrorismo (del resto chi la
subisce è, per l’appunto, terrorizzato) e chi la subisce potrebbe non prenderla
troppo bene (nel senso che magari, almeno un po’, si incazza). Poi ognuno il
terrorismo lo fa come può, qualcuno con gli F35, qualcun altro si arrangia alla
bell’e meglio. Bisognerebbe imparare a riconoscere l’orrore sempre e comunque. Nient’altro.
Chi pensa che esista un “noi” e un “loro” farebbe bene a mettere un asterisco
in apice che rimandi alla specificazione “tranne Tullio”: lasciatemi fuori dai vostri
recinti, grazie.
12 luglio 2016
Non ci resta che piangere
Anche io controreplico brevemente
alla risposta della maggioranza. Lo faccio dicendo che c’è proprio poco da
ridere. L’interiezione beffarda che fa da contrappunto ad ogni affermazione
sembra una vera e propria presa in giro della cittadinanza di Labico, non solo
amministrata in modo pessimo, ma anche grottescamente dileggiata. Premesso che
la tecnica delle repliche galliane consiste nell’ignorare alcune critiche,
presumibilmente quelle più insidiose, e di concentrarsi solo su quelle per le
quali riesce a trovare qualche appiglio dialettico da contrapporre (con modesta
efficacia, peraltro).
Per esempio torniamo alla
questione dell’addizionale IRPEF. L’espediente è quello di aggrapparsi a
qualcosa di oggettivamente inoppugnabile: la riduzione di un decimo di punto
percentuale, cosa che nessuno aveva negato. Peccato non si voglia tenere conto
che questi stessi amministratori avevano scelto la massima imposizione
possibile e solo in vista delle elezioni cercano di abbindolare il proprio
elettorato con quella che si può considerare una “mancetta”. Se facciamo un
calcolo a spanna basato sull’imponibile medio IRPEF (fonte Agenzia delle
Entrate) possiamo dire che la riduzione per ogni contribuente sarebbe di circa
5 euro. Non sembra esattamente una svolta epocale.
Sulla questione del “favor rei” si
conferma di fatto la mia lettura, ossia che l’amministrazione si è limitata a
fare quello che la legge impone. Non c’è alcuna discrezionalità, né – come sembra
voler far credere il tenore del manifesto istituzionale – un atto di
magnanimità del generoso sindaco Galli nei confronti della cittadinanza.
Sarebbe interessante sapere quando i consiglieri di opposizione avrebbero
votato contro il “favor rei”. Questa è una forzatura abbastanza ridicola. Non
si spiega nemmeno in quale circostanza e in merito a quale atto. Al posto dei
consiglieri di opposizione chiederei conto al Sindaco di un’affermazione lesiva
del loro ruolo.
Sull’articolo 243-bis del TUEL ho
fatto un’affermazione molto semplice quanto incontestabile e, in effetti,
indirettamente, nella replica mi viene riconosciuto. Peccato che poi, con un triplo
carpiato con doppio avvitamento della logica e del diritto si riesca a trasformare
questa mia affermazione in un’arma impropria per attaccare Benedetto Paris su
un argomento che io non ho proprio toccato e che non intendo affrontare nemmeno
adesso (mai parlato di tariffe idriche nel mio post). Per quanto riguarda la
deliberazione della sezione regionale della Corte dei Conti che viene citata
come se fosse l’Oracolo di Delfi, vorrei sommessamente fare notare alcune cose:
-
la Corte dei Conti è chiamata semplicemente ad
esprimere una valutazione di congruità del piano di riequilibrio e non
interviene sulle cause scellerate che hanno determinato la situazione che il
piano cerca di risolvere;
-
nelle premesse della deliberazione, la Corte dei
Conti ha evidenziato quanto sia stato difficile convincere il Comune a scrivere
qualcosa di decente e le numerose correzioni, integrazioni riformulazioni e
modifiche citate nell’atto la dicono lunga sull’approssimazione con cui è stato
fatto il piano di rientro;
-
la Corte dei Conti ha sottolineato che l’Amministrazione
ha introdotto modifiche al piano in “maniera poco ordinata e chiara” e che “la
versione definitiva del piano emerge da una serie di sovrapposte deliberazioni
consiliari di difficile lettura a sistema, per mancanza di coordinamento delle
relative disposizioni e dei report riportanti i dati del piano”; qualcuno meno
elegante dei giudici contabili avrebbe detto fatto con i piedi, ma i giudici - si sa - hanno un certo stile,
come dimostra la locuzione che si incontra poco dopo “ferma restando la
valutazione, rimessa ad altri soggetti, sulla regolarità degli atti e la
liceità dei comportamenti che hanno determinato la situazione di fatto rilevata
dal giudice”, ossia, sempre tradotto in un linguaggio più diretto, chissà che impicci ci stanno sotto, per
fortuna se la vede la magistratura penale;
-
ancora la Corte dei Conti ha evidenziato la
presenza di debiti fuori bilancio (circa 150mila euro) per i quali “il
competente Ufficio, pur in assenza di fatture, ha certificato la congruità dei
lavori e l’effettiva utilità e arricchimento per l’Ente”; ossia il Comune ha
speso un mucchio di soldi pubblici, quindi nostri, senza uno straccio di
fattura per fare non si sa bene cosa, ma è bastato che il Comune stesso dicesse
che erano soldi ben spesi per passarci sopra, della serie “famo a fidasse”;
-
sempre a proposito della Corte dei Conti, sono
costretto a ricordare ancora una volta che Labico vanta il ben poco onorevole
privilegio di essere finita nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario
2015 per la vicenda dei depuratori. La parte dedicata a Labico inizia con “la
polizia erariale segnalava molteplici profili di danno erariale ed ipotesi di
illecito penale”, per poi proseguire specificando le gravi violazioni di legge
perpetrate, sottolineando che “il direttore dell’impianto inviava al Comune di
Labico le relazioni sul buon funzionamento dell’impianto e sulla corretta
gestione del rapporto, che venivano sistematicamente avallate
dall’amministrazione comunale”, fino a stigmatizzare la “Situazione ancora più
incredibile se si pensi al fatto che detti comportamenti sono proseguiti anche
in costanza delle indagini penali, tanto ad indurre la Procura della Repubblica
a chiedere il sequestro degli impianti” e a concludere che “La situazione di
grave crisi nella gestione degli impianti e dei gravi inadempimenti […] era ben
nota all’amministrazione”. Non esattamente un encomio solenne.
In una situazione così disastrosa
c’è davvero poco da ridere. Ma trovo davvero inquietante che a ridere ci sia
chi, di questa situazione, ne ha la responsabilità politica e amministrativa.
Tullio Berlenghi
Per correttezza trascrivo integralmente l’articolo
della maggioranza:
Dopo il commento di Berlenghi sul manifesto del
Sindaco relativo alla programmazione e al bilancio 2016, non abbiamo saputo
resistere a una sia pur breve replica.
Nessun tono né tanto meno fine propagandistico: è un
dato di fatto che le
tasse sono state abbassate anche
se a qualcuno questo non va proprio giù… ah! ah! ah!;
l’applicazione del favor
rei, dice Berlenghi, è un principio di garanzia per i
cittadini: giusto…e allora perché la
minoranza “compatta” ha votato contro in consiglio comunale, senza peraltro
motivare? forse per fare un dispetto ai
due terzi di cittadini che dice di rappresentare con riferimento all’anno
2012?…… o perché non ha capito di cosa si stesse trattando? ah! ah! ah! Sull’acqua, il comune è riuscito a far pagare
meno rispetto a quanto previsto e consentito dal 243 bis del tuel…e ne e’orgoglioso, anche perché la corte dei conti ha approvato il piano
finanziario di riequilibrio nel quale sono riportati i tassi di copertura…… o forse c’è chi si crede più bravo e
ritiene di poter contestare la delibera di approvazione della corte o
addirittura di sostituirsi all’organo esterno di controllo!? ….ah! ah! ah!
Finalmente qualcuno ha capito come funziona la tassazione del servizio idrico
per i comuni sub 243 bis e in questo apprezziamo la non certo voluta collaborazione di Berlenghi;
pertanto, visto che a noi non ci ascolta, gli chiediamo di spiegarlo anche a
chi in questi giorni sta facendo opera di persuasione verso i cittadini
inducendo qualcuno a fargli presentare reclami raffazzonati sulle bollette
dell’acqua, che non stanno nè in cielo né in terra, completamente infondati sul
piano giuridico, che fanno perdere tempo ai contribuenti e agli uffici……..ma che volete, questo è il livello dell’opposizione” di
Labico………….
ah!
ah! ah!
Grazie
Tullio!
7 luglio 2016
Dove sono?
Dove sono quelli con le categorie pronte in tasca, sempre attenti quando i reati li compiono i neri, gli
extracomunitari, gli zingari, per poter affermare la facile tesi che “loro”
sono qualche gradino più in basso nella scala valoriale della civiltà?
Dove sono quelli che se un negro
dice una parolaccia non esitano a richiamarlo al rispetto delle regole
della civile convivenza (mi è capitato proprio ieri sull’autobus: "queste cose le vai a dire a casa tua, non qui")?
Dove sono quelli sul cui profilo
facebook quotidianamente vengono messi foto e filmati per evidenziare quanto
siano brutti, sporchi e cattivi (questa è una citazione, forse bisognerebbe
rivederlo quel film) “gli altri”?
Dove cazzo siete tutti quanti
adesso? Perché avrei bisogno da voi di una spiegazione per quello che è successo
ieri, quando alcuni esponenti della cosiddetta civiltà hanno prima deriso e
insultato una donna e poi massacrato di botte un uomo, la cui unica colpa era quella di avere la pelle nera.
Adesso, stranamente, tacete.
Magari domani o dopodomani riprenderete a mettere su facebook e sui social i
vostri post intrisi di livore e razzismo, contribuendo ad alimentare una perversa
spirale di odio e violenza nei confronti di altri esseri umani.
Ebbene, ovunque voi siate,
sappiate che, per me, la responsabilità dell’omicidio di ieri è anche vostra. E,
forse, un po’ anche mia, perché neanche il silenzio (per accidia o viltà) è
immune da colpe.
6 luglio 2016
Chiacchiere e distintivo

- L’addizionale IRPEF passa da 0,8 a 0,7 per cento un anno prima delle elezioni. Questo significa che per i quattro anni precedenti abbiamo pagato il massimo previsto dalla legge e adesso scenderemo di un misero decimale. Grazie, eh.
- Riduzione della TARI. Al momento sembra una chiacchiera, più che un fatto. Non ho trovato l’atto con cui è stata deliberata questa riduzione. Per il momento posso solo notare che lo stato di pulizia del paese lascia a desiderare. Attendo fiducioso.
- Vedi punto 2.
- Il principio del favor rei è un principio giuridico di carattere generale (nasce col diritto penale), che risponde all’esigenza di non penalizzare ingiustamente il cittadino. Non è una concessione fatta dal Sindaco Galli nella sua magnanimità, ma un principio di garanzia a tutela del contribuente.
- Valgono le considerazioni del punto 5.
- In effetti è prevista una piccola riduzione del costo dei buoni pasto (che era aumentato notevolmente negli anni scorsi), ma solo per i redditi più bassi.
- Le colonie estive si facevano anche trent’anni fa. Quello che è grave che non si siano fatte negli ultimi anni.
- Qui ci vuole il bronzeo volto del nostro primo cittadino, il quale, avendo la responsabilità politica dello sperpero di svariati milioni di euro di soldi pubblici (ossia nostri) si attribuisce il merito di farci sprecare “appena” due milioni di euro. Grazie, eh (2).
- Arriveranno, forse, sei milioni di euro di soldi pubblici (ossia nostri) e, forse, verranno spesi per realizzare opere pubbliche. Vorrei vedere! Comunque grazie, eh (3).
- Si ripristina la situazione della precedente convenzione, sul cui merito mi astengo, quindi niente di particolarmente nuovo.
- L’articolo 243-bis del Testo Unico disciplina il cosiddetto “predissesto” (ossia lo stato fallimentare dei conti in cui si trova il comune e sappiamo bene per colpa di chi) ed impone alcuni vincoli, tra cui quello di “assicurare, con i proventi della relativa tariffa, la copertura integrale dei costi della gestione”. Sarebbe un obbligo, non un indirizzo e il Sindaco si vanta di non rispettare la procedura a cui ha fatto ricorso per evitare il commissariamento. Tra l’altro i soldi con cui si arriva al 100 per cento del costo del servizio sono sempre pubblici, quindi nostri. Mi sfugge il motivo di tanta soddisfazione.
- Ah, quindi adesso funziona tutto alla perfezione. Grazie, eh (4).
Per chi non li aveva letti,
ecco i fatti (e non chiacchiere) pubblicati dall’amministrazione comunale:
1. ABBASSAMENTO DI UN PUNTO DELL’ADDIZIONALE IRPEF - DA 0,8 A 0,7
2. RIDUZIONE GENERALE DELLA TARI E ABBATTIMENTO DEL 10% DELLA QUOTA VARIABILE PER I NUCLEI CHE HANNO PERSONE A CUI È STATO RICONOSCIUTO LO STATO DI HANDICAP GRAVE
3. ULTERIORE RIDUZIONE TARI PER CHI FA IL COMPOSTAGGIO DOMESTICO – DAL 10% DELLO SCORSO ANNO AL 20% DI QUEST’ANNO
4. APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL “FAVOR REI” IN MERITO ALLE SANZIONI, CON LA RIDUZIONE A UN SESTO DELLE STESSE
5. APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL RAVVEDIMENTO OPEROSO PERPETUO PER I CONTRIBUENTI CHE SI RENDONO CONTO DI NON AVERE IN BUONA FEDE PAGATO QUALCHE IMPOSTA O TASSA, CON LE CONSEGUENTI AGEVOLAZIONI
6. RIDUZIONE DELLE TARIFFE PER LA MENSA SCOLASTICA CON RIGUARDO ALLE FASCE DI REDDITO PIU’ BASSE
7. ORGANIZAZIONE DA QUEST’ANNO DELLE COLONIE ESTIVE A FAVORE DEI BAMBINI E RAGAZZI DA 9 A 15 ANNI
8. ABBATTIMENTO DEL DEBITO DEL DEPURATORE (DA 5 MILIONI DI EURO A POCO PIU’ DI DUE MILIONI, (VISTE LE ADESIONI DI ALCUNI CREDITOIRI CHE STANNO ARRIVANDO IN QUESTI GIORNI)
9. INVESTIMENTI PER LAVORI PUBBLICI PARI A CIRCA 6 MILIONI DI EURO
10. AUMENTO DEI CONTRIBUTI DEL COMUNE PER L’ASILIO NIDO CHE QUEST’ANNO GARANTISCONO LA PARTECIPAZIONE DI DIECI BAMBINI CONTRO I 5 DELLO SCORSO ANNO
11. MANTENIMENTO DELLE TARIFFE IDRICHE AL DI SOTTO DEL MASSIMO CONSENTITO DALL’ART. 243 BIS DEL TUEL ( LA TARIFFA A CARICO DEI CITTADINI NON COPRE, COME DOVREBBE, IL 100% DEI COSTI DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO E QUESTO GRAZIE ALLA SPENDING REVIEW FATTA DAL COMUNE SU ALTRE VOCI DI SPESA CORRENTE, AL RECUPERO TRIBUTI E AL PIANO DI RIEQUILIBRIO APPROVATO DALLA CORTE DEI CONTI
12. RIORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI, AVVALENDOSI DELL’AZIENDA SPECIALE PER GARANTIRE SERVIZI ESSENZIALI, SOPRATTUTTO SUL TERRITORIO ( CIMITERO, VERDE PUBBLICO, MANUTENZIONE PATRIMONIO E PIU’ IN GENERALE TUTELA DELL’AMBIENTE)
ABBIAMO GIÀ DIMOSTRATO COME QUESTA AMMINISTRAZIONE DIA SEMPRE PIÙ IMPORTANZA AI FATTI CHE ALLE PAROLE. ALTRI, AL CONTRARIO, FANNO GIRARE IN RETE E STAMPANO CHIACCHIERE PER PRESENTARE AI CITTADINI UN'IMMAGINE DISTORTA DELLA REALTÀ.
1. ABBASSAMENTO DI UN PUNTO DELL’ADDIZIONALE IRPEF - DA 0,8 A 0,7
2. RIDUZIONE GENERALE DELLA TARI E ABBATTIMENTO DEL 10% DELLA QUOTA VARIABILE PER I NUCLEI CHE HANNO PERSONE A CUI È STATO RICONOSCIUTO LO STATO DI HANDICAP GRAVE
3. ULTERIORE RIDUZIONE TARI PER CHI FA IL COMPOSTAGGIO DOMESTICO – DAL 10% DELLO SCORSO ANNO AL 20% DI QUEST’ANNO
4. APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL “FAVOR REI” IN MERITO ALLE SANZIONI, CON LA RIDUZIONE A UN SESTO DELLE STESSE
5. APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL RAVVEDIMENTO OPEROSO PERPETUO PER I CONTRIBUENTI CHE SI RENDONO CONTO DI NON AVERE IN BUONA FEDE PAGATO QUALCHE IMPOSTA O TASSA, CON LE CONSEGUENTI AGEVOLAZIONI
6. RIDUZIONE DELLE TARIFFE PER LA MENSA SCOLASTICA CON RIGUARDO ALLE FASCE DI REDDITO PIU’ BASSE
7. ORGANIZAZIONE DA QUEST’ANNO DELLE COLONIE ESTIVE A FAVORE DEI BAMBINI E RAGAZZI DA 9 A 15 ANNI
8. ABBATTIMENTO DEL DEBITO DEL DEPURATORE (DA 5 MILIONI DI EURO A POCO PIU’ DI DUE MILIONI, (VISTE LE ADESIONI DI ALCUNI CREDITOIRI CHE STANNO ARRIVANDO IN QUESTI GIORNI)
9. INVESTIMENTI PER LAVORI PUBBLICI PARI A CIRCA 6 MILIONI DI EURO
10. AUMENTO DEI CONTRIBUTI DEL COMUNE PER L’ASILIO NIDO CHE QUEST’ANNO GARANTISCONO LA PARTECIPAZIONE DI DIECI BAMBINI CONTRO I 5 DELLO SCORSO ANNO
11. MANTENIMENTO DELLE TARIFFE IDRICHE AL DI SOTTO DEL MASSIMO CONSENTITO DALL’ART. 243 BIS DEL TUEL ( LA TARIFFA A CARICO DEI CITTADINI NON COPRE, COME DOVREBBE, IL 100% DEI COSTI DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO E QUESTO GRAZIE ALLA SPENDING REVIEW FATTA DAL COMUNE SU ALTRE VOCI DI SPESA CORRENTE, AL RECUPERO TRIBUTI E AL PIANO DI RIEQUILIBRIO APPROVATO DALLA CORTE DEI CONTI
12. RIORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI, AVVALENDOSI DELL’AZIENDA SPECIALE PER GARANTIRE SERVIZI ESSENZIALI, SOPRATTUTTO SUL TERRITORIO ( CIMITERO, VERDE PUBBLICO, MANUTENZIONE PATRIMONIO E PIU’ IN GENERALE TUTELA DELL’AMBIENTE)
ABBIAMO GIÀ DIMOSTRATO COME QUESTA AMMINISTRAZIONE DIA SEMPRE PIÙ IMPORTANZA AI FATTI CHE ALLE PAROLE. ALTRI, AL CONTRARIO, FANNO GIRARE IN RETE E STAMPANO CHIACCHIERE PER PRESENTARE AI CITTADINI UN'IMMAGINE DISTORTA DELLA REALTÀ.
8 giugno 2016
Ma dove vai, bellezza in bicicletta?
“Ma guarda ‘sta deficiente!”. Roma,
7 giugno 2016, ore 18 e 50, via Cernaia, il traffico è reso più caotico del
solito da una pioggia piuttosto intensa. In effetti l’avevo già notata, la "deficiente": era appena ripartita dopo l’incrocio e la guardavo un po’
preoccupato perché i motorini la superavano a destra e a sinistra rischiando di
farle perdere l’equilibrio. Arrivata in prossimità della fermata dell’autobus
commette l'imperdonabile errore per il quale l’autista dell’autobus dove mi trovo
io pensa bene di riempirla di insulti. L’autobus che ci precede è fermo e lei
all'inizio si sposta a sinistra con l’intenzione di superarlo ma, nel momento
in cui si rende conto che l’autobus sta ripartendo e non farebbe in tempo a
sorpassarlo, decide di attendere per poi rimettersi a destra. L’energumeno che
guida il mio autobus non gliela perdona e, insieme agli insulti, compie una
manovra tanto pericolosa quanto inutile, infilandosi in velocità tra lei e il
marciapiede in uno spazio di appena pochi centimetri più largo per poi frenare
bruscamente alla fermata e aprire le porte.
Nei pochi chilometri di tragitto
da largo Chigi a qui avevamo incontrato, nell'ordine, diverse automobili che
percorrevano allegramente la corsia preferenziale, un’automobile privata che
aveva pensato bene di parcheggiare (con le quattro frecce lampeggianti, però)
alla fermata di via del Tritone per far scendere una signora esattamente di
fronte al negozio scelto per lo shopping, un non meglio quantificato numero di
automobili, furgoni, scooter parcheggiati in doppia e tripla fila su via
Barberini, per oltrepassare i quali sono stati necessari dieci minuti di
attesa, un autobus turistico fermo, sempre in doppia fila, in via Vittorio
Emanuele Orlando per caricare un gruppo di visitatori della città eterna e
relativi bagagli (e noi sempre lì in rassegnata attesa). Fino a quel momento il
Charles Bronson dell’ATAC non aveva dato alcun segno di disappunto per il consistente
numero di violazioni del codice della strada che, oggettivamente, avevano contribuito
ad aumentare il tempo di percorrenza della vettura n. 7698 della linea 492. Solo
alla vista della ciclista si è materializzata in lui l’incontenibile esigenza del
rigoroso rispetto della sua personale interpretazione delle norme che regolano
la circolazione stradale. Un’interpretazione in base alla quale, suppongo, che
essere donna e alla guida di una bicicletta siano due colpe di estrema gravità.
In effetti neanche io saprei dire cosa sia peggio.
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2 giugno 2016
Sensi di colpa
Cosa
si prova di fronte all’orrore
di una ragazza barbaramente uccisa da chi probabilmente sosteneva di amarla o,
quantomeno, di averla amata? Rabbia? Indignazione? Frustrazione? Impotenza?
Angoscia?
Sì,
è più o meno questa la gamma di sensazioni che ci pervadono quando arriva una
notizia così. A me, inevitabilmente, si aggiunge qualcos’altro: il senso di colpa. In qualche
misura mi sento responsabile anche io. E’ insensato? Solo apparentemente.
Ricordo
perfettamente il mio stato d’animo
dopo aver visto film come Schindler's List o Balla coi lupi. Al netto dello
strazio emotivo di quelle pellicole, io avvertivo una incomprimibile sensazione
di corresponsabilità «sineddochica».
Come italiano per il fattivo contributo del mio paese alla persecuzione e allo
sterminio degli ebrei, come europeo/occidentale per il massacro e genocidio
delle popolazioni indigene americane, come essere umano per il cruento
saccheggio degli ecosistemi e della biodiversità.
Poi
leggo di Sara, una ragazza di 22 anni, strangolata, cosparsa di alcol (o
benzina) dall’ex fidanzato e
bruciata solo perché voleva decidere da sola della sua vita. Il senso di colpa
per l’occasione è come
appartenente al genere maschile, mediamente incapace di distinguere tra amore e
smania di possesso. Finché continueremo a pensare che il problema sia dei
singoli, degli individui, di quelle miserabili teste di cazzo che non
sopportano l’idea che la
“propria” donna in realtà sia
semplicemente una persona, sulla quale non possono rivendicare alcun diritto di
proprietà, saremo ben lontani
dal trovare una soluzione. Il problema non è di alcuni maschi. Il problema è
nella cultura maschile, una cultura ancora adesso intrisa di violenza e
sopraffazione. La stessa cultura che porta altri miserabili a pronunciare frasi
del tipo “difendiamo le nostre donne”, come se con noi, maschi italiani,
fossero al sicuro. Eppure in Italia le donne uccise dalla violenza di genere (per
tacere di quelle vittime di violenza psicologica, molestia, stupro) - una ogni
due giorni - sono, per la stragrande maggioranza dei casi, vittime dei propri
mariti, compagni, amanti, padri. Normalmente italianissimi e spesso persone
socialmente e professionalmente affermate. No, il problema continuiamo ad
essere noi maschi e la nostra vulnerabilità. Sembra un paradosso, ma è proprio la nostra debolezza - non
fisica, per carità, ché ci sentiamo
tanto virili (da vir, uomo, etimologicamente vicino a vis, forza) - a
renderci così pericolosi. Noi maschi dobbiamo esserne consapevoli, dobbiamo
sentirci in colpa per ogni Sara, dobbiamo iniziare a chiedere scusa e,
soprattutto, dobbiamo essere parte attiva in un cambiamento culturale che ci
porterà a non dover più chiedere scusa a Sara e alle altre donne vittime della “nostra” violenza.
19 febbraio 2016
Qualche appunto in replica all'autocelebrazione Galliana
La corposa replica di “Rinnovare per Labico”, almeno per l’attenzione
riservata alla mia proposta, merita senz’altro una risposta. Per renderla più
chiara proverò ad avventurarmi in una lettura esegetica del testo.
Buona
lettura!
Concludo dicendo che la vera
anomalia è questa incomprensibile resistenza al confronto democratico, che la
dice lunga sulla pochezza e sulla senescenza
culturale di questa amministrazione,
ancora convinta che il Comune possa essere governato con i principi del
feudalesimo. Eppure basterebbe che Galli si girasse intorno per accorgersi che
il mondo è cambiato. Basterebbe che Galli guardasse pochi chilometri più in là –
a Colleferro - dove un sindaco molto più giovane e illuminato di lui, a fronte
di una richiesta di convocazione da parte dell’opposizione, non si è trincerato
grottescamente dietro inesistenti cavilli burocratici. Pierluigi Sanna, sindaco di Colleferro, ha semplicemente preso atto dell’esigenza del confronto ed è bastata una semplice richiesta dell'opposizione, perché si convocasse il
consiglio comunale, che è stato riunito in un orario in cui i cittadini potessero
essere presenti e partecipare. Non dobbiamo stupirci e non c’è nulla di
straordinario. Si tratta dell’applicazione di un valore molto importante. Si
chiama democrazia.
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