“Suggestive accuse”. Questo il
lapidario giudizio sulla nostra articolata relazione di 12 pagine relativa alla
vicenda “depuratori”, espresso in una lettera inviata a noi e al sindaco di
Labico dalla “SIL SCARL” (e sul mittente torniamo dopo) . Suggestive, sì.
Indubbiamente suggestive. Probabilmente noi, Maurizio e Tullio, ci siamo
lasciati suggestionare. Magari da un sistema fognario che da anni fa acqua da
tutte le parti (acqua è una metafora, in realtà fa ben altro). O forse dal
fatto che il depuratore evidentemente non ha mai funzionato come si deve. O
magari ci siamo lasciati condizionare dal semplice fatto che la magistratura ha
disposto il sequestro dei due depuratori e chiesto il rinvio a giudizio di
cinque persone. E probabilmente ci lasceremo impressionare ancora un po’ quando
arriveranno le salatissime bollette che si renderanno necessarie per sanare i
debiti derivanti da questa situazione, o forse quando scopriremo che i beni
immobiliari del comune (e quindi nostri) saranno ceduti ai privati, sempre per
far quadrare i conti. Sì, allora, sì. Siamo stati annebbiati da questo clima di
suggestione.
Ma, proviamo ad andare con ordine
e cerchiamo di interpretare il senso della missiva che abbiamo ricevuto.
Sorvoleremo sull’uso molto piuttosto spigliato della lingua italiana e
cercheremo di soffermarci sul “senso” (un parolone, in questo caso) delle
affermazioni contenute. In primo luogo la ditta SIL SCARL afferma che loro
scaricano in un fosso e non sul suolo. Sembra una buona notizia, però non tiene
conto di due aspetti. Il primo è che non è affatto in discussione che
Centogocce sia una fosso. Il problema è capire se sia un corpo idrico oppure no
e la definizione di corpo idrico non è una questione geografica, ma normativa.
E la legislazione vigente (d.lgs. n. 152 del 2006) stabilisce che un corpo
idrico per essere definito tale deve avere una portata significativa per almeno
120 giorni all’anno, altrimenti viene classificato come suolo. Non lo diciamo
noi e neppure il magistrato. Lo dice una legge dello Stato. Il secondo aspetto
è contenuto nella stessa lettera che abbiamo ricevuto (nello stesso capoverso
in cui si afferma proditoriamente che Centogocce è un fosso) e nella quale si asserisce
che Centogocce “è asciutto per più di 120 giorni all’anno”, ammettendo
implicitamente (se si conoscono le leggi) che non può quindi essere considerato
corpo idrico, ma suolo e, di conseguenza, i valori tabellari degli scarichi
diventano altri. Una robusta zappata sui piedi.
Il secondo aspetto nega che vi
sia stato uno smaltimento illecito dei fanghi. Un’altra possibile buona
notizia. Però non va spiegato solamente a noi, ma alla magistratura, perché è
nell’ambito del procedimento penale sui diversi reati ipotizzati (scarico
illecito di liquami, gestione illecita di rifiuti, frode) che è stata messa in
dubbio la correttezza del comportamento nel trattamento dei fanghi. Noi abbiamo
solo riportato i fatti per informare l’opinione pubblica e abbiamo cercato di
ricostruire – carte alla mano – l’intera, complessa, vicenda.
Il terzo aspetto riguarda
l’accusa di “frode” nei confronti dell’amministratore e del direttore della SIL
SCARL, che nella lettera si respinge con forza, sostenendo che tutto veniva
effettuato con regolarità. I dubbi, anche in questo caso, sono venuti al Corpo Forestale
dello Stato prima, ai tecnici dell’ARPA poi e, infine, al pubblico ministero
che ha condotto le indagini. Una manica di buontemponi che, non avendo niente
di meglio da fare, ha prodotto una corposa documentazione sui presunti illeciti
commessi nella gestione delle acque reflue e dei fanghi di depurazione. Se le
cose non stanno così la ditta SIL SCARL farà bene a dimostrarlo, non tanto a
noi, che ci siamo limitati a riportare quello che stava succedendo, quanto ai
diretti interessati, i quali – ne siamo certi – saranno interessatissimi alle
loro spiegazioni, ma temiamo che non si accontenteranno di frasi del tipo “io
non c’ero e se c’ero dormivo”.
La lettera chiude con
l’immancabile formula intimidatoria nei confronti di chi osa sfidare il potere:
la minaccia di richiesta di risarcimento in sede civile. E’ ovvio che le forze
in campo sono piuttosto sbilanciate, da una parte c’è chi fa profitto e
dall’altra c’è qualcuno che, in maniera del tutto gratuita e volontaria, si
dedica alla collettività. Il messaggio, nemmeno troppo velato, è che è meglio
farsi gli affari propri. Il paradosso è che la ditta SIL SCARL si sente parte
lesa e non esclude che possa chiedere a noi (Berlenghi e Spezzano) i danni.
Danni per cosa? “Danni da reato”. Sembra una barzelletta: Di tutti i gravissimi
reati ipotizzati dalla magistratura si sono perse le tracce. Ad un certo punto
ciò che sembra essere imperdonabile è solo il fatto di averne fatto pubblica
menzione. Uno spettacolare capovolgimento della logica e del buonsenso. Ah! Dimenticavamo.
La lettera è firmata con uno scarabocchio sotto l’acronimo SIL SCARL. Anche qui
è questione di stile. C’è chi mette la propria faccia nelle battaglie per la
trasparenza e la legalità e c’è chi la propria faccia preferisce nasconderla
dietro una sigla. E forse è una vera buona notizia: in fondo, ma proprio in
fondo, un po’ di imbarazzo per aver scritto quella lettera devono averlo
provato.
Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano
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