E’
insopportabile questa corsa a smarcarsi da tutto e da tutti. A sentire le
dichiarazioni di autorevoli esponenti politici c’è da rimanere sconcertati.
Fanno un po’ tutti finta di non conoscersi. Parlano male gli uni degli altri.
Le accuse e le invettive volano. I più furbi stanno zitti, sperando che nessuno
li noti (e li butti nel calderone). E
nel frattempo si apre una ridicola gara a chi è (o almeno si sente) più puro
degli altri. Ascoltare la Polverini in versione “grillina” a lanciare anatemi
contro la malapolitica del “suo” consiglio regionale lascia esterrefatti. Per
non parlare di Berlusconi che tuona contro gli usi impropri della poltica. O
della Santanché che dà del maiale a Fiorito. No, dico, ci sarà un limite al
ridicolo. Che si debba riformare la politica è chiaro ed evidente, ma che a
farlo siano più o meno le stesse persone che hanno determinato quel sistema o,
per convenienza, a quel sistema si sono facilmente adattate non è credibile. Ma
il problema non si risolve certo sostituendo le prime file dei partiti – come
Alfano sta proponendo – con un personale politico non diverso culturalmente, ma
semplicemente iscritto alle liste di attesa del potere: le seconde file, i
quadri, i portaborse, ossia gli stessi pronti a ricevere una dirigenza, una presidenza,
un posto in qualche consiglio direttivo. Dove sarebbe il cambiamento? In realtà
sarebbe come dare una mano di vernice fresca ad una parete ammuffita; nell’arco
di breve tempo la muffa prenderebbe il sopravvento. Certo, gli impresentabili –
e non sono pochi – è meglio che se ne stiano a casa, ma bisognerebbe avere il
coraggio di cambiare molte cose. E non ci si può riuscire – realisticamente –
in pochi mesi. Però sarebbe utile dare dei primi segnali. A cominciare
dall’introduzione di incompatibilità vere tra ruoli. Cosa che non si è mai
voluta fare concretamente, perché la forza della casta dipende molto dalla
capacità di accaparrarsi incarichi di vario tipo. Consiglieri regionali o
deputati non dovrebbero poter fare i sindaci o gli assessori comunali. Invece,
con la scusa di riformare la politica in nome del taglio dei costi, alcuni
doppi incarichi si “impongono” con legge. E’ il caso della provincia, i cui
consiglieri potranno essere eletti solo tra i consiglieri comunali. Io diffido
di quelli che sono contro il sistema solo perché sono fuori dal sistema. Non ho
nessuna garanzia che, una volta dentro, si comporteranno meglio. Lo dimostrano
i leghisti che esibivano il cappio contro la corruzione e che hanno sperperato
in modo ignobile i soldi del partito (in modo forse lecito, ma comunque
vergognoso). Lo dimostra Fiorito che ha dichiarato di essere stato uno di
quelli che lanciavano le monetine a Craxi. Fiorito, all’epoca, era dunque un
“moralizzatore” della politica. Per non parlare del direttore delle poste
“pusher” che, poco prima di essere arrestato, twittava veleno contro la casta e
la corruzione. Non
lasciamoci abbindolare da chi urla di più la propria indignazione, come sta
facendo, ancora adesso, proprio Renata Polverini, che continua ad accusare
tutto e tutti, come se non fosse stata al vertice di un sistema marcio, del
quale – nella migliore delle ipotesi – non è stata capace di accorgersi. In
nessuno dei due casi, connivenza o inconsapevolezza, può essere giustificata.
Nel primo per ovvie ragioni e nel secondo perché denota inattitudine a svolgere
un ruolo così importante.
Allora bisogna
provare a ricominciare, ma proponendo un mutamento concreto, mentre la
sensazione è che partiti e raggruppamenti stiano ragionando con i soliti, triti
e consunti, schemi della politica: candidature, alleanze, accordi, assessorati,
controllo del potere. Se queste sono le premesse non cambierà molto e chi ha
bisogno dei “favori” della politica dovrà solo cambiare referente. Voglio
sperare che chi si candiderà alle prossime elezioni sia portatore di una
proposta differente, basata ovviamente sui contenuti – e io auspico politiche
di tutela del territorio, di lotta alle diseguaglianze sociali, di interventi
decisi sulla mobilità sostenibile, di revisione del modello di sviluppo, ecc. –
ma, in primo luogo, su meccanismi che consentano di ridurre le barriere tra il
palazzo e i cittadini. E la prima operazione deve essere quella della
trasparenza. Una trasparenza vera, con la pubblicazione di tutti gli atti e la
rendicontazione analitica di tutte le voci di spesa. Per tutti gli organi e gli
enti istituzionali. Poi serve un’anagrafe degli eletti (i primi a proporla, e
ad attuarla, sono stati i Radicali), che dovranno rendere conto del loro
operato ai cittadini e informali su ogni possibile conflitto di interessi che
li riguardi. Saranno in molti a non volerlo fare. E qualche furbo lo
prometterà, ma poi si dimenticherà l’impegno assunto. Bisognerebbe che, a
ricordarlo, ci siano i cittadini, che dovranno essere un po’ più vigili e
dinamici che in passato. Meglio esercitare un controllo costante durante il
mandato che lasciarsi andare a meste quanto inutili lamentele postume.
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