Quello dei rifiuti è
indubbiamente un tema centrale per le amministrazioni locali. La sempre
crescente produzione dei rifiuti unita alla mancanza di una strategia
complessiva che punti sia alla loro riduzione, sia ad una efficace raccolta
differenziata, affida ai pubblici amministratori una responsabilità enorme, in
base alla quale si possono misurare le loro capacità, la loro preparazione ed
il loro impegno. Non è un caso se ci sono realtà dove si registrano grandi
progressi, con percentuali di raccolta differenziata che superano
abbondantemente l’80 per cento ed altre dove non si raggiunge il 10 per cento.
Non credo che gli abitanti delle città più virtuose siano generalmente più
virtuosi: probabilmente hanno degli amministratori più sensibili e motivati,
che sono stati in grado di avviare un nuovo percorso culturale.
L’argomento è molto sentito e
spesso ci sono cittadini e associazioni che provano a incoraggiare
l’amministrazione a muoversi nella giusta direzione. A Labico, ad esempio, l’ha
fatto l’opposizione consiliare e, in effetti, nel 2008, è partita una raccolta
differenziata porta a porta. Ma, a distanza di ben cinque anni, poco si sa sui
risultati raggiunti. Un’associazione culturale – Labicocca – ha promosso un
convegno per sensibilizzare la popolazione, insistendo sull’importanza dei dati
della produzione dei rifiuti e della raccolta differenziata, che ha chiesto
inutilmente all’amministrazione. Lo stesso si può dire per il consigliere di
minoranza Maurizio
Spezzano , che in più occasioni ha chiesto i dati (a partire
dal 2008), senza ottenere risposta. Non
contento ha provato a chiedere i dati a Lazio Ambiente, la società per azioni
interamente posseduta dalla Regione Lazio che gestisce la raccolta dei rifiuti
in alcuni comuni del Lazio (tra cui Labico). La risposta è stata un diniego,
anche molto sbrigativo. Spezzano ha mandato una nuova lettera, facendo
riferimento, tra l’altro, alla convenzione di Aarhus e la risposta è stata
nuovamente liquidatoria, condita stavolta da una velata minaccia di procedere
alle vie legali, per un presunto testo diffamatorio nel blog dello stesso
Spezzano.
Cerco di ricostruire la questione. Intanto
stiamo parlando di un tema di assoluta rilevanza per la collettività, la cui
gestione può determinare importanti conseguenze per l’ambiente, la salute dei
cittadini e anche per le loro tasche, visto che sono i cittadini a pagare il
conto. Al di là delle norme, questi sono dati che basterebbe l’uso del
buonsenso a rendere pubblici e facilmente visionabili. Le norme, però, ci sono.
Dalla normativa sulla trasparenza nella pubblica amministrazione, al testo
unico ambientale – il cui articolo 189 impone al Sindaco di comunicare i dati
sulla raccolta dei rifiuti -, alle leggi regionali, alle direttive e
convenzioni internazionali. A volte, probabilmente, non sono sufficientemente
chiare e, con un po’ di malizia, ci si può aggrappare a qualche cavillo
interpretativo per “non fare” ciò che dovrebbe essere pacifico solo guardando
la ratio della norma, ossia l’obiettivo che essa vuole perseguire. La maggiore
responsabilità per la mancanza di trasparenza ce l’ha, in tutta evidenza, il
sindaco, ma l’atteggiamento di Vincenzo Conte, amministratore unico di Lazio
Ambiente, appare decisamente irritante.
Vincenzo Conte è un politico
locale del PDL, nominato in extremis al vertice dell’azienda di proprietà della
regione da una Polverini ormai al tramonto, sommersa dalla vergogna della
vicenda Fiorito. Al momento della scelta il PD parlò di “nomina illegittima” e
di una “vera assurdità”, nonché “dannosa per l’erario”. Infatti – a quanto
risulta – Conte percepisce la bellezza di 130mila euro all’anno (l’emolumento,
sempre alla faccia della trasparenza, non è visibile sul sito di Lazio
Ambiente) per guidare la
società. Insomma , con
queste premesse, Conte avrebbe fatto bene ad avere un atteggiamento più
rispettoso dei cittadini e delle istituzioni, invece si arrocca su inspiegabili
sottigliezze semantico-giuridiche pur di non rendere noti dati di rilevante
interesse pubblico. Pubblico come la società che lui dirige, pubblico come il
lauto emolumento che percepisce, pubblico come il compito che gli è stato
affidato. Tra l’altro, per tornare alla norma che il suo zelante direttore cita
per nascondere i dati alla cittadinanza, la risposta di diniego, in riferimento
al decreto legislativo n.
195 del 2005 (in materia di accesso del pubblico all’informazione ambientale),
si limita a richiamare il contenuto del punto n. 1 della lettera a) del comma
1, dell’articolo 2, nel quale non sono citati i rifiuti. Peccato che non abbia
avuto la pazienza, e forse l’umiltà, di proseguire nella lettura della norma.
In tal caso avrebbe potuto leggere anche il punto n. 2 della lettera a) del
comma 1, nel quale, non solo si fa un generico riferimento ai “fattori che
incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente”, ma anche l’esplicita
indicazione dei rifiuti come fattore di interazione ambientale. Con un altro
po’ di pazienza (e altrettanta umiltà) avrebbe avuto modo di leggere anche il
punto successivo, che individua qualunque atto – e specifica “anche di natura
amministrativa” – che possa incidere sia sugli elementi (punto 1), sia sui
fattori (punto 2). Il combinato disposto di queste e altre norme sembra davvero
facile da comprendere e l’intenzione del legislatore appare sufficientemente
manifesta. Un’altra lettura utile potrebbe essere il recente documento dal
titolo “Politica per la salute, la sicurezza e l’ambiente”, pubblicato proprio
da Lazio Ambiente un paio di mesi fa, nel quale, tra gli impegni che la società
assume solennemente, c’è anche quello di “Promuovere il dialogo e il confronto
con tutti i portatori di interesse (lavoratori e loro rappresentanti, organi di
controllo, autorità pubbliche, cittadini, associazioni. ecc.) attivando
adeguati strumenti di partecipazione e tenendo conto delle loro istanze.
Comunicare in modo trasparente le prestazioni delle attività aziendali”. E chi
ha firmato questo bel documento? Proprio lui, l’amministratore unico della
società, il dott. Vincenzo Conte.
Dunque, la reazione scomposta di
Conte sembra davvero irragionevole, così come appare sgradevole il ricorso alla
classica minaccia di querela – tipica dei potenti - con il chiaro obiettivo di
cercare di intimidire chi cerca di occuparsi della tutela dell’ambiente e della
salute dei cittadini. Sarei curioso anche di conoscere cosa ne pensa chi – come
il consigliere regionale Agostini del PD – aveva aspramente criticato la nomina
di Conte durante la campagna elettorale. Di fronte a questo atteggiamento così
supponente dell’amministratore delegato di Lazio Ambiente, mi aspetterei, da
parte di chi governa la Regione, una chiara presa di posizione per schierarsi
senza se e senza ma dalla parte dei cittadini. A meno che, anche in regione,
non siano troppo preoccupati per la tenuta delle larghe intese per occuparsi
dei diritti della collettività.
Bene, questo Vincenzo Conte ha risposto con un diniego alla legittima domanda di un consigliere comunale, quindi immagino che sia inutile ripercorrere la stessa strada. Perché non riproponiamo la domanda da parte di un gruppo di cittadini, meglio se nutrito, e magari corredato da una denuncia di inadempienza verso i suoi doveri d'ufficio? Che ne dite minaccerà anche ogni singolo cittadino firmatario ?
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