3 novembre 2013

Grazie, basta così.

Nei giorni scorsi Labico è stata tappezzata con i manifesti della lista “Rinnovare per Labico”, in cui si dà notizia di una sentenza di assoluzione (in primo grado) per la questione dei pasti pagati dalla collettività e forniti gratuitamente ad un’azienda privata per decisione del sindaco Galli. Non è certo l’unica e neppure la più grave delle tante penose vicende che caratterizzano l’azione politica dei nostri amministratori. Per evitare che l’uso urlato di slogan riesca nel tentativo di distogliere l’attenzione dai fatti, ci troviamo costretti a ricostruire, ancora una volta, la questione.
Tutto nacque nell’estate del 2008 quando venne portata in consiglio comunale una delibera per dare un contributo finanziario ad una struttura privata. Nella premessa di quella delibera c’era scritto, nero su bianco, che il comune già forniva – a quella struttura – cinque pasti giornalieri. Si era potuto scoprire così che, nel mese di novembre del 2006, una non meglio precisata direttiva comunale autorizzava l’erogazione dei cinque pasti giornalieri a favore della struttura privata, senza che venisse siglato alcun accordo tra il Comune e il centro di infanzia sulle modalità di erogazione dei pasti e sul modo in cui questi pasti avrebbero potuto costituire un vantaggio per le famiglie dei bambini che frequentavano la struttura. Insomma un vero e proprio “regalo” da un soggetto pubblico ad un privato che veniva fatto, guarda caso, proprio a pochi mesi dalle elezioni amministrative comunali. Buona parte degli atti relativi a quel periodo sono privi di protocollo e qualcuno potrebbe dubitare della loro autenticità. Non è un caso che l’erogazione gratuita dei pasti all’azienda privata sia stata interrotta in gran fretta quando sono stati sollevati dubbi sulla correttezza della procedura (la sospensione, a differenza dell’atto autorizzativo, è avvenuta con documento protocollato). Se il sindaco fosse stato davvero convinto della bontà della sua azione amministrativa non avrebbe modificato di una virgola la situazione. Invece c’è stata una continua correzione di rotta. La delibera fu ritirata e corretta tre volte prime di essere approvata e la polemica tra opposizione e maggioranza divenne molto accesa, al punto che – dopo la pubblicazione di un volantino della maggioranza dai toni particolarmente aggressivi - il gruppo di opposizione decise di chiedere alla magistratura di valutare se la procedura seguita per l’erogazione dei pasti presso una struttura esterna fosse corretta. Non abbiamo denunciato nessuno e tantomeno abbiamo diffamato qualcuno. Abbiamo semplicemente svolto il compito di controllo che qualunque cittadino - e, a maggior ragione, se è consigliere comunale - ha il pieno diritto di esercitare. Del resto prima il pubblico ministero, poi il giudice dell’udienza preliminare hanno giudicato illegittima la procedura seguita per concedere la fornitura dei pasti ed è iniziato un procedimento per individuare eventuali responsabilità penali. Ma questo a noi interessa ben poco. La nostra battaglia per la legalità l’abbiamo vinta nel momento in cui l’amministrazione – proprio per la nostra azione di controllo – è stata costretta a fare tutto alla luce del sole e seguendo un iter procedurale corretto. Non è un caso che il nuovo capitolato d’appalto della mensa preveda la possibilità che vengano forniti pasti alle strutture private (mentre prima non era possibile) e non è un caso che per fornire i pasti e ed erogare risorse pubbliche ad un privato sia stata necessaria una delibera di consiglio comunale (mentre prima era stata sufficiente una telefonata direttamente alla ditta che forniva i pasti). Adesso almeno i cittadini possono sapere tutto e giudicare l’operato dell’amministrazione, mentre per ben due anni soldi pubblici venivano spesi a favore di un’azienda privata senza che nessuno ne sapesse nulla. Sulla vicenda processuale preferiamo non pronunciarci, per due ragioni: la prima è che mancano ancora le motivazioni della sentenza, la seconda è che non è – al momento - una sentenza definitiva, quindi potrebbero emergere fatti nuovi.
Sulla questione appare necessario fare qualche altra considerazione. In primo luogo quello che conta – al di là dell’accertamento di eventuali responsabilità penali o amministrative – è il giudizio politico sulle azioni di chi governa un paese. Molte scelte, formalmente legittime, potrebbero essere piuttosto discutibili. Per esempio un’amministrazione comunale potrebbe assegnare gratuitamente un locale di proprietà del comune al titolare di una rivendita di giornali. Un’attività che riveste indubbiamente un qualche interesse per la collettività e che, quindi, potrebbe giustificare la decisione degli amministratori, ma quanti troverebbero da ridire? E se il locale venisse dato senza alcun atto amministrativo? Non sorgerebbero ulteriori perplessità sul comportamento degli organi decisionali? E qual è il confine tra il lecito, l’illecito e il penalmente rilevante? L’unico organo titolato a rispondere a questa domanda è la magistratura e se un cittadino ha dei dubbi ha il diritto-dovere di attivare un suo intervento, nel proprio interesse e in quello della comunità a cui appartiene.
Su questo punto ci agganciamo ad un altro aspetto dello sgangherato attacco della coalizione di maggioranza, quello del costo per la collettività del processo. Intanto ci piacerebbe capire di quali costi stiamo parlando. Ci sono costi per l’amministrazione comunale per il processo? Sarebbe opportuno saperlo, perché la responsabilità penale è personale e non sarebbe elegante che gli amministratori avessero deciso di usare i fondi comunali per sostenere le spese legali di questo processo. In attesa di avere maggiori lumi in merito e considerato che saremmo ben felici se si adottasse la regola secondo la quale chi si è reso responsabile di sprechi della pubblica amministrazione pagasse di suo (anche noi, ovviamente, alla bisogna), facciamo un breve quanto necessariamente incompleto resoconto di alcuni degli sperperi del denaro pubblico degli ultimi anni:

Debiti fuori bilancio. Qualche anno fa il consiglio comunale fu costretto a pagare i costi di una transazione per evitare ulteriori problemi. Anche in quella circostanza il sindaco aveva seguito una procedura molto “singolare” per l’affidamento dell’esecuzione di un’opera. A lavoro ultimato la ditta chiedeva di essere pagata, ma nessuno si è degnato di dare risposta e così, tra solleciti e diffide, si era arrivati ad un costo di gran lunga superiore a cui si sono aggiunte le spese legali sostenute dal comune. Errori su errori dei nostri amministratori e spreco di denaro pubblico. Il conto, ovviamente, alla cittadinanza.
Questione Eiffel. Qualche anno fa è stato sottoscritto un accordo con un privato (il quale, in modo del tutto casuale, ha ottenuto degli appalti e l’inserimento di particelle in zona edificabile nel piano regolatore) per realizzare una sorta di città dell’arte, previo acquisto di un mucchio di ferraglia attualmente “parcheggiato” nella proprietà di un privato cittadino. Costo iniziale dell’operazione: 300mila euro.
Area di sviluppo industriale. Un’altra straordinaria cantonata di Galli e compagnia. Sono arrivati in consiglio comunale spavaldi e baldanzosi con una bella delibera preconfezionata per la devastazione di una vasta area del territorio labicano. Insensibili alle perplessità dell’opposizione hanno approvato l’atto, salvo poi ritirarlo quando hanno capito che gli abitanti di Colle Spina li avrebbero inseguiti con i forconi. Costo dell’operazione 20mila euro. Per il saldo rivolgersi al sig. Pantalone.
Pista ciclabile. Ne abbiamo parlato decine di volte. Il comune aveva annunciato in pompa magna la realizzazione di una bellissima pista ciclabile (la "più lunga della provincia di Roma"...). L’opera è inutile, incompleta (lo sarebbe anche se fosse terminata), ancora in fase di realizzazione, ma già in avanzato stato di degrado e abbandono. Costo previsto: circa 200mila euro.
Biblioteca comunale. Le vicissitudini della nostra biblioteca non sono facilmente riassumibili. Possiamo solo dire che, tra ristrutturazione locali, acquisto libri, pagamento della quota di adesione al sistema bibliotecario, l’ordine di grandezza delle spese sostenute ammonta a qualche centinaio di migliaia di euro. Risultato? Labico al momento non ha la biblioteca.
Depuratore comunale. La vicenda è fin troppo nota e anche qui ci sono indagini in corso della magistratura. Resta il fatto che a causa dell’incapacità dei nostri amministratori ci siamo ritrovati con depuratori inadeguati e fuorilegge (lo dicono i magistrati, non noi) al punto da farne disporre il sequestro. Questa faccenda ci è già costata oltre quattro milioni di euro di debito. Chi lo pagherà?

In effetti, con credenziali così, siamo stupiti anche noi dell’incomprensibile perdita di consensi di Alfredo Galli e della sua coalizione. Davvero molti elettori labicani dimostrano un ben magra gratitudine nei confronti di chi, in tanti anni di duro impegno nelle istituzioni, ha fatto davvero tanto per il paese. Ora però, forse, basta così. Grazie.


Tullio Berlenghi e Maurizio Spezzano

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