Nei giorni
scorsi Labico è stata tappezzata con i manifesti della lista “Rinnovare per
Labico”, in cui si dà notizia di una sentenza di assoluzione (in primo grado) per
la questione dei pasti pagati dalla collettività e forniti gratuitamente ad un’azienda
privata per decisione del sindaco Galli. Non è certo l’unica e neppure la più
grave delle tante penose vicende che caratterizzano l’azione politica dei
nostri amministratori. Per evitare che l’uso urlato di slogan riesca nel
tentativo di distogliere l’attenzione dai fatti, ci troviamo costretti a
ricostruire, ancora una volta, la questione.
Tutto
nacque nell’estate del 2008 quando venne portata in consiglio comunale una
delibera per dare un contributo finanziario ad una struttura privata. Nella
premessa di quella delibera c’era scritto, nero su bianco, che il comune già
forniva – a quella struttura – cinque pasti giornalieri. Si era potuto scoprire
così che, nel mese di novembre del 2006, una non meglio precisata direttiva
comunale autorizzava l’erogazione dei cinque pasti giornalieri a favore della
struttura privata, senza che venisse siglato alcun accordo tra il Comune e il
centro di infanzia sulle modalità di erogazione dei pasti e sul modo in cui questi
pasti avrebbero potuto costituire un vantaggio per le famiglie dei bambini che
frequentavano la struttura. Insomma un vero e proprio “regalo” da un soggetto
pubblico ad un privato che veniva fatto, guarda caso, proprio a pochi mesi
dalle elezioni amministrative comunali. Buona parte degli atti relativi a quel
periodo sono privi di protocollo e qualcuno potrebbe dubitare della loro autenticità.
Non è un caso che l’erogazione gratuita dei pasti all’azienda privata sia stata
interrotta in gran fretta quando sono stati sollevati dubbi sulla correttezza
della procedura (la sospensione, a differenza dell’atto autorizzativo, è
avvenuta con documento protocollato). Se il sindaco fosse stato davvero
convinto della bontà della sua azione amministrativa non avrebbe modificato di
una virgola la situazione. Invece c’è stata una continua correzione di rotta.
La delibera fu ritirata e corretta tre volte prime di essere approvata e la
polemica tra opposizione e maggioranza divenne molto accesa, al punto che –
dopo la pubblicazione di un volantino della maggioranza dai toni
particolarmente aggressivi - il gruppo di opposizione decise di chiedere alla
magistratura di valutare se la procedura seguita per l’erogazione dei pasti
presso una struttura esterna fosse corretta. Non abbiamo denunciato nessuno e
tantomeno abbiamo diffamato qualcuno. Abbiamo semplicemente svolto il compito
di controllo che qualunque cittadino - e, a maggior ragione, se è consigliere
comunale - ha il pieno diritto di esercitare. Del resto prima il pubblico
ministero, poi il giudice dell’udienza preliminare hanno giudicato illegittima
la procedura seguita per concedere la fornitura dei pasti ed è iniziato un
procedimento per individuare eventuali responsabilità penali. Ma questo a noi
interessa ben poco. La nostra battaglia per la legalità l’abbiamo vinta nel
momento in cui l’amministrazione – proprio per la nostra azione di controllo –
è stata costretta a fare tutto alla luce del sole e seguendo un iter
procedurale corretto. Non è un caso che il nuovo capitolato d’appalto della
mensa preveda la possibilità che vengano forniti pasti alle strutture private
(mentre prima non era possibile) e non è un caso che per fornire i pasti e ed
erogare risorse pubbliche ad un privato sia stata necessaria una delibera di
consiglio comunale (mentre prima era stata sufficiente una telefonata
direttamente alla ditta che forniva i pasti). Adesso almeno i cittadini possono
sapere tutto e giudicare l’operato dell’amministrazione, mentre per ben due
anni soldi pubblici venivano spesi a favore di un’azienda privata senza che
nessuno ne sapesse nulla. Sulla vicenda processuale preferiamo non pronunciarci,
per due ragioni: la prima è che mancano ancora le motivazioni della sentenza,
la seconda è che non è – al momento - una sentenza definitiva, quindi
potrebbero emergere fatti nuovi.
Sulla
questione appare necessario fare qualche altra considerazione. In primo luogo
quello che conta – al di là dell’accertamento di eventuali responsabilità
penali o amministrative – è il giudizio politico sulle azioni di chi governa un
paese. Molte scelte, formalmente legittime, potrebbero essere piuttosto
discutibili. Per esempio un’amministrazione comunale potrebbe assegnare gratuitamente
un locale di proprietà del comune al titolare di una rivendita di giornali. Un’attività
che riveste indubbiamente un qualche interesse per la collettività e che,
quindi, potrebbe giustificare la decisione degli amministratori, ma quanti
troverebbero da ridire? E se il locale venisse dato senza alcun atto
amministrativo? Non sorgerebbero ulteriori perplessità sul comportamento degli
organi decisionali? E qual è il confine tra il lecito, l’illecito e il
penalmente rilevante? L’unico organo titolato a rispondere a questa domanda è
la magistratura e se un cittadino ha dei dubbi ha il diritto-dovere di attivare
un suo intervento, nel proprio interesse e in quello della comunità a cui
appartiene.
Su questo
punto ci agganciamo ad un altro aspetto dello sgangherato attacco della
coalizione di maggioranza, quello del costo per la collettività del processo.
Intanto ci piacerebbe capire di quali costi stiamo parlando. Ci sono costi per
l’amministrazione comunale per il processo? Sarebbe opportuno saperlo, perché
la responsabilità penale è personale e non sarebbe elegante che gli
amministratori avessero deciso di usare i fondi comunali per sostenere le spese
legali di questo processo. In attesa di avere maggiori lumi in merito e
considerato che saremmo ben felici se si adottasse la regola secondo la quale
chi si è reso responsabile di sprechi della pubblica amministrazione pagasse di
suo (anche noi, ovviamente, alla bisogna), facciamo un breve quanto necessariamente
incompleto resoconto di alcuni degli sperperi del denaro pubblico degli ultimi
anni:
Debiti fuori bilancio. Qualche anno fa il consiglio
comunale fu costretto a pagare i costi di una transazione per evitare ulteriori
problemi. Anche in quella circostanza il sindaco aveva seguito una procedura
molto “singolare” per l’affidamento dell’esecuzione di un’opera. A lavoro
ultimato la ditta chiedeva di essere pagata, ma nessuno si è degnato di dare
risposta e così, tra solleciti e diffide, si era arrivati ad un costo di gran
lunga superiore a cui si sono aggiunte le spese legali sostenute dal comune.
Errori su errori dei nostri amministratori e spreco di denaro pubblico. Il
conto, ovviamente, alla cittadinanza.
Questione Eiffel. Qualche anno fa è stato
sottoscritto un accordo con un privato (il quale, in modo del tutto casuale, ha
ottenuto degli appalti e l’inserimento di particelle in zona edificabile nel
piano regolatore) per realizzare una sorta di città dell’arte, previo acquisto
di un mucchio di ferraglia attualmente “parcheggiato” nella proprietà di un
privato cittadino. Costo iniziale dell’operazione: 300mila euro.
Area di sviluppo industriale. Un’altra straordinaria cantonata
di Galli e compagnia. Sono arrivati in consiglio comunale spavaldi e baldanzosi
con una bella delibera preconfezionata per la devastazione di una vasta area
del territorio labicano. Insensibili alle perplessità dell’opposizione hanno
approvato l’atto, salvo poi ritirarlo quando hanno capito che gli abitanti di
Colle Spina li avrebbero inseguiti con i forconi. Costo dell’operazione 20mila
euro. Per il saldo rivolgersi al sig. Pantalone.
Pista ciclabile. Ne abbiamo parlato decine di
volte. Il comune aveva annunciato in pompa magna la realizzazione di una
bellissima pista ciclabile (la "più lunga della provincia di Roma"...). L’opera è inutile, incompleta (lo sarebbe anche se
fosse terminata), ancora in fase di realizzazione, ma già in avanzato stato di
degrado e abbandono. Costo previsto: circa 200mila euro.
Biblioteca comunale. Le vicissitudini della nostra biblioteca
non sono facilmente riassumibili. Possiamo solo dire che, tra ristrutturazione
locali, acquisto libri, pagamento della quota di adesione al sistema
bibliotecario, l’ordine di grandezza delle spese sostenute ammonta a qualche
centinaio di migliaia di euro. Risultato? Labico al momento non ha la
biblioteca.
Depuratore comunale. La vicenda è fin troppo nota e
anche qui ci sono indagini in corso della magistratura. Resta il fatto che a
causa dell’incapacità dei nostri amministratori ci siamo ritrovati con
depuratori inadeguati e fuorilegge (lo dicono i magistrati, non noi) al punto da
farne disporre il sequestro. Questa faccenda ci è già costata oltre quattro
milioni di euro di debito. Chi lo pagherà?
In
effetti, con credenziali così, siamo stupiti anche noi dell’incomprensibile
perdita di consensi di Alfredo Galli e della sua coalizione. Davvero molti
elettori labicani dimostrano un ben magra gratitudine nei confronti di chi, in
tanti anni di duro impegno nelle istituzioni, ha fatto davvero tanto per il
paese. Ora però, forse, basta così. Grazie.
Tullio
Berlenghi e Maurizio Spezzano
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