2 novembre 2013

Addio Max, che la pace sia con te

Quando ho conosciuto Massimo era ancora un ragazzo. Un’enorme massa di capelli ricci e neri circondava un bel viso, tondo e solare, da cui trapelava la sincera passione civile e politica che faceva di lui una delle migliori persone che io abbia mai conosciuto. Con lui ho condiviso programmi e progetti ed ho sempre invidiato – oltre alla massa di capelli ricci - la calma e la disponibilità che riusciva ad avere anche nelle situazioni più complesse. Situazioni in cui magari tu lo guardavi con aria preoccupata ed interrogativa come a dire “e adesso che si fa?” e lui rispondeva al tuo sguardo con un’espressione rassicurante, arricchita da un’occhiata impertinente e dal suo immancabile sorriso sornione.
Con Massimo ho percorso un lungo tratto di strada. Siamo stati colleghi. Abbiamo vissuto insieme la travagliata storia politica dell’ambientalismo e del pacifismo. Insieme abbiamo fatto molte battaglie (Massimo mi perdonerà la metafora bellica) e insieme le abbiamo perse, buona parte almeno. Eravamo, anzi, siamo amici. Amici non per caso, ma per scelta. Una scelta nata dalla sintonia culturale e dalla condivisione degli ideali. Massimo era meticoloso, ordinato, esigente. Con se stesso prima che con gli altri. E le sue aspettative in politica erano talmente alte da vivere con spirito critico anche la più valida delle proposte politiche. Non amava i compromessi e le trattative, che, a suo avviso, svilivano gli ideali. Nella categoria dei sognatori lui era il più sognatore di tutti. E se lo poteva permettere. Per la coerenza che caratterizzava il suo pensiero. Per molti di noi – sognatori o presunti tali – era un punto di riferimento. Si sa, il mondo ambientalista è pieno di contraddizioni. Il famoso “arcipelago” ha sempre avuto difficoltà a parlare un linguaggio comune. Massimo, invece, era la perfetta sintesi della cultura ecologista. Ambientalista, vegetariano, pacifista, portatore dell’etica del rispetto e della solidarietà. Non lo scopro adesso, ché Massimo non c’è più. Queste cose ce le dicevamo nelle chiacchierate dei momenti di disillusione della vita politica (un po’ sempre quindi). E, quando cercavamo di immaginare come dovesse essere il nostro punto di riferimento ideale, il pensiero andava immediatamente a Massimo ed alla sua straordinaria integrità morale.
Anche quando i nostri destini lavorativi si sono divisi, non abbiamo mai smesso di stare in contatto. “Che fai, ti nutri?”. Con queste quattro parole mi telefonava per propormi di pranzare insieme. Non servivano altre parole. Avevamo da sempre questo appuntamento fisso almeno una volta alla settimana: io, Andrea e lui. Sempre puntuale, sempre sorridente, anche quando arrivavi trafelato con dieci minuti di ritardo…

Sono stato a casa di Massimo e Dora e ho pensato che chiunque la riconoscerebbe subito. E non solo per le bellissime foto appese dappertutto. Un’altra passione in comune quella della fotografia, solo che lui le foto le sapeva fare. Ovunque c’è l’impronta di Massimo. Dalle bandiere della pace alle spillette, dai libri alle pile di documenti ordinati con cura quasi maniacale. Ieri la mia attenzione si è soffermata su un cartoncino con la scritta “il mio è un papà speciale”. Certo, è un regalo piuttosto diffuso. E mi sa che persino io ho ricevuto qualcosa del genere. Però quel cartoncino lì diceva la sacrosanta verità. Massimo era una persona davvero speciale. Una di quelle persone che – ad avercene – sono in grado di rendere migliore questo mondo. Una persona il cui esempio può insegnare molto. Una persona che ha dato alla vita e agli altri molto di più di quello che ha ricevuto.  Grazie Max. Per salutarti uso le parole di Gaber: “Ma io ti voglio dire che non è mai finita, che tutto quel che accade fa parte della vita”.


2 commenti:

  1. Tullio, non conoscevo il tuo amico Massimo ma ora lo conosco anche io. Persone così non moriranno mai...

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Alle colonne d'Ercole

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