Una
cosa è certa
Una cosa è certa. L’opposizione
che preoccupa Alfredo Galli si chiama Legalità e Trasparenza. Tra denunce,
cause civili, intimidazioni di vario tipo Galli ha dimostrato – con le sue
scomposte reazioni – di soffrire molto la nostra azione politica. Non stupisce
quindi sapere che, nei giorni scorsi, alla vista della nostra pubblicazione
“Agorà” in un locale pubblico del paese, sia andato su tutte le furie. La sola
idea che qualcuno possa muovere delle critiche nei suoi confronti, abbia la
supponenza di vergarlo nero su bianco e finanche l’ardire di diffonderlo nel
“suo” paese, gli fa perdere il lume della ragione. Sembra – a sentire le
chiacchiere del paese – che, alla vista dell’odioso oltraggio (ossia Agorà),
abbia iniziato a lanciare contumelie, asserendo che quella pubblicazione
sarebbe illegale con una velata accusa di connivenza (se non di complicità) nei
confronti del gestore del locale per non aver prontamente provveduto ad
eliminare l’illecita pubblicazione. Strano che il primo cittadino – a cui la
legge attribuisce importanti responsabilità in merito alla pubblica sicurezza –
di fronte ad un evidente (almeno a suo dire) illecito non abbia avviato una
procedura per il ripristino della legalità. Avrebbe potuto – e dovuto –
chiamare gli organi preposti e far sequestrare il corpo del reato, nonché
avviare un’azione giudiziaria nei confronti dei responsabili. Niente di tutto
questo. In compenso, subito dopo la sua uscita si è notata la sparizione delle
numerose copie di Agorà. Che buffa coincidenza.
Ora è difficile ricostruire con
esattezza l’episodio, che però parte da un dato di fatto inconfutabile: la
convinzione del sindaco che la nostra pubblicazione sia illecita. Comprensibile
persuasione da parte di chi interpreta in modo così distorto il concetto di
democrazia da pensare che aver vinto le elezioni con poco più di un quarto dei
voti dei cittadini labicani significhi essere il sovrano del paese, nei
confronti del quale non sono ammesse le critiche. Non è un caso che abbia
promosso azioni civili e penali nei confronti dei suoi detrattori, non è un
caso che abbia abusato del suo potere per proibire con miserabili
giustificazioni le riprese dei consigli comunali, non è un caso che – lui sì,
violando apertamente la legge che pretende di insegnare agli altri – non abbia calendarizzato
le mozioni dell’opposizione e abbia atteso oltre un anno per rispondere alle
interrogazioni (ma non in consiglio comunale, sottraendosi, come sempre, al
confronto). E allora noi, instancabili, lo interroghiamo nuovamente – per il
momento in forma libera, riservandoci di porre le medesime domande nelle sedi
proprie – per chiedergli: davvero ha nuovamente affermato che Agorà sarebbe
illegale? E, in tal caso, perché non ne ha fatto disporre il sequestro? Perché
non ha il coraggio di affrontare in nostra presenza – in consiglio comunale o
in un dibattito pubblico - la presunta illegittimità della nostra
pubblicazione? Teme di fare l’ennesima brutta figura, che è la ragione per la
quale fa di tutto per rendere difficile ai cittadini la partecipazione ai
consigli comunali?
Per quanto riguarda la sparizione
delle copie di Agorà le risparmiamo la domanda e proviamo ad immaginare che
siano sparite nel nulla. Del resto, con lei ad amministrare questo paese sono
già spariti nel nulla 4 milioni di euro, cosa vuole che siano alcune decine di
fogli in formato A4?
Tullio Berlenghi e
Maurizio Spezzano
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