La voce circolava da tempo.
Qualche esponente della maggioranza l’aveva già ipotizzato: di fronte allo
sconquasso dei conti, l’unica è vendere – almeno in parte – il proprio
patrimonio. L’immagine non è confortante. La sensazione è quella di vedere un
casato nobiliare in declino, che per sopravvivere è costretto a vendere
l’antico palazzo di famiglia, quello sul cui frontone è scolpito lo scudo
araldico. Uno dei luoghi simbolo della storia di Labico è Palazzo Giuliani e,
probabilmente, sarà lui ad essere sacrificato. In diritto, quando si vuole
attribuire ponderatezza e responsabilità a chi amministra un bene che non gli
appartiene (ed è il caso degli amministratori pubblici) si usa la locuzione
“diligenza del buon padre di famiglia”, ad intendere che il rispetto e la cura
nei confronti della res publica
devono essere i medesimi che avrebbe appunto il “buon padre” nei confronti
delle proprietà di famiglia. E’ suo preciso interesse, come persona e come
genitore, garantire che quei beni siano utilizzati correttamente e in modo da
preservarne il più possibile valore e funzionalità. E la decisione di alienare
uno dei beni di famiglia ha senso quando quel bene non serve e il ricavato può
servire ad acquistare qualcosa di utile oppure quella vendita serve a risolvere
problemi importanti, ma con la consapevolezza che per la famiglia sarà un danno
e le future generazioni saranno private per sempre di quel bene. Ma se per un
padre le “future generazioni” altro non sono che i figli e i nipoti, per un
amministratore con pochi scrupoli le future generazioni sono un concetto
astratto, che tra l’altro neanche vota, e quindi non si preoccupa certo di
tutelarle. D’altronde, un amministratore coscienzioso non ci avrebbe portati
nell’incredibile situazione in cui ci troviamo, con i conti pubblici allo
sfascio e il sindaco che ha il coraggio di affermare che “in questo bilancio i
cittadini non pagheranno in più per il problema del depuratore”, smentendo il
fatto che proprio il documento di bilancio approvato annuncia – pur con estrema
vaghezza – un costo che si aggira tra i due e i tre milioni di euro. E se non
saranno – non tutti almeno – contabilizzati nel 2012 questo non significa che i
cittadini non saranno chiamati a pagare. Che poi Galli si lamenti dei continui
tagli degli ultimi Governi – peraltro da lui sostenuti – non cambia di una
virgola il problema ed è meglio ricordarlo. La magistratura ha riscontrato il
malfunzionamento dei due impianti di depurazione e ne ha disposto il sequestro.
Chi ha la responsabilità di un’infrastruttura fognaria e di depurazione che non
funzionano? Perché Galli e compagnia cantante continuano a parlare
dell’emergenza depuratori come se a Labico si fosse abbattuto un meteorite?
Sono talmente tante le anomalie in tutta la vicenda – e noi le abbiamo evidenziate
in modo molto circostanziato – da non potersene lavare le mani con tanta
disinvoltura.
Ad aggravare la situazione c’è, ad adiuvandum, un’inveterata incapacità
di amministrare la cosa pubblica e gli sprechi a Labico non si contano.
Pensiamo al fallimento della raccolta differenziata, che non sembra aver
prodotto alcun vantaggio in termini di quantità di rifiuti conferiti in
discarica, ma il cui costo è aumentato (dal 2008 ad oggi) del 60 per cento.
Pensiamo alle cosiddette opere pubbliche, che a Labico sono una continua
emorragia di denaro pubblico, dalla finta ciclabile da 200mila euro (ma in
bilancio ce ne sono altri 700mila) all’operazione Eiffel per la quale stiamo
pagando le rate di un mutuo per avere acquistato della ferraglia di cui il comune
non ha neppure il possesso. Pensiamo ai soldi buttati per il progetto ASI, che
per fortuna siamo riusciti a fermare, e a quelli per i vari sportelli dai quali
non si è mai avuto alcun beneficio per la collettività. Potrei
andare avanti per pagine, ma non è il caso di sparare sulla croce rossa. La
questione è un’altra, siamo in mano ad una classe politica che gestisce la cosa
pubblica – nella sua complessità, dalle risorse economiche al territorio alle
infrastrutture ai beni immobili – con una sciatteria sconfortante. Molto è
lasciato al degrado e all’abbandono, proprio perché manca quella “diligenza del
buon padre di famiglia” che chiunque abbia in affidamento un bene che non gli
appartiene sarebbe in grado di usare. A chi amministra Labico manca del tutto
questa sensibilità. E non hanno avuto alcuno scrupolo ad inserire, nel bilancio
triennale, qualcosa come un milione e 348mila euro di entrate derivanti da
alienazione di beni patrimoniali. Ovviamente senza uno straccio di indicazione
su cosa vogliono vendere, su che stima sia stata fatta e da chi. Una mente un
po’ maliziosa potrebbe pensare che a trarre vantaggio da questa operazione di
salvataggio dei conti potrebbe essere qualcuno che opera nel campo degli
immobili e delle costruzioni. Chi svende per necessità trova sempre qualche
vorace imprenditore pronto all’affare. Chissà, magari ne conoscono anche
qualcuno… D’altronde non è che possiamo far loro una colpa se, rispetto al buon
padre di famiglia, sono privi di quella benedetta diligenza. Anzi, consci di
questa lacuna, hanno anche trovato la soluzione: l’assaltano.
Scendiamo in piazza, occupiamo il comune, facciamo qualcosa contro questi incapaci!
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