Il Sindaco se la prende comoda. Il consiglio comunale lo
convoca alle 9:30 di mercoledì. Cosa importa al sindaco se qualche cittadino
che lavora – attività di cui probabilmente serba un lontano ricordo – vorrebbe
ascoltare cosa succede in consiglio comunale. Cosa importa se una legge dello
Stato stabilisce che i consigli comunali andrebbero convocati “in un arco
temporale non coincidente con l'orario di lavoro dei partecipanti”?
L’importante è proprio evitare il più possibile che i cittadini si rendano conto
dei danni che lui e i suoi accoliti stanno causando al paese. Ed è
evidentemente per questo che, dopo che per anni era stata consentita la
registrazione video dei consigli comunali, ha deciso di vietarla. La ragione è
una sola: si vergogna. Si vergogna lui e si vergogna la sua maggioranza e chi
la pensa diversamente, se c’è, si vergogna di avere un pensiero autonomo. Non
essendo abbastanza coraggioso da assumersi la responsabilità di commettere un
abuso di potere preferisce scaricare la colpa su qualcuno che in qualche modo
gli è “debitore” di un signor stipendio. Sto parlando del segretario comunale,
il cui rapporto con l’amministrazione è fiduciario e, di conseguenza, la sua
permanenza in un comune può in qualche modo essere influenzata dal fatto di
essere abbastanza “conciliante”. E il nostro nuovo segretario sembra esserlo persino
più del suo predecessore, che su questo non scherzava mica. Infatti, ha tirato
fuori dal cilindro la sublime scempiaggine della tutela del diritto del
lavoratore (che sarebbe lui) per impedire la registrazione video del consiglio
comunale. Torno sull’argomento per dimostrare quanto sia capzioso e subdolo
l’appiglio giuridico trovato per giustificare una cosa che ha un nome ben
diverso: censura. E il segretario si assume la responsabilità, sul piano etico
prima ancora che sul piano del diritto, di negare con un espediente (invero
piuttosto debole) i veri diritti dei cittadini: che sono il diritto di essere
informati, il diritto della trasparenza, il diritto di cronaca. Negare un diritto,
appellandosi ad uno pseudodiritto è una furbata da Azzeccarbugli, che di strada
ne fa poca e ridicolizza chi se ne fa scudo. L’articolo 4 dello Statuto dei
lavoratori, evocato (ma non citato, forse per pudore) per ben due volte nella
lettera di diniego firmata da Galli recita testualmente: “È vietato l'uso di
impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a
distanza dell'attività dei lavoratori”. Anche un bambino capisce il senso di
questa frase. Si parla di controllo a distanza da parte del datore di lavoro
nei confronti del lavoratore. Una pratica che, se consentita, mette in una
condizione di inaccettabile soggezione il lavoratore controllato e ne lede
inevitabilmente la
dignità. Non è certo il caso del segretario comunale, la cui
dignità è messa in discussione solo dal fatto di avallare simili forzature
giuridiche. E, se proprio avesse problemi di diffusione della sua “immagine”,
il nostro sensibile lavoratore potrebbe tranquillamente svolgere la sua
mansione mettendosi al margine dell’aula consiliare, fuori dall’inquadratura. Da
qui si capisce perfettamente che l’obiettivo del diniego è un altro, non certo
la sua tutela. Ma il nostro segretario, così ligio ad una norma che non c’è,
non è altrettanto severo nell’applicarne un’altra che lo riguarda direttamente.
Parlo della legge 18 giugno 2009 n. 69, la quale, all’articolo 21 afferma che
il comune “ha l’obbligo di pubblicare nel proprio sito internet le retribuzioni
annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica e i numeri
telefonici ad uso professionale dei dirigenti e dei segretari comunali”. In
questo caso il rispetto della legge va a farsi benedire e la sua lauta
remunerazione rimane un mistero. Cos’è? In questo caso si applica la legge
sulla privacy? Sul prospetto del bilancio si parla di 74mila euro l’anno. Non è
poco, considerando che per molti mesi è venuto due giorni alla settimana, che
solo recentemente è passato a tre e che oggi, ad esempio, ha presenziato appena
40 minuti di consiglio. Né stupisce che sia così sensibile ai desiderata del
sindaco. Il quale, a sua volta, è un maestro nell’interpretazione delle leggi a
suo uso e consumo. Solo questa mattina ha minacciato di cacciare le persone dal
consiglio comunale che, a suo avviso, violassero leggi che nessuno ha mai scritto. Ma lui è
fatto così. Troppo pigro per leggersi le norme, preferisce interpretarle,
quando ci sono, o inventarle, se proprio non ci sono. Poi, anche lui, le leggi
vere preferisce aggirarle. Anche in questo caso sarà del tutto incidentale che
la sua amministrazione sia indagata per reati ambientali in merito alla vicenda
dei depuratori e che lui stesso sia stato rinviato a giudizio per reati contro
la pubblica amministrazione. Perché stupirsi, in fondo fa orgogliosamente parte
dello stesso partito di Fiorito e di Scajola.
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