L’uomo nero. Non
credo sia mai capitato, nella pur breve storia repubblicana, un processo di
demonizzazione così feroce nei confronti di un interlocutore politico “nuovo”.
Almeno negli ultimi vent’anni ne ho visti nascere tanti. Quasi sempre sono
stati accolti con una certa preoccupazione. Spesso sono stati derisi e
ostacolati. Ma mai, proprio mai, ho visto una serrata così compatta e unanime,
da destra a sinistra, come nei confronti di Grillo e del Movimento Cinque
Stelle. Al quale non si sconta nulla di ciò che invece – e in modi e misure di
gran lunga peggiori – è stato facilmente perdonato ad altri. E’ un enorme
segnale di debolezza. Certo, Grillo fa molta demagogia. Ma chi non l’ha mai
fatto prima di lui? E’ una delle armi “facili” di chi non ha – ancora, almeno –
in mano le leve del potere. E’ indubbiamente più facile criticare quando non si
hanno responsabilità. E lo hanno fatto tutti. A cominciare da Berlusconi, il
quale, pur avendo tratto enormi benefici personali dalla degenerazione del
sistema partitocratico degli anni ’80, si è accreditato come il castigatore dei
partiti, la società civile che “scende in campo” contro i professionisti della
politica. E quanti di coloro che adesso stigmatizzano il populismo di Grillo
sono saltati lesti sul carro del sogno berlusconiano per elemosinare poltrone,
incarichi e potere.
Quanti partiti
sono nati come alternativi al sistema e portatori di un cambiamento? Più o meno
tutti hanno avuto credito e attenzione, almeno in un lato dello schieramento,
come possibili partner di alleanze elettorali. Perché Berlusconi sì? Perché la
Lega sì? Perché l’Italia dei Valori sì? Forse perché in tutti loro si è visto
un interlocutore possibile. Qualcuno con cui, alla fine, si parla lo stesso
linguaggio e si trova una possibile intesa.
Grillo e il
Movimento Cinque Stelle no. Loro preoccupano, spaventano, intimoriscono. Ho
sentito proprio queste parole: “Grillo mi fa paura”. Perché? Non si sa. Magari
si condivide in parte quello che dice, ma no, lui non va bene. Troppo
“estremista”. Il linguaggio, ad esempio. Il linguaggio cialtrone, offensivo e
razzista della lega è stato tollerato. Quello di Grillo, no. Dov’è la
differenza? La differenza – per il momento – è che la Lega, una volta arrivata
alle poltrone, è subito diventata più malleabile. Si teme forse che Grillo
potrebbe non essere sufficientemente “ragionevole”? E’ questo il problema?
Trovo poco
“politico” questo atteggiamento di chiusura preventiva. Un conto è una forza
politica dichiaratamente antidemocratica - penso ai vari gruppi di simpatie
neonaziste, con le quali, peraltro, da alcuni il dialogo è stato trovato senza troppi
problemi - un conto è una forza politica che ha semplicemente delle proposte ed
un consenso. Rifiutare il confronto e il dialogo palesa solo un’ingiustificabile
immaturità politica, un’insensata paura della “diversità”.
Faccio una
precisazione. Non faccio parte del Movimento Cinque Stelle. Ne ho seguito la
storia fin dalla sua nascita, con rispetto e con simpatia. Ho apprezzato alcune
scelte (soprattutto sui temi ambientali). Ne ho giudicate altre un po’
superficiali e finalizzate alla sola ricerca del facile consenso. Altre le ho
considerate difficilmente compatibili con la mia formazione culturale e
politica. Ho il timore che le decisioni si basino troppo sul pensiero del suo
leader indiscusso e che questa democrazia assoluta in realtà nasconda un
meccanismo verticistico, nel quale gli aderenti hanno ben poco potere di
incidere sulle scelte “reali” del partito. Poi mi sembra manchi una visione di
insieme e che qualche volta la linea politica segua più gli umori del suo
leader che una attenta e ponderata valutazione delle problematiche da
affrontare (un po’ come le note esternazioni di Berlusconi, capace di cambiare
idea dal mattino alla sera e di ricambiarla al mattino successivo, con tutto il
codazzo dei miracolati sempre pronto a sostenerlo in queste sue acrobazie della
logica e del buonsenso). Questo non basta, a mio avviso, ad avere una
preclusione pregiudiziale nei confronti del Movimento Cinque Stelle, la cui
“ragione sociale” è meritoria e apprezzabile. In parte è la stessa di Italia
dei Valori, che però ha miseramente fallito la sua mission e ha perso ogni residua credibilità. Non bisogna averne
paura, ma confrontarsi. E anche loro, ancorché “zitelle acide” (la definizione
è la loro) farebbero bene a cercare sempre il dialogo, che è il sale della
politica. E loro sono “politica” (l’antipolitica non esiste) nell’accezione
piena (e mi auguro positiva) del termine. Sono chiamati ad un ruolo importante
e di grande responsabilità. Spero sinceramente che non deludano la fiducia e la
speranza guadagnate e che facciano quello che i cittadini si aspettano dai
propri eletti: mettersi al servizio del paese. Possibilmente senza salire su un
piedistallo. E magari senza insultare
tutti quelli che hanno la sola colpa di avere iniziato ad occuparsi di politica
prima di loro. Scopriranno, magari con un pizzico di stupore, che c’è qualche
brava persona anche lì. Anche se eletti con un altro simbolo. Non serve, in
questo momento, ostentare complessi di superiorità. Adesso serve la volontà e,
soprattutto, la capacità di mettere in pratica quella buona politica che in
tanti hanno predicato prima di loro e che mai – salvo rare eccezioni – sono
stati capaci di attuare concretamente. Ai “grillini” l’onere della prova. Adesso a
Pavia e in Sicilia, tra poco nel Lazio, in Lombardia e nel Parlamento italiano.
Spero sinceramente in un miglioramento. Per il momento, buona fortuna.
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