Sono diversi anni che sosteniamo
che i conti pubblici labicani non tornano. Ad ogni sessione di bilancio abbiamo
provato ad esprimere le nostre perplessità sull’approssimazione con cui vengono
gestite le risorse pubbliche, sulle zone d’ombra dei bilanci, sull’incapacità
di programmare le spese e sull’aleatorietà delle entrate. A Labico si è puntato
tutto su una crescita edilizia, che, secondo le affermazioni degli
amministratori, sarebbe dovuta essere il volano dell’economia labicana, ma che
è servita solo a ridurre – in qualità e quantità – il livello dei servizi. In
qualche modo, anche con qualche tocco di finanza creativa, si è però sempre
riusciti a far quadrare i bilanci e a rimanere a galla. Fino a quando non è
arrivata la stangata del sequestro dei depuratori, anch’essa figlia della
mancanza di capacità di programmazione, che ha mandato in tilt conti e
amministrazione. Sarebbe bastato un briciolo di coscienza per ammettere la
propria inettitudine e lasciare finalmente la guida di un paese ormai allo
sbando. Un commissario, una nuova giunta, un’amministrazione straordinaria, il
tesoriere della bocciofila, Pippo, Pluto, nessuno. Qualunque altro soggetto
sarebbe stato meglio degli amministratori che ci hanno portato al disastro.
Invece no. A ben due anni dalla conclamata e certificata bancarotta labicana,
il sindaco Galli - detto Vinavil per l’attaccamento (nel senso fisico-chimico
del termine) alla poltrona – e la sua fedele compagine continuano a cercare di
mantenere il controllo del timone, utilizzando qualunque strumento a
disposizione.
Ed è così che, grazie ad una
recente modifica del Testo Unico degli Enti Locali, è stata avviata una
procedura denominata “piano di riequilibrio finanziario pluriennale”,
altrimenti detta “predissesto”. Abbiamo già avuto modo di commentare la norma e
ci limitiamo a dire che una definizione più calzante potrebbe essere
“autodissesto”, visto che grazie a questa legge chi è causa dei guai per i
cittadini può continuare a gestire i conti pubblici, scaricando proprio sui
cittadini il costo della propria incompetenza. Non è certo il massimo, ma è
comunque necessario che si predisponga un piano finanziario, che deve
rispettare alcuni requisiti per ottenere il nulla osta del ministero
dell’interno e della Corte dei Conti.
Quando abbiamo letto il piano
redatto dagli uffici comunali, al netto delle perplessità di carattere
metodologico, abbiamo rilevato anche diverse criticità nel merito del
documento. Lo abbiamo scritto in alcuni articoli e lo abbiamo affermato a
chiare lettere nell’iniziativa pubblica che abbiamo organizzato in piazza per
spiegare ai cittadini cosa stava succedendo, senza che nessuno degli
amministratori si degnasse di dare un’adeguata informazione ai cittadini.
Ovviamente la risposta di Galli & C. è stata la solita alzata di spalle,
accompagnata da affermazioni del tipo “noi pensiamo a lavorare, voi solo a
criticare”.
Peccato che, puntuale, sia
arrivata la risposta del Ministero dell’interno riguardante la richiesta di
istruttoria. Anche al Ministero, a quanto pare, non hanno troppo rispetto per
chi lavora e, avendo tempo da perdere in sterili critiche, hanno stilato
numerosi rilievi. Vediamoli insieme:
·
In primo luogo viene confermata la stangata ai
danni dei cittadini, con l’aumento delle tasse e dei tributi e con la riduzione
dei servizi. In più si spiega che non bisogna fare i furbi con le date: il
piano decennale decorre da quando viene approvato il Piano di riequilibrio in
consiglio comunale, dal 2014, dunque e non dal 2013. La penitenza per i
cittadini labicani terminerà dunque nel 2023.
· Gli uffici del ministero contestano la disinvolta “autoriduzione” del debito da 5 milioni di euro a circa 3 milioni. In sostanza non è che uno possa affidare allegramente i lavori per determinati importi (con tanto di fatture) e poi decurtarli unilateralmente. La rideterminazione dei prezzi (peraltro tardiva) deve essere consensuale, altrimenti non può essere messa a bilancio.
· Altri pasticci sono stati rilevati su voci passive del passato e infilate a casaccio nel calderone. La filosofia dei nostri amministratori è molto semplice: visto che dobbiamo ratificare il disastro, tanto vale metterci dentro tutti gli impicci, grandi e piccoli, del passato. Come quando si va dal carrozziere a sistemare l’automobile dopo un incidente e si cerca di sanare anche qualche vecchio graffio alla carrozzeria. Con il dettaglio che la macchina labicana è stata guidata per vent’anni da qualcuno che pensava di essere all’autoscontro.
· Mancano le quantificazioni di diverse voci di spesa, così come mancano le quantificazioni della svalutazione dei crediti. Diciamo che l’ottimismo ha regnato sovrano durante la redazione del piano di rientro.
· Qualche perplessità il Viminale l’ha espressa anche per quanto riguarda il personale e vengono espressi dei dubbi sulle modalità di calcolo. Il tutto senza sapere che a Labico si aggirano le norme per l’assunzione del personale attraverso il ricorso a società esterne. Forse bisognerebbe informarli su come stanno realmente le cose.
· Il Ministero dell’interno dichiara senza mezzi termini “irragionevole” la destinazione delle entrate correnti agli investimenti, spostando il pagamento dei debiti ad esercizi futuri.
· Anche la dismissione dei beni immobili è senza né capo né coda. Non si sa cosa si venda e quale sia il possibile incasso.
· Gli aumenti di entrate sembrano basati più sull’ottimismo che su una concreta pianificazione. Forse per non far capire ai cittadini che arriveranno altre stangate?
· Manca una documentazione che attesti l’effettività dei risparmi di spesa dichiarati. Dove intendono tagliare? A quali servizi dovremo rinunciare?
· Gli uffici del ministero contestano la disinvolta “autoriduzione” del debito da 5 milioni di euro a circa 3 milioni. In sostanza non è che uno possa affidare allegramente i lavori per determinati importi (con tanto di fatture) e poi decurtarli unilateralmente. La rideterminazione dei prezzi (peraltro tardiva) deve essere consensuale, altrimenti non può essere messa a bilancio.
· Altri pasticci sono stati rilevati su voci passive del passato e infilate a casaccio nel calderone. La filosofia dei nostri amministratori è molto semplice: visto che dobbiamo ratificare il disastro, tanto vale metterci dentro tutti gli impicci, grandi e piccoli, del passato. Come quando si va dal carrozziere a sistemare l’automobile dopo un incidente e si cerca di sanare anche qualche vecchio graffio alla carrozzeria. Con il dettaglio che la macchina labicana è stata guidata per vent’anni da qualcuno che pensava di essere all’autoscontro.
· Mancano le quantificazioni di diverse voci di spesa, così come mancano le quantificazioni della svalutazione dei crediti. Diciamo che l’ottimismo ha regnato sovrano durante la redazione del piano di rientro.
· Qualche perplessità il Viminale l’ha espressa anche per quanto riguarda il personale e vengono espressi dei dubbi sulle modalità di calcolo. Il tutto senza sapere che a Labico si aggirano le norme per l’assunzione del personale attraverso il ricorso a società esterne. Forse bisognerebbe informarli su come stanno realmente le cose.
· Il Ministero dell’interno dichiara senza mezzi termini “irragionevole” la destinazione delle entrate correnti agli investimenti, spostando il pagamento dei debiti ad esercizi futuri.
· Anche la dismissione dei beni immobili è senza né capo né coda. Non si sa cosa si venda e quale sia il possibile incasso.
· Gli aumenti di entrate sembrano basati più sull’ottimismo che su una concreta pianificazione. Forse per non far capire ai cittadini che arriveranno altre stangate?
· Manca una documentazione che attesti l’effettività dei risparmi di spesa dichiarati. Dove intendono tagliare? A quali servizi dovremo rinunciare?
Al termine di questo corposo
elenco di rilievi il Ministero ha invitato la nostra amministrazione ad inviare
chiarimenti e correttivi, corredati da un’adeguata documentazione, tra cui
accertamenti e riscossioni del servizio idrico integrato degli ultimi tre anni,
nonché il bilancio 2014. Se si pensa che
quello del 2013 è stato fatto a novembre, possiamo solo immaginare lo sgomento
di Galli e soci all’idea di dover predisporre il bilancio di previsione dopo
nemmeno cinque mesi dall’inizio dell’esercizio finanziario. Al Viminale
attendono una risposta entro la prossima settimana. Saranno ansiosi, e noi con
loro, di vedere cosa saranno capaci di inventarsi i nostri amministratori.
Tullio Berlenghi e Maurizio
Spezzano
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