Cammino distrattamente sul
marciapiede che costeggia via Casilina. Alzo gli occhi e vedo sul marciapiede
di fronte una giovane mamma con un passeggino. E’ ferma e probabilmente sta
aspettando qualcuno. E’ comprensibilmente
tranquilla. E’ sul marciapiede di un tratto urbano e non dovrebbe avere ragione
di preoccuparsi. Probabilmente non ha fatto caso alle decine di frammenti
dell’automobile che nemmeno 24 ore prima si era andata a schiantare esattamente
nel punto in cui è lei. Già, perché venerdì 13 giugno la via Casilina è stata
teatro dell’ennesimo incidente stradale, in piena zona urbana e in prossimità
delle strisce pedonali (peraltro invisibili, come dimostra chiaramente la foto) che quotidianamente decine di bambini attraversano per
recarsi a scuola. Mi chiedo perché siamo così rassegnati a considerare una
fatalità episodi come questo e mi chiedo quali siano le cause, sia della
rassegnazione sia degli incidenti.
Le cause sono molteplici. In
primo luogo c’è una subcultura dell’automobile, dalla quale non riusciamo a
liberarci. L’automobile è diventata non solo il mezzo di trasporto
irrinunciabile, anche in circostanze in cui le alternative sarebbero
ragionevoli, ma è anche e soprattutto uno strumento di affermazione sociale del
quale trascuriamo le potenzialità distruttive. L’automobile è un’arma che
uccide ogni anno migliaia di persone, che noi utilizziamo con troppa
superficialità, salvo poi attribuire al fato terribili disgrazie. In secondo
luogo c’e l’incultura dei pubblici amministratori, incapaci di farsi carico
davvero dei problemi di sicurezza legati alla mobilità. Autovelox che vengono
installati col solo obiettivo di fare cassa e che quindi si disinteressano
della riduzione dei pericoli sulle strade. Non è un caso che a Labico nessuno
si sia preoccupato di realizzare sistemi passivi per la riduzione della
velocità o per impedire i sorpassi all’interno dell’area urbana. Se si fosse
fatto, il bilancio comunale avrebbe avuto un’importante entrata in meno. E così
si sono perse importanti occasioni, possibili finanziamenti, progetti funzionali.
L’ultimo intervento è stato realizzato una dozzina di anni fa, ampliando in
modo insensato la sede stradale. Ricordo che qualcuno provò a fare presente al
sindaco dell’epoca (lo stesso di adesso, peraltro) che l’intervento sarebbe
costato molti soldi pubblici, ma che sarebbe aumentata l’insicurezza intrinseca
della strada, perché l’allargamento della carreggiata aumenta la propensione
degli automobilisti a velocità non compatibili con l’ingresso nell’area urbana.
Gli si disse che forse, a parità di costo, sarebbe stato meglio, ad esempio,
prevedere la realizzazione di una rotatoria. Il sindaco replicò ostentando
grande autorevolezza – forte della sua totale incompetenza in qualsiasi
materia, ma con’evidente eccellenza in quella della sicurezza stradale – e
affermando che la rotatoria su una strada come la Casilina “non si poteva
assolutamente fare”. Nel giro di pochi anni le rotatorie sono spuntate come
funghi e adesso è il sindaco stesso a prometterle. Pochi anni dopo, sempre
sulla Casilina, hanno rifatto i marciapiedi. Per insondabili ragioni in alcuni
punti il marciapiede altro non è che la prosecuzione della sede stradale e gli
automobilisti lo invadono con allegra disinvoltura, mettendo a repentaglio
l’incolumità di chi vorrebbe percorrerlo con il mezzo più consono: i piedi.
Evidentemente, anche in questo caso siamo vittime di una mentalità ottusa,
secondo la quale quello che conta sono esclusivamente le automobili e non ci si
preoccupa minimamente né del fatto che qualcuno potrebbe – per bisogno o per scelta
– avere esigenze diverse di mobilità né, tantomeno, della necessità di
spingere, in qualità di amministratori, verso forme di mobilità sostenibile.
D’altronde è difficile sperare che un sindaco incapace di percorrere a piedi i
400 metri che separano casa sua dalla sede comunale, riesca semplicemente ad
immaginare che esistano altre forme di locomozione oltre al suo SUV.
Visto che si parla di Casilina,
provo a dare una risposta anche al segretario del PD locale, Benedetto Paris, che
sembra ripercorrere con sempre maggiore convinzione la “cifra” politica dei
suoi avversari locali (un po' meno a livello nazionale) e dimostra una certa
allergia alle critiche, alle quali risponde con un attacco scomposto in cui mi
addita come: ipocrita, illazionista, in malafede, disinformato ed egocentrico (ma
potrebbe essermi sfuggito qualcosa).
Confermo la mia tesi, ossia che
non bisognerebbe confondere un vero e proprio “dovere” amministrativo di un
ente come la Regione, la quale è tenuta a garantire la corretta manutenzione e
la messa in sicurezza di una strada come la Casilina con l’azione politica,
sulla quale è legittimo orientare le scelte strategico-programmatiche. In un
paese normale bisognerebbe scandalizzarsi per il fatto che su una strada così
importante ci sono due tratti che vengono percorsi a senso unico alternato per
il progressivo deterioramento della sede stradale dovuto all’incuria e la
Regione dovrebbe correre rapidamente ai ripari e, al limite, scusarsi per i
disagi e per i ritardi. Mentre, guarda caso proprio durante la campagna
elettorale per le europee, ho registrato un entusiasmo decisamente eccessivo
per una semplice “dichiarazione di buoni propositi” sulla sistemazione della
strada.
Ben diverse sono le scelte
strategiche che la Regione deve fare in tema di programmazione
infrastrutturale, mobilità sostenibile, mobilità ferroviaria, governo del
territorio, ecc. sulle quali non si chiedono certo raccomandazioni, ma si
indicano delle priorità e delle linee di azione. Io, ad esempio, sono per la
promozione della mobilità sostenibile e in quest’ottica ho sempre cercato di
muovermi per il potenziamento del trasporto ferroviario (tra l’altro non mi
risulta di aver convocato conferenze stampa o come si vogliano chiamare in quella
circostanza), per una pianificazione territoriale più equilibrata e per
contenere il consumo del suolo e per scelte infrastrutturali che non deturpino
l’ambiente e il territorio (come, ad esempio, la devastante bretella Cisterna-Valmontone).
Mi stupisce davvero che si metta sullo stesso piano questo ambito d’azione con
banali doveri di gestione amministrativa.
Infine, inviterei Benedetto ad un
approccio un po’ meno astioso. Ribadisco e rivendico il mio diritto ad
esprimere il mio pensiero, anche quando suona come una critica (su questo ho dalla mia la Costituzione, almeno finché non verrà stravolta). Tra l’altro –
così giusto per correggere un’inesattezza, certamente involontaria – non ho
inviato a nessuno le mie riflessioni e le ho solamente pubblicate sul mio blog. Comunque nessun problema: l’illazionista rimango io.
Caro tullio, cerca di essere comprensivo col trasformista labicano.
RispondiEliminaA te basta scrivere due righe perché vengano lette e utilizzate come spunto di riflessione o come fonte per altri articoli.
Per il renziano doc, che cela nel futuro la sua vera identità, è ben diverso.
Chi si accorgerebbe di lui, se non fosse citato nella replica sul tuo blog?
È per questo che si sforza tanto per mettere insieme due parole, neppure troppo sensate, parlando di te.
Sei la sua unica pubblicità possibile.
Ti prego di smetterla di replicare.
I.